Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 264 - seduta del 16-04-1970
Disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto
1970 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 263
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , posso richiamarmi, all' inizio di questo intervento, al discorso che, a nome del gruppo repubblicano, pronunciai all' indomani dei tragici fatti di Milano, quando il Parlamento ebbe ad occuparsene. dissi allora che una delle ragioni della crisi profonda che attraversava il paese poteva essere costituita dal fatto che si era creato un vuoto di potere e che le forze politiche avevano finito con lo sfuggire alla responsabilità di dare una indicazione politica ferma al nostro paese. il presidente del Consiglio prese allora la iniziativa di una chiarificazione tra le forze che avevano collaborato alla politica di centrosinistra e, dopo una crisi caratterizzata da molte vicende e da gravi difficoltà, noi siamo addivenuti alla situazione attuale. debbo dire che nel corso di tale crisi molte volte è stato messo a dura prova lo spirito di solidarietà e di comprensione del partito repubblicano italiano. a noi è parso che la crisi si prolungasse oltre il necessario, che fosse caratterizzata da motivi che non sempre rispondevano alle domande e alle esigenze del paese, e che questo determinasse un rapporto tra le forze politiche e l' ansia del paese, cui bisognava prestare maggiore attenzione di quella che in effetti non sia stata prestata. tuttavia la crisi è stata risolta, e noi affermiamo qui la nostra decisa volontà di dare un appoggio fermo e leale al Governo che si è costituito sotto la presidenza dell' onorevole Rumor. due punti, in quella crisi, hanno attirato la nostra maggiore attenzione. il primo punto ha riguardato la questione del divorzio e, durante il decorso della crisi, ci ha posto il problema di tenere conto delle note diplomatiche della Santa Sede , che poi abbiamo appreso risalire, nella loro prima manifestazione, al 1967. i colleghi sanno che il suggerimento di rimettere le note vaticane al ramo del Parlamento che non aveva ancora deciso è partito precisamente dalla delegazione repubblicana nelle trattative di Governo, e questo suggerimento, a nostro giudizio, voleva rappresentare un atto di rispetto verso il Parlamento medesimo e un atto di deferenza verso la Santa Sede che aveva avanzato le sue note. noi non potevamo certo sostenere che l' iter completo attraverso cui una battaglia parlamentare come quella intorno al divorzio si poteva tradurre in disposizione legislativa, si fosse compiuto. dovevamo tenere conto del fatto che uno dei rami del Parlamento si era formalmente espresso, che alcune Commissioni del Senato avevano deliberato nello stesso senso della Camera dei Deputati ; ma dovevamo altresì tenere conto del fatto che le note della Santa Sede erano intervenute nel corso del processo legislativo . da ciò le ragioni della nostra proposta che, fatta propria dall' onorevole Moro, con l' aggiunta che sarebbe stato necessario e utile un ulteriore confronto tra la posizione del governo italiano (che avrebbe dovuto riflettere le deliberazioni già espresse del Parlamento) e la posizione della Santa Sede , rendeva possibile di portare all' attenzione del Senato una situazione più aggiornata. così completata la proposta dall' onorevole Moro, e precisata dall' onorevole Fanfani, nel senso che due rappresentanti del Governo, il ministro degli Affari esteri e il ministro della Giustizia , dovevano addivenire a questo confronto, ci è parso di dare sodisfacente soluzione ad uno dei problemi che più hanno pesato nel corso delle trattative. devo far rilevare in proposito al collega Fortuna, che in tutto il processo di composizione di questa importante e grave materia non si è mai parlato di una fase di trattative tra il governo italiano e la Santa Sede , fase che era esclusa a priori dalla posizione presa dal Parlamento; ma di semplice confronto, dopo il quale la questione, come dicevo, sarebbe stata rimessa al Senato. con questa impostazione a noi è parso di aver tenuto conto non solo del rispetto diplomatico che noi tutti, cattolici e laici, dobbiamo alla posizione della Santa Sede , ma anche dei nostri doveri istituzionali verso quelli che sono i diritti e le prerogative del Parlamento. quindi, nessuna confusione su questo punto, nessuna possibilità di creare equivoci; una possibilità invece di risolvere il problema secondo l' ordine dei rapporti che si è configurato al riguardo, almeno per quel che ci concerne, fra la sovranità dello Stato italiano e la posizione della Chiesa cattolica . il secondo punto che ha attirato la nostra particolare attenzione nelle trattative, onorevoli colleghi , ha riguardato la situazione economica generale del paese, che noi francamente non vediamo con molto ottimismo, con l' ottimismo cioè con cui si è considerata in questi ultimi tempi, e la situazione, che noi consideriamo particolarmente grave nei suoi aspetti, riguardante la condizione finanziaria del settore pubblico , intendendo per condizione del settore pubblico la condizione dello Stato, delle aziende autonome, di tutti gli enti locali (dalle regioni alle province ai comuni), degli enti di previdenza e assistenza. noi abbiamo avuto in questi anni l' impressione che né i governi né il Parlamento abbiano prestato la necessaria attenzione alle condizioni in cui si trova il vasto settore dell' organizzazione pubblica del nostro paese e che al modo del suo svolgimento, dal punto di vista delle condizioni finanziarie, poco si sia badato. nel corso delle trattative vi è stato un contrasto di valutazione — debbo dichiararlo francamente — fra noi e il partito socialista italiano, e questo contrasto è nato sulla valutazione delle dimensioni che avrebbe assunto il ricorso di tutto il settore pubblico al mercato finanziario . alcuni esperti della programmazione, che hanno preparato il rapporto riguardante questo problema e quello della situazione economica generale, hanno valutato che il ricorso del settore pubblico al mercato monetario e finanziario avrebbe raggiunto le dimensioni di 3.000-3.200 miliardi, cifra che figura nelle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio . noi riteniamo che questa cifra sia di molto inferiore alla realtà. l' abbiamo sostenuto in sede di trattative e lo sosteniamo a maggior ragione adesso. il ricorso al mercato finanziario e monetario del settore pubblico ha superato certamente di già la cifra di 4.000 miliardi, che noi abbiamo preventivata, e probabilmente marcia verso una cifra ancora superiore a questa, che ha superato, si potrebbe dire, il livello di guardia. la verità è che il settore pubblico è gravemente deficitario, ed è deficitario — ciò che indica la degenerazione del sistema — non in quelle che si possono considerare le spese propulsive del sistema, poiché queste non ci preoccuperebbero affatto trattandosi di spese di infrastrutture civili, di spese dirette a dare propulsione al sistema economico , civile e sociale del nostro paese. no, il settore pubblico è deficitario ed è costretto a ricorrere al mercato finanziario e al mercato monetario — quel che è più grave per far fronte anche alle sue spese correnti , ciò che indica una profonda degenerazione del sistema dell' organizzazione pubblica e ciò che indica soprattutto come il sistema pubblico cominci a pesare sul sistema economico e non sia un elemento di propulsione secondo quella che dovrebbe essere la sua essenziale funzione. devo dire che le cifre da noi annunciate saranno superate dal fatto che la catena delle rivendicazioni particolari, nel campo del settore pubblico , non accenna a cessare, e quindi le valutazioni, onorevole presidente del Consiglio , che ci sono state presentate un mese fa, o 15 giorni fa, o 7 giorni fa, sono valutazioni che saranno superate dalla realtà dei fatti quando questa serie di rivendicazioni a catena sarà conclusa. e debbo altresì dire, onorevole presidente del Consiglio , che mentre il capitolo dell' accrescimento della spesa corrente , con soppressione quasi totale della spesa propulsiva, si accresce, quello delle entrate, sia pure per ragioni contingenti (ma questo lo vedremo confermato dalle cifre dei mesi futuri) almeno per quanto riguarda i primi due mesi del 1970, diminuisce. per quel che mi risulta (mi corregga, signor presidente del Consiglio ), le entrate tributarie del gennaio e del febbraio sono state di ben 326 miliardi inferiori alle previsioni. il che può significare non solo che questo è l' effetto degli scioperi da parte del personale finanziario, ma anche (vorrei essere smentito su questo punto) che le previsioni di bilancio relative al 1970 sono andate oltre quelle che prudentemente potevano essere fatte per l' esercizio in corso . ripeto, il Parlamento e il Governo non possono trascurare la considerazione di questo problema, che è al centro delle nostre discussioni di politica economica . la situazione di rigidità o di immobilità, di ripiegamento su se stesso di tutto il settore pubblico , condiziona qualsiasi tipo di politica economica che si voglia fare. un discorso sulle riforme, sulla capacità di dare propulsione al sistema economico , sulla capacità di ripresa di un processo di sviluppo economico è certamente, non esclusivamente, condizionato dalla realtà della situazione finanziaria del settore pubblico . dirò onorevole presidente del Consiglio , che trovo strano che, dopo tanta insistenza, dopo tanto polemizzare su questo tema, non siamo riusciti ad accertare. una realtà che dovrebbe costituire il punto di partenza delle nostre discussioni. è incredibile come, sia in sede tecnica sia in sede politica, uno degli elementi fondamentali di qualsiasi discussione sfugga ad un accertamento obiettivo ed esatto. giorni or sono ho letto su L'Espresso un articolo di uno degli esperti del partito socialista , che aveva partecipato agli inizi delle trattative tra i partiti di centrosinistra, ti professor Forte. egli ha scritto che i repubblicani avevano torto all' inizio, ma hanno ragione adesso. ma è evidente che questo riconoscimento vuol dir poco. quali sono le cifre dalle quali dobbiamo partire per rendere concrete le nostre deduzioni sulla situazione finanziaria del settore pubblico , che poi diventa la situazione finanziaria prevalente del nostro paese? onorevole presidente del Consiglio , noi siamo costretti a chiedere su questa materia che il Governo ci dia un « libro bianco » della spesa del settore pubblico , proprio perché vogliamo, attraverso un documento speciale, portare tutti noi a determinate conclusioni. ci dia un « libro bianco » sulla spesa pubblica corrente dello Stato, degli enti locali , degli enti previdenziali; e di esso si faccia un centro di discussione parlamentare, punto di partenza — ripeto — per pervenire a conclusioni certe sull' argomento. alcuni anni fa, a nome del primo Governo di centrosinistra, ebbi l' onore di presentare una Nota aggiuntiva per aprire la discussione sulla programmazione. credo che, ancor prima di discutere un nuovo programma, il documento fondamentale per rendere tale discussione concreta potrebbe essere il « libro bianco » sulla spesa pubblica . con questi due argomenti avrei esaurito la materia delle questioni più importanti che il partito repubblicano ha discusso in sede di Governo e che formeranno oggetto degli interventi del Governo medesimo. ma da varie parti, e soprattutto dall' onorevole Amendola è stato sollevato un altro problema: è questo un Governo che ha una visione a lungo termine , una soluzione a lungo termine dei problemi della società italiana ? tale problema è grave. in termini più espliciti, ci si è domandato se si tratti di un Governo di provvedimenti urgenti, di questioni pendenti, o di un Governo di prospettive. ebbene, se dovessimo badare alla semplice discussione di schieramenti, non sapremmo trarre una conclusione: lo devo dire con estrema franchezza. ascoltando i discorsi dei colleghi Mauro Ferri e Giacomo Mancini, è difficile avere l' impressione che il problema relativo allo schieramento sia stato superato. ma, come i colleghi sanno, da tempo noi non diamo rilevante importanza ai problemi di schieramento. da molto tempo in qua, il motto: « occupiamoci dei contenuti » fa parte dei nostri obiettivi. ebbene, è da questo punto di vista che io vorrei valutare se noi siamo o costituiamo un Governo di lungo termine. devo dire che l' onorevole Amendola, dopo essersi posto il problema, ha negato che esso potesse essere tale. ci ha considerati, onorevole presidente del Consiglio , quasi un ponte di passaggio verso nuove maggioranze, naturalmente spostate più a sinistra. ma io vorrei dire come un Governo di centrosinistra può diventare un Governo di lungo termine e di vasto respiro. onorevole presidente del Consiglio , a me pare che la crisi del centrosinistra non sia mai stata una crisi di schieramento. e diventata una crisi di schieramento in ragione della insodisfazione che la sua azione politica ha determinato nelle forze che lo componevano. la verità è che il centrosinistra non si è mai dato una strategia di fondo. ed è questa la ragione profonda della sua crisi. esso ha finito con l' obbedire a spinte particolari e con l' obbedire anche al cumulo che il partito comunista e l' opposizione di estrema sinistra hanno potuto fare di queste spinte. noi, del centrosinistra non abbiamo fatto valere la nostra strategia di fondo, ma abbiamo subito il contingente o l' arte di utilizzare il contingente, che è anche questa un' arte politica. sicché il punto di svolta della politica di centrosinistra non sta evidentemente nel discutere degli schieramenti, ma sta nel darci questa strategia di fondo; senza di che, a nostro giudizio, ogni discorso sui rapporti fra congiuntura e struttura, fra breve termine e lungo termine, diventa un discorso astratto e che non porterà mai a nulla di concreto. è una vecchia posizione critica — se volete, autocritica — del partito repubblicano italiano, che, anche questa, ha ormai note di quasi assoluta monotonia. ma volete, onorevoli colleghi , che, essendo (e ce lo riconoscerete) noi il partito storico della battaglia regionale, non ci accorgiamo che andiamo alla costituzione delle regioni nel più sprovveduto dei modi? volete che non ci accorgiamo che la condizione economica, e soprattutto quella finanziaria che ho cercato di mettere in rilievo ci mette in gravi preoccupazioni? volete che non ci accorgiamo che il passaggio da una politica del contingente, del subire i contraccolpi di quella che il collega Mancini stamattina chiamava la politica del populismo (uno scrittore politico ha introdotto questo tema che tutti stiamo utilizzando), volete che non ci accorgiamo che questo passaggio non è ancora avvenuto, e deve avvenire, e a questo sono legate le possibilità di durata del Governo di centrosinistra, una prospettiva di lungo termine e di vasto respiro? onorevoli colleghi , stamattina sentivo il collega Mancini parlare delle spinte della società. e anche questa è diventata una affermazione comune a tutti noi: le spinte della società. ma chi non si accorge che nella nostra società ci sono enormi spinte, un enorme stato di disagio? tuttavia, il compito delle forze politiche non è di registrare le spinte o di subirle, ma di comporle in un quadro coerente, di sapere concepire una strategia di fondo su cui queste spinte possano essere collocate. che cosa vuol dire registrare le spinte? registriamo le spinte; e poi? forse la spinta a volere una scuola moderna è compatibile con lo sviluppo del consumismo individuale? forse la spinta alla redenzione del Mezzogiorno è sempre compatibile con lo sviluppo tecnologico ad oltranza? forse la spinta a volere maggiore occupazione consente una spinta rivendicazionistica portata al massimo? eppure queste spinte ci sono. ma in quale quadro sono state mai composte? il collega Amendola anche questa volta è stato magnifico nel registrare tutte le spinte della società, tutti i moti che ci saranno e ci sono. ma a darci il quadro della composizione di queste spinte in una politica coerente, sia pure alternativa a quella che noi da anni proponiamo, egli non si sforza minimamente. ho sempre detto che ormai alle forze politiche italiane occorre il calcolatore elettronico per stabilire qual è il rapporto tra rivendicazioni particolari e riforme, tra consumismo individuale e consumismo sociale, tra, per esempio, una riforma tributaria in esenzione e l' accrescimento degli investimenti sociali. a questo punto probabilmente un calcolatore elettronico ci risolverebbe i problemi meglio di quanto non riescano a farlo i nostri discorsi politici. come si possono comporre le varie spinte che sono in atto nella nostra società e che diventano sempre più gravi perché sempre di più noi rendiamo contraddittoria la nostra società? noi accompagniamo, senza dominarle, queste spinte contraddittorie e quindi aggraviamo le condizioni della nostra società. per cui la ragione del nostro continuo richiamo è la ragione di un certo quale nostro pessimismo: come si compongono le spinte contraddittorie della società e in quale quadro organico? per esempio, sono stati i repubblicani per primi che hanno chiesto — e lo possiamo rivendicare, onorevoli colleghi — ai sindacati operai di partecipare alla programmazione attivamente. non abbiamo mai pensato che la programmazione potesse essere fatta da professori, sia pure illustri. e quando nel 1962 abbiamo costituito la prima Commissione di programmazione, abbiamo chiamato i sindacati operai a parteciparvi, anche se poi i sindacati operai sono spariti. sentivamo la necessità di presenza dei sindacati operai, ma questa chiamata sta avendo una interpretazione degenerativa. i sindacati operai adesso dicono: rivendicazioni più riforme. se fosse possibile, nessuno più di me sarebbe favorevole alle rivendicazioni più le riforme. ma è possibile, e fino a qual punto, conciliare le rivendicazioni con le riforme? che cosa può andare alle rivendicazioni e che cosa deve andare alle riforme? qual è il rapporto fondamentale, in una società moderna, tra consumismo individuale e consumismo collettivo? anche questi sono problemi di rapporti, oserei dire di rapporti quantitativi, che bisogna un giorno o l' altro esaminare. quando leggo che i sindacati operai si accingono a fare scioperi per le riforme, capisco lo spirito che li muove, ma non bastano gli scioperi per ottenere le riforme. con gli scioperi si può ottenere qualcosa nel campo delle rivendicazioni, ma il rapporto tra riforma e rivendicazione si deve risolvere al tavolo della programmazione. non basta lo sciopero. esso può aggravare la crisi. una delle proposte fondamentali che da anni noi portiamo in Parlamento, quella di chiamare i sindacati operai a partecipare alla programmazione, subisce già una degenerazione, come concetto che deve guidare l' azione economica e sociale in un paese moderno. ma c' è un altro problema, onorevoli colleghi , su cui dobbiamo essere chiari. l' onorevole Amendola ha citato le differenze di reddito in atto nel nostro paese, l' esistenza della rendita, dell' interesse, del capitale, del profitto, le posizioni burocratiche di privilegio. noi siamo d' accordo da anni nel dire che tutte queste situazioni vanno colpite. ma questo è un problema qualitativo, non quantitativo: è un aspetto che riguarda il fondamento morale della vita democratica . il mondo moderno si regge sul rapporto tra consumi e investimenti, tra consumi individuali e consumi sociali collettivi e infrastrutture, con riguardo alle grandi masse. la civiltà di massa pone problemi di massa. deve rompere le posizioni di privilegio, di rendita, le posizioni di sfruttamento, tutto quello che volete; ma in un rapporto qualitativo, non quantitativo. e cioè valido così nelle società collettivizzate, nella società socialista dell' est, come per il nostro tipo di società. ho sempre detto che il progresso tecnico, scientifico, culturale della Russia sovietica , una volta che i mezzi di produzione sono stati collettivizzati, deriva dal rapporto che continuamente si instaura tra consumi attuali e consumi futuri, tra consumi individuali e consumi sociali, senza di che non si spiegherebbe perché la condizione della classe operaia , almeno dal punto di vista del consumo individuale, non sia, nei paesi socialisti, così allegra. si tratta di un rapporto che sta alla base delle società moderne. noi abbiamo creato il feticcio secondo cui il privilegio risolve tutto... ringrazio l' onorevole Pajetta per la sua interruzione. onorevoli colleghi , è vero che esiste il problema della casa come esiste il problema della scuola, come esiste il problema dei mezzi pubblici di trasporto, come esistono tanti altri problemi. di fronte a tutti questi problemi quale è la scelta alternativa che noi facciamo rispetto ad essi? qual è il grado di priorità che stabiliamo? vorrei dire una cosa che potrà forse sorprendere taluni colleghi. dal punto di vista del rapporto tra consumismo individuale, che nelle società moderne è consumismo di massa, e infrastrutture civili e sociali, noi stiamo entrando in una situazione profondamente contraddittoria. diciamo che siamo alle soglie di una civiltà industriale moderna, ed è vero; ma comincia ad essere vero dal punto di vista del consumismo individuale. badate, onorevoli colleghi , dal punto di vista delle infrastrutture civili e sociali — rapporto tra consumo individuale e scuola, casa, previdenza — noi ci stiamo ricollocando fra i paesi arretrati del mondo. quella che era la contraddizione iniziale nord sud , industria-agricoltura, sta diventando la contraddizione tra una società industriale moderna come consumismo individuale e una società arretrata come infrastrutture civili, culturali e sociali. dal punto di vista del mantenimento delle strutture civili del paese noi non facciamo nemmeno le spese di manutenzione, come fa qualsiasi azienda privata; cioè noi non riusciamo neppure a mantenere il patrimonio di strutture civili e sociali che abbiamo ereditato dal passato. il rapporto tra scuola, giustizia e consumi individuali nella società agricola italiana era migliore del rapporto tra scuola, infrastrutture civili e consumi individuali esistente nella società moderna. la scuola, in quella società arretrata, era più adeguata alle esigenze dei tempi di quanto non lo sia la scuola attuale di questa cosiddetta società industriale moderna. non sommiamo i problemi; non diciamo che li possiamo risolvere tutti, che possiamo dare una spinta a tutto. questa è l' obiezione di fondo che muovo al collega Amendola e implicitamente muovo alla politica passata del centrosinistra. questo squilibrio che caratterizza lo sviluppo della nostra società ci dovrebbe preoccupare fino in fondo. ed in questo sta la deficienza del settore pubblico , deficienza su cui noi richiamiamo l' attenzione. non è possibile che il settore pubblico diventi un settore improduttivo, dal punto di vista della sua capacità di propulsione del sistema, perché questo diventa il segno dell' arretratezza vera del nostro paese. non è vero che nelle società moderne, cosiddette consumistiche, che nelle società più avanzate non si sia cercato di realizzare un rapporto armonico tra consumo individuale ed infrastrutture civili, sociali, culturali. non è vero; forse la nostra è la società più contraddittoria da questo punto di vista , ed è su questo aspetto che noi richiamiamo l' attenzione. onorevoli colleghi , quante volte noi vi abbiamo fatto l' esempio della politica del partito laburista inglese, e voi, soprattutto a sinistra, avete sghignazzato per questo richiamo! eppure noi non siamo socialisti: qui c' erano tante correnti socialiste che potevano legittimamente rivendicare la strategia di fondo di questo partito della sinistra europea. quante volte abbiamo detto: sì, perderà alle elezioni parziali , il partito laburista , però ha intuito i problemi di fondo della società inglese, e la guarirà dai suoi mali. e questa soluzione state ora intravedendo. mentre noi risolviamo i nostri problemi istituzionali ed economico-sociali in un senso che sempre più ci preoccupa, la società inglese, che da alcuni anni è in crisi, sta uscendo da questa sua crisi, e farà un salto in avanti dal punto di vista qualitativo. questo è dovuto ad un partito della sinistra europea. ma perché è stato possibile? perché lì c' è stata una strategia di fondo, si sono affrontati i problemi della compatibilità tra questa strategia di fondo e le richieste immediate, sia pure legittime, che bisogna sapere contenere, se si ha una prospettiva. se noi ubbidiamo alle spinte di ogni giorno, onorevoli colleghi , noi pregiudichiamo fondamentalmente il nostro avvenire, e cioè distruggiamo le basi che possono permettere alla nostra società di fare veramente un balzo avanti. so che una politica di cumulazione di tutti i segni della protesta, del disagio della nostra società, delle contraddizioni della nostra società, è stata fatta dall' opposizione di estrema sinistra ; e so che, ai fini della costituzione di una nuova maggioranza, questo può essere utile: direi che strumentalmente è un' arte abile. però stiamo attenti, colleghi dell' estrema sinistra , perché in questa corsa al contingente e alla protesta immediata noi compromettiamo, come ripeto, le basi vere per un avvenire sicuro della vita economica, sociale, culturale, intellettuale del nostro paese. vorrei anche porre il problema del passaggio da questa maggioranza di centrosinistra alla nuova maggioranza. quest' ultima avrà forse interesse a ereditare il disordine delle nostre istituzioni, la incompiuta considerazione del problema regionale dal punto di vista della sua compatibilità con tutte le strutture esistenti? quale vantaggio potrà trarre da una situazione economica e sociale debilitata? credo che la nostra responsabilità di forze politiche ci debba far pensare al presente e anche all' avvenire. sarebbe una distinzione strana pensare noi alle nostre cose, per poi non pensare all' avvenire. no! c' è qualcosa che appartiene a tutti: le condizioni, le strutture fondamentali attraverso cui la società italiana può avere un processo di sviluppo . se noi evolviamo verso una condizione istituzionale disordinata, irrazionale, dispendiosa, improduttiva, se noi creiamo una condizione economica e sociale di progressiva debilitazione, su che cosa si costruirà o ricostruirà? non costruirà certo il centrosinistra, ma non costruirete nemmeno voi dell' opposizione di estrema sinistra . c' è qualcosa che, secondo me, bisogna preservare, proprio per preservare le basi di un possibile sviluppo e progresso futuro. in questa lotta fra maggioranza che deve darsi una strategia ed opposizione che si dà alla strategia della disintegrazione della maggioranza, bisogna trovare dei limiti, altrimenti renderemmo tutti quanti un pessimo servizio al nostro paese e a quelle che sono le sue profonde esigenze. soprattutto, onorevoli colleghi , renderemmo un pessimo servizio alla classe lavoratrice , perché un sistema istituzionalmente improduttivo, un sistema economico che si va indebolendo, non è pagato, nelle sue insufficienze, dai ceti privilegiati: è pagato dalle masse popolari , prima o dopo. questa idea che gli errori della nostra strategia di riforme, di rinnovamento, di rivendicazioni siano pagati dai privilegiati, non risponde al vero. macché privilegiati! essi trovano mille modi per salvarsi. tali errori sono pagati dalla parte viva del nostro popolo, che è esposta ai rischi insiti nella occasionalità delle nostre scelte politiche. si constata che la produzione aumenta e l' occupazione diminuisce: ma abbiamo noi fatto un esame serio di tale grave problema? oggi ci dobbiamo chiedere perché con l' aumento della produzione aumenta anche la disoccupazione, quale errore di impostazione commettiamo per avere un risultato così contraddittorio. non potete attribuire questo allo spirito capitalista; lo dovete attribuire anche alle nostre scelte di politica economica , alla maniera in cui esse sono impostate. spero, onorevole presidente del Consiglio , che noi riusciamo a cambiare strada tempestivamente, prima — ripeto, ed è la nostra profonda preoccupazione — che il sistema istituzionale del nostro paese, il sistema di sviluppo economico e sociale del nostro paese, siano compromessi in maniera che non possiamo riprendere la marcia in avanti. questa preoccupazione può essere esagerata, ma deve esistere nella nostra coscienza di uomini, di maggioranza e di opposizione; non porsi questi problemi significa tradire il nostro futuro. e in ciò sta la nostra responsabilità verso i giovani. ho sentito parlare molto dei giovani. quale avvenire riusciremo ad assicurare alla nostra società se non sappiamo respingere il particolarismo appunto per disporre dei mezzi necessari ad assicurare il futuro? l' altro giorno è venuto da me il direttore dell' Istituto di fisica a dirmi che i giovani se ne vanno tutti, non essendoci un soldo per mandare avanti la ricerca scientifica . chi si occupa di questo problema? bisogna individuare i fondamenti del futuro; ma non sempre essi sono conciliabili con tutte le altre cose. bisogna vedere che cosa dobbiamo sacrificare, altrimenti la parte migliore del nostro paese, la parte che ci deve assicurare l' avvenire, non trova più respiro. possiamo e dobbiamo discutere tutti i problemi, ma in un quadro di compatibilità, non in un quadro di sommatoria generale; e soprattutto in un quadro in cui non si creino in nessun campo i privilegi, ma si sappia contenerli. non vi dice nulla il significato della nostra battaglia sull' Enel? eppure, tutto sommato, qualcuno ci ha dato ragione. una federazione sindacale che intendeva resistere è stata isolata nel mondo del lavoro . una federazione della Cisl che mi ha attaccato anche miseramente, in maniera vergognosa per un sindacato democratico, è stata isolata; e lo è stata in ragione della nostra battaglia. la nazionalizzazione dell' energia elettrica , infatti, è una delle massime realizzazioni del centrosinistra, ma anche uno dei massimi impegni. noi dobbiamo saper vedere che cosa è una riforma e come deve essere portata avanti, in uno spirito antidemagogico per eccellenza, in uno spirito che deve rompere il corporativismo. la Cgil ha riconosciuto, nella lettera di risposta, che nel sindacato operaio vi è un pericolo di corporativismo. non solleviamo quindi un falso problema; non ci mettiamo dal punto di vista dei privilegiati, ma dal punto di vista di questa concezione globale della politica di sviluppo che deve caratterizzare uno dei momenti della ricostruzione del centrosinistra e deve stabilire l' esatto dialogo, nei termini dovuti, fra la maggioranza e l' opposizione. spero che l' avvento al ministero del Bilancio del collega Giolitti serva a determinare questa svolta nelle concezioni di politica economica e sociale del nostro paese. e spero, onorevole presidente del Consiglio , che troveremo il modo di esaminare a fondo i problemi che la costituzione delle regioni ci pone dal punto di vista della compatibilità di tutte le istituzioni del nostro paese e della necessità di evitare dispendi e sovrastrutture e soprattutto una degenerazione tipica del costume italiano, che è quella di mettere il clientelismo, il parassitismo, la facile spesa pubblica , dove invece è necessario pensare ai bisogni e alle esigenze vere del nostro paese. con ciò avrei finito, onorevoli colleghi . di recente però abbiamo ritenuto di porre un terzo problema. ci scusiamo per questa acuta sensibilità che forse, avendo noi l' inconveniente di essere un partito di minoranza, ci porta a distaccarci... di estrema minoranza. non voteremo contro perché non ci vogliamo confondere con voi. ognuno fa le sue scelte. onorevoli colleghi , noi abbiamo fatto un rilievo. è inutile nascondersi che la crisi che ci ha travagliato in questi mesi, la nostra situazione istituzionale, economica e sociale, lo spostamento di equilibri internazionali che ciascuno può constatare, hanno indebolito la posizione internazionale dell' Italia. non riconoscere questo mi sembra voler chiudere ancora una volta gli occhi sulla realtà. abbiamo ritenuto di sollevare questo terzo problema nei confronti di tutti: c' è un indebolimento che ci deve far riflettere. ma questo nostro ammonimento si è prestato ad una speculazione. Mancini dice che abbiamo dato ragione a lui; Ferri ci ha messo sul rogo. il collega Ferri ci ha detto che egli conosceva Togliatti, ed io no. è curioso che egli ci abbia accusato di non saper valutare la realtà. ma noi l' abbiamo tanto valutata che non abbiamo avuto bisogno di scissioni, di ricostituzioni e di nuove scissioni per conoscere la realtà. crediamo di conoscerla e di saperla valutare. abbiamo sollevato un problema, non abbiamo fatto né aperture né chiusure. ed è stato nostro dovere quello di sollevarlo nei confronti di tutti. d' altra parte, devo dire al collega Ferri che non credo di dover accettare la teoria secondo cui l' onorevole Togliatti avrebbe preso la posizione che ha preso per paura fisica. non mi pare che questa sia una spiegazione. ho dato un' interpretazione per sollevare un problema, evidentemente politico. non si può rispondere quindi con mistificazioni, con alterazioni, con deformazioni, con l' acquisire una posizione X o Y di fronte al problema da noi sollevato. il problema della posizione odierna dell' Italia, dal punto di vista internazionale, è obiettivamente valido. né si può rispondere con frasi convenzionali, con il riecheggiare argomentazioni passate. naturalmente, quando dai problemi istituzionali, da quelli economici e sociali si passa alla considerazione della posizione internazionale del nostro paese, il giudizio deve essere enormemente più riflessivo. corriamo altrimenti il rischio di mettere in forse valori che secondo noi devono accomunare quella che è una certa concezione della nostra maniera di essere nella società internazionale con le garanzie di indipendenza e di libertà che essa comporta e che devono accomunare tutti. ciascuno sceglierà come sceglierà. la storia deciderà delle nostre scelte. noi abbiamo voluto sollevare questo problema e affidarlo alla meditazione. lo potremo approfondire in altre occasioni, ma — ripeto — il nostro discorso verte sui contenuti e sui problemi, che sono il fondamento di qualsiasi scelta politica. e da questo punto di vista ci scusiamo se insistiamo su temi che abbiamo sempre dibattuto.