Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
VI Legislatura - Assemblea n. 115 - seduta del 05-04-1973
Istituzione in Bolzano di una sede distaccata della corte di appello di Trento
1973 - Governo VII Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 690
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , nella nostra interpellanza, a differenza dei documenti di altri gruppi, noi non abbiamo suggerito alcun provvedimento particolare di politica economica . noi siamo tornati a chiedere al Governo la presentazione di un documento ricognitivo della situazione economica , finanziaria e sociale del paese, convinti come siamo che tale situazione è abbastanza grave e ha bisogno di delucidazioni e di approfondimenti, che a nostro giudizio debbono riguardare non soltanto gli andamenti congiunturali, ma, direi, la struttura interna del nostro sistema economico , la condizione delle aziende pubbliche e private, il rapporto delle strutture pubbliche con il sistema produttivo , l' andamento della finanza pubblica non soltanto per quanto riguarda il passato e il presente, ma nelle prospettive future, dato che spesso noi abbiamo legiferato attraverso piani pluriennali di spesa. in verità questa richiesta noi la facemmo prima ancora delle elezioni politiche del 7 maggio, prima cioè che si addivenisse alla costituzione del presente governo di coalizione . la facemmo al presidente del Consiglio Andreotti in vista dei problemi che sarebbero sorti dopo, perché a nostro giudizio era bene che dopo le elezioni, nel confronto fra le forze politiche , fosse tenuto presente quel documento che avrebbe reso quella discussione e le conclusioni molto più aderenti alla realtà della condizione del paese. l' onorevole Amendola trova curioso o strano che noi ripetiamo quella richiesta oggi. egli ha osservato che noi da questi banchi, quasi con immodestia, abbiamo sempre saputo indicare una strada, e pare curioso che proprio oggi ci sentiamo privi di documentazione, incerti sul da farsi. rispondo all' onorevole Amendola che per molti anni noi, con molta modestia, abbiamo indicato quel che non si doveva fare, i pericoli che la nostra società avrebbe corso facendo proprio quel che non si doveva fare. e constato con grande rammarico — non ci gloriamo certo di questo — che i fatti ci hanno dato ragione e che l' ottimismo che per molti anni è stato contrapposto quasi con ironia alle nostre preoccupazioni, si è convertito in un pessimismo generale, in un generale riconoscimento che la condizione del nostro paese è diventata estremamente grave. abbiamo chiesto quel documento prima delle elezioni appunto perché le forze politiche , economiche, sindacali, facessero riferimento ad esso nel prendere le loro decisioni. fissi nel nostro pensiero che non si può programmare neanche una azione singola senza riferimento ad un quadro generale, noi, siamo stati tenaci nel chiedere tale quadro. del resto, quante cose avremmo potuto evitare se fossimo stati in possesso di quel quadro generale, che non è una somma di documenti, che spesso il Parlamento non riesce nemmeno a leggere: è la puntualizzazione politica, financo drammatica, di certi aspetti della nostra vita nazionale e sociale. del resto, onorevoli colleghi , siccome questi punti di riferimento possono servire, noi ci siamo applicati a calcolare che cosa sarebbe avvenuto del nostro reddito nazionale se avessimo conservato il ritmo di sviluppo degli anni, ad esempio, 1967 e 1968, che non sono stati anni mediocri, onorevole Riccardo Lombardi. mi pare che nel 1967 il nostro reddito nazionale è aumentato del 6,81 per cento e nel 1969 ancora del 6.35 per cento . ebbene, abbiamo voluto calcolare che se si fosse conservato, dal 1969 al 1972, il tasso di incremento medio dei due anni indicati, del 6,60 per cento cioè, noi disporremmo adesso, a prezzi 1972, di 15 mila miliardi in più di reddito o di ricchezza. è un calcolo potenziale, un calcolo razionale; e ad esso si può obiettare che la spontaneità delle forze economiche e sociali non può essere mortificata entro questi calcoli di valore potenziale. ma 15 mila miliardi sono qualche cosa. la differenza tra il reddito realizzato dal 1969 al 1972 e il reddito potenziale come sopra calcolato doveva essere proprio di 15 mila miliardi? dovevano le forze politiche economiche e sindacali buttare dalla finestra 15 mila miliardi, come se nulla fosse? non vi era altra via di composizione dei nostri conflitti politici, economici e sociali senza pregiudicare il tasso di sviluppo del nostro paese? non sono d' accordo con l' onorevole Riccardo Lombardi che questo tasso di sviluppo dipende solo dalle forze imprenditoriali: non condivido questa concezione prettamente classista e ideologica. è chiaro che il tasso di sviluppo è la risultanza della capacità delle forze politiche , economiche e sindacali nel loro scontro-incontro, di conservarlo, di aumentarlo, di impedirne una eccessiva diminuzione. quale beneficio abbiamo tratto, lutti, dalla riduzione drastica del tasso di sviluppo che era uno dei più alti nell' Europa occidentale ? chi ha tratto beneficio da questo? il risultato di quella condizione è stato la crisi generale della nostra società. tale crisi ha giovato forse alla classe lavoratrice ? non mi direte che le abbia giovato. non mi direte che abbia giovato agli imprenditori: non vedo che interesse questi avrebbero avuto a ridurre in maniera così rilevante il tasso di sviluppo. non è giovato alle forze politiche , che si trovano oggi di fronte a problemi immensi. ci pare risulti evidente che i quadri di riferimento, le analisi meno ideologizzate e più aderenti alla realtà, possono evitare gravi errori. quando noi tutti parliamo di processo critico e autocritico, ci riferiamo a questi aspetti della nostra vicenda passata. non si è trattato, onorevole Amendola, della escogitazione di una tattica, perché il presidente del Consiglio si esponga per primo: non abbiamo di queste velleità. si è trattato di ottenere quel documento e di avere quella discussione tra le forze politiche , economiche e sindacali, che finora non abbiamo avuto con riferimento ad un quadro generale. forse l' onorevole Amendola è più addottrinato di me in materia di documenti; io credo che la nostra documentazione sulla crisi (appunto perché vi sono troppi documenti) è troppo scarsa dal punto di vista di una sintesi generale. troppo frammentaria per impegnare le forze politiche e l' opinione pubblica , di troppo scarso rilievo politico per creare una adeguata consapevolezza e un atteggiamento conseguente. noi abbiamo chiesto nel 1971 un primo « libro bianco e, quando esso è stato portato in Parlamento, noi abbiamo fatto le controosservazioni. faremo la stessa cosa quando il Governo attuale vorrà mantenere la sua promessa. comunque il Governo attuale non ha creduto di aderire alla nostra richiesta; e finora. nonostante il documento ci sia stato ripetutamente promesso, non lo abbiamo avuto. e voglio, a questo proposito, trarre una conseguenza che farà gridare allo scandalo e i fautori di questo Governo e i fautori dei precedenti o dei futuri governi. non sono d' accordo che il Governo Andreotti abbia rappresentato il rovesciamento della politica dei governi precedenti. non sono affatto d' accordo. al di fuori della schermaglia politica, il nostro giudizio è che questo Governo ha continuato la politica dei precedenti governi; politica che non si è posta mai, o si è posta in maniera generica, di fronte all' esigenza generale delle compatibilità. dobbiamo a questo proposito rimetterci al giudizio, che si deve presumere saggio, del Governo. nel presupposto che ogni sua decisione sia compatibile con il quadro generale. vorremmo tuttavia avere la prova documentata di questa effettiva compatibilità e dell' atto di fiducia che a noi si chiede. questo Governo stabilisce le compatibilità come i precedenti governi: assomiglia come una goccia d' acqua ai governi di centrosinistra. questo è il nostro giudizio, vi piaccia o non vi piaccia, onorevoli colleghi . non vi è, fra questo Governo e i precedenti, quella rottura drammatica che si è voluta indicare da parte di alcuni fra coloro che sono intervenuti nella discussione avanzando tesi che indubbiamente rispondono a criteri politici. lasciatemi dire però che la nostra preoccupazione non va agli aspetti formali e politici dei problemi, ma alla sostanza dei problemi trattati. il Governo ha preferito di non presentare il quadro generale, forse perché sarebbe apparso drammatico. ha cercato di comporre le situazioni come ha potuto. ha deciso spese come hanno deciso i governi precedenti, tanto che il ministro Malagodi si è meritato il rimprovero del collega Amendola che ieri lo ha paragonato addirittura al ministro Magliani, invece che a Quintino Sella. è, questo, l' aspetto paradossale di una situazione politica, che per tanti aspetti si vuole fare apparire differente, che per certi fondamentali aspetti a noi appare continua. secondo noi si continua in una certa maniera di affrontare e di risolvere i problemi del paese. noi crediamo invece che sia venuto il momento di guardare più a fondo nella realtà della situazione del paese, che tutti riconosciamo drammatica. non possiamo continuare a seguire la strada delle decisioni particolari, non possiamo continuare ad usare un metodo che, facendoci vedere i particolari, ci fa sfuggire la considerazione del quadro generale. il quadro che il Governo fa della situazione è abbastanza ottimistico. nella relazione economica generale per il 1972, che è stata approvata giorni fa dal Consiglio dei ministri e dovrà essere esaminata dal Parlamento, si afferma che con il secondo semestre del 1972 siamo ormai fuori della recessione e cominciamo ad entrare in una nuova fase, in un nuovo ciclo economico. è vero che successivamente, nella stessa relazione, si osserva che nei primi mesi del 1973 è scoppiata di nuovo la conflittualità e si sono verificate nuove tensioni, talché l' iniziale valutazione ottimistica viene un poco attenuata. ma il giudizio iniziale in merito al profilarsi di un nuovo ciclo rimane. ma, a nostro giudizio, nell' esprimere tale valutazione si trascurano molti aspetti del problema. si dimentica che cosa avviene nel campo degli investimenti. si dimentica che cosa avviene nel campo dei prezzi e dell' inflazione. si dimentica che cosa avviene nel campo della spesa pubblica e della conduzione finanziaria generale dello Stato. in altre parole si formula, sulla ripresa, un giudizio quasi ottimistico, che è contraddetto da molti altri aspetti della nostra situazione economica e finanziaria. ma la continuità con la politica dei precedenti governi è costituita anche dal fatto che nella relazione si afferma che il problema della ripresa italiana è sempre il problema della espansione della domanda globale. che salto c' è dalle precedenti affermazioni a questa? dobbiamo espandere la domanda globale: così facendo usciamo dalla crisi. ed in verità, tale domanda globale la stiamo espandendo attraverso mille mezzi. vorrei però un poco soffermarmi su questo problema della espansione della domanda globale, che è presa a prestito, diciamo così, da altre esperienze di tipo occidentale. intanto parliamo di espansione della domanda globale riferendoci alla manodopera disponibile (disgraziatamente ciò è vero) e all' esistenza di impianti inutilizzati. dimentichiamo che vi sono vincoli normativi all' utilizzazione degli impianti, che vi sono vincoli di orario, che vi sono vecchi impianti che non vengono rinnovati; dimentichiamo cioè che non si è fatta una adeguata ricerca sulla consistenza di questa pretesa disponibilità. bisognerebbe operare qualche approfondimento nell' ambito dei rapporti tra domanda globale ed offerta, soprattutto quando ci si trova in presenza di fenomeni inflazionistici, che possono derivare da costi ma possono derivare da domanda. mi chiedo poi che cosa sia e come, abbiamo sviluppato questa domanda globale. si sarebbe dovuto trattare di una domanda per investimenti, se avessimo voluto risolvere concretamente, e non con parole, i problemi dell' occupazione. che razza di domanda volete creare, se volete occupare i disoccupati? siamo sicuri di avere sviluppato, in questi anni, una domanda per investimenti? si parla molto di aree depresse e di disoccupazione, ma non si quantificano questi problemi e non si fanno scelte precise. abbiamo qualificato la domanda globale come domanda per estendere gli investimenti, per creare ritmi di espansione e per accelerare i processi di sviluppo economico , e non per ritardarli, come è avvenuto, o per nullificarli? che tipo di domanda abbiamo creato? la domanda deve necessariamente essere legata a tassi di sviluppo: in primo luogo, se volete risolvere i problemi della disoccupazione che sono i problemi fondamentali della società italiana ; in secondo luogo dovete qualificare la domanda relativamente alle riforme. un dato fondamentale per una moderna civiltà è rappresentato dalla grande riforma della scuola. e noi ci dedichiamo a questa riforma, a partire dalla liberalizzazione, dalla creazione di università e dall' espansione del sistema scolastico . ma se non avete un adeguato tasso di sviluppo dell' economia correte il rischio di fare nella scuola investimenti a vuoto. ci è sfuggito il fatto che la riforma della scuola non è stata legata, come avrebbe dovuto essere, allo sviluppo economico della società: infatti, dove si colloca tale riforma quando lo sviluppo si arresta? noi sforniamo laureati che poi sono ridotti a fare un qualsiasi mestiere manuale. per raggiungere questo grado di occupazione, non è certamente necessario conseguire una laurea. si è proceduto a una riforma che certo era necessaria ed urgente, ma essa è stata collocata in un contesto economico di regressione. la riforma sanitaria , in certe condizioni, costituisce un' integrazione sociale necessaria, ma al disoccupato dovete offrire l' occupazione e la riforma sanitaria , non potete dare la riforma al posto dell' occupazione. cosa se ne farebbe di una riforma sanitaria moderna, se restasse disoccupato? è mancato nel passato, e manca nel presente, il collegamento tra questi aspetti della nostra vita sociale, e siamo di fronte alla contraddizione di una società che regredisce dal punto di vista dello sviluppo economico , ed affronta i problemi delle riforme in una situazione non di espansione ma di crisi. abbiamo discusso sufficientemente di ciò? non basta parlare di espansione della domanda globale, ma dobbiamo saper disaggregare tale domanda; dobbiamo stabilire il rapporto fra un tipo di domanda e l' altro. ora, noi che cosa abbiamo fatto nel passato? sì, abbiamo espanso la domanda, ma una domanda generica per consumi individuali. non vi è stata espansione della domanda più antiprogrammatoria ed antiriformatrice di quella che abbiamo sviluppato in tutti questi anni. e chi ha operato così, amico Riccardo Lombardi? gli imprenditori? niente affatto. così abbiamo operato tutti quanti: imprenditori, sindacati e noi stessi come forze politiche . onorevoli colleghi , rispetto a questi problemi, rispetto all' ottimismo del Governo, che traspare dalla relazione, andiamo a vedere che cosa accade, per esempio, nel campo degli investimenti. sono paurosi i dati che la relazione ci fornisce per quanto riguarda gli investimenti, che poi rappresentano lo strumento di arricchimento di questa società. senza questi, che avvenire possiamo dare alle giovani generazioni e alla società italiana ? ebbene, che cosa si legge nella relazione? si legge che nel 1972 gli investimenti sono aumentati di appena il 2 per cento ; ma tale esiguo aumento si è concentrato sulle scorte, in un fatto cioè congiunturale, più o meno speculativo, più o meno legato alle fluttuazioni monetarie. per quel che riguarda gli investimenti fissi, essi sono diminuiti nell' industria del 2,8 per cento , nell' agricoltura dello 0,6 per cento , nel commercio, banche, eccetera, dello 0,3 per cento , nell' amministrazione pubblica di ben il 7,8 per cento . e questo, dopo tutto quello che abbiamo detto in materia di accelerazione degli investimenti, soprattutto pubblici. sono aumentati del 7,7 per cento gli investimenti nei trasporti e del 2 per cento quelli nelle abitazioni. onorevoli colleghi , noi regrediamo nei valori capitali, che devono essere il sostegno per la soluzione dei problemi determinati dagli squilibri tradizionali della società italiana . questo mi pare l' aspetto più preoccupante della nostra situazione. a questo punto, facciamo un salto dal sistema produttivo , che si sta indebolendo progressivamente, al sistema, delle strutture pubbliche. noi abbiamo un sistema produttivo , che era già fragile, e che si sta ulteriormente indebolendo. esaminando, comparativamente, il campo delle finanze pubbliche e delle strutture pubbliche, mi trovo d' accordo con l' amico Riccardo Lombardi, che parla. a questo proposito di degenerazione. noi assistiamo ad un indebolimento del sistema produttivo e — riconosciamolo — all' espansione delle strutture pubbliche, dei loro costi e di taluni redditi parassitari che esse determinano. sono d' accordo, dunque, con l' onorevole Riccardo Lombardi, sulla diagnosi che egli ha fatto. divergiamo sulle ragioni di questa situazione, ma la constatazione è esatta: noi stiamo cambiando struttura. non siamo più, nel rapporto fra strutture pubbliche e sistema produttivo , tra i paesi avanzati dell' Occidente; noi stiamo scivolando verso una situazione strutturale minacciosa, cioè di prevalenza delle strutture pubbliche con la loro espansione spesso non produttiva, con l' aggravamento dei loro costi, con il parassitismo dilagante che in queste strutture si nasconde, rispetto ad un sistema produttivo indebolito, con tutti quei fenomeni di sottosviluppo di sottoccupazione e di burocratizzazione che ne derivano. fino a che punto può reggere un sistema di questo genere, senza ulteriormente deteriorarsi? quando si parla di spesa pubblica , di espansione della spesa pubblica , si citano teorie economiche moderne, come la teoria keynesiana. ma l' applicazione di queste teorie presuppone una organizzazione statuale economica e sociale moderna. una capacità di rendimento produttivo, un equilibrio fra le strutture pubbliche e il sistema direttamente produttivo. se si va al di là di questo rapporto, altro che politica del deficit-spending! noi entriamo nel clima di un paese, come diceva l' onorevole Riccardo Lombardi, « mezzo sviluppato » , sottosviluppato, cioè usciamo da certe condizioni strutturali per entrare in una condizione strutturale di livello inferiore. la ragione per la quale ci siamo trovati in difficoltà in Europa nei confronti della comunità economica europea, la troviamo in questa degenerazione che va subendo la nostra società, priva di equilibrio tra il sistema produttivo e le strutture pubbliche. dobbiamo stare attenti. quando noi richiamiamo l' attenzione — e lo abbiamo fatto per molti anni sul dilagare della spesa pubblica , è perché vediamo le conseguenze di questa degenerazione del sistema. altro che applicazione delle teorie keynesiane! a furia di applicare queste teorie ci troveremo, se non stiamo attenti, al livello dell' Uruguay, che distribuisce prebende, pensioni e assistenza a tutti grazie a una inflazione galoppante. ecco una delle cause principali dell' inflazione, onorevole Lombardi. dovuta agli imprenditori? perché dovrebbero essere chiamati in causa gli imprenditori dal momento che la spesa pubblica l' amministriamo noi? la direzione della spesa pubblica , il funzionamento delle strutture pubbliche rappresentano una nostra responsabilità. non addossiamo le responsabilità in forza di una concezione ideologica. perché gli imprenditori devono volere delle strutture pubbliche gravanti sui costi delle aziende, costi che sono pagati dagli operai — lo so benissimo — nel sistema direttamente produttivo? ma abbiamo fatto noi una politica accorta da questo punto di vista ? oggi ci accorgiamo — e siamo tutti d' accordo — che abbiamo una degenerazione parassitaria burocratica delle strutture pubbliche, degenerazione che dobbiamo correggere. ma la correggiamo? siamo consapevoli di quello che sta avvenendo nel nostro paese? anche qui, se uno va a leggere i dati, si accorge che la domanda si espande, ma si accorge anche che l' indebitamento netto di tutti gli organi e enti dell' amministrazione pubblica , compresi gli enti di previdenza, è passato dai 1.447 miliardi del 1970 ai 4.456 miliardi del 1972. nel giro di due anni ha fatto registrare una velocità di aumento piuttosto ragguardevole. ma c' è l' altro aspetto della spesa, la spesa corrente , che è rilevante. ebbene, dal 1970 — afferma la relazione — al 1972 il disavanzo della spesa corrente di tutte le amministrazioni pubbliche rispetto alle entrate tributarie è passato da 749 a 1.886 miliardi. cioè le entrate non coprono le spese normali, le spese correnti di bilancio. non vi pare questo un rilevante apporto alla tensione inflazionistica? e uno sviluppo della spesa corrente così rapido, quale apporto darà nel futuro al processo inflazionistico? ogni giorno, venendo alla Camera, apprendo che o il Governo propone, o il Parlamento impone, 1.000 miliardi in una direzione, 1.000 in un' altra, 500 miliardi in una terza. in quale quadro collochiamo tali somme? il ministro del Tesoro ci ha garantito che tutto ciò è compatibile con le risorse reali del paese: egli è un esperto ed ha certamente stabilito tali gradi di compatibilità. però noi, nonostante la sua garanzia, abbiamo paura; abbiamo paura proprio perché si manifestano gli effetti di detta espansione. il Governo, infatti, per il programma relativo al 1973, è stato costretto ad ammettere che avremo un aumento dei prezzi dell' 8 per cento . Riccardo Lombardi ha osservato — è vero che le economie occidentali vivono sull' inflazione, ma su quella che veniva chiamata l' « inflazione strisciante » , del 3 per cento annuo. questa la dinamica di sviluppo delle economie neocapitalistiche o capitalistiche! quando, invece, si comincia ad arrivare a tassi di inflazione dell' 8 per cento , e quando un uomo come l' onorevole Peggio, del partito comunista , prevede per il 1973 un tasso di svalutazione del 15 per cento , dobbiamo ammettere di essere di fronte ad una situazione drammatica. tutti noi sappiamo che se si supera un certo tasso di svalutazione, il fenomeno diventa accelerato, ed entriamo in una spirale dalla quale non usciamo più. ecco la condizione drammatica nella quale ci troviamo, ed ecco perché il problema della spesa pubblica , e soprattutto della spesa pubblica corrente, richiede un' attenzione assoluta da parte delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, da parte dei sindacati, al di fuori di qualsiasi schieramento. sono problemi che riguardano tutti noi, che riguardano l' avvenire della nostra società. ma esiste un altro aspetto che deve preoccuparci. perché finora il tasso di inflazione è stato contenuto? non arrestato, certo, ma contenuto. perché vi è un risparmio delle famiglie che affluisce alle banche, e quindi al mercato finanziario . ma se dovesse esservi una ripresa — che noi ci auguriamo fermamente se si dovesse dar luogo ad investimenti che richiedessero l' apporto del mercato finanziario , ci troveremmo nella seguente situazione: avremmo delle spese rigide che aumentano nel tempo: le spese correnti cui l' amministrazione pubblica è obbligata a far fronte, ed il concorso di un' altra domanda di finanziamento, quella derivante dai bisogni dell' economia. finora abbiamo evitato tale scelta, perché l' economia è nella situazione che ho descritto. il governatore della Banca d'Italia ed il ministro del Tesoro possono fino ad oggi dire: attenuiamo il fatto inflazionistico poiché il risparmio ci offre la possibilità di una mancata eccessiva tensione del mercato. ma quanto può durare questa situazione? ecco una delle ragioni del documento da noi richiesto. se andiamo ad esaminare i programmi pluriennali di spesa che ogni giorno votiamo, ci domandiamo in quale momento avremo la crisi più acuta per quanto riguarda le spese correnti . nel 1974, nel 1975, o nel 1976? e tale aumento delle spese correnti in quale quadro congiunturale si collocherà? in materia di spese correnti , noi abbiamo sinora operato nel modo seguente. abbiamo detto: il paese cresce, quindi aumenta il reddito, e noi aumentiamo le spese correnti . ma il paese attualmente non cresce, le spese corrono, e vi è una minaccia di crescita del tasso di inflazione . che cosa farà allora la Banca d'Italia ? rispetto alla richiesta del Tesoro ed a quella dell' economia, e rispetto all' obbligo che ha la banca stessa di non far precipitare il tasso inflazionistico, che cosa deciderà? non possiamo non portare il governatore della Banca d'Italia di fronte a questi dilemmi, che senza dubbio si porranno. come non scontavamo qualche anno fa la crisi profonda che abbiamo avuto, e come non scontiamo l' inflazione, se non stiamo attenti, non sconteremo alcunché, ma poi ci troveremo di fronte alla realtà delle situazioni. ecco perché dobbiamo guardare un po' avanti, onorevoli colleghi , per evitare il peggio di una situazione, che non è certo allegra. in prospettiva, vi è un' altra ragione per conoscere queste cifre. a noi non basta, onorevole ministro, sapere cosa è successo nel 1972 o cosa si prevede per il 1973; noi vogliamo sapere come ci atteggeremo, in via di ipotesi, nei confronti del 1974, del 1975 e del 1976, per avere dei quadri di riferimento che servano anche a dare maggiore consapevolezza alle attuali decisioni. onorevoli colleghi , ci rendiamo conto della posizione in cui ci troviamo? in sede governativa e parlamentare, elaboriamo provvedimenti di spesa pluriennale, di riforma e di intervento. ognuno di questi provvedimenti, di per sé, non è discutibile. infatti, nessuno può dire di no ad un provvedimento preso in sé e per sé, perché tutti rispondono a bisogni urgenti. destiniamo 1.000 miliardi per la difesa del suolo? e chi può dire di no? destiniamo 1.000 miliardi per l' agricoltura? e chi può dire di no? destineremo non so quante migliaia di miliardi per la sanità? e chi può dire di no? ma se voi vi riferite ad un quadro generale, siete costretti a scegliere: dovete dire quello che ha priorità e quello che non ha priorità; dovete dire quello che si deve rimandare; dovete anche dire le spese che dovete sacrificare in maniera assoluta. saranno spese correnti , o quello che volete, ma dobbiamo entrare in quest' ordine di problemi, se vogliamo veramente rovesciare le gravi tendenze in atto. ecco perché, onorevoli colleghi , noi continuiamo a chiedere un documento ricognitivo. possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo sulle formule politiche, cambiarle o modificarle; però, ci troveremo di fronte a questo particolare problema: non possiamo costruire un programma senza una conoscenza esatta e profonda della situazione attuale e delle prospettive che essa offre. mancando questo, avremo solo quelle vuote discussioni sugli schieramenti, che non hanno contenuto e che ci portano alle esperienze, non certo positive, che abbiamo fatto nel recente passato. questa, onorevoli colleghi , la nostra posizione. ecco il riferimento che vogliamo fare a questo documento, che serve ad essenziali scopi per il futuro. ecco il quadro in cui dobbiamo collocare le nostre discussioni e le nostre decisioni future.