Giulio ANDREOTTI - Deputato Maggioranza
V Legislatura - Assemblea n. 265 - seduta del 17-04-1970
1970 - Governo III Rumor - Legislatura n. 5 - Seduta n. 265
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , credo che poche crisi abbiano al pari di questa offerto una possibilità di documentazione per comprendere gli sviluppi delle sue varie fasi: dal « preambolo » dell' onorevole Forlani al primo accordo sul tema dell' amnistia, nella fase iniziale dell' incarico all' onorevole Rumor; alla sufficientemente elaborata redazione di un testo di preaccordo economico-sociale, durante la fase del preincarico all' onorevole Moro; al testo piuttosto articolato uscito dalla successiva fase ad opera dell' onorevole Fanfani; ed infine al collage riassuntivo del reincaricato onorevole Rumor, nell' ultima fase che ha felicemente portato alla formazione del Governo. se tutto questo permetterà certamente agli storici di domani di comprendere meglio i fatti, non direi che sia valso per dare un indirizzo al dibattito che stiamo in questo momento concludendo. infatti, una serie di quesiti che erano stati posti sono rimasti tali, anche per il sistema, da noi talvolta seguito, di discutere per corrispondenza (nel senso che colui che parla si allontana subito dopo ed è poi costretto a consultare i resoconti stenografici per conoscere la risposta a quello che con tanta urgenza si era domandato). noi possiamo dire a questo punto poche cose, fra l' altro data l' ora, per contribuire a dare una spiegazione politica a quello che è passato, vorrei dire anche a quello che felicemente non è passato nelle settimane scorse. certo, nessuno, in un regime democratico che non preveda né governi né leaders di legislatura, può pensare ad una certezza di durata poliennale per un Governo. ma certo, onorevole presidente del Consiglio , è estremamente sincero l' auspicio che noi facciamo che il suo Governo duri ben oltre i « cento giorni » di cui si è parlato. altrimenti sarebbe facile, io credo, la polemica — da parte di chi vota contro ma anche di una parte di coloro che votano a favore, di una parte della maggioranza — sarebbe facile, cioè, instaurare una polemica sulla « inutile strage » del Governo monocolore. noi sappiamo che così non è. sappiamo che dobbiamo individuare nella realtà del Governo che si è formato più di quello che possa sembrare stando agli atti scritti o forse anche ai discorsi di ieri e di oggi, che non sono un esempio di... terminologia da luna di miele , se vogliamo essere sinceri, anche nei rapporti tra noi stessi che componiamo la maggioranza. dobbiamo cioè guardare se vi sia (e io credo che vi sia) uno spirito ricostruttivo, un indirizzo politico che non serva semplicemente ad evitare quello che poteva essere uno strappo nella nostra legalità costituzionale, ma serva a creare le premesse per la ripresa e per lo sviluppo di un cammino democratico necessario alla nostra nazione, e tanto più necessario in quanto la situazione internazionale e le condizioni di politica interna non consentono certo di permettersi vacanze o di abbandonare la vigilanza, ma impongono, in campo economico come negli altri settori, una responsabile conduzione unitaria della cosa pubblica che certamente, per essere realizzata da una compagine di coalizione, non può non essere, nelle questioni particolari, che il risultato di un onesto compromesso. nelle cose essenziali, per altro, quella coalizione deve avere una finalità e una metodologia che a noi sembra possano esattamente riscontrarsi nel discorso di presentazione del Governo e in quanto l' onorevole Rumor ha detto stamani, a conclusione della discussione generale sulla fiducia. noi sappiamo (è una constatazione quotidiana) che nella realtà dinamica della vita del paese molte volte l' accento viene posto su un problema perché più forte è la spinta e maggiore è la pressione che si esercita in quella direzione. ora, onorevole Pajetta, il punto debole della sua costruzione può essere ravvisato proprio sotto questo profilo. è vero che, in un regime di pluralismo sociale, altre forze all' infuori della rappresentanza politica strettamente intesa hanno una funzione ed una missione da adempiere, che non si limita rigidamente, in senso tecnico, alle competenze statutarie di quelle forze. sotto un certo aspetto, non è un male che il sindacato cerchi di portare il discorso, con la maggiore credibilità immediata che esso ha, su temi di ordine generale, dalla casa all' organizzazione dei trasporti urbani e ad altri temi di vasta portata; ma in ciò può esservi un pericolo se manca proprio quel senso di rigorosa lealtà e di assoluto rispetto prioritario di una gerarchia costituzionale che si deve avere verso la rappresentanza politica generale. il sindacato non potrà mai non essere in qualche modo particolarista. per esso è già molto difficile mediare fra loro nel quadro della rappresentanza (lo vediamo nelle differenze di valutazione che si determinano fra le confederazioni e i sindacati autonomi di taluni settori) spinte diverse e sensibilità non omogenee dei vari settori del lavoro dipendente . ma c' è di più. bene ha fatto il presidente del Consiglio stamane quando, in chiave politica, ci ha ricordato le categorie non inquadrate sindacalmente. ci si ricorda che esiste una massa di persone, di pensionati, di lavoratori autonomi , che sono fuori del contesto sindacale. è stato interessante il fatto che alcune settimane fa un ammiraglio — una valorosa persona, un uomo serissimo in tempo di pace, eroe in tempo di guerra — abbia creduto di dover rivolgersi alla rappresentanza politica del paese. non voglio qui fare una esegesi sul regolamento militare. è stato interessante il fatto che mentre in altri momenti... onorevole Pajetta, ella forse non ha letto L'Unità in quei giorni. è stato interessante il fatto — dicevo — che mentre in altri momenti, e giustamente, perché i limiti delle competenze politiche debbono essere salvaguardati, vi era stata la sollevazione di uno scandalo, in quel momento ci si rivolgeva alla rappresentanza politica generale. ci si rivolgeva non a noi maggioranza o a voi opposizione, ma al Parlamento, al Governo come tale, che non è, come i colleghi comunisti dicono, « il vostro Governo » , ma « il Governo » . onorevoli colleghi comunisti, è anche il vostro Governo, anche se voi, fruendo di un vostro diritto, non lo votate. si richiamava l' attenzione della rappresentanza politica — dicevo — sulle condizioni psicologiche delle forze armate , che avvertono una posizione di debolezza, se non sentono di avere in noi, classe politica , il loro sindacato. si diceva a noi di porre attenzione a una marina che in dieci anni ha visto 309 ufficiali e 2500 sottufficiali fruire dell' esodo volontario e si rilevava che cosa ciò vuol dire. il discorso, onorevole Pajetta, non può essere accettato soltanto per una parte. quando si dice che la maggioranza qui non è fatta per voti, tra l' altro si deve osservare che ciò non vale per la votazione in materia di divorzio, in cui anche il voto di una sola delle Camere è un testo definitivo che non può nemmeno essere rimesso in discussione. ma noi non possiamo contemporaneamente battere una strada di non sufficiente vitalizzazione delle strutture democratiche rappresentative. sotto questo aspetto allora a me pare che sia ingiusto il discorso che è stato fatto in chiave di opposizione alla Democrazia Cristiana e ai partiti di maggioranza, che ha messo l' onorevole Pajetta in condizioni di dover giustamente ringraziare questi portatori d' acqua, certamente involontari, alla propaganda di carattere comunista. ma se veramente — riflettete per un momento, onorevoli colleghi che fate questo genere di propaganda e di politica — noi dobbiamo difendere, attraverso le possibilità evolutive di un grande senso di riforma, la legalità costituzionale, non possiamo allora fare delle polemiche secondo le quali, in definitiva, diventerebbe una specie di esercizio di filocomunismo onorario fare quello che la Costituzione prevede. l' onorevole Bozzi, che giustamente, per tanti altri versi del suo discorso, il presidente del Consiglio ha più volte stamane qui ricordato, ha dato una patente di eversione ai vescovi italiani perché — niente di meno — essi hanno fatto un voto perché si attui l' articolo della Costituzione che prevede il referendum. chi sono i sovversivi allora? veramente ci si mette su un piano sbagliato, ci si mette su un piano che non è di rispetto della Costituzione, che non è certamente un qualche cosa di gelido e di inarticolabile, ma è una realtà viva. ma noi crediamo, onorevoli colleghi , di non aver bisogno di lezioni di chiarezza di idee e di fierezza di carattere nei riguardi del comunismo. quando ventidue anni fa, il 17 aprile, eravamo al termine di una battaglia che certamente non sapevamo come andasse a finire: nessuno di noi ha avuto paura, mentre forse altri scendevano a delle facili possibilità di compromesso. scusi, onorevole Badini Confalonieri , ma ella ha la coda di paglia ! non dicevo a lei; noi eravamo insieme nel Governo, anche nel fare alcune leggi, come quella dell' onorevole Grassi. penso che noi dobbiamo, sotto questo angolo visuale , fare una volta per sempre — per quello che è. possibile di definitivo nella vita pubblica — il discorso su maggioranza e opposizione, superando un po' quella specie di nominalismo che ha un valore se corrisponde con esattezza a un sentimento, ma che può diventare anche bizantinismo (non a caso la città più bizantina d' Italia, Ravenna, è quella che crea poi tutti i problemi che noi abbiamo sul nostro tavolo e sui quali dobbiamo prendere una decisione). per una opportuna iniziativa del nostro presidente, degli studenti si sono in questi giorni susseguiti nelle tribune per seguirei nostri lavori, e credo che alcuni siano rimasti forse alquanto frastornati dalle esegesi difficilissime che sono state tentate intorno a un periodo — tra l' altro chiarissimo — delle dichiarazioni del presidente del Consiglio , circa l' impossibilità di un nostro spostamento verso il partito comunista per il dissenso che permane tra noi e quel partito in ordine a valori essenziali della concezione della vita democratica e dei collegamenti internazionali. e qui si è aperta allora una lunga discussione: ha detto « dissenso » , non « grave dissenso » ; quali sono le esatte differenze tra il dissenso, il grave dissenso, l' isolamento? a questo proposito vorrei limitarmi a due osservazioni, una di carattere politico e una di carattere più propriamente parlamentare. quella di carattere politico è questa: ogni partito ha le sue esigenze, ogni uomo (ce ne accorgiamo tutti i giorni) ha il suo modo di pensare, di vedere, di valutare le cose; ma esistono delle linee comuni che ci caratterizzano. orbene, vi è stato negli ultimi anni un concetto ricorrente, se non erro inaugurato dall' onorevole De Martino nel 1966, ripreso dall' onorevole Nenni nella costituente socialista e più volte ritornante nei discorsi e negli scritti della sinistra: il concetto di frontiera. frontiera, a mio avviso, è una divisione netta; veramente, nelle zone di frontiera ci sono più contrabbandieri che nelle altre zone, ma non è certamente questo un fatto politicamente significativo del nostro modo di vedere . noi sappiamo che il concetto di frontiera è un concetto esatto, e la validità di una politica democratica consiste nel creare delle frontiere, ma non come delle mura, bensì come porte attraverso le quali si possa corrispondere, però in assoluta chiarezza di passaporti. questo concetto, portato nell' ambito della realtà parlamentare, può anche non significare un fatto nuovo; tant' è che anche qui poi si scopre che vi è la collaborazione di tutti, ad esempio nelle Commissioni: ma quando mai non ci siamo comportati così fin dal primo giorno che siamo venuti qui? va però osservato che oggi il Parlamento potrà, sì, beneficiare da un lato, grazie alla realtà nuova rappresentata dalle istituende regioni, di una diminuzione del lavoro spicciolo in molte materie, ma dall' alto potrà e dovrà accentrare e meglio caratterizzare politicamente soprattutto quella funzione di controllo che costituisce, attualmente, la maggiore ragione di vitalità delle moderne istituzioni parlamentari; controllo al quale un indirizzo della Corte dei conti (non sempre ne leggiamo tutte le relazioni) sta portando un contributo notevole, perché si svincoli da un concetto di legalità formalistica, un concetto quasi da ragionieri (e lo dico senza nessuna offesa), per caratterizzarsi più propriamente ed efficacemente come un controllo sull' efficienza della spesa pubblica . parlo di quella Corte dei conti (se avessi parlato in sede di discussione generale , avrei potuto intrattenermi su questo più lungamente: in questa sede, valgano i brevi accenni che ho fatto) che in questi giorni ha visto il suo presidente andare a riposo dopo un' esemplare, lunghissima vita di servizio nella Pubblica Amministrazione . credo sia giusto questo tributo di riconoscenza da parte del Parlamento: noi ci occupiamo soltanto di coloro che fanno andare male le cose, ma di coloro che le fanno andare avanti bene, pagando di persona, spesso ci occupiamo poco, forse perché non fanno cronaca. questo modo nuovo di concepire la funzione del Parlamento, perché esso sia una più precisa cassa di risonanza e centro di volontà politica in presenza della realtà nuova costituita dalla Comunità Europea in evoluzione da un lato e dalle regioni dall' altro, di quelle a statuto speciale e di quelle, che vengono ora, a statuto ordinario , credo che dia veramente a chiunque, nel vasto campo del controllo, la possibilità di svolgere una funzione che non toglie niente alla precisa distinzione tra maggioranza o minoranza, nel campo delle responsabilità politiche , ma apre veramente — io credo — momenti nuovi, una stagione nuova (rubo una frase al mio amico Forlani), alla nostra attività nell' immediato avvenire. vorrei fare su questo punto (sugli altri due sarò molto più breve) un' osservazione. questo crea — credo — chiarezza di rapporti e risponde ad una domanda a cui poco fa l' onorevole Pajetta ci riportava: cioè, quando noi siamo stati tenacemente contro lo scioglimento anticipato — onorevole De Marzio , ella ha detto che non sciogliere il Parlamento equivale ad un colpo di stato — ... una teoria piuttosto evolutiva del colpo di stato ! ebbene, mentre respingo per i gruppi e per le persone la facile accusa che anche qualche autorevole giornale, disinformato da qualcuno che aveva interesse a far questo, ha rivolto: che si trattasse cioè di una sorta di un sindacato di parlamentari che difendeva il contratto... una volta, onorevole De Marzio , si parlava contro i « ludi cartacei » e non si invocava che ve ne fossero più di quelli che la Costituzione fissa ogni 5 anni. ho detto « una volta » ! del resto, credo si debba riconoscere che coloro che le elezioni politiche non volevano facevano l' unica cosa corretta, mettendosi in condizione di realizzare soluzioni positive perché a quell' esito non si arrivasse. se ciò non si riconoscesse, dovremmo allora dire che chi voleva le elezioni intendeva fare delle operazioni attraverso le quali potesse ricavare un utile di congiuntura. noi riteniamo che questo non andasse fatto e riteniamo che ci sia un esempio importante, di un uomo che pure conosceva la psicologia degli italiani: Giolitti. nella relazione al re, con la quale propose di sciogliere la Camera nel 1921 — ve ne risparmio la lettura integrale; tra l' altro l' abbiamo in archivio, a disposizione di chi la voglia consultare — si legge: « in tempi normali è preferibile lasciare che ogni legislatura compia il ciclo consentito dallo statuto; però quando le condizioni sono profondamente mutate per lo inizio di un nuovo periodo storico, » (e qui saremmo un po' fanatici se considerassimo di essere a tanto) « quando le questioni dalla risoluzione delle quali dipende l' avvenire del popolo sono tante e così gravi che solamente una Camera la quale rappresenti realmente la volontà immediata e i sentimenti attuali del paese può affrontare con la necessaria autorità, sicurezza ed energia... » (e vi risparmio la necessità e l' urgenza di affrontare la giustizia, la scuola ed altre cose, necessità ed urgenza che si presentano abbastanza spesso nella nostra storia). si tratta di frasi che dovremmo meditare, onorevoli colleghi . siccome vi erano in quel momento delle manifestazioni di disordine nel nostro paese, Giolitti scriveva ancora, proponendo lo scioglimento della Camera: « le condizioni interne alquanto turbate in alcune province che sono da taluni addotte come argomento per ritardare le elezioni generali sono invece a nostro avviso ragioni per accelerarle, perché la volontà del paese è la più grande delle forze per imporre a tutti di cessare dalle violenze, per ristabilire l' impero della legge. noi non dubitiamo che il paese esprimerà in modo non dubbio questa volontà e saprà imporne l' esistenza » . onorevoli colleghi , Giolitti ebbe lo scioglimento della Camera. e i risultati furono quelli di un cambiamento piuttosto relativo: l' anno successivo ci fu il factismo e successivamente quello che tutti abbiamo saputo. onorevole Almirante, credo che se il presidente del Consiglio e il ministro dell'Interno (in questo, ritengo, con il suo consenso) daranno retta all' onorevole Pajetta e faranno essi quello che nel nostro ordinamento spetta alla magistratura, cioè il far luce su ciò che è in mano all' autorità giudiziaria , o addirittura se il ministro — ella, onorevole Pajetta, mi ha scandalizzato chiedendolo per ben due volte — si farà dare i rapporti del Sid e si comporterà in conformità... ella evidentemente ha delle informazioni che io non ho. in proposito dirò tra parentesi — prima di concludere — che tutto il discorso che qui si è fatto sull' autonomia dello Stato, soffiando sulla brace di un problema che di fatto non è esistito fin dal primo giorno delle trattative, potrebbe avere una prova, che certamente è una prova orale perché prova di un non fatto, quindi non documentabile (ma spero che ella, onorevole Pajetta, e gli altri colleghi ci credano): noi, che pure abbiamo discusso qui per sei mesi con abbastanza impegno sul problema del divorzio, della famosa nota del 1967 e della nota del 1966 non ne sapevamo niente. io personalmente ne sono venuto a conoscenza nel momento delle discussioni per la risoluzione della crisi. sotto alcuni aspetti sì, perché ci ha messo in condizione di poter decidere quello che noi ritenevamo dovesse essere un modo di comportarci, che tra l' altro non coincide minimamente su un punto essenziale con l' atteggiamento politico-diplomatico della Santa Sede . abbiamo detto qui e ripetiamo che noi non vogliamo un trattamento di effetti civili differente per i matrimoni religiosi concordatari rispetto ai matrimoni celebrati in comune o celebrati nella sinagoga; noi combattiamo contro il divorzio, come ieri bene ha detto l' onorevole Forlani, reputandolo un male sociale; per il resto si tratta di problemi che, credo senza grande difficoltà, potranno essere condotti avanti dal Governo. a mio avviso, i divorzisti hanno perduto un' occasione importante, perché da questo contatto, che nasceva dall' invocazione dell' articolo 44 del Concordato, potevano far porre, credo, da parte dello Stato, il problema di questa chiarificazione; e probabilmente da una discussione convergente giuridico-politico-pastorale, che potrebbe anche condursi avanti bene, avremmo superato i dubbi sulla legittimità — ed uso un termine eufemistico — costituzionale dell' articolo 2 della legge Fortuna-Baslini . infatti noi possiamo fare quello che vogliamo, possiamo condizionare il voto al Governo alla realizzazione del divorzio, però non possiamo togliere alla Corte costituzionale quelli che sono i suoi poteri. ed era questa una occasione, attraverso una possibile trattativa, per mettere in condizione l' articolo 2 della legge Fortuna di non essere portato davanti alla Corte costituzionale . un discorso che potremo riprendere, ma, onorevoli colleghi , noi non possiamo certamente accettare lezioni sul senso dello Stato. tra l' altro — l' onorevole Malagodi non c' è; rispondo perché il presidente del Consiglio non ha risposto — l' onorevole Malagodi ha prima detto « il presidente del Consiglio non ha risposto, quindi vuol dire che non è vero » . ora questo è arbitrario, perché il presidente del Consiglio non poteva rispondere su tutto. l' onorevole Malagodi ha insinuato che lo onorevole Moro durante una « pennichella » avrebbe ricevuto un salesiano, portatore di non so quali ordini di sacre scuderie (per rimanere in questo gergo di cavalli e di... cavalli di razza che è diventato un po' la nomenclatura politica corrente). onorevole Malagodi, noi non abbiamo servizi informativi su quello che fanno i nostri colleghi ministri o non ministri durante le « pennichelle » o in altre ore; posso però escludere nella maniera più assoluta che ci sia stato un fatto di quel genere. posso invece dirle che non dei salesiani, ma dei gesuiti sono stati presi in prestito. Il Messaggero di Roma, riecheggiato da tutta la stampa di informazione nazionale, ha dato molto risalto al fatto che dei gesuiti docenti in una università pontificia hanno sostenuto delle tesi in materia di divorzio — tra l' altro, uno di questi si chiama padre Allegria : è un nome straordinario! — difformi da quelle della Democrazia Cristiana , ed i divorzisti se ne sono serviti. onorevoli colleghi , data l' ora cerco di non drammatizzare, ma c' è un fatto che mi ha colpito sul piano culturale: mentre le Acli fanno difficoltà ad avere il dialogo con i vescovi, la Lega del divorzio ha assunto i suoi assistenti ecclesiastici nella compagnia di Gesù. onorevoli colleghi , termino dicendo soltanto una parola riguardo a quella politica estera che certamente conta molto, di quella politica estera che non ha bisogno, se si è seri, di continue riaffermazioni, perché è una strada che — lo devono riconoscere anche coloro che 22 anni fa la pronosticavano come arrecatrice di lutti e di guerre — si è dimostrata, almeno sotto questo profilo, di una assoluta validità. e noi sappiamo che quando il Governo, quando l' onorevole Forlani e altri colleghi degli altri partiti di maggioranza parlano della conferenza per la sicurezza, non intendono parlare di un soprammobile per arredare la nuova compagine governativa. noi ci crediamo, ma non si è difficili profeti nel ritenere che le difficoltà alla conferenza per la sicurezza non verranno né da noi né da altri paesi. perché? perché il concetto di sicurezza non è quello che potrebbe apparire con semplicità, cioè una riduzione di armamenti, un non timore di armi; il concetto di sicurezza a cui l' Unione Sovietica sembra aderire (e fino a questo momento non c' è nessun elemento per pensare il contrario) è una specie di rispetto dello status quo europeo, tanto è vero che (e cito solo due argomenti che mi paiono importanti) il testo ufficiale che per primo, forzando in un certo senso la mano (e dico in un certo senso non a caso), ha parlato della partecipazione necessaria alla conferenza per la sicurezza europea degli USA e del Canadà, si è avuto in occasione del comunicato ufficiale sul viaggio del ministro degli Esteri di Romania Manescu a Praga. ma dirò di più: non vi sembra che abbia questo significato la pressione — che per altri versi è giusta, ma data la fonte può metterci in sospetto — per la partecipazione attiva della Spagna a questa conferenza per la sicurezza europea? noi temiamo che una resistenza alla interpretazione evolutiva, che è propria di altri paesi comunisti minori, non troverà, ripeto, delle obiezioni da noi, ma troverà altrui obiezioni alle quali voi reagirete. ella, onorevole Pajetta, ci ha detto prima: noi ci siamo comportati con la Cecoslovacchia differentemente da come ci siamo comportati con l' Ungheria. è vero ed è forse una delle cose che devono spingere proprio i partiti della maggioranza democratica a non commettere errori, a non fare cedimenti, a non scambiare linee di frontiera, perché la opinione pubblica è divenuta più attenta — e non soltanto l' opinione pubblica dell' onorevole Bonomi, onorevole Pajetta, ma anche la vostra, quella di tutti — perché è tutto il paese che vuole capire di più, vuole partecipare di più, anche se poi questa volontà viene espressa in forme che non sempre possono essere ordinate o armonizzate. in ordine alla polemica tra voi e un deputato che è uscito dalle vostre file, c' è da dire che sono cose, queste, che più giustamente si fanno in altre sedi e poi si traggono dei risultati. ma una parola qui non c' è stata nei mesi passati — ed io ho pensato che ci dovesse essere — quando, prima della vostra decisione, la Pravda, parlando (e politicamente ne aveva tutti i diritti) dell' azione dell' onorevole Natoli e dei suoi compagni del Manifesto, ha detto che bisognava mandare via e smascherare questi opportunisti. io credo che, trattandosi di un nostro collega, con il quale personalmente non ho avuto altro che polemiche, anche dure, nella nostra circoscrizione, ma che da giovane aveva rinunciato ad una carriera scientifica e alla libertà, come parecchi di voi (e credo che debba pesare su di lui il fatto di sentirsi messo fuori del partito), voi avreste dovuto reagire ai giudizi espressi dalla Pravda. c' è qualcosa che si muove: c' è la memorialistica. le cose si interpretano in un modo o in un altro. infatti, onorevole Iotti, ella oggi afferma, nell' articolo scritto in occasione del settantesimo compleanno del nostro collega Longo, che il viaggio dell' onorevole Togliatti nel 1950 aveva un significato prevalentemente politico. io sono andato a rileggere L'Unità di quel periodo, ed ho constatato che non si parlò della seconda delegazione inviata a Mosca per discutere di quei problemi, ma si affermò che il viaggio aveva una finalità esclusivamente di salute e di convalescenza. tutto questo dobbiamo dirlo, per confermarci nel nostro convincimento, tra l' altro, che le regioni non dovranno comportare delle avventure: in esse dovrà raccogliersi responsabilmente una realtà attiva, nei compiti specifici che esse dovranno avere e che sono loro delegati dalla Costituzione. sappiamo che questo senso di resistenza può essere vissuto in molti modi; deve però essere vissuto in modo da saper porre l' accento più su ciò che unisce che su ciò che divide, almeno all' interno della maggioranza. l' onorevole presidente del Consiglio , raccogliendo una frase del giornale Le Monde , ha detto molto bene, con grande senso di responsabilità e di disinteresse personale, che il Governo non deve mirare a durare. abbiamo detto prima le ragioni politiche per le quali questo Governo, proprio se ha un senso il nostro credere nella legislatura, nell' evoluzione in libertà della nostra realtà democratica, non dovrebbe correre delle avventure. i cento giorni non sono soltanto quelli di Napoleone. in Roma si trova, nel palazzo della Cancelleria, il salone detto « dei 100 giorni » , dove sedette nel 1848 quel difficile e breve Parlamento. questo nome è dovuto ad una battuta dell' autore, Giorgio Vasari, che aveva avuto quella commissione esattamente tre mesi prima dell' inaugurazione (evidentemente, anche l' organizzazione dei Papi non era molto rapida nel portare avanti le pratiche burocratiche). pertanto, in cento giorni egli dovette realizzare il soffitto di quella sala, che tra l' altro è abbastanza bello. Michelangelo si recò all' inaugurazione e Vasari gli disse: « l' ho fatto in cento giorni » ; Michelangelo rispose: « si vede » , con una certa cattiveria da artista. signor presidente del Consiglio , ci auguriamo vivamente che questo Governo, per formare il quale sono occorsi cinquanta e più giorni di discussioni, di difficoltà e di momenti difficili — ce lo auguriamo non per i partiti e per le persone, ma per l' equilibrio e per la preservazione dalle avventure della nostra nazione — superi ben oltre il difficile passo del momento successivo alle elezioni amministrative e regionali.