Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 365 - seduta del 24-11-1970
Politica economica
1970 - Governo Colombo - Legislatura n. 5 - Seduta n. 365
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , ho chiesto al mio gruppo l' onore di illustrare questo emendamento, anche nella mia qualità di segretario del partito, perché ritengo e riteniamo che la natura e la sostanza dell' articolo 22, al quale ci si riferisce, nonché la natura e la sostanza di questo emendamento valgano a qualificare e a chiarire la nostra posizione in ordine a questo dibattito. e allora mi si consenta un breve cenno introduttivo relativo alla posizione che intendiamo continuare ad assumere nel corso di questo dibattito; posizione che forse necessita di un chiarimento perché ho avuto l' impressione che, questa notte, quando ha avuto inizio la seduta fiume , la nostra presa di posizione sia stata considerata da qualche settore della Camera, e di riflesso da qualche settore dell' opinione pubblica , come una posizione pretestuosa o ostruzionistica in senso meramente formale. ho detto, in precedente e rapido intervento a questo riguardo che noi amiamo chiamare le cose con il loro nome; è evidente che ci si trova di fronte ad una fase ostruzionistica della nostra vita parlamentare. non è la prima volta e, probabilmente, non sarà nemmeno l' ultima. meno chiari possono essere sembrati i motivi per i quali in questa fase di una battaglia ostruzionistica, il nostro gruppo e il nostro partito, che nelle precedenti fasi si erano riservati di assumere un atteggiamento, abbiano deciso di intervenire, come continueranno a fare, in maniera piuttosto impegnata. questo articolo e questo emendamento mi danno modo di chiarire e giustificare i motivi di questo nostro particolare impegno. come la Camera sa, questo è uno dei tanti articoli del nuovo decreto che riproducono, nella forma e nella sostanza, articoli del precedente. vi è stata una trasposizione numerica perché nel precedente decreto si trattava dell' articolo 33, mentre in questo si tratta dell' articolo 22, ma la sostanza è rimasta immutata, ed è particolarmente grave — come avrò occasione di dire — anche dal punto di vista costituzionale, e non soltanto dal punto di vista politico, che, malgrado la non approvazione del precedente decreto, la sostanza e la forma di questo articolo, oltre a quelle di tanti altri articoli, siano rimaste immutate. questo articolo è particolarmente idoneo a dimostrare quanto sia pesante questo provvedimento e, soprattutto, quanto esso sia diverso dai fini che gli vengono attribuiti dal Governo, dalla maggioranza o da una parte della maggioranza, e anche da quella stampa di informazione che in questi giorni sta continuando a dire che la battaglia contro il decreto-bis sarebbe una battaglia contro gli interessi reali del paese, concepiti evidentemente come li concepiscono il Governo e la maggioranza. la ripresentazione di questo articolo per i riflessi che ha avuto sul terreno politico e sul terreno costituzionale, senza dubbio indica da parte del Governo e della maggioranza una recidiva volontà di peccare contro la Costituzione, contro i reali interessi politici e sociali del paese, che non può non suscitare l' impegno di quei gruppi parlamentari che non ritengono di poter condividere la politica governativa. sicché anche per questo motivo debbo confermare ai colleghi quanto qualche ora fa il Movimento Sociale Italiano ha detto in questa Aula, vale a dire che a meno che non si giunga, come ci auguriamo, ad accordi, i quali non siano solo accordi a sinistra, come al solito (potranno essere anche accordi a sinistra, data l' obiettività di una materia che coinvolge i punti di vista , gli interessi e gli impegni di tutti i gruppi), ma siano anche accordi con la nostra parte, senza alcun dubbio la discussione andrà avanti per molto tempo, e non possiamo garantire che si giunga in termini utili alla conclusione di questo dibattito. non lo possiamo e non lo vogliamo garantire, anzi se non si dovesse giungere ad accordi faremo di tutto nell' interesse obiettivo del diritto, in questo caso, per impedire ulteriori lacerazioni costituzionali. rivendichiamo con chiarezza più di quanto abbia fatto qualsiasi altro gruppo in quest' Aula il diritto dovere di battaglie di questo genere, quando si tenti, come si tenta, da parte di un Governo e di una maggioranza, di servirsi del peso, se esiste, del Governo e della maggioranza, per dare luogo ad atti legislativi che, come questo, sono senza dubbio fuori della Costituzione; e non alludo al problema di fondo (sul quale probabilmente dovrò tornare) e cioè al problema della legittimità costituzionale della ripresentazione del decreto che inizialmente non giunse ad approvazione. alludo ad un vizio di costituzionalità che si riferisce a questo articolo, che con il nostro emendamento tentiamo di superare. data l' importanza della materia desidero dare lettura dell' articolo 22 e del nostro emendamento che potrebbe essere sfuggito fra i tanti all' attenzione dei colleghi. l' articolo 22 così recita: « le maggiori entrate derivanti dall' applicazione del presente decreto, in quanto destinate alla copertura di oneri diretti a sodisfare particolari finalità di competenza esclusiva dello Stato, sono riservati interamente all' erario » . il nostro emendamento è così formulato: « alle maggiori entrate derivanti dal presente decreto partecipano le regioni a statuto speciale nelle misure stabilite dalle leggi costituzionali che approvano i relativi statuti » . quindi nel nostro emendamento si fa riferimento alle leggi costituzionali di approvazione degli statuti speciali, con ovvio riferimento all' articolo 116 della Costituzione nonché agli statuti speciali — leggi costituzionali , come i colleghi mi insegnano — delle regioni contemplate nell' articolo 116. debbo premettere, doverosamente, alla illustrazione degli argomenti di carattere costituzionale e politico, un accenno alla particolarità, non alla eccezionalità, della nostra posizione al riguardo. sono lieto che stia presiedendo l' onorevole Lucifredi che ci è maestro in tutto, e ci è maestro particolarmente nelle dottrine costituzionali che attengono alla regionalizzazione dello Stato; ne abbiamo parlato tante volte fin dalla prima legislatura; l' onorevole Lucifredi lo sa bene in quanto fu relatore di quelle leggi, mentre io più modestamente e con scarsa fortuna sono stato sempre relatore di minoranza destinato perciò ad essere battuto, ma avendo la fortuna e la consolazione di essere battuto da un maestro del diritto come l' onorevole Lucifredi. fin dalla prima legislatura noi stiamo sostenendo con una certa coerenza — e spero che l' onorevole Lucifredi di questo almeno mi vorrà dare atto — una tesi, e cioè che le regioni non abbiano a farsi; e addirittura sostenevamo, nella prima legislatura ed in quelle successive, ingenuamente, che le regioni dovessero disfarsi per quanto riguardava le regioni a statuto speciale . fin dalla prima legislatura, abbiamo proposto quanto meno la revisione degli statuti speciali, se non altro perché non ci risulta — e questo leggendo gli atti della Assemblea costituente — che la stessa Assemblea costituente li abbia considerati, specie per quanto riguarda lo statuto della regione siciliana, con sufficiente attenzione. ma abbiamo sempre coerentemente sostenuto, fin dalla prima legislatura in questa Camera che, se poi gli statuti regionali non avessero potuto essere disfatti o riveduti, se le regioni non avessero potuto essere disfatte o non fatte, avrebbero dovuto essere realizzate nell' ordine costituzionale, nell' ordine giuridico, nell' ordine sociale nel migliore dei modi; nel migliore dei modi anche — come ora dimostra questo mio intervento — da un punto di vista obiettivo. non ci sembra assolutamente lecito fare le regioni e nel momento stesso disfarle, ritenerle fatte e tentare nel momento stesso di disfarle, tenerle in piedi e metterle in crisi — è il caso di dire — al tempo stesso , completare l' ordine regionale ed al tempo stesso lederlo fino alle fondamenta, fondamenta che sono costituzionali in quanto sono fondamenta sociali, economiche, finanziarie, politiche e viceversa. credo ci si vorrà dare atto di ciò. se quindi — e non è molto probabile, lo riconosco anche io, data l' ora tarda, e logicamente lo scarso numero dei colleghi presenti qualche collega come, ad esempio, il mio caro amico, a questo riguardo, onorevole Marchetti (con il quale abbiamo avuto alcuni scontri gentilissimi in ordine all' attuazione dell' ordinamento regionale) volesse rilevare come strano il fatto che proprio il segretario del Movimento Sociale Italiano si erga a difesa delle regioni, e soprattutto delle regioni a statuto speciale , in questo caso, e del loro erario, dovrei rispondere — e mi rivolgo anche all' onorevole Marchetti — che io faccio il mio dovere, come ho sempre fatto a proposito di questo problema, da 22 anni a questa parte (è malinconico dirlo). continuo a sostenere che è stato un pesante errore — ed i fatti continuano a dimostrarlo — dare luogo all' ordinamento regionale, sia speciale, sia ordinario. continuo tuttavia a sostenere che quando il Parlamento (ed io ne faccio parte nel bene e nel male, e le responsabilità che gravano sulle mie spalle, quando una legge sia stata approvata, sono le responsabilità del legislatore, e non del legislatore di minoranza), quando il Parlamento compresa la mia parte, dà vita ad un istituto, deve ricordarsi di essere il responsabile, il « genitore » di quell' istituto; non può disconoscerlo quando gli faccia comodo, o quando faccia comodo ad una parte del Parlamento stesso, perché deve ricordarsi dei propri doveri istituzionali nei confronti di tutto ciò cui abbia dato vita. in questo caso il Parlamento deve ricordarsi dei suoi doveri istituzionali nei confronti delle regioni a statuto speciale . mi spiego meglio, venendo al merito dell' articolo e dell' emendamento. l' articolo 22 dice che le maggiori entrate derivanti dall' applicazione del presente decreto, in quanto destinate alla copertura di oneri diretti a sodisfare particolari finalità di competenza esclusiva dello Stato, sono riservate interamente all' erario. devo in primo luogo osservare osservazione apparentemente formale, ma in realtà sostanziale — che voglio sperare che il legislatore, di Governo e di maggioranza, non abbia ritenuto con quell' aggettivo « maggiori » riferito alle entrate di superare disinvoltamente gli ostacoli costituzionali, che sorgono, onorevole Lucifredi, all' esame di questo articolo; perché se invece di dire « le maggiori entrate derivanti dall' applicazione del presente decreto » si dicesse « le entrate derivanti dall' applicazione del presente decreto » , si direbbe esattamente la stessa cosa ai fini giuridici e costituzionali. evidentemente si tratta di determinare attraverso questo decreto delle entrate, così come si tratta di determinare entrate attraverso un qualsivoglia provvedimento di legge, sia esso un decreto o sia esso una legge ordinaria , che incide sulle tasche del contribuente italiano per portare delle entrate allo Stato. debbo dire d' altra parte che non c' è nemmeno bisogno di decreti o di leggi speciali affinché si determinino diverse o maggiori entrate; è nella dinamica e nella fisiologia del bilancio dello Stato e del congegno fiscale in genere che le entrate possano essere di volta in volta, di anno in anno, minori o maggiori. sappiamo tutti, altresì, che è nella fisiologia e nella dinamica di una società moderna e di uno Stato moderno che le entrate, come è accaduto, siano state e siano, malgrado i periodi congiunturali, di anno in anno maggiori. ma, se per caso (ed io voglio esserne certo per il rispetto che ho dei costituzionalisti del Governo e della maggioranza) illustri costituzionalisti del Governo e della maggioranza avessero voluto creare in questo modo una specie di precedente, per cui quando le entrate sono maggiori si determina una specialità nel congegno legislativo e costituzionale ed esse per il fatto di essere maggiori non siano più le entrate fiscali, io dovrei rilevare che non si sarebbe determinata un' eccezione ma si sarebbe rientrati due volte nella regola: in primo luogo perché « maggiori » non significa assolutamente nulla, in quanto non avrebbe senso un provvedimento di distribuzione del reddito se non vi fosse alla radice del provvedimento una maggiore entrata; e in secondo luogo la dizione sarebbe o inutile o insidiosamente anticostituzionale perché è fisiologico che le entrate siano di anno in anno fiscalmente maggiori. si verrebbe a stabilire in questo modo una specie di precedente, per cui ogni volta che le entrate fossero maggiori esse non sarebbero più dirette al destinatario costituzionalmente istituito, vale a dire in questo caso alle regioni speciali, ma all' erario solo perché maggiori. questo non è giusto; difatti il legislatore ha dato prova di non essere tranquillo con la propria coscienza, perché non si è accontentato di dire « le maggiori entrate » , ma ha inserito in questa norma un significativo inciso sul quale conviene soffermare l' attenzione. il significativo inciso dice: « in quanto destinate » ; cioè il legislatore si è accorto di dovere inserire questo inciso per trovare una giustificazione d' ordine costituzionale, per l' appunto, alla eccezionale destinazione di queste entrate, in quanto destinate alla copertura di oneri diretti a sodisfare particolari finalità di competenza esclusiva dello Stato. io imparo alcune cose da questo inciso, sebbene mi sia da tanti anni, modestamente e sempre battuto, pur perdendo le mie battaglie (e perderò anche questa); la cosa più importante è che esiste una competenza esclusiva dello Stato a proposito di determinati oneri e di particolari finalità. francamente non lo sapevo e sarei stato lieto di saperlo, perché se lo avessi saputo alcune mie pesanti perplessità, in ordine alla incidenza della regionalizzazione dello Stato sulla unità dello Stato stesso, anche dal punto di vista fiscale, non le avrei avute, alcune battaglie, con i miei colleghi, non le avremmo fatte, come quando si trattò della legge finanziaria per le regioni a statuto ordinario — molto meno pesante a questo riguardo di quanto non siano gli statuti speciali — e mi sarei convinto fin da principio della esistenza dell' unità dello Stato, perché fin da principio avrei saputo (ma la Costituzione non ce lo dice, anzi ci dice il contrario) che esiste, in taluni casi almeno — e ora vedremo che cosa significhi in taluni casi — competenza esclusiva dello Stato. onorevole Lucifredi, in senso costituzionale purtroppo qualunque interpretazione si voglia dare dell' articolo 117 della Costituzione (se si trattasse di riferirsi al 117, cioè alle regioni a statuto ordinario ) e qualunque interpretazione si voglia dare dell' articolo 116 della Costituzione (trattandosi di un riferimento in questo caso alle regioni a statuto speciale e il 116 è molto più impegnativo, senza alcun dubbio, del 117), qualunque interpretazione si voglia dare, dicevo, anche la più vicina ai vostri punti di vista , cioè ai punti di vista di voi regionalisti, è escluso che si possa parlare di competenza esclusiva dello Stato in materia finanziaria. non se ne può parlare neppure se ci si riferisce soltanto al tanto dibattuto, quanto all' interpretazione, articolo 119 della Costituzione. ma io voglio fermarmi soltanto agli articoli 116 e 117, ciò voglio per un momento (e senza divagare, perché voglio stare strettamente al tema, come è mia abitudine quando si tratta di confronti pesanti e difficili di questo genere) soffermarmi su quello che è stato definito dai costituzionalisti lo Stato regionale, lo Stato delle regioni. onorevoli colleghi di Governo e di maggioranza, voi avete proclamato con gioia e con soddisfazione dal vostro più che legittimo punto di vista , la nascita di un nuovo tipo di Stato quando ci avete detto che bisognava completare l' ordinamento regionale ed estenderlo a tutta Italia. ma immaginiamo che non sia stato esteso ad ogni parte d' Italia, immaginiamo che l' ordinamento regionale, come era accaduto (per fortuna diciamo noi) fino a pochi mesi fa, sia ancora oggi limitato alle 5 regioni a statuto speciale . in quelle 5 regioni a statuto speciale — nessuno lo ha mai negato, nessun costituzionalista neanche di nostra parte lo ha mai contestato — i rapporti stato regione sono stati diversi, anche costituzionalmente, dai rapporti stato regione nel resto d' Italia. senza dubbio questa è un' aberrazione dal punto di vista dell' unità e della certezza del diritto e anche della unità e della certezza del diritto tributario, per lo meno dal nostro punto di vista . ci sembra difficile immaginare uno Stato che possa funzionare unitariamente essendo ordinato costituzionalmente, in una certa guisa in cinque parti dello Stato medesimo, e in una diversa guisa in altre quindici parti dello Stato medesimo. ma ciò non ha nulla a che vedere con la discussione che stiamo facendo. in quelle cinque parti d' Italia (diventate sei con le due province di Bolzano e di Trento) esiste — secondo un doloroso riconoscimento che è anche nostro — lo Stato regionale. io potrei riferirmi ormai anche a tutto lo Stato attraverso determinate interpretazioni dell' articolo 117 che sono vostre; perché se si accettassero le vostre interpretazioni, anche quelle democristiane, in riferimento alla regione a statuto ordinario , allora potrei dire che in tutta Italia esiste ormai uno Stato regionale nell' ambito del quale competenze esclusive dello Stato dal punto di vista legislativo non esistono assolutamente più. noi sosterremo questa tesi, contrariamente a quanto continuerete a sostenere voi, tra qualche settimana in ordine agli statuti regionali che via via dovremo approvare con legge (non so poi con quale specie di legge, non lo sa nessuno, non lo sa nemmeno il presidente del Consiglio ); coerentemente sosterremo (ve lo voglio avvertire fin da questo momento) la tesi che lo Stato delle regioni ha da essere considerato in guisa diversa nell' ambito delle quindici regioni a statuto ordinario e nell' ambito delle cinque o sei regioni a statuto speciale . qui però ci riferiamo alle cinque o sei regioni a statuto speciale , quindi nulla quaestio ; la nostra interpretazione correttamente costituzionale, la vostra interpretazione, correttamente costituzionale, 1 coincidono nel riconoscere che non esiste, nell' ambito dello Stato regionale così inteso e riferito alle cinque (o sei) regioni a statuto speciale , alcuna competenza esclusiva dello Stato. lo Stato, in effetti, ha una competenza legislativa che non voglio ora definire concorrente perché potrei essere frainteso (non voglio degradare ad un rango di terzo ordine, e neppure di second' ordine la competenza legislativa e costituzionale dello Stato); debbo però dire (e spero che la mia terminologia, anche a quest' ora tarda, non faccia inorridire quel maestro di diritto che è l' onorevole Lucifredi; ma io voglio esprimermi più in termini politici che in termini costituzionali) che la competenza legislativa dello Stato, nelle regioni a statuto speciale , potrà essere considerata complementare, ma non certamente esclusiva: non esiste, da parte dello Stato, la possibilità di legiferare su queste materie, e su quasi tutte le altre materie, in modo esclusivo, perché ciò contraddice alla esistenza stessa di statuti speciali, cioè di leggi costituzionali , le quali hanno, come fonte di diritto (e nessun maestro di diritto potrà dirmi il contrario), una posizione gerarchica superiore alle leggi ordinarie . qui invece, ci troviamo di fronte ad una legge ordinaria con cui si pretende di modificare una legge costituzionale . questo è il macroscopico imbroglio di carattere costituzionale che emerge dall' articolo 22: l' ostruzionismo non c' entra affatto, queste sono argomentazioni estremamente serie, talmente serie che, come vedremo, le loro conseguenze di ordine politico sono già state — ma potranno ancora essere — estremamente gravi, dirompenti addirittura. io, a quest' ora tarda della notte (o del mattino), ho l' onestà di avvertire che noi non ci fermeremo qui. come avrò modo di specificare, infatti, noi andremo avanti su questo terreno, per quanto riguarda il problema delle regioni a statuto speciale e soprattutto alcune di esse, perché non è lecito imbrogliare (mi si perdoni il termine, che non vuole essere irriguardoso, ma non ne trovo altri) in questo modo il cittadino italiano e con un decreto convertibile in legge ordinaria , tentare di mandare all' aria una legislazione speciale di carattere costituzionale solennemente proclamata agli italiani di quelle cinque o sei parti del paese come una garanzia valida per sempre. o si rivedono gli statuti speciali, per lo meno per quanto attiene alle norme che in questo modo vengono modificate, oppure bisogna attenersi al testo della nostra Carta Costituzionale , e sopprimere questo articolo; o quanto meno occorre accettare il nostro emendamento, il quale tende semplicemente a riportare nell' alveo della Costituzione una norma che è incostituzionale. non vorrei poi che mi si dicesse (io non so se mi si dirà qualche cosa; probabilmente non mi si dirà nulla; immagino io che mi si faccia l' onore di rispondere qualche cosa; ma il Governo è un po' sordo ad intendere e un po' tardo a rispondere, quindi è molto probabile che non mi si risponderà proprio nulla); comunque, se per avventura mi si rispondesse, io gradirei che mi si dicesse qualche cosa in termini correttamente costituzionali. non vorrei mi si rispondesse che, siccome si tratta di oneri diretti a raggiungere particolari finalità, la norma che si vorrebbe approvare è giustificata dall' intento di sodisfare certe esigenze: perché allora dovrei osservare che in questo modo si viene addirittura a capovolgere lo spirito e la lettera dell' articolo 119 della Costituzione, il quale si riferisce — ed anche di questo i costituzionalisti hanno molto parlato — alle regioni in genere, ma si riferisce anche alle regioni a statuto speciale , per quanto concerne lo spirito e la lettera dell' articolo stesso. voi sapete che il terzo comma dell' articolo 119, dopo che (attenzione!) il primo comma ha detto che le regioni hanno autonomia finanziaria, dice che, « per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le isole, lo Stato assegna per legge a singole regioni contributi speciali » . dal combinato disposto (direi meglio scombinato e indipendente disposto) dell' articolo 119 della Costituzione e dell' articolo 22 del decreto in esame, si evince, al contrario, che il terzo comma dell' articolo 119 della Costituzione potrebbe essere così emendato: « per provvedere a particolari finalità di competenza esclusiva dello Stato, e particolarmente per danneggiare in guisa ulteriore il Mezzogiorno e le isole, lo Stato assegna a se medesimo per legge i contributi che spettano per legge costituzionale alle regioni a statuto speciale » . io proporrei alla maggioranza di essere così gentile da giustificarci in termini politici, sociali ed economici, un simile emendamento, presentandocelo con norma di revisione costituzionale e di revisione degli statuti speciali; potremmo allora anche essere d' accordo e ne verrebbe fuori una nuova concezione dello Stato, che non sarebbe certo lo Stato delle regioni che a voi piace, né sarebbe lo Stato unitario e senza regioni che a noi sarebbe piaciuto, ma sarebbe un terzo tipo di Stato: lo Stato contro le regioni. in termini costituzionali è un dibattito interessante e lo è anche in termini politici, in quanto ne deriva una conseguenza diretta: non lo Stato contro le regioni — vi illudete! ma le regioni contro lo Stato. non tuttavia le regioni contro lo Stato per quella carica contestativa che nel comitato centrale tenuto l' 11 novembre il segretario del partito socialista italiano ha dichiarato essere propria delle regioni ordinarie (badate, contro lo Stato); ed anzi, l' onorevole Mancini ha voluto quasi (come calabrese egli se ne intende) elogiare le regioni per la loro carica contestativa: non ha detto esplosiva o esplodente, ma avrebbe anche potuto dirlo. in questo caso però si tratterebbe di una carica contestativa di tutte le regioni, con alla testa quelle a statuto speciale , per reazione ovvia, logica e — mi duole dirlo — sacrosanta, nei confronti di norme di questo genere, intese a spogliare le regioni a statuto speciale di ciò che spetta loro in linea di principio ed anche in linea di fatto e di merito specifico. per dimostrarvi che non voglio riferirmi genericamente alle regioni a statuto speciale e neppure genericamente a tutti gli istituti speciali regionali, ma a norme costituzionali specifiche che in questo modo vengono violate, ho la franchezza di dirvi che, guardando al merito del problema, la eccezione di incostituzionalità che noi solleviamo non riguarda tutte e cinque (o tutte e sei, come osservava l' onorevole Delfino) le regioni a statuto speciale , ma riguarda soltanto tre di esse, come risulta da un doveroso ed attento esame dei vari statuti. riconosco, quindi, che — riferendomi alla lettera degli statuti regionali e uscendo dal discorso generale per passare a quello particolare — non ho eccezioni da sollevare a proposito della Valle d'Aosta e neppure a proposito del Trentino Alto Adige . in questo caso, quindi, le regioni diventano veramente cinque e non c' è il pericolo che ridiventino sei, visto che non ho da riferirmi — per ora, almeno alle competenze delle province di Trento e di Bolzano in ordine a queste materie. siccome però siamo de iure condendo , ed il « pacchetto » non è stato ancora approvato, potremmo avere delle sorprese qualora la Sudtiroler Volkspartei ottenga qualche ulteriore concessione e quindi la legge sia modificata nel solo modo in cui può essere politicamente modificata, data la situazione, cioè con ulteriori concessioni; e l' onorevole Lucifredi, anche a questo riguardo, è particolarmente in grado di capirmi. la prego di non farmi osservazioni di questo genere: da vent' anni faccio parte del Parlamento. ella non aveva e non avrà nulla da rimarcarmi. io ne ho accennato ma attenendomi al tema ora in discussione. esaminando nel merito gli statuti delle regioni speciali ho esaminato nel merito lo statuto della Valle d'Aosta per rilevare che non ha nulla a che vedere, secondo me, con questa norma, perché non sono contemplate, nello statuto della Valle d'Aosta , a proposito di tributi, quelle tali norme che possono incidere su questo provvedimento. nel merito, non posso per ora occuparmi, in questo momento politico-legislativo, dello statuto Trentino Alto Adige , perché, allo stato dei fatti, lo statuto del Trentino Alto Adige non contempla norme di questo genere. siccome però la norma è all' ordine del giorno del Parlamento e, vorrei dire, di questa stessa seduta, potrebbe darsi benissimo che (mi permettevo di dire) su richiesta della Sudtiroler Volkspartei (in quanto non credo che altre parti politiche possano avanzare una simile richiesta) essa venga varata e che ci si debba occupare nel corso di questa stessa seduta di quell' argomento. mi sembra che in questo modo io non uscivo di una virgola dal tema del dibattito. mi dispiace che ella rimanga del suo parere, perché mi sembra un parere senza fondamento. continuo riferendomi agli altri statuti, i quali invece, senza alcun dubbio, hanno riferimento a questa norma, e sono lo statuto speciale del Friuli Venezia Giulia , lo statuto speciale della Sardegna, lo statuto speciale della Sicilia. comincio dallo statuto del Friuli Venezia Giulia perché è il più recente, e soprattutto per un motivo che ha riferimento a questo dibattito perché lo statuto speciale del Friuli Venezia Giulia è stato approvato da questa Camera e dal Senato della Repubblica , non dall' Assemblea costituente ; è stato il solo statuto del quale, quindi, in questa Aula abbiamo potuto occuparci come gruppo politico , non essendo stati presenti all' Assemblea costituente ; è stato il solo statuto regionale della cui elaborazione il modesto sottoscritto, sia pure in qualità di oppositore e di relatore di minoranza , abbia potuto occuparsi in quell' occasione. all' inizio di questo mio intervento ho ricordato la coerenza del nostro atteggiamento a questo riguardo, e il mio riferimento giunge opportuno perché proprio in quella occasione conducemmo una battaglia ostruzionistica senza velami, una battaglia ostruzionistica appunto nei confronti dello statuto speciale del Friuli Venezia Giulia . così, nel 1962, mese di luglio, essendo io relatore di minoranza , ritenni di dichiarare (e tutto il nostro gruppo condivise e mantenne quello che io come relatore dichiaravo) che saremmo intervenuti, come intervenimmo, in quel dibattito, attraverso la presentazione di emendamenti anche migliorativi. ricordo che intervenimmo in particolare in ordine a questa parte dello statuto che ora, con legge ordinaria , si pretende di modificare. intervenimmo in quel senso perché alle solite impostazioni (mi si consenta di dire: astratte, generiche e demagogiche) dell' estrema sinistra , che fin da allora parlava di un piano speciale e di un programma per la rinascita del Friuli e della Venezia Giulia , non seguiva la precisazione di cosa questo piano avesse dovuto essere; noi opponemmo una tesi terra terra magari, ma più concreta. intervenimmo proprio in ordine a questo articolo 49 dello statuto della regione Friuli Venezia Giulia (uno dei più dibattuti, che mi pare nel progetto fosse il 47, poi diventato il 49); ce ne occupammo appassionatamente, perché ci trovammo allora di fronte ad un Governo e ad un ministro delle Finanze che pretendevano di esibirci la materia in guisa scorretta: vennero a dichiarare a questa Camera, per ottenere la facile approvazione di tutti i gruppi, e soprattutto per ottenere, al solito, i cori di elogi e di appoggi da parte della stampa cosiddetta indipendente e di informazione, che la regione Friuli Venezia Giulia avrebbe avuto bisogno di un bilancio che considerasse in entrata soltanto 7 miliardi l' anno. noi sostenemmo che con 7 miliardi l' anno la nuova regione non avrebbe assolutamente potuto sodisfare alle necessità cui, secondo lo spirito e la lettera dello statuto, avrebbe dovuto sodisfare. ne derivò un appassionato dibattito, e giungemmo alla formulazione di questo articolo, in guisa tale da assicurare alla regione Friuli Venezia Giulia una entrata che si è dimostrata poi dell' ordine dei 27 miliardi annui iniziali, poi saliti — se ricordo bene le cifre — a 35 e poi a 40 miliardi annui. non mi soffermo affatto — perché sarebbe fuori argomento — sull' uso che fino a questo momento, dal 1964, quando è nata, la regione Friuli Venezia Giulia ha fatto dei miliardi in entrata; ma devo brevemente ricordare quanto sto ricordando, perché concerne esattamente il tema in discussione. l' articolo 49, per assicurare alla regione Friuli Venezia Giulia gli introiti necessari alla sua vita, contempla sei punti; di questi sei punti lo riconosco io per primo, per rimanere in argomento e non poter essere tacciato, a mia volta, di quella scorrettezza di cui accuso giustamente il Governo e la maggioranza, cinque non riguardano il « decretone-bis » ; ma ve n' è uno — credo, per avventura, il più importante — che invece lo riguarda, quando si parla dell' attribuzione alla regione di cinque decimi della imposta generale sull' entrata di competenza dello Stato riscossa nel territorio della regione. ed allora, facendo il confronto tra l' articolo 49 della legge costituzionale « statuto speciale per il Friuli Venezia Giulia » , e l' articolo 22 della legge ordinaria di conversione in legge del « decretone-bis » , io chiedo se questi due testi siano compatibili. lo sono forse perché le entrate previste dal « decretone » sono maggiori? è forse scritto in questo testo costituzionale che le entrate relative all' imposta generale sull' entrata sono quelle dell' anno di entrata in vigore della legge costituzionale per l' approvazione dello statuto speciale? io penso di no: io penso che dal 1964 in poi, da quando la regione è stata costituita (dovrei dire, teoricamente e costituzionalmente, dal 1962 in poi, da quando cioè quella legge costituzionale è stata approvata), i cinque decimi di quanto lo Stato percepisce nel territorio del Friuli Venezia Giulia per l' imposta generale sull' entrata spettano alla regione Friuli Venezia Giulia . non c' è dubbio. non so di chi sia stato allora il merito; forse anche di qualche emendamento presentato da noi. dicevo che non c' è dubbio che i cinque decimi dell' imposta generale sull' entrata di competenza dello Stato riscossa nel territorio della regione spettino al Friuli Venezia Giulia , quali che siano le entrate dello Stato: se sono minori, per avventura, in un periodo di depressione, di deflazione, di congiuntura non strisciante, ma galoppante, è evidente che la regione ci rimetterà. d' altra parte abbiamo adottato a suo tempo questo criterio (dico « abbiamo » perché su di esso anche noi eravamo d' accordo: ci sembrò allora e ci sembra ancora adesso un criterio logico) per stabilire che nel quadro di uno Stato regionale, che a noi non piace, per lo meno vi fosse una corrispondenza tra la situazione dell' erario delle regioni e quella dell' erario dello Stato. se l' erario dello Stato incassa di più, le regioni, attraverso queste percentuali, incassano di più; se per avventura l' erario dello Stato incassa di meno, le regioni incassano di meno. se avessimo stabilito delle cifre fisse, voi potreste ora avere ragione, anzi avreste senza altro ragione, e nessuna eccezione potrebbe essere sollevata. invece abbiamo inserito nella norma delle percentuali, proprio perché lo unico modo per stabilire una corrispondenza fra la situazione erariale delle regioni speciali e quella dello Stato, era questo. infatti nello articolo 49 tutte le altre disposizioni suonano nello stesso modo. non vi è dunque dubbio possibile, a mio modesto avviso, nel ritenere che dal confronto fra l' articolo 49 e lo statuto speciale — legge costituzionale Friuli Venezia Giulia — e l' articolo 22, legge ordinaria di questo decreto, emerge che questo decreto, in questa parte, è incostituzionale per quanto attiene al Friuli Venezia Giulia . e per quanto attiene al Friuli Venezia Giulia , mi fermo qui, e non deduco delle conseguenze politiche dalle considerazioni di ordine costituzionale, perché, se sono bene informato, non mi risulta che fino a questo momento il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia , la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia e la presidenza di quella Giunta, si siano accorti di questa lacerazione. debbo anzi dispiacermi che i tre consiglieri regionali del Movimento Sociale Italiano in quella regione non mi abbiano ancora, come segretario del partito, segnalato il grave problema: vuol dire che facendo il mio dovere segnalerò io questo dato ai consiglieri regionali del mio partito nel Friuli Venezia Giulia , perché sollevino formale eccezione costituzionale e reclamino che i diritti di quella regione siano rispettati come è scritto nella Costituzione della Repubblica e nella legge costituzionale del Friuli Venezia Giulia . anche perché, quando nel 1962 si disse che noi avevamo torto a proposito delle nostre preoccupazioni nazionali e nazionalistiche in ordine alla questione del Friuli Venezia Giulia , e che avevano ragione il Governo e la maggioranza (una maggioranza che come al solito arrivava fino ai comunisti, così come in questo momento fino ai comunisti arriva); anzi si disse non soltanto che erano infondate le nostre preoccupazioni nazionali (ed io mi auguro che la prossima visita del presidente Tito non confermi la validità di quelle nostre preoccupazioni nazionali), che esse dovevano cedere il campo a ben più gravi preoccupazioni di ordine sociale ed economico, perché — e questo è vero — il Friuli Venezia Giulia in larga misura, specie per quanto riguarda la città di Gorizia e la Carnia, è un' area economicamente e socialmente depressa. attraverso questo articolo 49 che ora viene clamorosamente disatteso e violato, la regione Friuli Venezia Giulia avrebbe ottenuto dal contribuente italiano delle agevolazioni e dei mezzi tali da poter provvedere alle proprie necessità. non mi aspettavo davvero, dopo otto anni, di dover intervenire in questa stessa Aula a favore del Friuli Venezia Giulia da questo punto di vista contro il governo regionalista in difesa del Friuli Venezia Giulia . pensavo piuttosto di poter intervenire, come forse mi accadrà di dover fare (ma mi auguro di no), dal punto di vista nazionale. più gravi sono, e dal punto di vista costituzionale e da quello politico sociale, le osservazioni che io debbo fare, a proposito del confronto fra l' articolo 22 di questo decreto e gli statuti regionali della Sardegna e della Sicilia. per quanto riguarda lo statuto regionale sardo mi riferisco all' articolo 8, e in questo caso non posso dire (ho già avvertito che non abbiamo partecipato alla elaborazione dello statuto regionale sardo) che il rispetto della legge costituzionale relativo non ci riguarda, come riguarda tutti quanti noi. lo statuto regionale sardo all' articolo 8 stabilisce quali siano le entrate della regione per una certa parte, così come ho già rilevato, a proposito del Friuli; l' articolo 8 della legge costituzionale non incide sull' articolo 22 di questo decreto o piuttosto l' articolo 22 di questo decreto non incide sullo statuto, ma per altri casi sì. e allora io debbo rilevare che si tratta qui di tre violazioni. innanzitutto, l' articolo 8 dello statuto sardo dice: « ... da una quota dell' imposta generale sull' entrata di competenza dello Stato riscossa nella regione da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d' accordo tra lo Stato e la regione in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della regione » ; non c' è dubbio, trattandosi di imposta generale sull' entrata , che si tratta di materia contemplata da questo decreto. poi (e cito un altro capoverso): « ... dai nove decimi del gettito delle tasse di bollo » ; non c' è dubbio che si tratti di norma che riguarda questo decreto. nello stesso capoverso si parla ancora di concessioni governative ; e non c' è dubbio che si tratti di norma che almeno in parte, in larga parte, riguarda la materia di questo decreto. quindi, io denuncio tre incompatibilità di ordine costituzionale fra l' articolo 22 del « decreto-bis » e l' articolo 8 della legge costituzionale relativa allo statuto regionale sardo. la violazione che concerne l' imposta generale sull' entrata mi sembra particolarmente grave per la lettera dell' articolo 8 dello statuto regionale sardo, sulla quale io mi permetto di tornare perché è diversa — lo avete udito — dalla lettera dell' articolo 49 dello statuto del Friuli Venezia Giulia a proposito dello stesso tema (IGE). mentre la legge costituzionale di approvazione dello statuto del Friuli Venezia Giulia contempla il 50 per cento dell' imposta generale sull' entrata , in questo caso la norma è più specifica. essa dice: « da una quota » ; non indica la percentuale. e questo potrebbe sembrare darmi torto, perché non indicando la percentuale, dicendo « una quota » , può sembrare che lo statuto regionale lasci la discrezionalità della scelta della quota stessa anno per anno allo Stato. anche se così fosse evidentemente dovrebbe trattarsi di un ben diverso modo di distribuzione di questa quota; ma — ripeto — potrebbe sembrare meno fondata la nostra eccezione di incostituzionalità. e invece è ancora più fondata perché la norma aggiunge: « ... da una quota dell' imposta generale sull' entrata di competenza dello Stato riscossa nella regione da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d' accordo tra lo Stato e la regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere alle funzioni normali della regione » . allora, consideriamo le varie parti di questa norma costituzionale e mettiamole a confronto con le varie parti già citate della norma ordinaria che si vorrebbe approvare. in relazione — dice la norma costituzionale dello statuto regionale speciale — alle spese necessarie ad adempiere alle funzioni normali della regione. l' obiettivo è quello, il fine è quello, la competenza, non voglio dire esclusiva, ma principale, come tendenzialità di scelta e politica e di diritto costituzionale , è quella. non si tratta né di una competenza esclusiva dello Stato né di oneri diretti a sodisfare — come dice invece il decreto — particolari finalità che riguardino lo Stato. si tratta di una competenza complementare concordata fra Stato e regione, in cui l' accordo della regione è parte essenziale; ha la possibilità di approvare il riparto della quota dell' IGE e la finalità non è quella di andare incontro a esigenze normali o particolari dello Stato ma è quella di andare incontro alle esigenze — badate! di ordinaria amministrazione della regione. e allora io debbo ripetere nella maniera più penetrante una domanda che ho fatto a proposito del Friuli Venezia Giulia : le normali esigenze della regione sarda sono nel 1970 quelle del 1949? c' è un paradigma fisso in base al quale, entrato in vigore lo statuto sardo con la costituzione effettiva della regione nel 1949, se ricordo bene, quelle sono rimaste le normali esigenze della regione? assurdo anche soltanto il sostenerlo. io non ho a mente le cifre progressive del bilancio della regione sarda dal 1949 ad oggi; ma sapete perfettamente bene, onorevoli colleghi , che quelle cifre, com' è avvenuto e come era logico avvenisse nella fisiologia degli istituti di tutte le regioni a statuto speciale , come avverrà senza dubbio, nelle regioni a statuto ordinario , in corrispondenza delle normali esigenze della regione (rappresentate in bilancio da determinate cifre), sono andate crescendo dal 1949 ad oggi ed andranno crescendo in avvenire. ma per la Sardegna sapete tutti qualche cosa di più, e cioè che le normali esigenze della regione, rappresentate in bilancio e crescenti, ad un certo punto, sono apparse a tutte le parti politiche così imperiose da richiedere una particolare misura attraverso la formulazione, prima, e l' approvazione, poi, del piano speciale per la Sardegna, di quel piano di rinascita al quale io accenno correttamente, perché esso è contemplato nello statuto regionale. non si è trattato di un intervento politico o finanziario straordinario, ma di una misura costituzionalmente prevista dall' articolo 13 dello statuto speciale per la Sardegna, realizzata tardivamente, ma contemplata nel momento stesso in cui fu promulgata nel 1948 la legge costituzionale della quale sto parlando, e cioè lo statuto per la regione sarda. c' è di più, perché quando si dice: « da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d' accordo tra lo Stato e la regione » , ci si riferisce, prima di tutto, a quella necessità di intesa che riguarda, per sempre e per ogni anno, il riparto dell' imposta generale sull' entrata per quanto concerne le imposte riscosse in Sardegna, ma ci si riferisce anche ai modi costituzionali e politici dell' accordo tra lo Stato e la regione sarda, modi che sono talmente impegnativi da richiedere, come i colleghi sanno, l' intervento del presidente della regione sarda in quelle sedute del Consiglio dei ministri in cui si discutono i problemi della Sardegna in termini legislativi o comunque politici, economici e sociali. la nostra parte che sostiene queste tesi? in questa sede è la nostra parte; io me ne stupisco e ne sono anche logicamente lieto, perché ritengo che atteggiamenti corretti di questo genere qualifichino una parte politica . ma in Sardegna (siamo in argomento perché la crisi sarda è scoppiata per questo motivo) a seguito del « decretone » numero I e del « decretone » numero 2, è scoppiata una crisi politica che non poteva non scoppiare. che poi, come i giornali dicono, vi siano state (è sempre successo in occasione di crisi politiche , e accadrà anche quando questo Governo tra qualche giorno — io spero — tirerà le cuoia a seguito di questo dibattito) manovre di gruppo o personali alla radice della crisi, non ha importanza; come sempre accade quando si determina una crisi politica bisogna risalire alle origini. in questo caso ciò è estremamente facile. l' articolo 33 del precedente decreto e l' articolo 22 di questo decreto hanno messo e continuano a mettere in crisi la regione sarda. mi permetto di ricordarvi i fatti. quando venne varato dal Consiglio dei ministri il decretone » numero 1 con l' articolo 33, che suonava esattamente come l' attuale articolo 22, la regione sarda mosse eccezione. in quale modo lo fece? nel più legittimo e nel più corretto dei modi: attraverso un ampio dibattito in Consiglio regionale . prego i colleghi, come ha fatto diligentemente chi vi parla, di andare a consultare i verbali delle sedute del Consiglio regionale della Sardegna relativi a quelle discussioni; così i colleghi stessi avranno modo di controllare la coerenza del nostro atteggiamento, perché in quella sede i parlamentari regionali sardi del Movimento Sociale Italiano (pur essendo attestati su posizioni politiche ben diverse, ovviamente, rispetto a quelle di parlamentari sardi delle vostre parti politiche) si associarono ai parlamentari sardi di tutte le altre parti politiche nel condannare l' atteggiamento del Governo e nel muovere un duplice ordine di eccezioni contro l' articolo 33 del decreto numero 1, che adesso è diventato l' articolo 22 di questo decreto che stiamo discutendo. quali sono state le eccezioni che il Consiglio regionale della Sardegna ha mosso in quella occasione al governo italiano e che in questo caso avrebbe tutto il diritto di muovere al Parlamento, se il Parlamento sciaguratamente dovesse approvare questa norma in questo testo? il Consiglio regionale della Sardegna ha mosso due ordini di rilievi e precisamente rilievi di ordine procedurale e rilievi relativi al merito. per quanto riguarda i rilievi di ordine procedurale il Consiglio regionale della Sardegna all' unanimità dei suoi componenti di ogni parte politica ha rilevato, secondo un' esatta interpretazione di quella parte dell' articolo 8 che io ho citato, che non è possibile che, senza il concorso della regione sarda, senza la partecipazione del presidente della regione alla seduta del Consiglio dei ministri in cui si discute e si delibera, vengano deliberate, non dico misure di questo genere, ma misure di qualsiasi genere, che interessano la regione sarda. credo che il rilievo procedurale mosso dalla regione sarda al Governo fosse un rilievo procedurale assolutamente valido. non mi interessano i motivi per i quali il Governo non abbia ritenuto in quel momento di chiamare a consulto del primo decreto il presidente della regione sarda, non riesco a capirli quei motivi, perché fra l' altro il presidente della regione sarda poteva pensarla come credeva, ma era pur sempre un esponente della maggioranza e sarebbe stato corretto, semplice, agevole e giusto consultarlo, mentre non fu consultato. e questo è un dato di fatto di fronte al quale si è ribellato tutto il Consiglio regionale della Sardegna, e in questo caso non mi si dica che si è trattato di una rivolta di campanile, in quanto entra in giuoco il rispetto di una legge costituzionale . questa poteva essere fatta in guisa diversa, poteva essere violata in precedenti occasioni, ma è un fatto che essa è stata violata in questa occasione perché il Governo deve pagare i suoi debiti. questa è la vera natura del decreto: altro che incentivazione, qui si tratta di disincentivazione e di derubare ai destinatari del denaro a cui costituzionalmente spetta! ma il rilievo che la regione sarda ha avanzato era non solo di ordine procedurale ma anche di merito e di contenuto. la regione sarda all' unanimità dei consiglieri regionali ha eccepito non solo che il presidente della regione non era potuto intervenire in Consiglio dei ministri , ma che la misura adottata era evidentemente incostituzionale oltre ad essere lesiva degli interessi della Sardegna, di quella che ancora continuate a chiamare la rinascita della Sardegna. alcuni parlamentari sardi qui presenti mi possono dare ragione. proprio in segno di protesta contro la presentazione dell' articolo 33 si sono avute le dimissioni del Governo regionale della Sardegna. che poi dietro questa motivazione nobilissima, che io ritengo sacrosanta, costituzionalmente corretta, vi siano stati dei motivi o dei pretesti, dei giuochi di corridoi, che vi siano stati rivalità di uomini o di correnti non ha alcuna importanza: la crisi ufficialmente è stata rappresentata all' opinione pubblica della Sardegna da parte della stampa di partito, da parte della stampa di informazione, da parte dei parlamentari di maggioranza, da parte di parlamentari di opposizione, come una crisi, come dimissioni dovute in base ad una legittima protesta in termini costituzionali e politici della Sardegna contro il Governo nazionale, che aveva inserito nel primo decreto una norma lesiva dello statuto sardo e dell' interesse della Sardegna. si poteva ritenere che, non essendo stato convertito il decreto numero 1, ed avendo avuto il Governo una pausa di meditazione (ricordate le vicende degli ultimi giorni di vita e di morte del decreto numero 1, quando il Governo ritenne di lasciare arrivare il decreto numero i, fino al termine della sua estinzione, prima di procedere, in Consiglio dei ministri , all' approvazione del decreto numero 2) quei giorni di meditazione fossero salutari almeno da questo punto di vista . e perché si poteva ritenere questo? perché era scoppiata una crisi politica in Sardegna, una grossa crisi politica , e perché il Governo e la maggioranza che lo esprime avevano l' interesse, oltre che il dovere, di contribuire, attraverso il decreto numero 2, per lo meno a risolvere questo problema. e invece il Governo ha ripresentato, quasi a sfida — e lo dico con termini che sono pesanti, ma vogliono essere provocatori, perché sono la constatazione di una realtà — la stessa norma. quando una Assemblea parlamentare regionale (con la dignità che voi attribuite alle assemblee parlamentari regionali, e che anche i noi siamo costretti ad attribuire loro, perché rispettosi del dettato della Costituzione, che è una Costituzione che non ci piace affatto, anche da questo punto di vista , ma di cui siamo, come cittadini e come legislatori, rispettosissimi) dà un parere, e quando nel giro di pochi giorni si viola il parere motivato di questa Assemblea di una regione a statuto speciale , e si dice ad un governo regionale — espressione della stessa maggioranza di cui siete espressione voi — che per il Governo della nazione non ha peso il suo motivato parere di ordine politico, di ordine sociale, economico, costituzionale, che non ha peso la sua ribellione, che cosa si vuole? si vuole, onorevole ministro, e mi rivolgo a lei che rappresenta qui il presidente del Consiglio , che anche in Sardegna si alzino le barricate come a Reggio Calabria ? si dà ragione alle regioni nel momento in cui la rivolta esplode in piazza, e non si ritiene di dover dare ragione alle regioni quando hanno ragione? in questo caso non c' è alcun dubbio che la regione sarda avesse ragione; non c' è alcun dubbio che una regione abbia ragione quando esprime correttamente in Consiglio regionale , attraverso il proprio governo regionale, il proprio parere, e quando una regione paga, negli uomini, in termini politici, giuridici, costituzionali il fio di colpe che in questo caso, almeno, della regione non sono. voi vi siete trovati di fronte ad un governo regionale corretto, che ha dato le dimissioni per violazione della Costituzione e dello statuto regionale da parte del Governo nazionale; e siete gli esponenti di un Governo nazionale scorretto, il quale ha illegittimamente presentato un decreto-bis identico al decreto numero uno, quando il decreto numero uno non era stato convertito, un Governo che non ha nemmeno pensato di costituzionalizzare se stesso , di regolarizzare la propria posizione, di diventare, nelle more, rispettoso di se stesso e di un governo regionale espressione della stessa maggioranza, ed ha voluto reiterare, con diverso numero (questa è la differenza, non più articolo 33, ma 22, ma la norma è esattamente la stessa) la norma che aveva determinato le dimissioni di quel Governo regionale. e poi, cosa è successo in Sardegna? non ci siamo fermati qui, perché il Consiglio regionale sardo non ha potuto ancora discutere l' argomento, il nuovo, vecchio argomento nel merito, in quanto, come tutti sapete, quella crisi non ha ancora trovato una sua soluzione. è stato eletto, in modi che non mi riguardano, in questo momento, poiché non concernono questo dibattito, e sui quali quindi io non insisto neanche per un istante, un nuovo presidente della regione, di estrazione democristiana; e non m' importa a quale corrente egli appartenga. le modalità di elezione di questo presidente, la formula di governo regionale che dovrebbe nascere in Sardegna a seguito di tale nomina hanno dato luogo ad infinite discussioni politiche, cui ho partecipato anche io, ma che in questa sede non riprenderò. in questi giorni dovranno essere eletti gli assessori. evidentemente, il primo dibattito al quale sarà chiamato il nuovo Governo regionale sardo, quale esso sia, dal Consiglio regionale della Sardegna, sarà indubbiamente questo. e ciò avverrà per iniziativa, io credo, di tutti i gruppi; e se altri gruppi non prenderanno l' iniziativa, ciò avverrà certamente per iniziativa del gruppo del Movimento Sociale Italiano . il primo problema sarà indubbiamente questo, perché diremo al nuovo Governo regionale sardo che il precedente Governo si è dimesso perché nel precedente decreto esisteva la norma di cui all' articolo 33. il nuovo Governo è nato da quelle dimissioni e da quella crisi: avete risolto il problema? siete stati convocati a Roma? il Consiglio dei ministri si è tenuto per l' approvazione del decreto numero 2 alla presenza del presidente della regione sarda? la risposta è no. e se pertanto il Consiglio regionale della Sardegna ha mentito a tal punto illegittimo l' articolo 33 del precedente decreto da determinare una crisi così clamorosa, io penso che un' altra crisi altrettanto clamorosa avrà luogo in Sardegna se il Parlamento italiano approverà l' articolo 22 di questo decreto. temo addirittura che possa avvenire di peggio e cioè che questa insistenza della maggioranza del Governo e del Parlamento nel tenere in piedi una norma in aperta violazione, in spregio, addirittura, degli interessi della Sardegna determini (se non ci saranno reazioni a livello governativo in Sardegna, e a livello parlamentare), reazioni popolari, dopo le quali che cosa ci verrà a dire l' onorevole Colombo, che è stata l' estrema destra neofascista a sollecitare una eventuale rivolta in Sardegna? lo penso che ognuno debba assumersi, fin da questo momento, le sue responsabilità poiché in questo momento siamo in tema di medicina preventiva e siamo ancora in tempo per evitare che avvenga un vero e proprio scandalo di questo tipo. passando dalla Sardegna alla Sicilia le cose non si alleggeriscono, bensì si aggravano, anche perché, come ho avuto modo di ricordare all' inizio di questo mio intervento, lo statuto regionale siciliano è, diciamo così, più « avanzato » in quanto attribuisce alla regione una competenza più larga. ciò si dimostra subito mettendo a confronto l' articolo 22 del decreto che stiamo esaminando con l' articolo 36 dello statuto regionale siciliano, ove si dice: al fabbisogno finanziario della regione si provvede con i redditi patrimoniali della regione a mezzo di tributi deliberati dalla medesima » . e fin qui nulla quaestio . secondo capoverso: « sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei monopoli, dei tabacchi e del lotto » . quindi se per il Friuli l' articolo 22 del decreto è incostituzionale, relativamente al punto 5 dell' articolo 49, se per la Sardegna l' articolo 22 del decreto è incostituzionale relativamente a tre punti dell' articolo 8 dello statuto regionale, per quanto riguarda la Sicilia l' articolo 22 è completamente incostituzionale, perché secondo l' articolo 36 dello statuto regionale siciliano allo Stato spettano solo le imposte di produzione e le entrate dei monopoli, dei tabacchi e del lotto. quindi tutto il resto spetta alla regione, mentre secondo l' articolo 22 del decreto tutto il resto spetta invece allo Stato. anche qui le nostre considerazioni non possono essere soltanto di ordine costituzionale, sono anche di ordine politico. mi riferisco in primo luogo ad una situazione di rapporti politici e costituzionali che è sempre esistita tra la Sicilia e lo Stato fin da quando è stato varato, nel 1948, lo statuto regionale siciliano. voi sapete benissimo che in questo statuto, oltre all' articolo 36 di cui ho dato lettura, c' è quel famoso e, debbo dire, sciagurato (per il modo in cui è stato redatto e con cui è stato applicato) articolo 38, relativo al fondo di solidarietà nazionale. ogni anno si svolgono pesanti e faticose trattative fra Stato e regione siciliana, la quale tratta con lo Stato. i governi regionali della Sicilia vengono ivi considerati a livello di partiti, di stampa, di opinione pubblica , a seconda di quello che riescono a ottenere e riescono a ottenere di più o di meno a seconda della corrente della Democrazia Cristiana cui è iscritto in quel determinato momento il presidente della regione siciliana e della corrente cui, in quel determinato momento, è iscritto il presidente del Consiglio a livello nazionale . i vari governi regionali vantano vittorie o denunciano sconfitte a seconda dell' esito delle trattative. se si fa la storia del fondo di solidarietà nazionale per la Sicilia in questo dopoguerra troviamo in esso anche la storia dei rapporti fra il governo regionale e il Governo nazionale, la storia dei rapporti fra i partiti, fra le correnti, ivi compreso il periodo milazziano in Sicilia. c' è un tratto interessante — debbo dire — della storia costituzionale, politica ed economica del nostro paese in questo dopoguerra. perché quelle trattative sono state così affannose ogni anno e così convulse? perché non si è giunti finora — e lo sapete — ad una attribuzione di poteri reali alla regione siciliana? perché le deleghe previste, i passaggi di poteri previsti nella Costituzione e nello statuto speciale non sono venuti a tempo debito e si sono determinati degli equivoci che hanno gravato pesantemente sulla situazione della Sicilia. e in questo caso non si può dire, come ho detto per la Sardegna, che per ora almeno il problema è stato affrontato in termini estremamente sobri e corretti a livello di governo regionale e di Consiglio regionale . in Sicilia le vicende dei rapporti fra Stato e regione ce le siamo viste in piazza più volte e non solo in piazza a Palermo davanti a palazzo dei Normanni , ma qui davanti, a Montecitorio, abbiamo visto accampate le genti siciliane, proprio in rapporto ad una mancata definizione dei rapporti economici, finanziari e tributari fra Stato e regione, alla mancata attuazione delle norme previste dallo statuto regionale siciliano, norme che, come sapete, in parte non sono state attuate mai perché inattuabili e in parte sono state attuate, ma hanno dato luogo a quei pesanti inconvenienti che non hanno, ahimè, indotto il legislatore di maggioranza a rivedere lo statuto regionale siciliano con legge costituzionale , come tante volte la nostra parte in Sicilia e qui ha proposto e come ricorderemo ai siciliani nella primavera prossima in occasione della campagna elettorale regionale ormai non lontana nel tempo. il legislatore di maggioranza, il Governo come tale, ha ritenuto sempre di potere lasciare in piedi norme disattese, inattuate o violate e di affrontare in termini politici, più o meno di occasione e di circostanza, i problemi che ne sorgevano. la Sardegna, a livello politico, nei giorni scorsi è insorta contro il decreto numero 1 e in sostanza contro il decreto numero 2 nei modi che io ora ho ricordato. ma, onorevoli colleghi di maggioranza, la Sicilia è tranquilla a questo riguardo? sapete o no che una delegazione di parlamentari siciliani di maggioranza nei giorni scorsi è venuta a Roma per trattare e per trattare esattamente in ordine agli articoli 36 e 38 dello statuto regionale siciliano? sapete o no che da quelle trattative, che non mi risulta si siano ancora concluse in guisa sodisfacente per l' una e per l' altra parte, dipende il destino del governo regionale della Sicilia e non soltanto del governo regionale della Sicilia, ma di quella miriade di enti, taluni di estrema importanza, che vivono (se posso usare questo termine) intorno al governo regionale della Sicilia? sapete o no che in Sicilia la situazione è estremamente tesa, proprio a seguito dell' andamento non felice fino a questo momento di quelle trattative? e ritenete voi di potere attraverso un colpo di mano , attraverso l' approvazione di un decreto-bis, attraverso l' approvazione dell' articolo 22 di questo decreto nel testo attuale, portare via — perché di questo si tratta — all' erario della regione siciliana ciò che non avete il diritto di portargli via; e questo nel momento stesso in cui la regione siciliana vi chiede qualche cosa di più, vi chiede di poter fruire di maggiori entrate. e se per caso qualcuno di voi ha dei dubbi al riguardo, io mi permetto di ricordare, a me stesso ed a voi, quanto in ordine a questi problemi ha detto in quest' Aula il signor presidente del Consiglio , il 16 ottobre, rispondendo — insolitamente — ad interrogazioni sui fatti di Reggio Calabria . non siamo stati noi, in quell' occasione, ad associare i fatti di Reggio Calabria alle attese siciliane: è stato il presidente del Consiglio a farlo. io debbo dire, per quanto concerne le nostre responsabilità (che mi assumo ben volentieri) che noi abbiamo giudicato molto severamente, e non lo abbiamo taciuto nella nostra usuale franchezza, il discorso pronunciato in quest' Aula dal presidente del Consiglio in ordine alle interrogazioni sui fatti di Reggio Calabria . lo abbiamo giudicato molto severamente per due motivi. un motivo lo accenno appena, e non vi insisto, perché non è motivo di trattazione in questa sede. esso riguarda il giudizio che il presidente del Consiglio ebbe a dare sui fatti di Reggio Calabria , giudizio altamente contraddittorio, e direi poco piacevolmente (non voglio usare altri avverbi più gravi) contraddittorio, perché da un lato il presidente del Consiglio ha riconosciuto le nobili — sue testuali espressioni — motivazioni di quella rivolta e dall' altro egli ha attribuito quella stessa rivolta a forze reazionarie, che si rifanno — ancora sue testuali parole — ad un mito di violenza che il popolo italiano ha condannato: allusione questa che ci è sembrata non coraggiosa, ma piuttosto evidente e indirizzata come accusa nei nostri confronti, tanto che io dal 16 ottobre non so se sono nobile oppure reazionario, se il mio partito esprima una esigenza di popolo od un mito condannato dalla storia. di questo chiederò spiegazione, alla prima occasione, alla cortesia, lessicale nonché politica, del signor presidente del Consiglio . ma non insisto su questo tema, perché non è l' argomento del quale si tratta. ciò che più ci dispiace, lo dicemmo già e lo ripeto in questa occasione — ed ora siamo pienamente nel merito — è stata la contaminazione, in senso legislativo ed in senso giuridico e, vorrei dire, anche in senso umano (bassamente umano in quel caso), che il presidente del Consiglio ritenne di fare in quella occasione fra le genti di Calabria e le genti di Sicilia, a proposito delle loro necessità economiche, sociali, finanziarie e tributarie. in quella occasione, infatti, il presidente del Consiglio non si limitò a rispondere alle interrogazioni che riguardavano esclusivamente i fatti di Reggio Calabria , ma, con mossa politica inattesa e a nostro avviso scarsamente giustificata e giustificabile, passò a parlare della Sicilia, per dire, in sostanza, che poiché in Calabria era accaduta una insurrezione popolare, comunque motivata, il Governo riteneva di soffermarsi con attenzione sulle necessità della Calabria, e della provincia di Reggio Calabria in particolare, e pensava di destinarvi determinate incentivazioni industriali, determinate installazioni e determinate fonti di occupazione; contestualmente il presidente del Consiglio annunziava la decisione di distogliere dalla Sicilia una parte di quelle incentivazioni, installazioni e mezzi che precedentemente il Governo aveva ritenuto di poter destinare alla Sicilia. siamo in argomento, come si vede, ma lo siamo, purtroppo, in guisa molto più penetrante di quanto poté apparire attraverso il discorso del 16 ottobre del presidente del Consiglio . infatti, dopo aver ascoltato quel discorso, si poteva anche pensare (ed i maligni lo hanno certamente pensato) che si era di fronte alle solite promesse; che il presidente del Consiglio , dovendo rispondere a delle interrogazioni, ed essendo la situazione talmente grave da richiedere che rispondesse personalmente egli stesso, non affidando la risposta al ministro competente, che sarebbe stato il ministro dell'Interno (ammesso che quest' ultimo abbia competenza sulla politica interna e sull' ordine pubblico nel nostro paese, e ammesso che esista un ordine pubblico nel nostro paese), l' onorevole Colombo aveva dovuto fare delle promesse: e poiché le promesse fatte in questo momento, occasionalmente, alla Calabria urtano di fatto contro promesse fatte in precedenza alla Sicilia, il presidente del Consiglio era stato costretto a dire ai siciliani: vi tolgo una parte di quello che nello stesso momento sono costretto a dire che do ai calabresi. un' ignobile manovra, ma finché fossimo rimasti sul piano della manovra politica, della demagogia, anche — ahimè! — a livello di Presidenza del Consiglio e di Parlamento, niente di eccezionale: ne sono accaduti di fatti del genere in questi anni e in tale quantità e di tale importanza che l' opinione pubblica e noi stessi ce ne saremmo dimenticati, se non ci trovassimo ora di fronte all' articolo 22 del decreto per quanto attiene alla Sicilia e se non ci fossimo trovati, nei giorni scorsi, dinanzi alle notizie delle ansiose trattative condotte dal governo regionale siciliano, dai parlamentari siciliani di maggioranza, con il Governo nazionale per tentare di rimediare al male fatto; se non ci trovassimo, inoltre, di fronte ad allarmanti notizie di moti di piazza di cui si comincia ad avere sentore in Sicilia e che hanno avuto una loro ripercussione nazionale in manifestazioni svoltesi dinanzi a Montecitorio e che anzi ad un certo punto stavano addirittura per trasferirsi all' interno di Montecitorio, con una baldanza tutta meridionale e tutta sicula. io sono oriundo siciliano e queste cose le posso anche capire, ma se da un lato le capisco, non credo, come legislatore e come uomo politico , di poterle registrare con sodisfazione: sono sintomi di estrema gravità. ed allora vi chiedo: avete voluto, in sostanza, con questo articolo 22, schiaffeggiare l' assemblea regionale sarda; ora, con questo stesso articolo voi date un ulteriore schiaffone alla regione siciliana, a tutto il popolo siciliano, ai lavoratori, ai produttori, i quali hanno oggi, attraverso questa norma, la prova che il presidente del Consiglio non scherzava. si poteva ritenere che l' onorevole Colombo avesse scherzato, diciamolo benevolmente, che avesse voluto fare un po' di demagogia in quest' Aula, che avesse voluto placare la Calabria strizzando un occhio alla Sicilia dicendole: « non vi preoccupate, tanto siamo vecchi amici, tanto voi avete uno statuto speciale, mentre i calabresi non hanno ancora neppure uno statuto ordinario; vogliamo soltanto impedire che la questione del capoluogo dia luogo ad ulteriori degenerazioni polemiche, ad ulteriori rivolte di piazza; promettiamo loro qualche cosa, tanto poi a voi nella sostanza non togliamo nulla » . no, non è così: voi togliete molto, in questo modo. nel momento in cui la Sicilia chiede di più, voi le rispondete che le darete di meno, non le darete quello che le spetta; perché aumentando le entrate, non possono fisiologicamente aumentare quelle che lo statuto regionale, cioè la legge costituzionale , assegna alla Sicilia. vorrei poi sapere come faranno il presidente del Consiglio , l' intero Governo, la maggioranza, quando fra qualche settimana saranno chiamati a rispondere di ciò che non potrà non accadere in Sicilia. lo dico sperando di sbagliarmi, sperando che non accada; ma dico che non potrà non accadere, a seguito della sconsiderata approvazione di una norma di questo genere. e allora chiedo al Governo: avete convocato il presidente della regione siciliana a discutere in Consiglio dei ministri ? quello della regione sarda certamente no; eppure i poteri costituzionali della regione sarda sono in materia molto minori di quelli della regione siciliana. l' articolo 36 dello statuto regionale siciliano — come ho ricordato poco fa — è il più pesante tra gli articoli di statuti speciali a proposito della destinazione delle entrate tributarie. se era costituzionalmente corretto e necessario e politicamente saggio convocare in Consiglio dei ministri il presidente della regione sarda per sottoporgli l' articolo 22 ex 33 — di questo decreto, era ancora più necessario convocare il presidente della regione siciliana. lo avete fatto? volete interrogare il vostro amico Ciancimino? volete chiedere qualche cosa agli esponenti della mafia politica che comandano in Sicilia? esiste un accordo a questo riguardo, almeno con la mafia politica , oppure vi buttate allo sbaraglio? siete coperti dalla mafia o siete scoperti anche da questo punto di vista ? sono domande ferocemente ironiche — me ne rendo conto — ma sono anche domande doverose sulle labbra di un parlamentare che voglia fare il suo dovere nell' attuale momento politico. credo quindi di poter dire che il Movimento Sociale Italiano ha piena ragione nel sostenere questo emendamento di fondo, di merito, di sostanza, nel quadro di una battaglia ostruzionistica, sì, contro questo decreto-bis, ma anche nel quadro di una battaglia condotta con il nostro solito stile, non per farvi perdere tempo, ma per sottoporvi degli argomenti sui quali possiamo avere torto o ragione — ma sui quali comunque noi crediamo in buona fede di avere ragione — ma sui quali comunque crediamo di avere per lo meno diritto ad una responsabile risposta da parte della maggioranza e del Governo.