Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 517 - seduta del 10-11-1971
Disegno di legge (Università)
1971 - Governo Colombo - Legislatura n. 5 - Seduta n. 517
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , a conclusione della discussione sulle linee generali il nostro gruppo, ed io personalmente, abbiamo avuto modo di esprimerci in merito a questa proposta del gruppo liberale, ed anche alle risposte che a quella tesi erano state date durante il dibattito dal gruppo della Democrazia Cristiana ; o, più esattamente, da quella parte — esigua, ma rappresentativa ed autorevole — del gruppo della Democrazia Cristiana (che mi siede accanto) che ha ritenuto di potersi pronunciare in favore delle tesi governative. durante il dibattito, lo riconosco, mi sono occupato in termini polemici più dell' atteggiamento del gruppo democristiano che non della tesi del gruppo liberale. ecco perché ritengo non sia superfluo che in questa occasione noi ci esprimiamo responsabilmente sulla tesi del gruppo liberale, senza tener conto di ciò che è stato detto da altri gruppi a questo riguardo durante la discussione sulle linee generali del provvedimento. l' onorevole Giomo (al quale mi rivolgo anche a titolo personale) sa che, dopo un approfondito esame, non ritengo di poter essere d' accordo con l' impostazione sua e del suo gruppo. desidero però ripetere in questa sede ciò che ho precedentemente accennato nel corso della discussione sulle linee generali, e cioè che considero rispettabile la tesi del gruppo liberale perché, senza alcun dubbio, essa si riferisce ad una situazione di fatto e ad una eventualità che potrebbe verificarsi. ma poiché quella che potrebbe verificarsi, secondo le previsioni del gruppo liberale, è una eventualità che noi riteniamo si debba scongiurare ad ogni costo, ciò segna la linea di demarcazione tra la posizione di quel gruppo e la nostra a questo riguardo. senza alcuna offesa, considero la posizione liberale a questo proposito non come una tesi di libertà, ma come una tesi di rassegnazione ad una progressiva decadenza dei nostri istituti universitari. può darsi che l' onorevole Giorno abbia ragione nella previsione; può darsi che fra qualche anno la dequalificazione delle nostre università — e, pertanto, la dequalificazione dei titoli da esse rilasciati con il timbro dello Stato — si sia talmente dilatata, approfondita e aggravata da rendere inevitabile (come un po' cinicamente prevede il gruppo della Democrazia Cristiana ) la soppressione del valore legale dei titoli di studio universitari. ma se tutti insieme (a questo riguardo la responsabilità è comune per le opposizioni) riteniamo che gli ordinamenti universitari del nostro paese debbano essere riformati; se tutti insieme riteniamo che l' università italiana sia in questo momento in via di dequalificazione, o sia addirittura dequalificata; se tutti insieme riteniamo che riorganizzare gli studi universitari debba avere come fine precipuo — pur nella diversità delle tesi e, quindi, nella diversità dei suggerimenti quanto alla adozione degli strumenti migliori — la riqualificazione delle università italiane, non è possibile al tempo stesso voler riformare l' università e dichiararla non riformata. si dice che in altri Stati, non esistendo il timbro dello Stato sui titoli rilasciati dall' università, quei titoli sono prestigiosi. sono perfettamente d' accordo. ma ci si riferisce a realtà nazionali diverse dalla nostra, a tradizioni differenti. il paragone sarebbe valido se ci trovassimo di fronte a Stati i quali in questo momento ritenessero di poter sopprimere gli attuali loro ordinamenti per andare verso un nuovo ordinamento definito più libero; e cioè in altri paesi, come, ad esempio, gli USA, i titoli prestigiosi che oggi vengono rilasciati dalle università non venissero più rilasciati, e ciò fosse definito come una liberalizzazione dell' università americana, il paragone sarebbe valido. ma il paragone non è valido, perché in Italia, da quando esistono gli ordinamenti dello Stato unitario italiano, il timbro statale ha rappresentato la convalida, anche in termini scientifici, cioè in termini di responsabilità culturali — se così posso esprimermi — degli insegnamenti e delle ricerche universitarie. nessuna università italiana, da quando esiste lo Stato unitario italiano, ha nel quadro dei suoi ordinamenti autonomi avuto la possibilità, e conseguentemente il prestigio, di rilasciare titoli che avessero una loro validità non solo ai fini dell' inserimento dei giovani nelle professioni e nelle arti, ma ai fini della qualificazione culturale delle nuove generazioni. sicché, se si abolisse il timbro dello Stato, non lo si sostituirebbe con il timbro efficace, efficiente, culturalmente e scientificamente valido dell' università di Roma o di Torino. i « pezzi di carta » cesserebbero di essere tali, ma non verrebbero sostituiti da timbri, sigilli e bolli nel senso serio del termine, cioè da garanzie di qualificazione. si dequalificherebbe l' università come università di Stato, ma non la si riqualificherebbe nello stesso momento come università autonoma, perché (e a questo riguardo la tesi del gruppo liberale coincide con la nostra) attraverso questo strumento di legge l' università italiana — sia che la si voglia considerare inquadrata e coordinata in un ordinamento statale, sia che la si voglia considerare autonoma, anche fino alla esasperazione — non si accinge a diventare una cosa seria. allora, responsabilizziamo ulteriormente lo Stato, non per diminuire l' autonomia delle università, ma (e credevo che il gruppo liberale potesse accedere ad una tesi di questo genere) tenendo tutti conto del fatto che l' autonomia che non venga inquadrata in un sistema di responsabilità non corrisponde ad alcuna tradizione organica di carattere nazionale, non corrisponde ad alcuna concezione libera e liberale, non totalitaria certamente, non corrisponde ad alcuna concezione seria ed organica dello Stato nei tempi moderni, di uno Stato moderno. si arriva, attraverso emendamenti di questo genere, non al riconoscimento del pluralismo, ma al riconoscimento dell' anarchia o, per dir meglio, per esprimermi più correttamente e non polemicamente, perché la mia intenzione non è polemica, si arriva non all' « anti-Stato » ma all' « a-Stato » . in un « a-Stato » anche le autonomie non hanno senso e non significano più nulla, non esiste più alcuna possibilità organizzativa, non ha più senso nemmeno una legge di riordinamento organico delle università. sicché non riteniamo che si possa, proprio di fronte ad una legge di questo genere, proprio perché se ne riconoscono i difetti e le deficienze, arretrare di fronte al riconoscimento delle responsabilità che derivano al Parlamento, al Governo e quindi allo Stato. responsabilità che devono e possono essere coordinate con il riconoscimento dell' autonomia, con l' approfondimento del concetto di autonomia che, quanto alla tradizione universitaria italiana, è caro al nostro gruppo e al nostro partito come a qualsivoglia altro partito o gruppo di questa Camera. ma se da un lato l' autonomia viene stritolata da un ordinamento universitario che è certamente più statalista del precedente e dall' altro si nega allo Stato il solo, vero, autentico contributo di garanzia che fin qui ha potuto dare e che da ora in avanti più che mai dovrebbe dare ai docenti, ai discenti e ai ricercatori, noi pensiamo che si aggravano i malanni che giustamente il gruppo liberale e noi denunciamo nei confronti di questo disegno di legge . questi sono i motivi per i quali non siamo favorevoli all' articolo aggiuntivo Giorno 2.0.1.