Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 279 - seduta del 12-05-1970
Adeguamento del trattamento dei dirigenti della PA
1970 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 268
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , l' esposizione del ministro del Tesoro ha confermato appieno le nostre gravi preoccupazioni, anche se comprendiamo che dalle posizioni di Governo queste preoccupazioni debbano essere espresse entro determinati limiti. ormai da tempo, onorevole ministro, stiamo cercando di inquadrare i problemi della finanza pubblica (che hanno un enorme peso sulle condizioni di svolgimento dell' economia) in una visione di insieme. da qui il dibattito da noi condotto, e che risale nel suo inizio a qualche anno addietro, sulle condizioni reali della finanza del settore pubblico e sulle prospettive che al riguardo si profilano. venendo ora alle dichiarazioni del ministro, vorrei sottolineare il fenomeno accelerante che si va manifestando e che rischia di alterare di fatto il quadro delle nostre prospettive, quale presentato dal ministro. mi pare, cioè, che non possiamo qui ripetere la discussione che facevamo alcuni mesi fa o qualche anno fa. c' è un processo accelerativo preoccupante, grave, difficilmente controllabile perché deriva e dal fatto che il Parlamento in materia di spese pubbliche ha una sua autonomia che non sempre riesce a inquadrare in una visione globale, e dal fatto che al di fuori del Parlamento operano forze sindacali che non sempre si sentono impegnate a collocare la loro azione in quel quadro. ecco perché con questo discorso io voglio spostare il dibattito dai termini usuali in cui l' abbiamo posto e introdurre la considerazione della cosiddetta « base monetaria » del nostro sistema. quando dai problemi di prospettiva, di previsione e di andamento generale, andiamo a considerare la base monetaria del sistema ci accorgiamo subito degli elementi acceleranti e pericolosi che stanno intervenendo e che dovrebbero rendere tutti molto consapevoli della serietà della situazione. alla fine del marzo 1969 la « base monetaria » (costituita da circolante e da titoli immediatamente convertibili in moneta) del nostro sistema era aumentata di 1015 miliardi. nel marzo 1970 la base monetaria del sistema è aumentata di 1507 miliardi. si è avuto, cioè, un incremento del 10 per cento che è già, a mio avviso, un indice alquanto preoccupante. ancora più preoccupante, però, è la situazione se la guardiamo all' interno delle componenti della base monetaria, a costituire la quale contribuiscono molti movimenti: la bilancia dei pagamenti , la situazione creditizia, le necessità del settore pubblico rispecchiate dal Tesoro. vorrei per un momento trattenermi sulla cifra che riguarda più propriamente il rapporto tra la Banca d'Italia e il Tesoro. alla fine del marzo 1969 le esigenze del Tesoro a cui si doveva sodisfare con un aumento della base monetaria (intendo per esigenze o fabbisogno del Tesoro la confluenza di tutte le necessità del settore pubblico che confluiscono nei suoi conti e perciò non soltanto esigenze dello Stato, ma esigenze della Cassa Depositi e Prestiti che alimenta gli enti territoriali, delle aziende autonome e così via ) presentavano un incremento di 781 miliardi; nel marzo 1970 siamo a 2403 miliardi: abbiamo avuto un aumento di ben tre volte. mi pare sia una accelerante alquanto preoccupante, poiché indica che le esigenze del settore pubblico — o gran parte di esse, perché altre trovano sbocco diretto sul mercato finanziario — che sono esigenze immediate di spesa corrente o di spese per investimenti che vengono a scadere, affluiscono sul Tesoro e dal Tesoro affluiscono alla Banca d'Italia . dunque, le richieste del settore pubblico hanno avuto un aumento ingente. ripeto, da 781 a 2.403 miliardi. come è avvenuto che invece la base monetaria totale è rimasta in aumento solo del 10 per cento ? a fine marzo 1969 dai movimenti della bilancia dei pagamenti era consentita una minore richiesta di base monetaria di 221 miliardi; a fine marzo 1970 questa minore richiesta era di 730 miliardi. ma c' è un altro conto che ci preoccupa, ed è la base monetaria di cui devono disporre le aziende di credito che alimentano il sistema direttamente produttivo. a fine marzo 1969 era aumentata di 516 miliardi; a fine marzo 1970 era aumentata di 70 miliardi soltanto. ora, onorevoli colleghi , noi finiremo con il violare tutte le previsioni e con il mettere in estrema difficoltà il Governo e il ministro del Tesoro , se creeremo un ordine di rapporti fra il settore pubblico e la Banca d'Italia che non è controllabile. la Banca d'Italia ci può assicurare un equilibrio monetario degli elementi che essa stessa controlla, cioè la base di erogazione del credito che consente al paese. ma quando, indipendentemente da questo meccanismo, attraverso quello che facciamo nel settore pubblico , graviamo sul sistema monetario necessità crescenti ed immediate, e quindi introduciamo la vera variabile indipendente del sistema, rischiamo veramente, se continuiamo su questa strada, una grossa crisi nel nostro paese. ecco perché da molti anni noi insistiamo, in questa Camera, nel porre il problema della spesa pubblica , del modo di gestione del settore pubblico della nostra vita nazionale. devo dire, onorevoli colleghi , che le forze di sinistra e i sindacati operai devono stare attenti al modo con cui operano. a rendere quasi impossibili le condizioni della classe operaia basta sviluppare questo andazzo del settore pubblico , basta continuare ad aumentare i disavanzi di parte corrente e continuare in questa cattiva amministrazione. tutto questo verrà, prima o dopo, pagato dal settore direttamente produttivo, e quindi dalla classe operaia . l' equilibrio economicamente normale fra condizioni del settore pubblico e condizioni del settore direttamente produttivo è il solo equilibrio che ci dà la possibilità di un graduale e sicuro avanzamento. ma se il settore pubblico continua a pesare così fortemente e con moto così accelerato, essendo per altro, disgraziatamente, produttivo in maniera piuttosto scarsa, noi prima o dopo faremo pagare alle grandi masse lavoratrici questo errore. quindi all' interno della politica dei partiti di sinistra, che tanto vogliono tutelare gli interessi dei lavoratori, e all' interno delle confederazioni sindacali, si deve porre il problema dalla condizione del settore pubblico ; e più presto si pone, più presto possiamo rimediare ad una degenerazione grave del nostro sistema di sviluppo economico . più presto si pone nei partiti di sinistra e nelle organizzazioni sindacali il problema del rapporto tra spesa pubblica corrente e condizioni del sistema direttamente produttivo, più presto noi possiamo rovesciare la marcia. altrimenti noi finiremo con lo sviluppare un processo inflazionistico accentuato che cadrà sulle spalle dei lavoratori. quello che mi ha impressionato in questo primo giro di comizi è il fatto che gli operai si stanno accorgendo, onorevoli colleghi , che rischiano di fare delle conquiste puramente nominali; e vi è da aggiungere che la scala mobile , a parte il fatto che non rimedia completamente al nominalismo degli aumenti salariali, se continuerà ad essere applicata aggraverà la situazione, cioè accentuerà le spinte inflazionistiche. ora, quando penso, onorevole ministro, che i conti, le previsioni che noi facciamo non possono tenere conto di un' infinità di agitazioni in corso e quindi non possono tenere conto del peso che avranno queste agitazioni, devo dire che sono veramente allarmato e che non vedo come si possa uscire da una situazione che sta diventando paradossale. faccio osservare, in proposito, agli onorevoli colleghi che nella gara di rivendicazioni così come si sta ponendo, i dipendenti pubblici neutralizzano gli avanzamenti della classe operaia , e la classe operaia neutralizza gli avanzamenti dei dipendenti pubblici; che dipendenti pubblici e classe operaia industriale neutralizzano i possibili avanzamenti della classe contadina; che i magistrati neutralizzano gli avanzamenti dei professori universitari; che gli avanzamenti dei professori universitari e dei magistrati neutralizzano gli avanzamenti dell' alta burocrazia. noi siamo cioè in un cerchio infernale nel quale — in questa gara che non ha nessun controllo, nessun inquadramento — nessuno poi finirà con l' avanzare e noi avremo alla fine processi inflazionistici e la disintegrazione del sistema. ecco l' ammonimento che devo fare ai colleghi, ai partiti, ai sindacati; ed ecco perché, secondo me, bisogna aiutare il Governo in una politica di resistenza rispetto ad una situazione che si va gravemente deteriorando. qui nasce un altro ordine di considerazioni, al quale non abbiamo prestato una sufficiente attenzione. in questa constatazione dello sviluppo della domanda globale, noi non abbiamo mai attentamente considerato il rapporto tra consumi individuali e consumi cosiddetti civili e sociali, rapporto sul quale da tempo i repubblicani insistono. quando, come è successo ieri, si legge su L'Unità , a grande titolo, che i giornali inglesi e svizzeri si chiedono come sia possibile che nel nostro paese si sviluppi il consumo degli elettrodomestici, delle automobili, dei televisori, mentre non ci sono né scuole né ospedali degni di un paese civile, io mi domando, e domando a L'Unità : ma chi è responsabile di questa degenerazione della nostra domanda? sono responsabili soltanto il Governo, le forze di maggioranza? non vi è stata una assoluta corresponsabilità dei sindacati operai, dei partiti di sinistra, della maggioranza, nello sviluppare un tipo di domanda che è assolutamente contraddittoria dal punto di vista dello sviluppo di una società civile e moderna? debbo ripetere qui quello che vado dicendo da molto tempo: il nostro paese dal punto di vista dei consumi individuali e di massa sta rasentando il livello dei paesi di civiltà industriale avanzata; ma, dal punto di vista delle infrastrutture civili, dei consumi sociali, esso si colloca fra i paesi arretrati. forze di sinistra, sindacati operai, tutti quanti siamo responsabili di questa degenerazione del sistema. siamo infatti in una civiltà di consumi di massa. quindi pur avendo noi tenuto conto di tutti i privilegi, del gioco degli interessi, dei profitti, delle rendite, resta sempre il fatto che il funzionamento di una grande civiltà moderna di massa esige un equilibrio tra sviluppo di consumi individuali e sviluppo di consumi sociali. noi non ci siamo mai posti questo problema come problema di compatibilità nell' ambito delle possibilità, sicché oggi più che di scioperi o di agitazioni, abbiano bisogno di fornirci di un calcolatore elettronico . nella civiltà moderna i problemi e gli scontri di classe si risolvono anche con il calcolatore elettronico , e non soltanto con chiacchiere, con elenchi di riforme, con agitazioni che, secondo me, non riformano il sistema, ma rischiano di disintegrarlo e di creare un oscuro avvenire. e devo dire ai colleghi comunisti — ne abbiamo già parlato in sede di fiducia al Governo — che se non si tende a riformare un sistema economico ma a disarticolarlo profondamente, il caos che inevitabilmente ne deriverà porterà a situazioni sempre più gravi. non so perché i colleghi comunisti aspirino a nuove maggioranze; se questa nuova maggioranza dovesse arrivare al potere, non si sa cosa ne deriverebbe al paese e come questa nuova maggioranza riuscirebbe a toglierlo dalla condizione disastrosa nella quale noi rischiamo di porlo in brevissimo tempo. ecco, onorevoli colleghi , le preoccupazioni che noi esprimiamo da anni e che diventano sempre più gravi, e alle quali non si dà nessuna risposta. qualche collega comunista ha la cortesia di mandarmi i suoi scritti, facendomi notare che ha tenuto conto del problema da noi sollevato, del rapporto fra consumi individuali e consumi sociali. ma qui non è questione di un bell' articolo di un saggio collega comunista che sa pensare questo. è questione di azione politica. che cosa vogliamo fare di questo paese? lo vogliamo rovinare o vogliamo preservarne le basi per un possibile sviluppo futuro? a questo punto si profila la questione delle consultazioni con i sindacati operai e imprenditoriali. signor ministro, ella sa da quanto tempo noi chiediamo questo incontro. non possiamo essere quindi accusati di non volere che i sindacati operai entrino in una discussione dei processi di sviluppo del paese , partecipino a considerare i fattori dello sviluppo e la parte che la classe operaia deve avere in questo sviluppo. sono anni che noi lo chiediamo. siamo grati al Governo che finalmente si sia deciso, ma abbiamo l' impressione che si sia deciso un po' troppo tardi. infatti questo colloquio avviene quando le condizioni reali della finanza del settore pubblico sono quelle che sono. il settore pubblico cioè ha ormai poche e scarse capacità propulsive e riformatrici; si è chiuso in se stesso , nelle sue spese e nella sua degenerazione. perché tardi? perché evidentemente la compatibilità, in una civiltà di massa, tra rivendicazioni e riforme bisogna studiarla tempestivamente, con il che non avremmo avuto la degenerazione del consumismo individuale rispetto ai consumi sociali. è giusto che ci sia, comunque, il colloquio con i sindacati operai e le organizzazioni imprenditoriali (voi non potete estromettere le organizzazioni imprenditoriali poiché le potete indurre a collaborare a molte cose, fra l' altro alla risoluzione del problema delle abitazioni). bene, consultiamo sindacati operaie organizzazioni imprenditoriali. ma possiamo raggiungere un risultato utile solo se sindacati, forze politiche , Governo si impegnano a risanare la condizione finanziaria del settore pubblico come premessa alle riforme. possiamo cioè fare un piano di riforme in cui i due momenti siano paralleli: cioè risanamento del settore pubblico e quindi creazione delle risorse vere, reali, non inflazionistiche, per fare le riforme. quindi quello che noi suggeriamo è un parallelismo tra risanamento e impegno al risanamento del settore pubblico e possibilità di riforme per le quali, onorevole ministro, io non vedo possibilità concrete immediate. non le vedo: vedo ancora per il mio paese, se i sindacati, se lo Stato, se gli imprenditori si pongono il problema di una prospettiva, la possibilità di riprendere in concreto la marcia delle riforme; ma così come sono posti i problemi, con lo sfruttamento politico che si vuol fare di tali problemi senza tentarne un inquadramento serio, non vedo prospettive concrete. e devo anche dire, onorevoli colleghi della sinistra, che non vedo come questi problemi si possano risolvere attraverso agitazioni e scioperi. tutto ciò avrà il solo risultato di disintegrare ancora il sistema. ma che dallo sciopero possano venire le riforme o una indicazione positiva in tal senso, lo nego recisamente. le riforme si fanno, nel quadro delle possibilità, toccando tutti i privilegi, tutto quello che volete, quando i dati del problema siano esaminati tranquillamente, anche se in un dibattito polemico. ma credere che le agitazioni — che poi sono così contraddittorie — possano portare come risultato alle auspicate riforme, è una illusione che non bisogna conservare e su cui abbiamo da tempo richiamato l' attenzione del Parlamento, delle forze politiche e sindacali. gli onorevoli colleghi si assumono gravi responsabilità circa il presente e l' avvenire della società italiana se non impostano su nuove e diverse basi i problemi che angustiano noi tutti.