Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
V Legislatura - Assemblea n. 20 - seduta del 29-08-1968
Politica estera
1968 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 372
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , la convocazione straordinaria del Parlamento, che avviene per la prima volta nel corso del ventennio del Parlamento repubblicano, è di per se stessa un segno del grande interesse che il popolo del nostro paese e i suoi rappresentanti hanno per gli avvenimenti cecoslovacchi ed è nel medesimo tempo un segno dei profondi legami di amicizia che uniscono il nostro popolo al popolo cecoslovacco . designato ad aprire il dibattito per incarico del gruppo parlamentare socialista, io non saprei, signor presidente , come meglio collocarmi al livello dei sentimenti che animano la nostra Assemblea e il nostro popolo se non leggendo la deliberazione votata avanti ieri dall' assemblea nazionale cecoslovacca riunita nella sua sede, mentre a poche centinaia di metri si stendeva il cordone dei carri armati sovietici. ecco il testo della risoluzione così come è stato trasmesso da radio Praga: l' assemblea nazionale considera l' occupazione della Repubblica cecoslovacca da parte delle forze armate del Patto di Varsavia illegale, contraria ai trattati internazionali, alla Carta delle Nazioni Unite , al Patto di Varsavia . l' assemblea nazionale ringrazia il presidente della Repubblica ed i rappresentanti del governo cecoslovacco, del partito comunista , del Fronte nazionale , per l' azione svolta durante i negoziati di Mosca ed apprezza il loro sforzo per porre fine allo stato anormale in cui si trova il paese. « l' assemblea dichiara inoltre di essere convinta che l' esercito cecoslovacco è in grado di sorvegliare da sé le proprie frontiere occidentali. « l' assemblea nazionale è convinta che l' unico posto che può occupare la Cecoslovacchia è in seno alla comunità degli Stati socialisti » . radio Praga ha aggiunto: « l' assemblea nazionale ha invitato il Governo ad insistere in modo risoluto perché sia fissata la data del ritiro delle truppe straniere dal nostro paese e perché questa data sia fissata al più presto possibile. l' assemblea nazionale chiede di poter liberamente svolgere tutte le proprie attività costituzionali, al pari del Governo, delle autorità statali, di tutte le altre istituzioni, compresi gli organi legali di informazione. nel contempo essa chiede che tutti i cittadini che sono stati illegalmente fermati o arrestati dagli organi cecoslovacchi o stranieri dopo il 21 agosto siano liberati » . questo il testo votato dall' assemblea nazionale cecoslovacca. credo che non si potesse fare in termini più sobri e più responsabili il punto della situazione, dopo il compromesso moscovita, che questa mattina il nostro ministro degli Affari esteri definiva oscuro. la deliberazione dell' assemblea nazionale cecoslovacca chiarisce che i problemi, dopo il compromesso, sono esattamente quelli che erano prima. le truppe sovietiche e degli altri paesi del Patto di Varsavia dovranno ritirarsi dalla Cecoslovacchia. la Cecoslovacchia rivendica la piena autonomia dei poteri dello Stato per il Governo, per il partito, per il Fronte nazionale ; essa è in grado di sorvegliare da sola le proprie frontiere, quella occidentale compresa; essa non ha pensato e non pensa di ritirarsi dalla comunità degli Stati socialisti. cadono così di bel nuovo, e cadono — mi sembra — in maniera definitiva, i pretesti, le menzogne di una minaccia interna di carattere controrivoluzionario o di una minaccia della Germania federale sulla frontiera occidentale. rimane il fatto nudo e crudo di una aggressione che non trova giustificazione alcuna nel diritto delle genti e nel diritto internazionale . erano queste, onorevoli colleghi , le conclusioni alle quali noi socialisti eravamo arrivati dopo un attento esame del comunicato ufficiale del vertice sovietico-cecoslovacco conclusosi a Mosca il 27 agosto. che questa sia l' interpretazione che ne dà l' assemblea nazionale cecoslovacca rafforza la nostra convinzione e ci pone nella condizione di ribadire con maggiore forza che la situazione, dopo il cosiddetto compromesso, è esattamente quella che era prima. infatti, onorevoli colleghi , come possiamo noi interpretare la portata del cosiddetto compromesso? a nostro giudizio, esso presenta tre soli aspetti relativamente positivi: allontana nell' immediato le prospettive del bagno di sangue che incombeva sulla Cecoslovacchia; restituisce al governo legittimo di Praga alcune delle sue funzioni, ma non, ovviamente, la pienezza dei suoi diritti; subisce il ritorno di Dubcek alla testa del suo partito senza rinunciare a far pesare su di lui la minaccia di un Quisling qualsiasi, da scegliere eventualmente nella riserva dei due membri del Presidium del partito comunista cecoslovacco che si sono separati dai loro compagni. tutto il resto nel comunicato moscovita porta il segno indelebile dell' imposizione. le truppe di occupazione rimangono in Cecoslovacchia con la promessa di un loro ritiro a mano a mano che la situazione si normalizzerà, quasi ignorando che il solo fatto anormale della situazione interna della Cecoslovacchia è la presenza sul suo territorio di eserciti di invasione e di occupazione. alla Cecoslovacchia si domanda di concorrere al rafforzamento del trattato di Varsavia, cioè delle forze il cui carattere si è manifestato nell' occupazione militare di un paese a direzione comunista, il quale tentava una diversa organizzazione del potere politico sulla base della libertà di opinione e della organizzazione democratica del dissenso. nei confronti di codesto nuovo corso politico il comunicato, come contropartita di una equivoca « comprensione » sovietica, prende atto della volontà cecoslovacca (e « volontà » è un eufemismo dietro al quale possiamo facilmente indovinare quale termine bisognava adoperare) di misure immediate, non meglio specificate, che dovrebbero distruggere le conquiste democratiche degli ultimi anni. nessuna illusione, nessuna volontà di ingannare se stessi , di ingannare altrui o di ingannare il loro popolo da parte dei dirigenti cecoslovacchi. il primo comunicato del partito comunista che chiedeva al popolo disciplina, ma non rassegnazione, muoveva dalla constatazione che non tutto era perduto. il presidente della Repubblica Svoboda non ha nascosto la sua previsione che le dolorose ferite aperte dagli avvenimenti nel corpo della nazione cecoslovacca resteranno aperte ancora per molto tempo. non meno esplicito è stato il primo segretario del partito comunista Dubcek, allorché ha avvertito i suoi compatrioti che ormai i dirigenti del Governo e del partito si trovavano a dover agire nel contesto di una realtà non più dipendente dalla loro volontà e dalla loro libera scelta. il nostro, in queste condizioni, non può quindi essere che un giudizio nettamente negativo e di condanna del compromesso di Mosca. dopo il compromesso, come prima, la nostra solidarietà con il popolo cecoslovacco e con i suoi dirigenti deve esprimersi con la richiesta del ritiro delle truppe sovietiche, la cui presenza nel territorio cecoslovacco costituisce il solo fattore di anormalità della situazione interna del paese. tutto il resto è menzogna. certo, il tentativo dei dirigenti comunisti cecoslovacchi di attenersi al compromesso per affrettare lo sgombero delle truppe di occupazione e restare padroni in casa loro delinea fin da adesso il pericolo di un distacco tra li popolo ed il gruppo dirigente , che ha saputo esprimere finora in maniera piena e completa la volontà di resistenza. non possiamo, credo, che rimetterci con fiducia a questo gruppo dirigente , sostenendolo con ogni nostro mezzo morale e politico. onorevoli colleghi , il discorso a questo punto si sposta necessariamente sulla natura degli avvenimenti cecoslovacchi, senza di che tutto rimane campato in aria, compreso il « no » alla invasione, che questa volta è venuto, con alto senso di responsabilità , anche dai comunisti dell' Occidente e in primo luogo da quelli italiani, oltre che da paesi, come la Romania o come la stessa Jugoslavia, che hanno certamente da temere più di quanto non abbiamo da temere noi nell' espressione aperta e libera delle nostre critiche. gli avvenimenti cecoslovacchi ruotano attorno a quella che alla Commissione degli esteri io chiamai « eresia della libertà » , cioè alla lotta sorda di quel popolo per la libertà, la quale, onorevoli colleghi , non è proletaria né borghese, ma è soltanto umana, contro ogni forma di oppressione; ruotano attorno al tentativo, oggi comune a molti paesi e partiti comunisti, di ricercare un sistema di potere alla cui base ci sia il popolo e non gli apparati burocratici, polizieschi o militari. tale è stato nel 1967 e più decisamente ancora dal gennaio del 1968 ad oggi lo sforzo del popolo cecoslovacco e dei suoi dirigenti. dietro gli avvenimenti che hanno scosso il torpore in cui stagnava la vita pubblica cecoslovacca c' è un lento, faticoso, contrastato processo di critica sotterranea, che ha logorato non soltanto alcuni uomini, ma ha logorato anche i dogmi e i miti che sono stati nell' ultimo ventennio il tessuto del potere comunista. l' iniziativa è partita a Praga, come, del resto, in altri paesi, dell' un sistema e dell' altro, dai ceti intellettuali e dalla gioventù universitaria prima di allargarsi alle masse operaie e diventare così movimento di tutto il popolo. nel gennaio la caduta di Novotny e del suo gruppo e l' elezione di Dubcek a primo segretario del partito comunista consacrarono ufficialmente una svolta già avvenuta nella coscienza del popolo. la serie di misure dopo di allora adottate: campagna per la riabilitazione delle vittime del periodo staliniano; consacrazione ufficiale dei clubs, sorti con spontaneità giacobina — quello « dei 231 » , quello « del pensiero critico » , quello « delle nuove libertà » — ; autorizzazione agli intellettuali di pubblicare l' ebdomadario Literarni Listy ; abolizione della censura, tutto questo si è svolto come in un forum aperto a tutti i contributi, sotto la spinta delle giovani generazioni e sotto il controllo del partito comunista cecoslovacco, il quale ha avuto e ha il merito di recepire i valori ideali e politici della spinta intellettuale e popolare. è proprio contro questo nuovo corso, e non contro un pericolo controrivoluzionario, che Mosca è intervenuta col peso massiccio delle sue divisioni militari e dei suoi carri armati . non quindi un errore da far risalire a contingenze occasionali, ma una vera e propria incompatibilità, a sciogliere la quale possono intervenire soltanto le forze di rinnovamento che esistono, allo stato potenziale, in Unione Sovietica , come in Polonia, come nella Germania orientale , che hanno già occupato tragicamente la scena della storia in Ungheria, ma sono state finora o contenute o schiacciate come si è tentato di schiacciare quelle di Praga. questo è il contesto in cui l' intervento sovietico va considerato e condannato, non solo per la forma brutale che ha assunto con l' invasione, ma anche per i precedenti dell' invasione. i fatti sono quelli che sono, e la causa dei fatti è il rifiuto di Mosca di accettare un corso politico fondato sulla libertà. ora, onorevoli colleghi , risalire dai fatti alle loro cause rimane il problema e, in una certa misura, lo scoglio contro il quale urtano quei comunisti, italiani compresi, anzi in prima linea , che condannando l' intervento sovietico hanno assunto una posizione che ha positivamente pesato e pesa sul corso degli avvenimenti; ma essi non saranno completamente in regola con il « no » all' invasione, se non mettendosi in regola anche nel valutare i presupposti e gli sviluppi di una nuova concezione del potere. l' altro fondamentale aspetto del discorso da fare sui drammatici avvenimenti cecoslovacchi riguarda i fattori politici ed ideologici che a Praga avevano spianato la via ai protagonisti del nuovo corso politico. tali fattori, sono, a nostro giudizio, essenzialmente due: la distensione sul piano dei rapporti tra gli Stati e il revisionismo socialista sul piano ideologico. la fragile creatura chiamata distensione, della quale parlava stamane il ministro degli Esteri , ha certo largamente favorito il processo di sviluppo democratico all' interno del blocco comunista. ogni voce, ogni atto che abbiano concorso a liquidare la mistica dei blocchi, ogni atto di fiducia passata al di sopra dei reticolati e delle muraglie dell' isolamento degli Stati e dei popoli ha rappresentato un apporto non soltanto alla pace, ma anche allo affermarsi del movimento di rinnovamento democratico. bisogna quindi andare avanti, verso il superamento dei blocchi, concretamente operando per crearne le condizioni. ma nella realtà attuale il contrasto, più che fra i due blocchi e le posizioni di equilibrio militare da essi raggiunte, è all' interno dei blocchi stessi. ultimo, appunto, il caso della Cecoslovacchia; latente il caso della Romania, messa a rischio di dover difendere con le armi un' autonomia all' interno del sistema comunista, di cui si è avvalsa non per insidiare la altrui sicurezza, ma per garantire la propria; di nuovo aperto il caso della Jugoslavia, con conseguenze che sarebbero addirittura tragiche, per lo sconvolgimento che comporterebbero nel sistema stesso delle frontiere, su cui si regge la precaria pace europea. intendo dire con ciò, onorevoli colleghi , che progresso della distensione e progresso di una concezione civile dei rapporti umani, politici e sociali, procedono insieme. trarre perciò dagli avvenimenti cecoslovacchi la conseguenza che la politica della distensione sarebbe fallita, è il contrario della verità. da ciò la nostra appassionata richiesta al paese, al Parlamento e al Governo di dare forma sempre più concreta alla distensione. giacché il ministro degli Esteri ha parlato questa mattina del patto di non proliferazione atomica, giacché di questo patto molto probabilmente si parlerà e si discuterà nel corso del dibattito apertosi oggi, desidero dire che per il nostro gruppo è sempre valido il patto, ed è impegnativo il mandato conferito dal Parlamento al Governo per firmarlo, anche se noi pensiamo che sia prerogativa del potere esecutivo scegliere il momento della firma, in rapporto alla situazione, anche se pensiamo che non era possibile firmare lunedì scorso il patto a Mosca, sotto i riflettori della propaganda, proprio nel momento in cui in una sala vicina si svolgeva un drammatico confronto fra i rappresentanti del popolo cecoslovacco e il gruppo dirigente dell' Unione Sovietica . vogliamo quindi, onorevole ministro degli Affari esteri , che si vada avanti nella politica della distensione pur nella consapevolezza del passo indietro che l' invasione della Cecoslovacchia ha fatto fare alla fiducia, che è la base stessa di una politica di distensione. noi socialisti insistiamo anche sull' esigenza di una politica di unità europea che supplisca ai vuoti dell' attuale organizzazione dei rapporti internazionali soggetti alla nefasta influenza della Realpolitik, di quanti cioè, in mancanza d' altro, si affidano alle egemonia delle maggiori potenze atomiche e accettano come un fatto compiuto e permanente la divisione del mondo in due zone di influenza. nella crisi che oggi scuote il nostro continente, se l' Europa non troverà la via della sua unificazione politica tutto continuerà a far capo a Washington e a Mosca, oppure tutto si dissolverà nella politica degli egoismi nazionalistici, lasciando emergere soltanto le poche posizioni di potere sciovinistiche sorrette dalle armi nucleari . una parola adesso sulla influenza che sul processo di rinnovamento di ogni società (e di quella cecoslovacca della quale in particolare ci occupiamo) ha avuto un movimento di idee a cui si è dato il nome di revisionismo socialista. contro di esso hanno puntato il dito accusatore i settari e i dogmatici di ogni specie, di sinistra e di destra. in Cecoslovacchia il revisionismo ha avuto un ruolo di grande importanza. esso ha ispirato un documento che ha fatto grande sensazione: il « manifesto delle duemila parole » , che si ispira alla esigenza della partecipazione libera di tutti e di ognuno alla vita collettiva per lungo tempo monopolio degli apparati burocratici « l' apparato — vi si legge — stabiliva ciò che ognuno poteva o non poteva fare. decideva per i membri delle cooperative, per gli operai nelle fabbriche, per i cittadini nei consigli comunali . nessuna organizzazione apparteneva ai propri membri, e neppure il partito comunista apparteneva ai comunisti » . ecco: restituire le organizzazioni, i partiti, le più varie associazioni ai propri membri. restituire in senso più vasto lo Stato al popolo. dar vita ad una democrazia di popolo è ormai divenuto il concetto dominante della rinascita della vita democratica ; una esigenza che si fa strada non soltanto nei paesi a direzione comunista, ma ovunque: nelle grandi organizzazioni socialdemocratiche del nord europeo, nelle organizzazioni sindacali mondiali, nella vita associativa americana; una esigenza che vale per tutti e in particolare per noi che siamo alle prese con problemi analoghi. questa esigenza porta in sé le speranze della nuova generazione: dei giovani che in ogni paese costituiscono il lievito di una nuova vita politica e sociale, dei giovani che nelle scene epiche dell' occupazione di Praga abbiamo visto offrire il petto ignudo ai cannoni dei carri armati . no, onorevoli colleghi , non si ricacciano indietro movimenti che hanno assunto una tale dimensione e una tale passione morale. ad essi appartiene l' avvenire. ma è tempo che io concluda. lo farò richiamandomi al concetto dell' indivisibilità della pace come della libertà. ed è a questo proposito che, senza ricorrere al metodo, che oggi viene definito staliniano, dell' amalgama di fatti e concetti diversi, messi insieme per condannare una corrente di pensiero, un movimento politico o un uomo; senza ricorrere a questo metodo, ritengo pur necessario dire che al concetto della pace indivisibile come a quello della libertà indivisibile non può non corrispondere un impegno di carattere generale . non si può difendere, onorevoli colleghi , la pace in Europa se nel Vietnam non si pone fine ad una guerra che dura da anni, che ha dietro di sé un bilancio pauroso di morti e di distruzione e della quale gli USA tengono il bandolo della soluzione, loro dovendo ormai essere l' iniziativa di avviarla a conclusione, accettando la condizione o, come si dice in America, accettando il rischio di una unilaterale sospensione dei bombardamenti aerei. non si può difendere la libertà in Europa se non si preme con tutti i mezzi civili a nostra disposizione su dittature militari che, come quella instaurata in Grecia da più di un anno, hanno trovato troppa complicità nel mondo democratico europeo. tutto ciò si collega, nel bene e nel male, in una catena di responsabilità che noi non possiamo spezzare quando ci fa comodo, senza spezzare il movimento stesso per la pace e per la libertà. onorevoli colleghi , assistiamo o siamo attori — piccoli o grandi — di una crisi profonda del sistema mondiale, quale è venuto costituendosi negli ultimi venti anni. l' evoluzione civile, e democratica della, Cecoslovacchia comunista era e rimane, nonostante tutto, uno dei tanti fattori positivi di tale crisi. l' invasione di cui la Cecoslovacchia sopporta il peso è un fattore maledettamente negativo. non illudiamoci che sia facile uscire dalla crisi dell' invasione; non lasciamoci prendere, di fronte agli avvenimenti in corso , dallo scoraggiamento. appartengo ad una generazione che ha vissuto epoche più gravi delle attuali e le ha superate. supereremo quella che oggi così duramente ci colpisce. le ultime mie parole vogliono essere, come le prime, di fiducia, la fiducia che ispirai protagonisti della drammatica vicenda cecoslovacca. « sento proprio che ce la faremo » : così si è espresso con umana semplicità il presidente dell' assemblea nazionale cecoslovacca nel momento in cui rimetteva piede a Praga dopo l' arresto e i quattro giorni delle trattative di Mosca. ed io vorrei rispondere con eguale semplicità: vi auguriamo di farcela, amici cecoslovacchi. nel limite modesto delle nostre possibilità, vi aiuteremo a farcela.