Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 434 - seduta del 31-03-1971
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
1971 - Governo Goria - Legislatura n. 10 - Seduta n. 86
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , ritengo siano note le preoccupazioni che sull' andamento della spesa pubblica , soprattutto corrente, riguardante lo Stato, gli enti collaterali e gli enti locali , i repubblicani hanno espresso nel corso di questi anni, in verità con non molto successo. queste preoccupazioni si sono notevolmente aggravate nel corso della formazione degli ultimi governi, quando nei programmi sono apparsi impegni di riforma nei più diversi settori che avrebbero comportato eccezionali nuovi impegni, attuali e prospettici, sul bilancio dello Stato . è stato il bisogno di vedere collocati tutti gli impegni passati, presenti e prevedibili per il futuro in un quadro di valutazione organica della situazione delle finanze pubbliche che, all' atto della costituzione del Governo Colombo, ci ha portato a chiedere il cosiddetto « libro bianco sulla spesa pubblica » . il Governo ha esaudito questa nostra richiesta e presentato al Parlamento questo documento alla fine dello scorso mese di gennaio. la Camera ha quindi l' opportunità di esaminarlo contestualmente alla discussione del bilancio di previsione dello Stato per il 1971. devo dire che questo « libro bianco » non ha sciolto molte delle nostre preoccupazioni e non ha chiarito molti dei dubbi che noi avevamo circa la gestione della spesa pubblica . il documento presentato dal Governo fa soprattutto un consuntivo di un lungo periodo, quello compreso fra gli anni 1965 e 1969, fornisce alcune indicazioni di spesa per gli anni 1970 e 1971 e ci presenta il quadro dei cosiddetti oneri pluriennali. circa il consuntivo del periodo 1965-1969, del quale viene fatta un' analisi approfondita, ci è parso di rilevare nel « libro bianco » una certa compiacenza per il fatto che le cifre di competenza avessero avuto una correzione attraverso il consuntivo di cassa, nel senso che per quel periodo le preoccupazioni relative al bilancio di competenza potevano essere attenuate dalla considerazione del bilancio di cassa. ma se questo compiacimento traspare dalle cifre del « libro bianco » , pur si spiega un certo rammarico, nello stesso documento espresso, quando si dice che in questo lungo periodo la spesa poteva essere qualitativamente migliore. e che significato aveva questo rammarico, rispetto alla possibilità del tutto teorica di una qualità migliore della spesa? e evidente che una qualità migliore della spesa si ha quando la spesa per investimenti fa premio sulla spesa corrente , la quale per altro ha avuto in questi anni una corsa ed un incremento molto più accelerati della spesa per investimento. sì, è vero; però, quando si parla di maggiore spesa corrente (per esempio, in materia di scuole e di ospedali), questa spesa corrente deve essere correlata alla spesa per investimenti, altrimenti noi affolliamo scuole ed ospedali di gente che non sa esattamente che cosa fare. rispetto a questa osservazione ed entro questo limite, che cioè una certa dilatazione della spesa corrente si può considerare nel quadro di una spesa per investimenti, debbo fare osservare che ci ha sorpreso il fatto di trovare tra le spese in conto capitale spese che, a nostro giudizio, non sono spese per investimenti. tra le spese in conto capitale abbiamo financo rilevato una spesa per investimenti non produttivi. e figura appunto tra le spese in conto capitale ! chiedo allora all' onorevole Libertini di spiegarmi... siccome l' onorevole Libertini è difensore della spesa corrente , gli ho fatto questa domanda per ripagarlo di tal fervore. comunque, abbiamo rilevato un compiacimento per l' andamento della Cassa e un rammarico per il fatto che il consuntivo di cassa non abbia potuto registrare una migliore qualificazione della spesa. onorevole ministro, a che cosa è dovuta questa impossibilità di qualificare meglio la spesa? tutti noi in Parlamento siamo convinti che questa migliore qualificazione della spesa sia la chiave della soluzione di molti nostri problemi e soprattutto di quegli squilibri che sono continuo oggetto della nostra attenzione. si dice che la migliore qualificazione della spesa non è stata possibile perché la Pubblica Amministrazione ha tempi tecnici ed amministrativi così lunghi che gli impegni non sono utilizzati. ma nei cinque anni, onorevole ministro, non è stato possibile correggere questo indirizzo sbagliato, deformato della spesa pubblica , e dobbiamo registrare questo nostro rammarico alla fine del periodo che quasi completamente coincide, con quel piano quinquennale che si impegnava a realizzare un certo volume di risparmio pubblico? ecco la prima domanda. d' altra parte, noi abbiamo il dubbio che il ritardo nella spesa per investimenti non dipenda soltanto dai tempi lunghi tecnici e amministrativi della Pubblica Amministrazione , ma anche dal dovere che ha il Tesoro di conciliare i suoi impegni di spesa con le condizioni del mercato monetario e finanziario. non può prescindere, il Tesoro, dal controllare una situazione che possa mettere in forse la stabilità del mercato monetario e finanziario. cioè, se da una parte è vero — e si tratta di accertare entro quali limiti — che l' amministrazione pubblica ha dei ritardi, dall' altra parte è anche vero che il Tesoro, attraverso la manovra delle leggi di spesa riesce, come è suo dovere — ed io non lo biasimo da questo punto di vista — a conciliare la spesa pubblica con la necessità di stabilità del mercato monetario e finanziario e con la necessità di evitare processi inflazionistici. nell' obbligo e nel dovere di difendere tale equilibrio il Tesoro non può stare che accanto alla Banca d'Italia . ma allora, onorevole ministro, onorevoli colleghi , noi non dobbiamo nascondere la realtà della situazione; non possiamo evadere dal problema di stabilire il giusto rapporto fra andamento di spese correnti e andamento di spese per investimenti o rifugiandoci nella facile osservazione che la Pubblica Amministrazione ha ritardi tecnici o amministrativi o, quando sospettiamo che si tratti di ben altro, nascondendoci il « ben altro » di cui si tratta. in altri termini, il consuntivo presentatoci dal « libro bianco » circa lo sviluppo della spesa pubblica nei due campi della spesa pubblica corrente e della spesa pubblica per investimenti ci deve prima o dopo portare a una discussione di fondo per vedere come possiamo introdurre una politica reale di investimenti, risolutiva di alcuni problemi fondamentali del nostro paese e come, per evitare lo squilibrio del mercato monetario e finanziario, possiamo riuscire a controllare le spese correnti che dilagano ad ogni livello non solo della Pubblica amministrazione centrale , ma anche della amministrazione degli enti pubblici collaterali e di tutti gli enti locali . questo è il grosso problema che da alcuni anni abbiamo avuto di fronte e che abbiamo il dovere di esaminare nel momento in cui ci riserviamo attraverso le leggi di riforma di far fare un altro lungo cammino alla spesa pubblica . è proprio in ragione di questa strana situazione, in cui a nostro giudizio il Tesoro si trova, che sia dal « libro bianco » del Governo sia dalle nostre osservazioni acquista rilievo l' andamento dei cosiddetti residui di stanziamento, cioè residui che non sono stati impegnati e che si trasportano da un bilancio all' altro. e accanto a questi residui esistono quei cosiddetti impegni globali che danno all' Esecutivo un' altra possibilità di manovra. ma, onorevoli colleghi , questa è una parte delle domande che, nelle osservazioni che noi abbiamo avuto l' onore di presentare ai colleghi attraverso i presidenti dei gruppi, abbiamo posto. forse c' è una parte più interessante su cui vorrei un poco intrattenermi. il « libro bianco » parla del periodo 1965-1969. noi riteniamo che, in questo periodo, ci sia stata una svolta e che cioè questo periodo comprenda due momenti distinti: un momento di sviluppo normale della spesa pubblica , sempre con accentuazione della spesa pubblica corrente, e un momento in cui comincia l' espansione della spesa pubblica totale e, dentro essa, della spesa pubblica corrente. a quando si deve far risalire; onorevole ministro (questa è un' altra osservazione rispetto all' impostazione del « libro bianco » ), questo passaggio. da una fase all' altra? a nostro giudizio esso si colloca nel 1969 e ne abbiamo avuto le prime avvisaglie nel 1968: cioè la finanza pubblica , la spesa pubblica inizia col 1969 un certo suo andamento che si sviluppa nel 1970 e nel 1971 e che ci presenta una prospettiva di anni futuri che non sappiamo ancora come definire. nelle conclusioni del nostro documento è data qualche cifra riassuntiva caratterizzante il passaggio da un momento della finanza pubblica ad un altro momento diverso almeno come dimensioni. e io rileggo qualcuna di queste cifre, che sono assolutamente riassuntive, ma caratterizzanti. mentre nel 1967 il deficit di competenza ammontava a 1252 miliardi di lire e quello di cassa a soli 484 miliardi, nel 1968 il deficit del consuntivo di competenza passò a 2.072 miliardi e quello di cassa a 1.197 miliardi. nel 1969, poi, il deficit di competenza ha raggiunto 2.890 miliardi e quello di cassa 1.521 miliardi. nel 1970 il deficit nelle previsioni integrate di competenza ha toccato 2.615 miliardi di lire mentre il deficit di cassa ha toccato, secondo il « libro bianco » , i 2.054 miliardi. si è avuto cioè un peggioramento del deficit, sia di competenza sia di cassa, di circa 1 500 miliardi in tre anni. queste cifre, che sono piuttosto notevoli rispetto ai periodi precedenti, devono essere confrontate con le cifre dell' indebitamento del Tesoro verso la Banca d'Italia . questo argomento è trattato nel capitolo XII delle nostre osservazioni. alla fine del 1969 l' indebitamento del Tesoro verso la Banca d'Italia raggiungeva i 4.206 miliardi, e alla fine del 1970 raggiungeva la cifra ancora più rilevante di 6.702 miliardi, con le conseguenze sul mercato finanziario che i colleghi possono ben valutare. ancora più significative sono le cifre relative ai cosiddetti oneri pluriennali. nel 1969 essi avrebbero dovuto incidere (fino al 1975 e anni seguenti) per un totale di 13.112 miliardi. alla presentazione del bilancio di previsione del 1971, cioè appena tre anni dopo, erano saliti a 28.399 miliardi, con un aumento di oltre il 100 per cento . debbo dire che, mentre nel 1969 le quote relative agli oneri pluriennali figuravano per 1.116 miliardi, nel 1971 figuravano per 3.991 miliardi, cioè aumentavano del 258 per cento . un nostro calcolo, tenendo conto del ritmo degli aumenti degli oneri pluriennali soprattutto negli anni recenti, ci dice che, se mantenessimo quel ritmo, nel 1975 arriveremmo a circa 50 mila miliardi di oneri pluriennali. così l' andamento della spesa pubblica , che era contenuto in certe dimensioni, subisce una espansione, dal 1969 in poi, e non sappiamo quali dimensioni assumerà questa espansione, che ha avuto un ritmo ancora più accelerato negli anni seguenti. è evidente, onorevole ministro, che, se dal 1968-69 in poi abbiamo potuto dilatare la spesa pubblica e il volume degli oneri pluriennali, non abbiamo fatto questo a vuoto. l' abbiamo fatto nella previsione che il sistema economico avesse un ritmo di sviluppo quale quello registrato negli anni precedenti e che il reddito nazionale rispecchiasse queste condizioni di ascesa del nostro sistema produttivo . osservo che bisogna stare attenti alle previsioni di sviluppo ininterrotto del reddito nazionale . comunque, vi sono condizioni per cui si può assicurare uno sviluppo ininterrotto. e vengo ora a questo aspetto del problema. proprio nel momento — o qualche momento dopo — dell' espansione della spesa pubblica , noi abbiamo avuto alcune indicazioni di un andamento più difficoltoso del sistema produttivo . abbiamo avuto un « autunno caldo » , è poi diventato un anno caldo; abbiamo avuto una serie di agitazioni, di colpi e di contraccolpi, per cui, nonostante l' ottimismo dei documenti cosiddetti ufficiali, la situazione oggi non appare tale da confermare le previsioni che si sono fatte quando furono predisposti taluni piani di spesa. si è creata cioè una situazione strana nel nostro paese. noi dilatiamo la spesa pubblica e il sistema produttivo cede. io so che non si può considerare la spesa pubblica del tutto indipendente dall' andamento del sistema produttivo : però questo gioca entro precisi limiti. se un sistema produttivo cede, come sta cedendo, e con fenomeni molto gravi, e il sistema della spesa pubblica si dilata, come si è andato dilatando, si aggrava il cedimento del sistema produttivo , oltre tutto perché diminuiscono le armi di spesa pubblica per attivare il sistema produttivo . infatti, abbiamo considerato i mezzi pubblici fuori del sistema congiunturale, presupponendo una congiuntura favorevole, e quando la congiuntura è sfavorevole non abbiamo i mezzi necessari per attivarla. c' è un rapporto tra spesa pubblica e sistema produttivo che deve essere contenuto entro certi limiti e che dà alla spesa pubblica possibilità di intervento in congiuntura sfavorevole. ma entro certi limiti, collega Barca; la spesa pubblica dipende dal sistema produttivo . no. nelle sue dimensioni migliori, una quota di questa spesa pubblica in certi momenti può attivare il sistema produttivo , perché altrimenti sarebbe troppo facile aumentare la spesa pubblica . ecco. infatti, noi abbiamo detto nelle nostre osservazioni che usare la spesa pubblica corrente, cioè di consumo, come promozione congiunturale è un errore, perché il fatto è irreversibile. ma questi errori li abbiamo commessi già, onorevole collega. no, li abbiamo commessi insieme. ma figuratevi! se mai, non li abbiamo commessi noi. voi li avete commessi insieme con la maggioranza, questi errori di impostazione della spesa pubblica , e li continuate a commettere. basti guardare come trattate la legge di riforma tributaria , come non riuscite a inquadrare il problema tributario nel fatto fondamentale, e cioè che il problema italiano è di trasferire al consumo sociale il consumo individuale. ma voi non avete inquadrato la riforma tributaria in questa prospettiva. l' avete considerata a sé. ma voi avete contributo alla sua disarticolazione, da questo punto di vista . siete stati i migliori protagonisti della disarticolazione della legge tributaria. cioè, quest' ultima non è vista in un sistema di sviluppo economico programmato, che tende a risolvere certi problemi. l' avete vista a sé. ecco perché noi non l' abbiamo votata: perché i soli che, in questo Parlamento, credono allo sviluppo economico programmato siamo rimasti noi. voi non ci credete. perché la volevate « scassare » di più, dal punto di vista di inserire la riforma tributaria in un sistema. c' è stato un largo contributo a portarci fuori da un sistema di sviluppo programmato. del resto c' è stato sempre un accordo fra maggioranza ed opposizione nello spingere un certo tipo di spesa pubblica . ci troviamo in una difficile situazione. quando la spesa pubblica trova un sistema produttivo debole, ripeto, ne aggrava le condizioni. c' è una differenza nella manovra della spesa pubblica , per esempio, tra USA ed Uruguay. gli USA usano la spesa pubblica anche in funzione congiunturale, in Uruguay si è diffusa talmente la spesa pubblica corrente da distribuire pensioni e stipendi a tutti i livelli, così da avere disarticolata irrimediabilmente quell' economia. ora, con il sistema di spesa pubblica che abbiamo adottato, sembriamo più vicini a seguire l' esperienza dell' Uruguay, che non quella degli USA. inutile voler fare i keynesiani. siamo keynesiani molto paesani, lo vorrei dire a qualche cattedratico che con grande sufficienza ha usato il nome di Keynes, contrapponendolo alle nostre concezioni. questo è il problema, difficile e drammatico problema. cosa fare in un sistema produttivo debole? certamente per prima cosa abbiamo il dovere di guardare a fondo nei problemi della spesa pubblica a livello centrale per non parlare del livello periferico, dove non si sa cosa sia diventata la spesa pubblica . ecco il significato, mi si lasci dire, del nostro costante riferimento a uno sviluppo economico programmato. da anni noi sosteniamo questa battaglia e, lasciatemi dire, con molto rigore e coerenza. non è che non abbiamo visto i pericoli che si presentavano all' orizzonte della nostra vita economica e sociale. desidero ricordare, a questo proposito, una lettera che, dopo una deliberazione della direzione repubblicana, mandammo all' allora presidente del Consiglio onorevole Rumor. la lettera porta la data del 14 febbraio 1969. osservate la strana coincidenza tra il periodo in cui la finanza pubblica prende certi aspetti e le nostre preoccupazioni. in questa lettera del 14 febbraio 1969 ricordavamo che il Governo aveva concluso attraverso consultazioni con i sindacati e definito il grave problema delle pensioni della previdenza sociale . dicevamo al presidente del Consiglio : « predisposta la soluzione di così grave ed impegnativa questione, e predisposta in maniera che non le mancherà certo il consenso del Parlamento, la direzione repubblicana ritiene assolutamente necessario che il Governo ponga chiaramente alle forze politiche e sindacali il problema della politica alla quale esse si devono sentire da oggi in poi obbligate, dopo quell' importante decisione. evidente che per il numero di anni contemplati nell' accordo le prevedibili maggiori possibilità finanziarie dello Stato, supposto che il reddito nazionale continui ad aumentare al ritmo previsto, dovranno in gran parte essere destinate agli impegni assunti per le pensioni. ma ciò constatato, non bisogna dimenticare che vi sono altre urgenti questioni sul tappeto che, per essere risolte, presuppongono la possibilità e la capacità di operare a breve o a brevissimo periodo, ulteriori e massicci finanziamenti da parte dello Stato. e intendiamo riferirci al problema dell' università, della scuola, intendiamo altresì riferirci al problema della giustizia e della sanità, a quello dei beni artistici, paesaggistici e culturali, al problema della insufficienza generale di alcune infrastrutture pubbliche, porti, strade, eccetera... ora — scrivevamo ancora contemporaneamente alla soluzione del problema delle pensioni, i sindacati e le forze politiche non possono sottrarsi al dovere di esaminare con il Governo attraverso quale politica si potranno produrre le disponibilità necessarie per affrontare in termini quantitativi tutti questi altri problemi. e il richiamo alla responsabilità delle forze sindacali si deve considerare del tutto pertinente dopo che esse hanno affermato l' esigenza di partecipare alla formazione delle decisioni sulle pensioni, ciò che comporta il loro dovere di contribuire alla soluzione di altri problemi sul tappeto. tale discussione va fatta contestualmente perché il Governo non possa essere accusato, dopo avere risolto il problema delle pensioni, di non sapere o poter risolvere gli altri problemi, quasi che, fatta ormai un' imponente scelta, non si dovessero predisporre le condizioni necessarie per rendere possibili ulteriori scelte » . siamo, onorevoli colleghi , nel febbraio 1969. allora, il Governo non fu dell' avviso di raccogliere il nostro invito; ma noi eravamo dell' avviso e rimaniamo dell' avviso che, se allora si fossero inquadrati i problemi del nostro sviluppo economico e i problemi correlativi delle riforme necessarie, evidentemente tutto l' andamento dell' « autunno caldo » , le agitazioni per le riforme — che a mio giudizio non devono essere risolte con iniziativa sindacale — tutto questo vasto problema avrebbe avuto un diverso corso. e io devo osservare che nessuno più di noi ha fatto appello ai sindacati perché partecipassero alla definizione di una politica di sviluppo economico programmata, ma devo altresì dire che in questa materia l' iniziativa non appartiene ai sindacati, ma appartiene alle forze politiche , appartiene al Governo e appartiene al Parlamento. le forze politiche , cioè, possono ascoltare i sindacati, nel quadro di una visione globale dei problemi, ma non possono consentire che i sindacati decidano né le priorità né i tempi delle riforme. e voi sapete che, a nostro giudizio, non si possono considerare variabili indipendenti nemmeno le rivendicazioni. c' è un rapporto continuo fra rivendicazioni e riforme e se vogliamo sostituire al consumo individuale il consumo sociale dobbiamo ammettere il nesso che esiste permanentemente fra le rivendicazioni e le riforme in un quadro di sviluppo economico programmato, crediamo. se usiamo la programmazione come retorica, evidentemente all' ombra di questa retorica possiamo perpetrare qualunque misfatto, come secondo me ne abbiamo perpetrati in questo periodo. così riassunta la gravità della situazione attuale e la necessità che il Parlamento prenda cognizione delle dimensioni dei problemi che stanno sorgendo nel nostro sistema economico e finanziario, dimostrato nelle osservazioni che c' è stato un periodo, fino al settembre 1970, in cui, per far fronte ai bisogni della spesa pubblica , la Banca d'Italia ha dilatato la base monetaria, ma ha dovuto restringere il credito. se non avesse fatto questo, avrebbe accelerato il processo inflazionistico. adesso siamo in un periodo di grande liquidità e ci troviamo di fronte ad un sistema produttivo così indebolito che non si riesce a vedere tranquillamente il futuro. che è poi la faccia di un altro pericolo: quando la liquidità è relativamente ristretta e vede la concorrenza fra richiesta pubblica e richiesta privata, noi possiamo sperare ancora che la spesa pubblica sia selezionata sebbene rimanga, onorevole ministro, la cappa di piombo che la spesa corrente corre più velocemente della spesa per investimento. ma quando il sistema direttamente produttivo risulta indebolito, non concorre sul mercato finanziario , la spesa pubblica può dilatarsi troppo facilmente anche in settori in cui la sua improduttività è garantita. io dico sempre agli amici che tanto si preoccupano degli interessi della classe operaia , che la classe operaia del nostro paese ha due avversari: il primo è l' avversario tradizionale, che è l' imprenditore, mentre l' altro avversario, invisibile, è costituito da un sistema di strutture pubbliche costoso e insufficiente. quando un sistema di strutture pubbliche diventa parassitario, il costo di questo parassitismo cade sulla classe operaia e sul sistema direttamente produttivo. la classe operaia paga la burocratizzazione ed il parassitismo del sistema; e voi sapete, onorevoli colleghi , che solo così si spiega la rivolta degli operai in Cecoslovacchia ed in Polonia, la rivolta, cioè, dei lavoratori del sistema direttamente produttivo che vedono ingigantirsi la gabbia della burocratizzazione del sistema economico . noi non siamo esenti da questo pericolo; sì, possiamo fare la lotta di classe contro l' imprenditore, ma non ci accorgiamo che per garantire le condizioni della classe operaia (e per classe operaia intendo quella che opera nel sistema direttamente produttivo), noi dobbiamo essere ben guardinghi nell' usare la spesa pubblica . sono problemi gravi, onorevoli colleghi , e a mio giudizio sono problemi che si pongono quando molti errori sono stati compiuti. non possiamo parlare solo degli enti inutili. tutto il sistema delle strutture pubbliche è andato degenerando; non è un fenomeno che ha riguardato solo gli enti inutili, e voi lo sapete. siamo andati creando delle posizioni corporative di vero e proprio privilegio, che sarà difficile smontare. è questo il pericolo della irreversibilità della spesa pubblica corrente. noi non possiamo tornare indietro su queste condizioni, e questo rende assai problematico il nostro avvenire. a questo punto, onorevoli colleghi , cosa chiediamo noi? chiediamo una meditazione profonda su questi problemi; non possiamo continuare a vederli anno per anno. mi consentano di dire, i colleghi, che quando facciamo un esame del bilancio anno per anno, noi facciamo un esame non molto approfondito. a questo riguardo, e a titolo di conclusione, noi abbiamo avanzato qualche proposta. a nostro avviso bisogna indagare a fondo sul rapporto tra spese correnti e spese di stanziamento. dobbiamo trovare un mezzo per arrestare la corsa continua all' aumento delle spese correnti che tolgono spazio alle spese per gli investimenti, per cui noi avremo sempre minori strutture sociali e avremo sempre più la tensione del consumo individuale. non si può dare spazio al consumismo sociale se non troviamo una maniera di arrestare la spinta al consumo individuale e, d' altra parte, non possiamo sempre conciliare le due spinte. noi siamo nella situazione per cui, dal punto di vista del consumismo individuale, ci avviciniamo ad un certo tipo di società e, dal punto di vista del consumo sociale, figuriamo tra i paesi più arretrati del mondo. ma questi risultati sono dipesi dalla maniera politica e sindacale di vedere i problemi dello sviluppo programmato del nostro paese. bisogna — ripetiamo — guardare a fondo al rapporto tra spese correnti e spese per investimenti e impedire che la spesa per investimenti sia ingabbiata nei residui di stanziamento. adesso noi abbiamo un cumulo enorme di residui di stanziamento che si trascina da un esercizio all' altro. vogliamo vedere che cosa c' è dentro e partire da capo? cioè registrare le spese che possiamo fare e, nei settori in cui c' è la priorità per fare quelle spese, non ammucchiare residui di stanziamento, che sono poi una massa di manovra necessaria per la politica del Tesoro. dobbiamo approfondire i rapporti tra il Tesoro e la Banca d'Italia ; attraverso quali canali si formano le disponibilità monetarie e finanziarie e come devono essere regolate. dobbiamo poi risolvere il problema del bilancio di cassa o di competenza. tenete conto che, a termine di legge della contabilità dello Stato, il Tesoro deve fare un bilancio di cassa ogni 3 mesi, è obbligato a fare un bilancio di cassa e noi non ne sappiamo nulla. abbiamo dei problemi di rapporto tra il Parlamento e la Corte dei conti . la Corte dei conti ci dice che molte leggi di spesa (per 5 mila miliardi) non hanno copertura ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. onorevoli colleghi , la nostra proposta è che la Commissione bilancio, che nel marzo del 1969 ha già iniziato un' indagine conoscitiva sulla spesa pubblica , in base a questi documenti, al documento del Governo, a questo modesto documento che noi abbiamo presentato, approfondisca l' esame dei problemi. noi proponiamo che entro l' ottobre presenti in Parlamento una relazione su questi problemi, in maniera che il Parlamento possa finalmente discutere a fondo rapporti tra competenza e cassa, residui di stanziamento, rapporti tra spese correnti e spese in conto capitali, la possibilità di inquadrare gli impegni pluriennali in un certo sviluppo della nostra situazione economica , del nostro reddito; il ridimensionamento di certi tipi di spesa e se queste sono necessarie. secondo noi è venuto il momento in cui la Commissione bilancio della Camera deve essere investita di questo grave e urgente problema e poter riferire, in maniera che per l' anno venturo il Parlamento possa fare una discussione seria e impegnata su questi argomenti. nel frattempo, onorevoli colleghi , noi diciamo che Governo e Parlamento debbono stare attenti alla spesa pubblica . non costituiamo posizioni che possono avere momenti drammatici; perché è vero che il Tesoro è in condizioni di manovrare la spesa pubblica per evitare processi inflazionistici — secondo me usa questi mezzi, ed è giusto che li usi — , ma quando le spese corrono e corre la spesa per gli investimenti, viene un momento in cui il nodo diventa difficile da sciogliere anche per il Tesoro. qualsiasi legge di spesa, anche quella che più ritardiamo, ad un certo punto scade, e se l' ammontare della spesa è rapidamente crescente, viene un momento in cui il sistema entra in una grave crisi. può non essere molto lontano, signor ministro, questo momento. noi presenteremo un ordine del giorno al riguardo per demandare alla Commissione bilancio una relazione che possa servirci come base di discussione, per la fine dell'anno . il nostro discorso non è rivolto soltanto al Governo e alla maggioranza, ma riguarda uno dei campi sui quali è bene che tutte le forze politiche assumano le loro responsabilità. noi possiamo, onorevole Amendola, avere diverse prospettive per il futuro (una nuova maggioranza, un nuovo centrosinistra), ma su una cosa dobbiamo essere d' accordo: non esiste alcuna prospettiva in un paese a sistema economico indebolito e a spesa pubblica tanto pesante da contribuire ad indebolire ancora di più il sistema. su questa situazione disarticolata e disgregata non si costruiscono né le fortune della maggioranza né le fortune dell' opposizione di sinistra. ecco perché chiediamo un discorso serio e fondato su tali problemi.