Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
V Legislatura - Assemblea n. 75 - seduta del 24-01-1969
politica estera
1969 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 399
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , il bilancio degli Esteri si discute in un momento di ansia del paese, del Parlamento, del Governo sugli eventi di una nazione vicina ed amica, la Cecoslovacchia. di questa ansia si è fatto testé interprete eloquente il presidente della nostra Assemblea. le mie parole saranno come le sue di piena, completa solidarietà con il popolo cecoslovacco e con la dura e terribile battaglia nella quale esso è impegnato, di comprensione per l' impegno dei suoi dirigenti al fine di salvare ciò che è possibile del nuovo corso politico in attesa del suo rilancio, di commossa ammirazione per il giovane studente Jan Palach e per i suoi coetanei che facendo del loro corpo una torcia umana hanno voluto illuminare l' aspro e tormentato cammino della libertà. come ci chiede l' interrogazione presentata dai colleghi Andreotti, Orlandi, La Malfa e quella della onorevole Amalia Miotti Carli, non mancheremo di far valere l' autorità politica e morale ciel nostro paese per riaffermare in ogni idonea sede internazionale il diritto alla indipendenza nazionale ed alla autodeterminazione del popolo cecoslovacco . desidero affrontare subito i problemi qui posti dall' onorevole Cantalupo e dall' onorevole De Marzio sul rapporto da stabilire fra questi eventi, la decisione annunciata dal Governo nelle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio onorevole Rumor il 16 dicembre scorso di firmare il trattato di non proliferazione delle armi nucleari e le disposizioni da me impartite affinché la firma possa avvenire nei prossimi giorni. quale è, onorevoli colleghi , innanzitutto il senso del trattato della non proliferazione? quando USA, Unione Sovietica e Gran Bretagna raggiunsero l' accordo sulla sua presentazione, si parlò in America di « trattato del secolo » , si formularono a Mosca giudizi non meno positivi ed entusiasti, si ritenne a Londra di aver messo in movimento un meccanismo di limitazione e controllo dell' energia nucleare per fini militari e di guerra, capace di determinare più favorevoli condizioni di sviluppo al fondamentale problema del disarmo. da noi Senato e Camera, con gli ordini del giorno approvati rispettivamente il 19 e il 26 luglio 1968, dettero il loro appoggio alla decisione del Governo di allora, presieduto dal senatore Leone, di sottoscrivere il trattato, formulando nel frattempo criteri interpretativi ed integrativi che conservano intero il loro valore e che saranno oggetto di una nota del Governo all' atto della firma. ovviamente, il ministro degli Esteri e il Governo nel suo insieme non possono attenersi che ai criteri interpretativi ed integrativi votati dalle Camere, e non possono quindi seguire in questa sede il collega onorevole Cantalupo nel tentativo di riaprire il dibattito sul contenuto stesso del trattato che è quello reso pubblico, aperto alla firma il 1° luglio 1968. quello di cui siamo profondamente convinti è che effettivamente, secondo una felice espressione inglese, il trattato sia una frusta per spingere le grandi potenze verso il disarmo; e a questo noi ci sentiamo profondamente interessati, come si sentiamo interessati alla causa della distensione. la fa contemporaneamente alla firma perché non è in contrasto col trattato, ma costituisce l' interpretazione integrativa che ha dato il Parlamento italiano al trattato. è vero, onorevoli colleghi , che tra la decisione di firmare il trattato e la firma, fissata in un primo tempo per il 26 agosto scorso, ci sono stati i fatti di Praga, con il giudizio che su di essi il nostro Parlamento ha espresso con alto senso di giustizia e di responsabilità; è vero che c' è stata la pausa di riflessione decisa dal Governo presieduto dal senatore Leone ed illustrata al Parlamento dal mio predecessore, senatore Medici, in connessione a quella che egli chiamò « crisi di fiducia » provocata dai fatti di Praga. tuttavia, Camera e Senato, nell' atto stesso in cui, con l' ordine del giorno approvato rispettivamente il 30 e il 31 agosto 1968, condannavano « l' invasione della Cecoslovacchia da parte degli eserciti dell' Urss e di altri Stati del Patto di Varsavia » , riconfermavano anche la « volontà di proseguire la politica di distensione » e riaffermavano la « propria volontà di arrivare il più rapidamente possibile alla firma del trattato » , prendendo atto « della decisione del Governo di firmarlo nel momento in cui risulti che esso raggiunge le finalità distensive che lo hanno ispirato » . cinque mesi sono passati da allora e la situazione in Cecoslovacchia è lungi dall' essere normalizzata, né lo sarà, a giudizio mio, finché non sia ristabilita la condizione di cose anteriore al 21 agosto. se ne ha la testimonianza quotidiana nel succedersi di episodi chiaramente indicativi di una tragedia nazionale che si muta in tragedia di ciascun cittadino, allucinante fra tutti il disperato eroismo dei giovani che hanno voluto sottoscrivere con la morte più atroce la loro protesta. ma se, nonostante l' angoscia di questi giorni, nei quali il problema cecoslovacco ha toccato le punte più alte della tensione morale, il Governo ritiene di dover dare seguito alla firma del trattato, ciò avviene in base alla considerazione, diciamo pure, se la Camera lo preferisce, in base alla speranza che la nostra decisione e quelle che la seguiranno contribuiscano a favorire un clima di distensione mondiale nel quale la Cecoslovacchia stessa possa più agevolmente riguadagnare la propria libertà e sovranità nazionale, come è nei voti del suo popolo e dei suoi più qualificati dirigenti, e come è nei nostri voti. fu la distensione, onorevoli colleghi , a favorire in Cecoslovacchia il movimento rinnovatore e liberatore del gennaio di un anno fa. sono convinto che una serie di atti che sostenessero la distensione sarebbero di grande ausilio alle forze che in Cecoslovacchia non rinunciano al disegno e alla volontà di un corso politico che non comporti né l' oppressione del vecchio tipo staliniano né la disperazione che ha trasformato alcuni giovani in torce umane. la firma del trattato — a giudizio mio — accresce e non diminuisce la forza morale e politica del nostro paese. ce ne varremo, onorevoli colleghi , per chiedere a tutti il rispetto dei principi indicati nel preambolo del trattato e nella risoluzione dell' Assemblea generale dell' Onu di avallo al trattato di non proliferazione . onorevoli colleghi , a questo punto mi sembra utile indicare assai rapidamente in quale maniera i grandi problemi della pace e della sicurezza sono stati affrontati, nel 1968, negli organismi ai quali l' Italia partecipa e quale in questi organismi è stato il nostro contributo per la ricerca di soluzioni equilibrate e giuste. spero così di poter riassorbire alcune delle interpellanze e interrogazioni che sono davanti alla Camera. comincerò ovviamente con l' Organizzazione delle Nazioni Unite la quale realizza una antica e costante aspirazione delle più qualificate forze democratiche del mondo. l' Onu non ha potuto intervenire nella crisi cecoslovacca perché il suo Consiglio di sicurezza venne bloccato dal veto sovietico e dalla richiesta del rappresentante cecoslovacco che la questione venisse tolta dall' ordine del giorno . e tuttavia l' ampio dibattito che si svolse in Assemblea non è rimasto privo di risultati, sia nei paesi più direttamente interessati alla crisi, sia per il peso politico e psicologico che ha avuto nell' opinione internazionale. per quanto concerne il Medio Oriente l' attività delle Nazioni Unite si è ispirata nel 1968 al concetto della inopportunità di riaprire un dibattito che la risoluzione del 22 novembre 1967 era riuscita a chiudere con un compromesso votato all' unanimità dopo difficoltà e sforzi notevoli. in tali condizioni la risoluzione del 22 novembre è rimasta inapplicata. la situazione all' interno dell' area si è ulteriormente deteriorata con una catena di azioni e reazioni attraverso le quali la guerra è continuata con altri mezzi. la stessa missione Jarring non ha potuto portare a compimento il proprio compito di mediazione, dopo il nulla di fatto dei contatti promossi in novembre a New York con i ministri degli affari esteri dei paesi arabi e di Israele. l' ambasciatore Jarring è sul punto di riprendere il contatto con le due parti: lo farà nel contesto della situazione creata dall' iniziativa sovietica con la proposta di un piano per l' applicazione della risoluzione del novembre 1967, oggetto attualmente di esame e di studio tra USA, Gran Bretagna , Francia, che, assieme all' Unione Sovietica , sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza . niente da eccepire per parte nostra a questa presa di contatto, purché ogni decisione sia integrativa e non sostitutiva dell' azione dell' Onu e purché non vengano resuscitate gerarchie di potenza che appartengono ad una epoca ormai superata della nostra storia. per le potenze grandi e piccole le difficoltà rimangono quelle alle quali si è urtato l' intero problema del Medio Oriente fino ad ora e che sono relative all' interpretazione della risoluzione di novembre e ai modi per ridurre le tre intransigenze che si affrontano in quella regione mediterranea: il rifiuto degli Stati arabi di un negoziato diretto con Israele, il rifiuto di Israele di frontiere garantite non dai suoi vicini, ma dall' Onu o dalle grandi potenze, il rifiuto infine di alcuni Stati arabi e delle organizzazioni palestinesi di ogni e qualsiasi negoziato o compromesso, ivi comprese la risoluzione dell' Onu e lo stesso piano sovietico. in tali condizioni, onorevoli colleghi , è pur sempre all' Onu, Consiglio di sicurezza ed Assemblea, che l' intero problema dovrà tornare non appena l' ambasciatore Jarring sia in grado di presentare il proprio rapporto. quindi la missione Jarring che è necessario sostenere in una regione dove non c' è una pace da imporre, ma da costruire giorno per giorno, e dove sono ancora da creare le condizioni di una convivenza che dia garanzia di sopravvivenza agli israeliani, di ricostruzione di una vita civile ai rifugiati arabi della Palestina, di sviluppo economico e sociale ai paesi e ai popoli arabi . in questo senso si è svolta e si svolge la nostra attività nel Medio Oriente , una regione dove abbiamo gli interessi propri di un paese mediterraneo e quelli di chi, più di ogni altro, è interessato alla libera navigazione del canale di Suez per gli ingenti interessi petroliferi con i paesi mediorientali. ha ragione su questo punto l' onorevole Cantalupo quando dice che, se un conflitto dovesse riscoppiare o peggio ancora se dovesse generalizzarsi ad altri paesi, la nazione più sacrificata sarebbe la nostra; ed è proprio per questa ragione e con la coscienza di questi nostri interessi che da parte del nostro Governo ogni tentativo sarà fatto per impedire che la guerra riprenda il suo corso aperto o che, in questa deprecabile eventualità, abbia a generalizzarsi. è quindi questo il nostro compito, ed in esso si muove la consapevolezza del dramma umano e storico che sta dietro le passioni e gli ideali; e la necessità di una costante azione che richiami alla ragione e richiami ognuno dei popoli del Medio Oriente al sentimento del comune destino, se essi vogliono avere davanti a sé una prospettiva di vita civile e libera. sulla guerra del Vietnam, il Consiglio di sicurezza dell' Onu non ha avuto veste per intervenire direttamente; ha svolto invece un' azione di larga portata il suo segretario generale U-Thant con ripetute e coraggiose iniziative volte ad ottenere una descalation dei bombardamenti americani sul Vietnam del nord e delle operazioni militari nel Vietnam del sud. una volta tanto, onorevoli colleghi , un profeta disarmato ha visto accolto il proprio appello con la decisione presa il 31 ottobre scorso dal presidente Johnson di sospendere i bombardamenti americani nel Vietnam settentrionale e di iniziare trattative dirette tra le parti a Parigi con il loro attuale allargamento alla rappresentanza del Vietcong. tutte le iniziative del segretario generale dell' Onu hanno avuto il consenso italiano: noto è lo sforzo compiuto dalla nostra diplomazia a Saigon e con Hanoi, per annodare i fili di una presa di contatto tra le parti. ora l' avvio è dato in una maniera che tutto fa ritenere irreversibile; salutiamo quindi la ripresa, anzi il nuovo effettivo inizio della conferenza di Parigi come un progresso essenziale verso la pace, come una conferma del costante nostro riferimento alla necessità di una soluzione politica del conflitto, nell' impossibilità di una sua soluzione militare. infine, onorevoli colleghi , nell' Africa australe (Sudafrica, sud ovest africano, colonie portoghesi, Rhodesia del sud), teatro di una iniqua lotta razziale dei bianchi contro la maggioranza delle popolazioni africane, il Consiglio di sicurezza è ricorso, contro la Rhodesia, al mezzo delle sanzioni economiche obbligatorie, senza avere ancora raggiunto i risultati voluti a causa delle troppe ed a volte scandalose evasioni, ma aprendo tuttavia una prospettiva che potrà offrire una alternativa alle popolazioni di colore. tragico è uno dei conflitti dell' epoca presente, quello che con la guerra civile oppone la Nigeria al Biafra; si è parlato di genocidio delle popolazioni ibo, e ne ha parlato testé l' onorevole Fracanzani. la notizia è stata smentita dalla commissione internazionale che si è recata sul posto; quello che non è stato, e non può essere smentito, riguarda le proporzioni del massacro, e la morte per fame di migliaia di bambini ibo, la cui immagine scheletrica è per tutti una rampogna. ci si è chiesto che cosa il Governo abbia fatto e faccia; abbiamo concorso, onorevoli colleghi , all' invio di soccorsi, ci siamo astenuti dall' alimentare il solo mercato prospero, quello delle armi, e abbiamo stigmatizzato quanti lo hanno fatto e lo fanno; siamo intervenuti a Lagos anche in occasione delle recenti feste per una tregua di armi e per una soluzione negoziata; ci siamo rivolti al segretario generale dell' Onu perché impieghi tutta l' autorità morale dell' organizzazione ai fini del ristabilimento della pace; abbiamo appoggiato le pressioni su Londra e in ogni sede per un intervento presso i contendenti. purtroppo tutto fa ritenere che interessi estranei si sovrappongono in quella regione del mondo agli originari contrasti africani. né l' Organizzazione degli Stati africani, né gli Stati che riconoscono il Biafra hanno infine ritenuto utile di portare dinnanzi all' Onu il problema. insisteremo per parte nostra. bisogna intanto aiutare le popolazioni ibo, strappare alla morte i loro bambini, accentuare la pressione dell' opinione pubblica per una tregua di armi che sia il preludio di una pacifica soluzione. onorevoli colleghi , so bene che molti sono inclini a dire che tutto quello che l' Onu fa è poco e può poco. ma dove l' Onu non è riuscita, c' è forse qualcun altro che poteva riuscire? la verità è che una vera e più grande crisi si aprirebbe nel mondo se l' Onu dovesse entrare in una fase di disfacimento pari a quella che colpì la Società delle Nazioni tra gli anni 1935 e 1939. adesso come allora il vuoto che si creerebbe sarebbe occupato dalle armi. c' è dunque per tutti e per ciascuno una sola cosa da fare: concorrere a rafforzare l' Onu, accrescerne l' autorità e la forza di irradiazione, attuare la universalizzazione delle sue strutture, affrontando in termini nuovi il problema del seggio cinese. onorevoli colleghi , un problema cinese esiste anche per noi, anche nell' ambito delle relazioni bilaterali. negli ultimi anni la posizione italiana rispetto alla Repubblica popolare cinese è stata quella di rispondere affermativamente al quesito se la Cina popolare dovesse essere riconosciuta e di lasciare aperto il problema del « quando » e del « come » , stabilendo intanto relazioni commerciali e aprendo un ufficio dell' ICE a Pechino, mentre i cinesi ne aprivano uno analogo a Roma. ritengo che il momento del « quando » sia venuto e appena possibile riferirò al Parlamento sul « come » , nella fiducia che questo problema possa essere risolto. onorevoli colleghi , presentandosi al Parlamento, il Governo ha detto che esso considera il patto atlantico , nella sua interpretazione difensiva e geograficamente delimitata, il fattore essenziale della sicurezza del paese, ne accetta gli obblighi e intende svolgerli nel contesto di una politica generale volta a creare e a consolidare condizioni di sviluppo pacifico nelle relazioni internazionali, tali da fare dei blocchi un fattore di equilibrio e non di rottura, così da avviarli al loro superamento. negli ultimi anni, e soprattutto nel 1968, il quadro politico internazionale ha subìto notevoli alterazioni. vi hanno concorso i conflitti locali dei quali abbiamo parlato: quello del Vietnam, quello scoppiato nel cuore stesso dell' Europa con l' intervento militare sovietico in Cecoslovacchia e con la rivendicazione da parte di Mosca di un incondizionato diritto di intervento militare nei paesi associati nel Patto di Varsavia . vi ha concorso lo stesso conflitto del Medio Oriente nella misura in cui in esso sono impegnate le grandi potenze. si ha così la prova provata che la pace è un tutto indivisibile; la sua alterazione in una regione, magari la più periferica, si ripercuote a catena in un processo che può diventare incontrollabile. da questo punto di vista i due blocchi in cui è diviso il mondo e in cui è, in particolare, divisa l' Europa, hanno risentito fortemente il peso dei conflitti locali dei quali abbiamo parlato, ma li hanno nel medesimo tempo contenuti impedendo una loro espansione e generalizzazione. la politica della distensione è stata sottoposta a difficili prove; ma è importante constatare che non è stata travolta o annientata. e sotto questo aspetto è caratteristico il fatto che dopo Praga il Consiglio atlantico del 15-16 novembre, anche se ha rettificato le posizioni aperte ed innovatrici prese nella precedente riunione del 24 e 25 giugno, anche se ha dovuto rafforzare i suoi dispositivi militari, tuttavia lo ha fatto ribadendo testualmente che « l' obiettivo politico conforme ai valori occidentali rimane quello di stabilire tra l' est e l' ovest delle relazioni sicure, pacifiche e mutualmente vantaggiose e che la ricerca della pace esige degli sforzi costanti per risolvere i problemi fondamentali che separano l' est dall' ovest » . si è avuta così la riconferma, anche nel momento di una crisi di cui era difficile prevedere gli sviluppi, dell' impegno di un' azione per risolvere i problemi che separano i due blocchi : e pare a me che questo sia il segno più promettente sotto il quale si è aperto l' anno 1969. noi accogliamo questo auspicio. ci impegnamo a tener fede al metodo della distensione, a non esasperare alcun motivo di contrasto, a svolgere il filo conduttore di una organica politica di pace, sia all' interno dell' Alleanza Atlantica sia fuori, nei rapporti bilaterali come in quelli multilaterali, nelle relazioni con i paesi non impegnati e, in generale, con quelli del terzo mondo , nell' azione per il disarmo che sta per riprendere il suo, purtroppo assai lento, corso alla conferenza di Ginevra, nel rispetto dei principi di libertà, dell' uomo e degli uomini, e di indipendenza ed autonomia delle nazioni, che sono i fondamenti della vita civile e non devono soltanto essere scritti nei preamboli di patti ed accordi internazionali (si tratti dell' Alleanza Atlantica o del trattato di non proliferazione ), ma devono essere in ogni momento e da tutti rispettati. un mondo senza principi sarebbe rapidamente un mondo in balìa della sola nozione della forza. ciò vale per ogni singola nazione e deve valere per l' Alleanza Atlantica , la quale è interessata ad impegnare tutti gli stati membri e, nelle circostanze attuali, in primo luogo la Grecia, a rispettare i principi di libertà e di democrazia sanciti dal patto comunitario. onorevoli colleghi , eccomi a quello che per noi è il problema dei problemi: il problema dell' Europa unificata. una Europa democratica che costituisca la propria unità meditatamente, un passo alla volta, ma con continuità, fino a raggiungere la meta di una comunità federale dei suoi popoli liberi, costituisce e continuerà a costituire il tema fondamentale della nostra politica estera , sia perché tutti i nostri più profondi interessi materiali e ideali trovano il loro naturale sodisfacimento in questo avvenire, sia perché l' Europa può assicurare la propria indipendenza ed autonomia e contribuire alla pace, al progresso e alla solidarietà di tutta l' umanità, solo se riesce essa stessa ad unirsi. questa politica esige insieme attenzione, tenacia, immaginazione poiché quel che è stato fatto finora è poco e potrebbe andare perduto e quel che resta da fare è molto e incontra grandi ostacoli. fare l' Europa non è un impegno per i prossimi mesi, è un impegno per il prossimo avvenire e perciò anche i piccoli passi e le lunghe attese non devono mai far perdere di vista la direzione del cammino. il capitolo iniziale di questa politica è costituito dalla comunità economica nella quale il paese è impegnato tutto intero. l' unione doganale , la politica agricola comune, la libera circolazione della manodopera, per non citare che le più importanti realizzazioni, nonché le altre politiche comuni che si stanno elaborando: la politica dell' energia, dei trasporti, la politica commerciale , l' armonizzazione fiscale, e così via , hanno richiesto e richiederanno un impegno forte e crescente da parte di tutta la nostra società. i nostri lavoratori e i nostri operatori economici hanno saputo affrontare questa sfida con un successo tale da porre oggi l' Italia ai primi posti fra tutti i paesi della comunità per il ritmo di sviluppo della sua economia. il Parlamento non ignora però che le Comunità si trovano in una situazione assai critica. da una parte il passaggio dall' unione doganale a una vera e propria unione economica esige un rafforzamento delle istituzioni comunitarie e in particolare della commissione che prepara i regolamenti e veglia alla loro esecuzione, e del Parlamento europeo che dovrebbe controllare la commissione; dall' altra parte non è concepibile l' impianto di una politica economica europea la quale tenga fuori la Gran Bretagna e gli altri tre paesi nordici che hanno chiesto di entrare nel mercato comune : Norvegia, Danimarca e Irlanda. da tempo il governo francese continua ad opporsi alla creazione di istituzioni sovranazionali, al rafforzamento ed alla democratizzazione delle istituzioni comunitarie, all' ingresso dell' Inghilterra nella Comunità. noi siamo persuasi, onorevoli colleghi , che questo triplice rifiuto è contrario all' interesse dell' Europa e della stessa Francia, e confidiamo che il governo di Parigi finirà per rendersene conto. per parte nostra continueremo a cooperare attivamente e volenterosamente allo sviluppo della Comunità, ma ci opporremo fermamente a qualsiasi tentativo di introdurre misure che tendano a rendere più difficile l' ingresso inglese, il giorno in cui l' ostacolo attuale sarà caduto, o che tendano a svuotare del loro contenuto le istituzioni comunitarie. in particolare troviamo assai discutibili i cosiddetti arrangements commerciali con l' Inghilterra, se essi sono concepiti come un surrogato all' adesione. l' Italia è disposta a prendere in considerazione solo quegli « arrangiamenti » che esprimano in termini diversi il concetto di un periodo di transizione, che cioè, una volta realizzati e a scadenze prestabilite, portino alla piena adesione dei paesi candidati. l' esigenza dell' unità europea non si esaurisce nell' unità economica. i paesi democratici d' Europa hanno bisogno di una vera e propria comunità politica , non solo per portare avanti la politica economica comune, ma anche per promuovere una politica estera che dia voce, volto e forza all' Europa rispetto al resto del mondo. noi ci proponiamo di presentare al prossimo Consiglio dei ministri dell' Ueo un progetto di consultazione obbligatoria fra gli stati membri prima di prendere decisioni in determinati settori di politica estera . se la nostra proposta dovesse arenarsi di fronte a rinnovati rifiuti, non ci lasceremo scoraggiare e cercheremo mezzi più adeguati. l' Italia ha lasciato dietro di sé l' amara esperienza del nazionalismo ed è decisa a non tornarci. essa farà il possibile perché anche gli altri popoli d' Europa non ci tornino. onorevoli colleghi , il 20 gennaio scorso un fatto di importanza mondiale si è verificato negli USA con il passaggio dei poteri dal presidente uscente Johnson al nuovo presidente Nixon e dalla amministrazione democratica a quella repubblicana. l' avvenimento avrà le più larghe ripercussioni mondiali per quella che sarà l' azione del nuovo presidente. senza pretendere di nulla anticipare, credo che possiamo accogliere con viva sodisfazione due delle affermazioni del nuovo presidente contenute nel discorso di insediamento rivolto al popolo americano e indirettamente a tutti i popoli: l' affermazione che « dopo un periodo di confronto stiamo entrando in un' era di negoziati » , e l' altra che l' America è alla ricerca di « un mondo aperto, aperto alle idee, aperto allo scambio di persone e di merci, un mondo in cui nessun popolo grande e piccolo dovrà vivere in adirato isolamento » . auspichiamo anche noi, onorevoli colleghi , che l' era dei confronti sul piano della forza sia passata. per lasciare posto a quella dei negoziati; auspichiamo anche noi un mondo aperto alle idee ed agli scambi. ci ispireremo ad uno spirito di larga apertura nelle relazioni bilaterali e in quelle multilaterali con i paesi alleati, con quelli che appartengono ad un diverso sistema di alleanze, con i paesi neutrali e non impegnati (la vicina Jugoslavia in primo luogo), con le nazioni e i popoli dell' Africa e del terzo mondo , al cui sviluppo economico ci proponiamo di contribuire in maniera sempre più efficace, con l' America Latina in un consapevole apporto allo sforzo dei suoi popoli verso più alte mete di vita sociale e civile. aperti continueremo ad essere con i nostri vicini, con i quali non abbiamo in genere motivi di controversia. soltanto con l' Austria è in atto ancora la lunga trattativa circa l' interpretazione dell' accordo De Gasperi-Gruber . si tratta di una trattativa ormai prossima alla soluzione sul piano tecnico e che sul piano politico è stata avvelenata da una attività terroristica diretta non solo contro di noi, ma contro la stessa Austria ed in particolare contro le popolazioni altoatesine, le quali sanno di poter contare da parte del Governo e del Parlamento sulla più aperta interpretazione del diritto all' autonomo sviluppo dei cittadini italiani di lingua tedesca in quella regione. l' onorevole Cantalupo ha espresso la preoccupazione legittima che le misure da prendere nei confronti di una regione italiana possano essere l' opera di altre forze e di altri poteri che non siano il Governo ed il Parlamento italiano. ebbene, le decisioni le prenderanno il Governo ed il Parlamento. l' onorevole Almirante mi ha posto dei quesiti ai quali ho per il momento una sola risposta da dare: concluse che siano le trattative sul piano tecnico, il Consiglio dei ministri ed il Parlamento si assumeranno le loro responsabilità nella piena, completa ed esclusiva conoscenza di tutti i dati del problema. onorevoli colleghi , so che temi importanti come quelli della politica di sostegno all' emigrazione nei suoi riflessi economici, sociali, educativi, quello dello sviluppo delle nostre relazioni culturali con l' estero, quello infine dell' attuazione della legge sul nuovo ordinamento dell' amministrazione avrebbero meritato un' ampia trattazione. la si farà nelle discussioni in sede di Commissione e poi, se necessario, nell' Aula; la si farà avendo presente l' importanza dei problemi. l' onorevole Pigni e l' onorevole Storchi hanno sottolineato alcuni aspetti della situazione dell' emigrazione e degli emigranti. ebbene, io assicuro loro che ai problemi che hanno posto, ai quesiti che hanno formulato daremo la più completa e leale risposta, esaminando prima questi problemi in sede di Commissione, facendo giudice la Camera, il Parlamento delle misure da prendere. non mi resta che ringraziare l' onorevole relatore per il parere della Commissione esteri, che ha efficacemente illustrato i principali aspetti amministrativi e contabili dello stato di previsione , facilitando il mio compito. non mi resta che ringraziare gli onorevoli Deputati che sono intervenuti nella discussione per l' apporto che hanno arrecato all' esame della politica internazionale . onorevoli colleghi , ho per parte mia cercato di analizzare, o meglio, di indicare i più importanti problemi della nostra politica estera ; li ho localizzati particolarmente nell' azione che svolgiamo nei grandi organismi mondiali ed europei dai quali dipende in larga misura se nei prossimi anni il mondo vivrà in pace o in guerra, dai quali dipende, cioè, se la vita umana abbia ancora un senso e una portata. che cosa varrebbe, infatti, accanirsi, come facciamo giustamente, nel lavoro creativo, che cosa varrebbe ricercare vie, metodi, mezzi nuovi per il progresso civile, economico e sociale se tutto dovesse soccombere nell' immensa catastrofe di una guerra nucleare ? quanto di incertezza nasce nella contestazione giovanile che aggredisce non solo i costumi di una società in declino, ma anche valori che sono una conquista permanente dell' umanità? quanto nasce dal senso di insicurezza e di raccapriccio che tiene i popoli e le giovani generazioni al limite tra pace e guerra? la pace è quindi il principio e la fine di ogni cosa. né io farò professione di ottimismo o di pessimismo. non di ottimismo, perché in esso c' è sempre il rischio di una sottovalutazione delle difficoltà; non di pessimismo, perché esso conduce sovente alla rassegnazione. una cosa sola desidero dire alla Camera e per mezzo della Camera al paese: che tutta l' azione del governo e, per quanto mi concerne, quest' ultima mia fatica vogliono essere interamente dirette alla salvaguardia della pace per noi e per tutti.