Francesco COSSIGA - Deputato Maggioranza
V Legislatura - Assemblea n. 296 - seduta del 17-06-1970
Rordinamento dell'amministrazione dello Stato
1970 - Governo III Rumor - Legislatura n. 5 - Seduta n. 296
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , siamo giunti al momento cruciale e, mi auguro, definitivo di questo tormentato e delicato iter legislativo, che ha avuto da un lato certamente momenti di vibrata polemica, ma che indubbiamente ha segnato anche un momento di costruttivo confronto in Commissione e — mi auguro — adesso anche in Aula, tra Governo, maggioranza ed opposizione. credo che anzitutto debba essere messo in luce, nell' interesse stesso del prestigio della istituzione parlamentare, che il dibattito svoltosi in Commissione — come ha avuto modo di riconoscere anche l' onorevole Caruso — è stato non solo civile per quanto riguarda le forme, ma civile anche da un punto di vista politico in quanto tutte le parti — la maggioranza che sostiene il Governo, il Governo stesso e l' opposizione — si sono sforzate, pur nella inevitabile salvaguardia delle posizioni politiche proprie, di cercare punti di convergenza piuttosto che punti di divergenza. credo che abbiamo dimostrato anche in Commissione che se il Parlamento deve essere necessariamente attento alla domanda che viene formulata — anche con l' uso degli strumenti della lotta sindacale — dai movimenti di massa e dagli stessi sindacati; se anche deve fare attenzione non solo alla domanda stessa, ma a quanto in ordine ad essa può essere intercorso tra Governo e parti sindacali interessate, per altro il Parlamento non può mai, neanche in questa occasione, essere ridotto a camera di registrazione e deve, pur nell' attenzione dovuta per quanto accade nel paese, anche attraverso queste forme di democrazia diretta rappresentate dai movimenti di massa e dalle stesse agitazioni sindacali non dimenticare che ripete i suoi poteri da un momento essenziale della sovranità del popolo, qual è il conferimento del mandato attraverso la elezione popolare. il carattere tormentato e complesso dell' iter legislativo di questa legge è dovuto a vari motivi: alla complessità tecnica del testo che avevamo di fronte, alla complessità della materia e alla rilevanza politica dell' argomento che dovevamo affrontare: la riforma dell' amministrazione dello Stato da un lato e la ristrutturazione del corpo burocratico dall' altro, essendo il riassetto economico — che costituisce la terza parte dell' oggetto del nostro legiferare — non altro che una conseguenza e della riforma della Pubblica Amministrazione e della riforma del corpo burocratico. ci siamo poi trovati a trattare questa materia in connessione con alcuni fatti politici ed istituzionali estremamente importanti: lo avvio dell' attuazione dell' ordinamento regionale, il fatto che la domanda di partecipazione, che sempre più prepotentemente e talvolta anche disordinatamente e — lo ammetto — caoticamente sorge dal paese e dalla società civile (domanda di carattere economico, sociale e culturale), deve poi trovare un suo momento unificante in una domanda di partecipazione politica, che non trova sodisfazione nell' attuale struttura dello Stato, e soprattutto in quella parte dello Stato che, come la Pubblica Amministrazione , più direttamente dovrebbe poter rispondere a tale domanda, sostanzialmente rivolta ad una più ampia partecipazione politica. si tratta di un momento nel quale vengono riconsiderati i rapporti tra Governo e Parlamento, tra Stato e società civile , e in cui viene riconsiderato lo stesso ruolo dei sindacati nella vita dello Stato, nella dislocazione del centro di gestione del pubblico potere, del potere non solo formale ma effettivo in questa nostra comunità così potentemente coinvolta da un movimento di sviluppo. tutto questo tormentato iter in Commissione, di cui vi è traccia anche nella posizione polemica dell' onorevole Caruso — del resto molto garbata e signorile — , non è stato inutile (e credo che non lo sia anche in Aula), poiché se non altro ha fatto sì che alla discussione in Aula sia stato sottoposto un testo non perfetto, ma pur sempre un testo apprezzabile sul quale è possibile un dibattito. io mi auguro sia possibile trovare un punto di incontro, convinto come sono che su questi grandi temi della costruzione dello Stato moderno, e di una moderna amministrazione, sia dovere di tutti fare il massimo sforzo per cercare linee di convergenza e di intesa. direi anche che quel tormentato iter ha portato, forse quasi per la prima volta in modo concreto, all' attenzione ed al confronto delle forze politiche una problematica estremamente ricca e interessante, che ha travagliato e travaglia il momento politico e istituzionale che viviamo: quella del rapporto tra Stato e cittadini, tra potere politico e democrazia, tra sindacati, Governo e Parlamento. ci siamo trovati ad affrontare un problema che poteva apparentemente sembrare modesto, quello di qualche tabella o di qualche ruolo o di qualche aggiustamento interno della organizzazione. una organizzazione che non direi neanche cavourriana, poiché se avessimo mantenuto quel modello forse le cose sarebbero andate meglio; gli è che dopo Cavour, non dimentichiamolo, vi è stato De Pretis , vi è stato Crispi, vi è stato Mussolini. probabilmente, onorevole Caruso, se noi fossimo regolati ancora dal testo di legge che ella ha citato, le cose andrebbero meglio; vero è che dopo di allora le cose si sono molto più complicate. come ci troveremmo meglio se Cavour avesse potuto avallare con la sua autorità politica quel timido esperimento regionalistico... dovuto al Mancini; se avesse potuto avallare, insomma quell' esperimento di riforma regionalistica con una testimonianza a favore dell' unità del nostro paese, che non avrebbe permesso di far credere che unità e napoleonismo nella amministrazione fossero la stessa cosa. ci siamo trovati quindi per la prima volta, su cose che sembravano modeste, a scontrarci e incontrarci sul problema dello Stato, sul problema della costruzione di uno Stato moderno, cioè proporzionato ai bisogni reali di questa società in cui stanno mutando i rapporti di forza e i rapporti produttivi, in cui si creano nuovi ceti e vi è una profonda evoluzione culturale. l' onorevole Caruso, con la sua garbatezza ha inchiodato o ha cercato di inchiodare sul banco degli imputati l' onorevole Gaspari neoventitreesimo ministro della riforma (non mi permetto certo di fare qui il difensore di ufficio dell' onorevole Gaspari) e la maggioranza per quanto attiene la persistenza di questo non risolto problema dello Stato moderno. onorevole Caruso, ella ha accennato, sia pure in forma garbata, a un nostro « tradimento » , ad una nostra non aderenza alla tradizione sturziana cui per altro ci richiamiamo. non desidero fare della polemica ad ogni costo; il fatto è, onorevole Caruso, che ogni volta che si affrontavano determinati problemi eravamo tutti presi, voi a denunziarci come forza retriva a servizio del capitalismo, noi a ricordarvi Budapest. così, per un certo tempo, tanto noi della maggioranza quanto voi dell' opposizione non abbiamo posto molta attenzione al fatto che il Vietnam riguardava certamente anche noi (ma soprattutto gli Stati Uniti d'America ) e che la Cecoslovacchia riguardava certamente anche noi (ma soprattutto l' Unione Sovietica e i paesi del Patto di Varsavia ) mentre lo Stato italiano riguardava essenzialmente noi. dobbiamo dunque riconoscere che abbiamo tutti, anche noi della maggioranza, le nostre responsabilità per la mancata soluzione di alcuni problemi di fondo dello Stato, che sono prepotentemente esplosi in connessione al tipo di sviluppo determinatosi nella nostra società. dobbiamo riconoscere (da parte mia lo faccio, anche se non chiedo all' onorevole Caruso di fare altrettanto, magari per ragioni di fair play ) che l' interesse reale dei partiti di cui facciamo parte, l' interesse reale, non polemico, anche del suo partito, onorevole Caruso, a questo genere di problemi non è di antichissima data, anche se devo prendere atto con sodisfazione dello sforzo che l' opposizione ha fatto in Commissione. ella ricorda Gramsci e noi ricordiamo Sturzo; ma sarebbe troppo facile rinfacciarci a vicenda i cambiamenti di rotta legislativa di cui, in senso difforme da quelle impostazioni, ci siamo resi colpevoli già alla Costituente, in relazione ad una situazione politica puramente contingente. noi e voi, colleghi comunisti, perché potremmo ricordare i discorsi di Togliatti, le sue perplessità sulle autonomie regionali , i suoi cambiamenti di rotta. ma se dovessimo insistere su queste polemiche che rientrano ancora in un clima di « guerra parlamentare fredda » credo che non faremmo un passo in avanti, mentre invece noi vogliamo camminare, cercando di essere noi fedeli a Sturzo e voi a Gramsci e alla concezione gramsciana del ruolo del vostro partito nella società nazionale italiana. conclusa questa premessa, desidero addentrarmi nel tema, avvertendo subito che il mio non sarà un intervento di carattere tecnico, in quanto non ho esperienza sindacale e no n sono pertanto un esperto di tabelle, parametri e così via . mi soffermerò pertanto su alcuni argomenti di carattere generale , e preliminarmente su tre punti: sull' esercizio del potere di emendamento da parte del Governo; sull' osservanza sostanziale dei precetti costituzionali in materia di legge delega ; sul metodo di trattazione della materia del pubblico impiego . su argomenti di tanta importanza, ritengo che sia conveniente sia per il Governo sia per la maggioranza fare alcune osservazioni che, anche se possono sembrare di critica, non sono un gratuito servizio reso all' opposizione, ma un contributo positivo utile, soprattutto, alla maggioranza. per quanto riguarda innanzitutto il potere di emendamento, onorevole ministro, non voglio qui entrare in una sottile disquisizione giuridica sulla natura del potere di emendamento, affrontando il problema se il potere di emendamento sia una estrinsecazione particolare del potere di iniziativa legislativa e se quindi l' esercizio del potere di emendamento da parte del Governo debba avere lo stesso trattamento giuridico del potere di iniziativa legislativa del Governo stesso. indubbiamente la prassi parlamentare è nel senso che il Governo, la cui iniziativa legislativa è più vincolata a procedure particolari, ha sempre goduto, nelle assemblee legislative, di un potere di emendamento di fatto, considerato come estrinsecazione del potere collaborativo che il Governo ha come parte nel Parlamento » . comunque il potere di emendamento venga configurato, esso può essere esercitato senza che si travalichi l' oggetto e la materia del disegno di legge cui l' emendamento si riferisce. ho già avuto modo in Commissione di dire a lei, onorevole ministro Gaspari — avrei però voluto dirlo al suo predecessore — che quando il Governo ritiene che un disegno di legge non vada più bene, non dovrebbe presentare una serie di emendamenti che praticamente rappresentano un altro disegno di legge ma presentarne un altro. in Commissione, infatti, ci siamo trovati in difficoltà enormi anche solo sul piano della tecnica della discussione perché non sapevamo più neanche quali riferimenti usare, se agli emendamenti Gatto, se alla legge di proroga, se agli emendamenti Gatto-Gaspari o ad altro. bisognerebbe perciò trovare una forma di collaborazione tra Governo e Parlamento proprio per non creare difficoltà di ordine tecnico nel lavoro di vaglio degli emendamenti presentati compiuto dal presidente della Commissione e, in un secondo momento dal presidente dell' Assemblea, quando si passerà alla discussione degli articoli. per quanto attiene al problema connesso alla formulazione della legge delega vorrei osservare che vi è una corresponsabilità tra Governo e Parlamento per quanto riguarda l' osservanza sostanziale dei precetti costituzionali in tale materia. io non sono per l' onnipotenza normativa del Parlamento, anche perché ciò significherebbe arrivare alla degenerazione, non dico della legge-regolamento, ma della legge-circolare e della legge-provvedimento. ritengo che il giorno in cui riuscissimo a realizzare degli efficaci sistemi di controllo anche politico, dovremmo investire di maggiori poteri e anche di maggiore responsabilità il Governo nel campo dell' esercizio del potere normativo. il Governo ha già un potere normativo primario avente valore di legge: il decreto legge , sottoposto a certe forme di controllo, che ha un momento importante nella garanzia preventiva costituita della indicazione obbligatoria dei criteri e princìpi direttivi. ebbene, io mi auguro che i disegni di legge di delega contengano veramente principi e criteri direttivi, ma è chiaro che non possono farsi passare per princìpi e criteri direttivi o delle indicazioni ovvie, o la pura e semplice specificazione degli oggetti e delle materie della delega stessa. non si può, cioè, delegare il Governo a emanare ad esempio, una normativa in materia sanitaria specificando che nella emanazione di detta normativa bisogna far sì che il nuovo ordinamento sanitario curi i malati e non li uccida. né si può dare delega al Governo di disciplinare la Pubblica Amministrazione specificando che deve ordinare i ministeri e la organizzazione periferica dello Stato: non è un criterio direttivo questo, è una semplice specificazione dell' oggetto e della materia della delega. veniamo ora al terzo problema di carattere generale che è il più delicato e rispetto al quale credo di trovarmi in una posizione che mi consente di parlare alquanto liberamente. è vero che è finito il collateralismo dei sindacati ed è vero che è stata sancita la incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche, ma nessuno può impedire ai sindacati di avere amici in Parlamento. io, purtroppo, non sono etichettato quale amico di sindacati — dico « purtroppo » perché credo che in alcune occasioni possa essere utile! — e per questo forse posso parlare più liberamente. ci troviamo qui di fronte ad un problema che un giorno dovremo pure affrontare e risolvere, ci troviamo di fronte ad un nuovo ruolo dei sindacati a livello, direi, originario, nel settore in cui il sindacato è nato, si è sviluppato e si è affermato: il settore della produzione. abbiamo avuto poi nel nostro paese (direi, quasi esclusivamente nel nostro paese) la sindacalizzazione del pubblico impiego . è difficile trovare altrove una fioritura di sindacati del pubblico impiego come la si trova nel nostro paese, anche perché molte organizzazioni sindacali estere continuano a ritenere che storicamente il sindacato sia l' organizzazione di chi partecipa al processo produttivo nel senso vero e proprio. comunque, la situazione è ormai questa, anche se in altri paesi come Gran Bretagna e Francia, il problema è stato risolto in altri modi. è normale, però, che, una volta che le cose si siano messe su questo piano, i sindacati abbiano un loro ruolo, anche se la loro molteplicità provoca talvolta confusione; come sta provocando, non confusione ma caos, nel mondo della scuola, considerato che il Governo si trova nella fattispecie di fronte a ben quattro o cinque sindacati, i quali si comportano in modo diverso nei confronti delle rivendicazioni da avanzare e delle soluzioni da accettare. ovvio che in questa situazione è difficile giungere ad un accordo. non invidio certo né la posizione dell' onorevole Misasi, né quella dell' onorevole Gaspari, nel loro tentativo di risolvere un enigma, un rebus, un puzzle di questa natura. il problema si fa delicato ed appare in tutta la sua drammaticità perché le controversie che sono qui scoppiate e che hanno dato luogo agli scioperi sono, in realtà, in parte, originate dal non perfetto funzionamento del meccanismo di contrattazione tra Governo e sindacati. infatti, molte delle controversie qui radicatesi e di quelle radicatesi nel settore del pubblico impiego sono sorte addirittura per la diversa interpretazione di accordi che il Governo aveva stipulato con le confederazioni, da un lato, e con la DIRSTAT, dall altro. noi possiamo divertirci a dire che la colpa è tutta del Governo ed io stesso potrei divertirmi a parlare qui di Praga. ma questo non risolverebbe niente. sono personalmente contrario all' attuazione degli articoli 39 e 40. continuiamo ad andare avanti civilmente, come abbiamo fatto finora! quando discuteremo di problemi politici generali, ella potrà dire che il Governo ha il peccato originale di essere Governo. noi diremo che voi avete il peccato originale di essere opposizione. e così voi voterete contro e noi voteremo a favore del Governo. viceversa, qui stiamo cercando di andare avanti faticosamente, perché c' è la realtà di forze che premono per la soluzione di problemi che non possono essere assolutamente risolti con schermaglie polemiche, che — mi creda — sono facilissime. se ella vuoi portarmi sul terreno delle schermaglie polemiche, l' assicuro che mi invita a nozze. ma perché ella vuole dire che il Governo ha tradito o non ha tradito? è stato un brutto pasticciaccio al quale tutti hanno collaborato, come tutti hanno collaborato per la imperfezione del meccanismo di contrattazione. per ritornare all' argomento: noi abbiamo dei sindacati che trattano con il Governo, ma trattano con un soggetto che non ha piena capacità di trattare, perché il Parlamento giustamente non vuole rinunziare alle proprie funzioni ed è al Parlamento che finora è riservata la decisione definitiva in tale materia. ed allora bisogna scegliere una strada: o noi investiamo in prima persona il Parlamento della trattazione di questa materia, e allora facciamo delle hearings, convochiamo i rappresentanti sindacali, con l' intervento degli stenografi perché ogni dichiarazione sia messa a verbale, ed andiamo avanti così. la Commissione affari costituzionali farà allora udienze conoscitive. allora sono lieto di averla sodisfatta. l' ho detto e dal momento che vi sono gli stenografi, lo registreranno sempre che la consideri una dichiarazione da affidare alla storia! lasci stare queste questioni, perché altrimenti le dovrei dire che, mentre qui stiamo discutendo se attuare gli articoli 39 e 40, voi il problema l' avevate invece risolto in radice: sotto il regime fascista non si poneva il problema di regolamentare il diritto di sciopero, perché il diritto di sciopero non esisteva. anche io sono entrato con i voti degli elettori: non creda che sia entrato qui dentro con decreto del presidente della Repubblica. magari: sarei entrato all' altra Camera. e poi, onorevole Delfino, siamo giovani entrambi: siamo entrati insieme. il problema però bisognerà risolverlo in altro modo. io ed altri amici abbiamo offerto alla Camera come possibilità di discussione una soluzione: quella che noi abbiamo chiamato la sindacalizzazione del pubblico impiego . esiste indubbiamente un settore del pubblico impiego che è pubblico non tanto a cagione della natura delle mansioni che vengono svolte, quanto a cagione del datore di lavoro . io ritengo che un' ampia parte della materia riguardante questo personale possa e debba essere trattata con le stesse forme con cui viene trattata la disciplina di qualunque altro rapporto di lavoro . questo si può fare mantenendo intatte le garanzie di sindacato del Parlamento per quanto riguarda la copertura di carattere finanziario, attribuendo al Governo un potere normativo proprio, anche se vincolando eventualmente l' esperimento alle preventive conclusioni di accordi di natura sindacale; o al limite addirittura attribuendo al Governo una capacità contrattuale di diritto pubblico propria per quanto riguarda la regolamentazione del rapporto di lavoro di una parte di questo personale. per un altro settore del pubblico impiego , invece, questo non è possibile, perché lì la pubblicità è legata alla natura della prestazione che si dà: mi riferisco a quel settore nel quale maggiore è l' immedesimazione tra l' elemento personale e l' elemento funzionale, strutturale dello Stato. qui direi che una delle cose assolutamente da escludere è la trattazione sindacale dell' esercizio delle funzioni sovrane dello Stato. l' appunto fondamentale che io mossi in Commissione all' articolo 16 è questo: che i suoi predecessori, onorevole Gaspari, avevano trattato, mi sembra giustamente, legittimamente, l' orario di lavoro , le questioni del trattamento economico, i parametri, certi aspetti dello stato giuridico , ma erano arrivati a trattare le sfere di attribuzione degli uffici. e debbo dire, perché intanto io sono libero, a proposito di quanto ho letto questa mattina — che cioè è stato stipulato un accordo sindacale con i sindacati della scuola sul decentramento — che io comprendo che i sindacati abbiano delle parole da dire, pongano delle richieste perché anche il modo in cui è organizzata l' azione amministrativa è una cosa che li riguarda; ma ricordiamoci che una cosa è il lavoratore dell' industria altra è il dipendente dello Stato. il lavoratore dell' industria partecipa al processo produttivo; nell' industria il lavoratore viene a considerarsi — non uso la parola comproprietario — cogestore dell' impresa. il lavoratore non considera l' impresa come una cosa diversa da sé. questo criterio non si può trasferire nell' amministrazione dello Stato . altrimenti noi avremmo il principio della cogestione in base al quale, ad esempio, la politica estera sarà fatta propria dai diplomatici, la politica economica sarà autogestita in forma democratica dai funzionari del ministero del Bilancio , la politica interna sarà gestita in forma democratica, collettiva, dai funzionari del ministero dell'Interno e l' ordine pubblico sarà gestito in forma collettiva, democratica, assembleare dai carabinieri e dalle guardie di Pubblica Sicurezza . quindi è necessario trovare una strada per trattare la materia del pubblico impiego . questa strada potrebbe essere quella rappresentata dalla metodologia che, per esempio, parlamenti diversi dal nostro hanno adottato nei riguardi dell' attività amministrativa delle commissioni. nella Camera dei rappresentanti e nel Senato americano, ad esempio, questa attività rappresenta un controbilanciamento del grande potere che viene attribuito all' Esecutivo. se non si sceglie questa strada, allora ve ne è un' altra, quella di una responsabilizzazione del Governo — e responsabilizzazione significa maggior potere — e del sindacato. attraverso questa responsabilizzazione il sindacato quando firma sa che quello che firma sarà trasferito poi in atti normativi, ma sa anche che una volta che ha firmato non potrà cercare di mutare le cose attraverso gli amici in Parlamento. questo sistema può mettere noi tutti, può mettere il Parlamento, al riparo da quelle pressioni settoriali, categoriali, corporative, il cui accoglimento per debolezza di tutti è stato ed è molte volte la causa della confusione e del disordine nell' ordinamento della amministrazione dello Stato . onorevole Barca, anzitutto debbo dirle che le cose non stanno proprio così. la storia poi va interpretata, perché altrimenti non ci sarebbe discussione in sede storica. forse perché siamo il partito più grosso abbiamo i peccati maggiori. però con un po' di sincerità dovete riconoscere, voi del partito comunista , che è il secondo partito, che un po' di indulgenza verso il settorialismo l' abbiamo avuta tutti. ammettiamo pure che nessuno ha il coraggio di alzarsi in questa Camera per dire che questa baraonda, che questo caos nella scuola finiranno per colpire migliaia di famiglie di operai, di contadini e di impiegati. non diciamo che è soltanto colpa nostra. diciamo che, in una situazione di settorialismo imperante, molte volte il Governo non può resistere perché poi sa che avrà una Camera in cui queste istanze corporative, settoriali, troveranno, magari con la arma dell' emendamento votato a scrutinio segreto , ampio respiro . ella, onorevole Pochetti, oggi vuole prendersi il gusto di polemizzare su cose importanti con me. riserviamo per una altra volta questa polemica e continuiamo ad andare avanti nell' argomento. ora, dico, questo è un problema da risolvere. l' amico Galloni ed io abbiamo offerto una soluzione, che non vuole essere definitiva, ma un contributo alla discussione. non credo che qualcuno di noi si possa ritenere sodisfatto, specie di fronte agli avvenimenti che si registrano in queste ore con il puzzle dei problemi della scuola, di questo metodo di trattazione della materia del pubblico impiego . quando parliamo del disegno di legge , ci riferiamo ovviamente al nuovo testo che è stato presentato dal Governo, che affronta tre problemi: 1) quello della riforma dell' amministrazione in senso stretto; 2) quello del riordinamento delle carriere; 3) quello del riassetto retributivo. io non entrerò in particolari di carattere tecnico, cercherò di affrontarli termini politico-costituzionali, dicendo che dobbiamo vedere la riforma dell' amministrazione nel quadro del nuovo generale assetto che lo Stato deve avere nel nostro paese. una riforma reale ed effettiva dell' amministrazione non può essere che pensata e realizzata in questo quadro di carattere generale . noi dobbiamo rifuggire da tentazioni di carattere corporativistico, tentazioni che sono vivissime. credo che se vi sono sindacati tentati di diventare corporativi, questi sono tutti i sindacati del pubblico impiego . dobbiamo altresì rifuggire dalla tentazione di credere che i problemi dell' amministrazione dello Stato siano problemi puramente efficientistici. il problema dell' amministrazione dello Stato è certamente un problema di efficienza, quindi anche un problema di tecnologia, ma è anzitutto un problema di natura politica, perché attiene al rapporto fra Stato e cittadini, tra Stato e centri effettivi di potere economico e politico, diversi dallo Stato, di carattere territoriale e non territoriale, istituzionalizzati o non istituzionalizzati. questo è un problema che noi dobbiamo risolvere, perché l' alienazione, come si suol dire, dei cittadini dallo Stato, in gran parte passa attraverso la crisi dell' amministrazione. lo Stato per il cittadino non siamo tanto noi Parlamento, ma l' amministrazione, perché oggi abbiamo bisogno di avere un' amministrazione credibile, efficiente, proprio perché lo Stato si trova ad operare in una società enormemente più ricca e più articolata che non le vecchie società; in una società in cui accanto ai partiti ci sono i sindacati, che sono centri di potere , ci sono i centri del potere economico privato, ci sono i centri del potere economico pubblico, cosiddetto centro economico pubblico. e l' azione di mediazione, di interpretazione, di sintesi, ma ad un certo punto anche di sintesi autorizzativa, lo Stato la potrà fare soltanto nella misura in cui la sua amministrazione sarà in grado di reggere il confronto con questi centri di potere . possiamo dire oggi onestamente che lo Stato è in grado da pari a pari, con l' uso delle stesse tecniche informative, dello stesso patrimonio di informazione, di dialogare e di colloquiare con centri d' iniziativa economica privata e pubblica? possiamo onestamente dire che il ministro delle partecipazioni statali può veramente dialogare da pari a pari con gli enti pubblici economici che controlla? possiamo dire che l' amministrazione dello Stato oggi ha una struttura che le permette di realizzare quelli che sono chiamati i problemi dell' informativa, cioè usare i dati, poter manipolare i dati, avere dei cervelli elettronici? possiamo onestamente dire tutto questo? non credo. ma credo che noi non possiamo abdicare a questo. ecco perché oggi la ristrutturazione dell' amministrazione dello Stato è un problema di efficienza, ma lo è per una finalità politica, di dominio nel senso democratico — non vorrei essere frainteso — della società e delle forze che animano questa società. le pesanti obiezioni che io personalmente (ma credo con altri, e chiedo scusa, signor ministro) ho rivolto al provvedimento e agli emendamenti presentati dal Governo di cui ella faceva parte in altra veste erano dovute proprio al fatto che non mi era sembrato di cogliere in essi la consapevolezza di questa dimensione del problema. non mi sembrava che vi fosse a base di quegli emendamenti una visione realistica della società nella quale lo Stato è oggi chiamato a muoversi. non mi sembrava, tra l' altro, che si proponessero soluzioni — dall aumento di alcuni organici alla delega per l' azione amministrativa — che non potevano essere accettate. il testo governativo non teneva conto particolarmente di tre parametri, cioè dell' attuazione dell' ordinamento regionale, della necessità di ristrutturare l' Esecutivo (e quando dico « esecutivo » intendo dire « i poteri governativi » ) e della necessità di disciplinare l' azione amministrativa . per quanto riguarda l' attuazione delle regioni, bisogna essere chiari e coraggiosi. noi possiamo richiamarci a Sturzo e i comunisti possono richiamarsi a Gramsci; ma sostanzialmente l' attuazione delle regioni costituisce l' avvio di una ristrutturazione generale delle forme di rappresentanza e di gestione del potere pubblico del nostro paese. non possiamo pensare, realisticamente, che le regioni siano soltanto ed esclusivamente centri di decentramento amministrativo o normativo. se vi è qualcuno che ha votato a favore dell' attuazione dell' ordinamento regionale in questo momento politico, con questa idea, debbo dire che ha fatto male. per lungo tempo — e gli Atti parlamentari lo dimostrano — ho nutrito forti perplessità circa l' opportunità dell' attuazione dell' ordinamento regionale in certi momenti; ma adesso che ho votato non mi illudo che l' attuazione dell' ordinamento regionale significhi quello che voglio chiamare « un innocuo decentramento » amministrativo o normativo. significherà, per forza di cose, un nuovo modo di essere del potere pubblico del nostro paese. e questo richiede un' altra riforma, perché se veramente non vogliamo che salti in aria lo Stato, dobbiamo avere un Governo che, rispettoso delle autonomie regionali , sia per altro in grado di colloquiare con le regioni in maniera autorevole, mediando, perché non vogliamo la confederazione delle regioni d' Italia, e neanche la loro federazione, ma vogliamo uno Stato articolato; e, nel momento in cui facciamo le regioni, se non vogliamo far saltare in aria il paese, dobbiamo pensare ad una ristrutturazione dell' Esecutivo, delle funzioni parlamentari e così via , che non facciano scomparire lo Stato, che magari ridimensionino quantitativamente le funzioni dello Stato come apparato, ma le riqualifichino dal punto di vista qualitativo. l' attuazione dell' ordinamento regionale richiede il decongestionamento dell' azione centrale dello Stato, il ridimensionamento dell' azione centrale dello Stato, il ridimensionamento dell' amministrazione periferica e una radicale ristrutturazione dell' apparato statale. sostengo che le nostre convinzioni regionalistiche e la nostra volontà di portare avanti l' attuazione dell' ordinamento regionale si saggeranno non tanto come si sono saggiate nel lungo braccio di ferro per approvare la legge elettorale e poi la legge finanziaria , ma quando si tratterà di smontare l' apparato burocratico statale centralizzato e periferico, quando si tratterà — pur con incentivi e allettamenti — di decongestionare Roma, cioè i ministeri, per mandare il personale esuberante a fare un lavoro più produttivo in periferia. credo che quello sarà il momento in cui si saggerà la volontà regionalistica autentica, perché costituirà il momento in cui più difficile sarà il passaggio, l' incontro e il confronto tra vaste masse di sindacati, che sono democratici per natura e sono in espansione per riconoscimento, e partiti che si sogliono chiamare in crisi, e istituzioni di cui ad ogni passo viene denunziata l' inefficienza. per questi motivi — ho detto — è necessaria una ristrutturazione dell' Esecutivo, perché oggi ci troviamo a non poterne individuare bene le funzioni. non solo non abbiamo attuato la legge sulla Presidenza del Consiglio dei ministri , ma ancor oggi si discute che cosa i ministri possano o non possano fare, cosa possa o non possa fare il presidente del Consiglio , che funzione abbia questo plotone di sottosegretari di Stato, che ormai è addirittura un battaglione, per cui bisognerà trovare, al prossimo Governo, un altra sala per farli giurare tutti. non mi scandalizza che vi sia tanto personale politico nel Governo, ma vorrei sapere se tutto questo personale politico serva, se gli diamo una funzione. e questa ristrutturazione dell' Esecutivo, che è la rivalutazione della centralità di un potere politico che dev' essere ristrutturato perché sia più efficiente e più responsabile (perché questo, cari colleghi dell' opposizione, è nel vostro stesso interesse), la si deve fare per evitare un fenomeno del quale nessuno di noi talvolta vuoi parlare, di cui pare nei testi legislativi non si riscontri preoccupazione (almeno a leggere la prima formulazione dell' articolo 16), ma che è un fenomeno che all' analisi socio-politica (e neanche delle più moderne) è ben conosciuto: la fondazione del potere burocratico irresponsabile. qualunque burocrazia cerca di porsi come forza autonoma rispetto all ambiente politico che l' ha prodotta, cerca di diventare forza politica essa stessa. e uno dei motivi della mia avversione alla vecchia dizione dell' articolo 16 è che ciò veniva consacrato — fra l' altro, in forma costituzionalmente dubbia — in una serie di attribuzioni autonome, insindacabili, di insigni personaggi della carriera direttiva per i quali valeva (diciamolo sinceramente) il principio della irresponsabilità! e non mi si venga a dire che c è sempre la possibilità di sottoporli a procedimento disciplinare od altro, perché della propria responsabilità credo che gli unici che nel nostro paese rispondano siano in primo luogo i deputati, che vengono cacciati via, e i governi, che cadono. ma sinceramente credo che nel nostro paese nessun altro agente dello Stato sia effettivamente responsabile. tutto questo avrebbe richiesto una diversa pianificazione legislativa, avrebbe richiesto che si fosse varata la legge sulla Presidenza del Consiglio e sulle attribuzioni del Governo, che si fosse almeno avviato il trasferimento delle funzioni degli uffici dallo Stato alle regioni e che poi si fosse affrontato il problema del riordinamento dell' amministrazione. questo, peraltro abbiamo visto che non è realisticamente possibile, e perciò siamo andati avanti, anche perché la politica non può essere sempre la scelta del perfetto, ma è la scelta, l' arte, del possibile. vi è una situazione di agitazione nel paese, vi è stato in alcuni il timore che in attesa della grande riforma non facessimo le riforme non dico piccole, ma quelle medie e perciò noi siamo andati avanti. e debbo dire che in questo andare avanti c è stato un comportamento politicamente civile della maggioranza e della opposizione; debbo dire che, dopo una necessaria posizione polemica dell' opposizione ed un necessario (rientra nel gioco) irrigidimento del Governo, abbiamo trovato nelle successive fasi un Governo aperto al confronto, aperto a recepire, aperto a comprendere, aperto ad accogliere quelle che erano le critiche costruttive che provenivano e dall opposizione e dalla maggioranza. di questo io ritengo, non per un atto di generica solidarietà governativa, di maggioranza, ma per un atto di responsabilità, quale parlamentare, di dovere dare atto al Governo e in particolare al ministro della riforma burocratica, ventesimo o ventitreesimo non so bene (a me piacerebbe di più che fosse il ventitreesimo perché richiamerebbe altri valori). ora, noi ci troviamo ad un momento in cui faticosamente abbiamo portato qui non tanto un testo, quanto dei testi. continueremo a lavorare attorno a questi testi anche in contatti informali, però credo che alcune linee di questa riforma ci abbiano già trovato concordi e possano essere attuate e valorizzate: più che linee di una riforma, direi di una pre-riforma, di un avvio alla riforma perché io ritengo che la vera riforma dell' amministrazione dello Stato non potrà attuarsi se non quando avremo veramente il nuovo quadro completo della strutturazione dello Stato attraverso l' attuazione dell' ordinamento regionale, la legislazione sull azione amministrativa e la ristrutturazione del potere esecutivo . però, siccome queste sono tutte cose che debbono avvenire, chiamiamola non una riforma, ma l' avvio, anche incisivo, ad una riforma, che oggi non si può compiutamente fare perché non siamo padroni di tutti i dati della situazione. per quanto riguarda la riforma dell' amministrazione, credo che siano fondamentali non dico gli aggiustamenti, ma le innovazioni che noi abbiamo portato al testo presentato dal Governo, che il Governo ha accettato collaborando con noi, perché hanno inserito la riforma dell' amministrazione dello Stato nel quadro dell' attuazione dell' ordinamento regionale e hanno preso il parallelismo tra attuazione dell' ordinamento e riforma dell' amministrazione dello Stato a criterio fondamentale: come si trasferisce, si taglia; come si decentra, si decongestiona. e abbiamo cercato non solo di realizzare questo con una (sono stato accusato di professoralismo: no!) professorale, pignolesca indicazione richiamando ad ogni pie' sospinto le leggi sulle regioni, l' ordinamento regionale; ma anche con una garanzia di carattere dinamico, dando alla Commissione affari costituzionali (di cui peraltro il Comitato dei nove proporrà a tal fine l' ampliamento e che già deve esprimere la sua opinione sui decreti che verranno emanati in attuazione dell' articolo 17 della legge finanziaria per il trasferimento (alle regioni) anche l' attribuzione in materia di organizzazione, di riforma dell' amministrazione dello Stato e chiamando le regioni a dire la loro parola sul riordinamento dell' amministrazione dello Stato . questo credo che sia un frutto politico di tale confronto e di tale ascolto, ed è un frutto apprezzabile che noi dobbiamo riconoscere come tale. il secondo punto è quello della riforma della dirigenza, per la stretta connessione tra la riforma dell' amministrazione e l' ordinamento della funzione dirigenziale, la ristrutturazione della carriera che deve svolgere la funzione dirigenziale e il riassetto retributivo in relazione alle funzioni dirigenziali che vengono attribuite. è il problema del famoso articolo 16 (numero fatidico che forse qualcuno giocherà al lotto!). debbo dire che io non accetto il metodo di chi con la critica all' articolo 16 vorrebbe portare un attacco indiscriminato a tutta la carriera direttiva e a quei lavoratori dello Stato impegnati in quel settore; o di chi vorrebbe portare questo attacco indiscriminato a coloro che sono inquadrati in quella organizzazione sindacale che si chiama DIRSTAT. non ho difficoltà ad ammettere che alcuni degli atteggiamenti di questa organizzazione sindacale mi hanno lasciato e mi lasciano perplesso, né ho difficoltà a riconoscere che la DIRSTAT ha tutto il diritto, come organizzazione sindacale , di svolgere la sua azione sindacale di massa quando, come e meglio crede perché questo diritto riconosco anche agli altri. ma mentre io ritengo importante e fondamentale che venga affrontato il problema della carriera direttiva e soprattutto il problema della funzione dirigenziale e che si debba riconoscere che un' amministrazione moderna deve avere una classe dirigenziale moderna ed efficiente, che le permetta quel tale confronto e quel tale dialogo di cui si è parlato con gli altri centri di potere effettivo che esistono nel paese, non è possibile ritenere che lo Stato sia tutto. lo Stato-apparato è una delle componenti della società politica. anche noi siamo una delle componenti di questa società, ma non siamo « la » componente e non è vero che « il Parlamento può fare tutto tranne che trasformare un uomo in una donna » , come diceva un illustre giurista inglese. però non posso ammettere che questo problema venga affrontato con una visuale di carattere corporativo né tanto meno posso avallare posizioni che consciamente o inconsciamente vorrebbero portare al riconoscimento dell' esistenza di un quarto potere secondo quelle che sono le tendenze insite in tutte le burocrazie. non per voler ricambiare la polemica, ma il problema delle strutture burocratiche e il problema della classe burocratica è un problema di tutte le società moderne in sviluppo. è il problema grave degli Stati Uniti o della Francia dove la tecnocrazia ha avuto ed ha il suo maggiore momento di splendore. è il problema del nostro paese, ma esso è anche un problema angoscioso per paesi a struttura economica, sociale e politica diversa dal nostro, tanto che i termini « lotta al burocraticismo » , « no al burocraticismo » , « degenerazione burocraticistica » hanno trovato utilizzazione più nelle polemiche a livello di partiti e a livello istituzionale nelle democrazie di tipo orientale che non nelle democrazie di tipo occidentale. esiste dunque il problema della dirigenza! e noi dobbiamo assicurarci una dirigenza altamente qualificata. ripeto, non si tratta di una esigenza soltanto aziendale, bensì di una esigenza politica; occorre cioè dare la possibilità allo Stato di poter essere competitivo, nel campo delle intelligenze, delle capacità « manageriali » , dell' uso degli strumenti moderni dell' informazione e dell' elaborazione, con le altre componenti di potere di questa società di gruppo, se non si vuole che sia sommersa, che il ministro delle partecipazioni statali non sia l' ambasciatore dell' Eni, dell' Iri, dell' Efim, delle grandi banche nel Governo, che il ministro dell' Industria non debba essere costretto a ricorrere agli uffici studi delle imprese private o pubbliche per avere i dati; se non vorremo domani trovarci sprovveduti, noi Stato, rispetto a regioni come la Lombardia e il Piemonte che probabilmente disporranno di cervelli, di tecniche moderne di amministrazione, di elaborazione, di rappresentazione di dati più efficaci che non le nostre. esiste certamente il problema della decongestione ministeriale, per rompere il monocraticismo del ministro, ed evitare che il ministro sia l' unico organo esterno dell' amministrazione. signor ministro, una delle grandi riforme costituzionali in Inghilterra si è avuta quando è stata data facoltà ai funzionari di decidere su cose per le quali decideva prima il ministro; in questo modo il ministro non è più soffocato da miriadi di carte, ed ha il tempo non solo per firmare, ma anche per pensare, per fare politica e per governare. governare non significa solo firmare, perché quando si è troppo impegnati a firmare, non si legge ciò che si firma, e si arriva a non poter decidere circa il contenuto del documento che poi si firma. questo problema, quindi, esiste. esiste il problema del reclutamento, dell' avanzamento, di uno stato giuridico proprio e di un trattamento economico appropriato. questi problemi, certamente, non erano risolti nell' articolo 16 del vecchio testo, perché tra l' altro si confondeva la qualifica grado-stipendio con la competenza di capo dell' ufficio; si confondeva il grado di capitano con la funzione di comandante di compagnia, come dissi una volta per farmi comprendere. nel vecchio articolo 16 si creavano situazioni di autonomia, ma senza la relativa responsabilità, e si evitava di individuare esattamente cosa fosse la dirigenza. la formulazione dell' articolo 16 nel testo del Governo non era e non è difendibile, e per essere onesti non è stata difesa; dobbiamo dire che il Governo, pur fedele alla parola data, ha preso atto delle critiche costruttive che da tutte le parti sono state rivolte a questo punto. siamo pronti a riconoscere tutti quanti il merito dei lavoratori che fanno parte della carriera direttiva, ma per quanto mi riguarda non posso ritenere che il nostro paese abbia bisogno di 44 mila dirigenti. sono dell' opinione che si debbano attribuire, come prevede anche la Costituzione, per far sì che i ministri facciano i ministri, per decongestionare, per rompere il monocraticismo, sfere autonome di potere decisionale; ma quando attribuiamo sfere autonome di potere decisionale in campi che non siano di mera discrezionalità tecnica, è necessario che esistano forme di responsabilità politicamente sindacabili. e già difficile sapere cosa sia la discrezionalità tecnica o la discrezionalità amministrativa, ma quando arriviamo alla discrezionalità amministrativa delle massime qualifiche dell' amministrazione dello Stato , devo dire che non so individuare bene il criterio che separa la discrezionalità amministrativa dalla scelta politica vera e propria. la nostra Costituzione vuole che al potere di effettuare la scelta politica corrispondano determinati tipi di responsabilità, che non saranno le responsabilità del ministro o di altri, ma saranno responsabilità parapolitiche, discrezionali, come è discrezionale l' esercizio del potere che si vuole responsabilizzare. noi abbiamo compiuto uno sforzo, tutti assieme, nella formulazione dell' articolo 16; abbiamo innanzitutto cercato di distinguere il problema dell' ordinamento degli uffici, della individuazione delle sfere di attribuzione di certi organi (direttore generale , ispettore generale , direttore di divisione) dal problema parallelo delle carriere. abbiamo cercato di configurare dei tipi di responsabilità; abbiamo cercato di dare una certa struttura autonoma a questa funzione dirigenziale, senza per questo dimenticare che il traguardo finale, al quale personalmente penso, è quello dell' istituzione di una vera e propria alta dirigenza, non dimenticando la necessità di risolvere il problema relativo ai famosi 44 mila, o 40 mila, o 36 mila lavoratori (sono sempre pronto a trattare su queste cifre, che comunque non somigliano ai 6 mila della Gran Bretagna , ai 7 mila della Germania o agli 8 mila della Francia). l' articolo 16 ha voluto portare a questo: all' individuazione delle posizioni dirigenziali, alla configurazione di una sfera di autonomia decisionale con corrispondente responsabilità; ha voluto costituire, cioè, l' avvio di una alta dirigenza senza dimenticare che esistono, però, 44 mila o 36 mila lavoratori della carriera direttiva, che non credo alcuno di noi abbia intenzione di licenziare o distruggere. esiste il problema di un passaggio dal vecchio al nuovo; in questo passaggio, oltre alle posizioni quesite, dobbiamo cercare di risolvere tutto il problema con minori strappi e tensioni possibili. pertanto, la discussione è ancora aperta sull articolato; ci siamo incontrati più volte su questo punto, ma io credo, signor presidente , che dell' attività parlamentare faccia parte non solo quanto diciamo o facciamo in Commissione o in Aula, ma anche quanto facciamo al fine di agevolare il lavoro che poi deve essere compiuto in Commissione o in Aula. di conseguenza, credo che sia un esercizio di funzioni parlamentari anche l' attività di incontri e di confronti di carattere formale o informale che si possono avere. l' onorevole Mancini, al quale devo dare atto, oltre che di una infinita diplomazia, di una grande pazienza e di una grande capacità semplificatrice e rielaborativa, ha prodotto un testo con la collaborazione del Comitato dei nove e anche di elementi della Commissione o di altri parlamentari che hanno voluto collaborare al di fuori del Comitato dei nove e della Commissione affari costituzionali. questo nuovo testo viene offerto alla meditazione, alle osservazioni, ai dinieghi, agli scontri, alle richieste di chiarimento e, mi auguro, non ai dinieghi o alle posizioni preconcette. io ritengo che, siccome questo è un punto importante, dobbiamo compiere il massimo sforzo per risolverlo. vi saranno anche altri adempimenti collaterali, il giorno in cui licenzieremo — secondo il linguaggio parlamentare ottocentesco — questa legge. ho detto che, a mio avviso, questa non è ancora la riforma; è, comunque, un serio avvio ad una riforma che si concluderà quando avremo tutti i dati per poterla fare. occorre però procedere seriamente all' attuazione dell' ordinamento regionale, e in questa direzione, come ho detto, troveremo resistenze politiche e corporative, come ad esempio quando si tratterà di ridimensionare i poteri del ministero dei Lavori Pubblici , del ministero della Sanità , del ministero del turismo e dello spettacolo, del ministero dell'Agricoltura e delle foreste, e così via . sarà necessario, a volte, allettare qualcuno conferendogli un grado in più; su questo, onorevoli colleghi , non mi formalizzerei. diamo pure un grado in più o un assegno ad personam a qualcuno, per esempio, per decongestionare Roma. credo che non possiamo fare i puristi; il purismo nella lingua italiana non è stato una delle cose più belle: non facciamolo in politica. diamo piuttosto il necessario avvio all' attuazione dell' ordinamento regionale. con l' ordine del giorno che abbiamo presentato (onorevole presidente , si intende svolto con questo mio purtroppo non breve — e ne chiedo venia ai colleghi — intervento) invitiamo il Governo a presentare un disegno di legge sull' ordinamento e i compiti della Presidenza del Consiglio dei ministri , sulle attribuzioni e il funzionamento del Consiglio dei ministri , sulle attribuzioni generali e specifiche del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri e su tutte quelle altre materie che riguardano la organizzazione dell' Esecutivo. io sono tra coloro, onorevole Caruso, che si sono opposti all' emendamento governativo che riguardava la ristrutturazione dell' amministrazione degli Interni. non perché questa ristrutturazione non sia necessaria, ma perché (e non si poteva fare con delega) bisognava attuare l' articolo 124 della Costituzione, che prevede genericamente poteri di sovrintendenza e di coordinamento del commissario del Governo. problemi che non sono stati compiutamente trattati nella legge Scelba e che invece necessitano di una regolamentazione. ci sarà, sì, un primo periodo in cui i nostri colleghi regionali faranno i costituenti o i semicostituenti, ma soprattutto vi saranno problemi quando entreranno in funzione i consigli regionali a livello legislativo e quando si tratterà di coordinare l' attività amministrativa dello Stato con quella della regione. occorre quindi procedere ordinatamente ad una regolamentazione. noi siamo convinti della importanza politica dell' attuazione dell' ordinamento regionale, ma non possiamo peraltro nasconderci che trattandosi di una grossa riforma vi sono anche delle incognite e dei pericoli di disfunzioni, almeno iniziali; a tutto questo noi, che crediamo nelle regioni vogliamo porre riparo, se possibile, in tempo utile. per l' azione amministrativa la Commissione ha detto « no » (il Governo lo ha accettato) alla delega, poiché non si può delegare all' Esecutivo la regolamentazione dei suoi rapporti con il cittadino. alcuni colleghi, tra cui io, pensavamo di presentare un altro ordine del giorno chiedendo al Governo di preparare un disegno di legge sull' azione amministrativa . esiste però in merito una proposta di legge , presentata dall' onorevole Lucifredi, che ha avuto un iter travagliatissimo, perché è stata approvata da una Camera varie volte, arrivando sempre alle soglie della definitiva approvazione che però non è mai avvenuta. colpa della maggioranza e colpa dell' opposizione poiché talvolta l' iniziativa è stata bloccata dalla maggioranza, talaltra dalla presentazione di 50 o 60 emendamenti da parte della opposizione. esiste comunque quel testo di legge; credo di poter legittimamente invitare il Governo a dire in merito la sua parola. per quanto ci riguarda io e gli altri colleghi intendiamo chiedere una rapida iscrizione all' ordine del giorno della Commissione affari costituzionali della proposta di legge Lucifredi in modo che, se si trova l' accordo, sia esaminata in sede legislativa ; e invitiamo il Governo ad essere pronto per quella occasione a dare il suo contributo, che è necessario, indispensabile, poiché il Governo potrà portare la sua esperienza anche concreta su alcune modalità. signor presidente , onorevoli colleghi , il provvedimento legislativo di cui ci stiamo occupando ha avuto, e forse avrà ancora, un iter non soltanto lungo ma anche tormentato e questa fatica, per altro, non sono stati improduttivi in quanto sono stati commisurati all' importanza della materia che abbiamo trattato e che dobbiamo responsabilmente ordinare. ritengo che il lavoro compiuto dalla commissione (dalla maggioranza e dall' opposizione), dal Governo e dal relatore abbia dato risultati apprezzabili, anche nel dissenso che ci può dividere: sarebbe non corretto, almeno da parte mia, non riconoscere lo sforzo compiuto. mi auguro che sia possibile licenziare, con il più vasto accordo possibile, questo disegno di legge . una volta approvato questo provvedimento (che io ritengo non di riforma ma di avvio, sia pure importante, alla riforma) occorrerà riprendere il cammino e andare avanti su questi fondamentali temi della riforma dello Stato, per l' attuazione più ampia dell' ordinamento regionale, correlata ad una rivalutazione, ad una rifondazione dello Stato nei suoi organi esecutivi e legislativi, nella sua branca amministrativa. bisogna che vi sia l' impegno ad andare avanti nella riforma degli enti locali , nella revisione del sistema della giustizia amministrativa , nella revisione del collocamento e delle funzioni delle forze armate e dei corpi di polizia. si tratta cioè di andare avanti sul tema della costruzione di uno Stato moderno, per una società che tanto è cambiata e che ancora mostra di volere e di dovere cambiare. è, questo, un impegno che potrà essere dialettico, in cui potremo trovarci di fronte noi della maggioranza e voi dell' opposizion e (di sinistra e di destra, perché anche questa ultima rappresenta una componente del corpo elettorale ) in uno scontro in cui dovremo misurarci tutti, consapevoli che il fallimento dello Stato non sarebbe una sconfitta di chi governa oggi lo Stato ma rappresenterebbe il fallimento di una prospettiva democratica di sviluppo della nostra società. quello della fondazione, meglio della rifondazione, di uno Stato moderno, capace di rispondere alla nuova domanda politica che sorge da una società che cambia, è il terreno più appropriato di confronto, e se necessario di scontro, tra le forze politiche . il problema dello Stato, infatti, non è solo il problema dell' autorità sul cittadino, ma è anche il problema della garanzia del cittadino. quello dello Stato non è solo il problema dell' autorità ma è anche il problema della libertà. lo Stato non è solo momento di autorità ma è anche momento di libertà. la società cambia. io mi auguro che le forze politiche del nostro paese e il Parlamento che le interpreta siano in grado di far sì che ad una società in movimento corrisponda uno Stato capace a sua volta di cambiare, perché lo sviluppo economico e sociale del paese e la ristrutturazione delle forze economiche, sociali e produttive trovino nella rifondazione dello Stato una misura, una garanzia di libertà e di imperio del diritto, un frutto di progresso sociale , economico e civile, di progresso nella libertà.