Giulio ANDREOTTI - Deputato Maggioranza
V Legislatura - Assemblea n. 186 - seduta del 22-10-1969
Sulla politica estera
1969 - Governo II Rumor - Legislatura n. 5 - Seduta n. 186
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , credo di poter iniziare questa per altro breve dichiarazione di voto ringraziando — cosa che del resto ha già fatto stamane l' onorevole Vedovato, del nostro gruppo parlamentare , ma in un' Aula meno affollata di quanto sia questa sera — il ministro degli Esteri per la notevolissima attività da lui svolta in questi ultimi mesi, e per avercene riferito qui, certamente in maniera sintetica — non era possibile del resto fare diversamente — ma con una logica e con una compiutezza che ha consentito agli oratori che sono intervenuti nel dibattito di disporre degli elementi necessari per fare delle osservazioni tutt' altro che generiche e certamente non inutili. nell' esposizione del ministro e negli interventi degli oratori di tutti i gruppi, mi pare che siano state evidenziate due caratteristiche importanti. una è quella della continuità della nostra politica estera , fattore essenziale per la serietà di un paese, e non solo a breve termine ; il corpo diplomatico accreditato a Roma ha trovato difficoltà suppletive nello svolgimento dei suoi compiti, per il fatto che negli ultimi dodici mesi ben tre ministri si sono succeduti al dicastero degli Esteri: tuttavia detta continuità nella nostra politica estera ha indubbiamente alleviato tali difficoltà. questa continuità, inoltre, e mi sembra che si tratti di un fatto molto importante, ha consentito e consente lo svilupparsi di un' azione diplomatica italiana, che senza sottovalutare né sopravalutare le possibilità e la posizione del nostro paese, credo che si avvalga del prestigio che le deriva dalla sua coerenza. questa politica merita quindi il nostro appoggio. l' altra caratteristica che è emersa dal dibattito si sostanzia nel consenso che la nostra politica estera , di cui ha qui fatto un quadro l' onorevole Moro nelle sue dichiarazioni di ieri e nella replica di oggi, ha trovato nella Assemblea. a tale linea politica hanno espresso la loro adesione non solo la maggioranza governativa , non solo il gruppo repubblicano, che pure si astenne nel voto di fiducia al Governo, mentre ora ha dichiarato che voterà l' ordine del giorno che approva le dichiarazioni del ministro degli Esteri , ma anche il gruppo liberale. credo che questo fatto possa e debba essere considerato positivamente. dirò di più. su alcuni temi particolari vi è stato un consenso anche da parte di altri gruppi politici di questa Camera. ad esempio, con riferimento alla scadenza più prossima, cioè al cosiddetto vertice europeo dell' Aja, che si terrà nel prossimo mese di novembre, credo che i rappresentanti del nostro Governo possano in tale sede intervenire, a nome del nostro paese, forti del consenso della larghissima maggioranza di questa Assemblea; e potranno intervenirvi per portare avanti quella linea di sincero perseguimento dei mezzi per rimuovere gli ostacoli all' allargamento della Comunità Europea , tenendo presente che il rafforzamento della Comunità stessa, rispetto alla struttura attuale è, insieme, un preliminare e un complemento di detto allargamento. non dobbiamo dimenticare che, qualora si perdesse troppo tempo per giungere ad una base meno vaga di consenso a questo allargamento, si potrebbe correre il rischio di continuare ad assistere ad un processo di progressivo deperimento, nella opinione politica inglese, dell' interesse di entrare a far parte della Comunità. non a caso nell' ultimo congresso del partito conservatore inglese, che si è concluso il 9 ottobre, si è avuto modo di constatare che detto partito non è più compatto su tale argomento; infatti vi sono stati alcune centinaia di voti contrari al documento che riconosceva la coesistenza di un interesse inglese con il permanere della politica favorevole all' allargamento della Comunità Europea . certamente questa nostra preoccupazione non si riferisce solo all' attività del ministero degli affari esteri . se vogliamo essere coerenti, dobbiamo fare in modo che in tutta la nostra attività legislativa e amministrativa si abbia — nella struttura dei nostri apparati e, ancora prima, nella forma mentis , nel nostro modo di porre e di sentire i nostri diversi problemi — sempre maggiore coscienza, o forse, dovremmo dire, sempre meno incoscienza della realtà anche giuridica di questa Comunità Europea . se questo non fosse, noi veramente ci troveremmo di fronte ad una sfasatura, che già ha fatto segnare delle pagine non brillanti al nostro paese, a cui spetta il primato delle contestazioni per quanto riguarda il contenzioso europeo. siamo gratissimi ai colleghi del Parlamento europeo che, come ieri ha detto l' onorevole Cantalupo, dimenticando le loro posizioni di parte, fanno sempre o quasi sempre fronte comune per cercare di dare delle spiegazioni sufficienti ai motivi del ritardo. certamente però non basta, anche a breve scadenza, questa attività di attutimento delle conseguenze. occorre allora che si sia coerenti nei confronti dell' europeismo, anche con delle autolimitazioni, dei coordinamenti pratici di tutta l' attività del nostro apparato, ripeto, legislativo e amministrativo. negli ultimi tempi alcune trattative concluse da paesi partners non sono state conformi a questa linea di coerente ricerca di un rafforzamento e di un ampliamento della Comunità Europea . quanto diceva poco fa l' onorevole Franchi circa lo sviluppo del piano per la centrifuga nucleare, piano che è stato varato al di fuori della Comunità e anche al di fuori dell' ENAL, costituisce un fatto grave, perché ciò è avvenuto proprio mentre si cerca di superare la crisi dell' ENAL. credo però che questo fatto, anche se grave, non possa assumersi come sintomatico di tutta la situazione; e comunque le difficoltà non possono costituire un motivo per ridurre i nostri sforzi per l' allargamento della Comunità, anzi devono costituire un incentivo per intensificarli. vorrei a questo punto brevissimamente riprendere un tema che ieri l' onorevole Nenni ha sviluppato, quando ha parlato della necessità di offrire a tutta l' opinione pubblica del nostro paese, e in particolare ai giovani, un mezzo che valga ad attrarla e ad interessarla alla cosa pubblica attraverso un maggiore accostamento ai grandi temi della politica estera . noi riteniamo che per l' educazione democratica di un paese sia essenziale che l' opinione pubblica si avvicini a questi temi, interessandosi di essi, certamente, non con una uniformità che prescinda dai diversi angoli visuali che per ragioni politiche o per ragioni di partenza sono inevitabili, ma con un desiderio di superamento, almeno per alcuni di questi temi, di tutto ciò che non è strettamente necessario mantenere diviso: ciò indubbiamente gioverà alla formazione — in senso vero e non in senso limitativo — di una coscienza democratica nazionale. e sotto questo aspetto dovremo tutti fare uno sforzo per ridurre quella che è l' intensità della carica polemica che su alcuni temi viene manifestata. quando ad esempio si parla della NATO bisogna tener conto del fatto che i problemi di oggi non sono i problemi di venti anni fa. la realtà esterna alla comunità atlantica è una realtà che ha subìto una serie di trasformazioni; la stessa dottrina militare fondamentale che ha contraddistinto per un non breve periodo l' alleanza — cioè la dottrina secondo la quale la sicurezza risiede nel deterrente a risposta globale — , che è stata soppiantata poi dalla dottrina della « risposta flessibile » , anche se creò un turbamento di carattere politico rappresentava però oggettivamente, bisogna riconoscerlo, un modo per rafforzare questa sicurezza, perché quando l' alternativa è tra lo scatenamento globale di un conflitto e niente, è molto facile che si scelga questa seconda via. quando invece vi è una scala di possibili ritorsioni difensive, credo che questo rappresenti un rafforzamento del sistema. però non è possibile — io credo — guardare a queste trasformazioni, a questi sostanziali miglioramenti cercando di coglierne soltanto i lati vantaggiosi e rifiutandosi di assumere gli oneri che ne conseguono. a questo proposito, e sotto un profilo più strettamente politico, io credo che pur essendo questa discussione limitata nei suoi temi, noi possiamo constatare con fierezza la validità della risposta che fu data da De Gasperi alle critiche che vennero mosse all' atto dell' adesione dell' Italia al patto atlantico ; a tali critiche, che anche oggi vengono mosse, noi possiamo dare la stessa risposta che fu data da De Gasperi , con la differenza che si tratta ora di una risposta che trova supporto in una sperimentazione durata venti anni. si tratta di una risposta che possiamo dare a testa alta a coloro che nel passato hanno voluto dar vita a una polemica che noi reputavamo e che era ingiusta. mi riferisco alla critica iniziale secondo la quale la nostra adesione alla Alleanza Atlantica avrebbe impedito all' Italia di condurre una politica estera autonoma nei confronti dei paesi terzi. e mi riferisco anche alla critica analoga secondo la quale detta adesione avrebbe costituito una remora allo sviluppo del nostro commercio estero con i paesi terzi. io credo che quanto è stato qui detto circa il viaggio del presidente Saragat a Belgrado possa valere quale testimonianza — non è certo la sola, ma è una delle più caratteristiche — della possibilità che l' Italia ha avuto di sviluppare una politica di distensione con un paese vicino. io credo che una classe politica non debba lavorare per impedire un miglioramento nelle relazioni tra i popoli, magari motivando questo atteggiamento con i torti subiti in passato (a parte il fatto che il capitolo dei torti è sempre difficile a scriversi con serenità), ma debba soprattutto operare per rasserenare i rapporti con tutti i vicini. è facile parlare di pace e di buoni rapporti con paesi lontani, con i quali è difficile che vi siano contrasti di interesse; è meno agevole, e pure necessario, operare per il miglioramento delle relazioni con i paesi confinanti, anche perché dobbiamo sentire il peso delle nostre responsabilità nei confronti delle popolazioni di frontiera, che da uno stato di tensione nei rapporti internazionali traggono motivo di turbamento della loro vita ordinaria. in questo spirito noi affronteremo pubblicamente di qui a non molto, con grande senso di responsabilità , anche la discussione sui problemi dell' Alto Adige . per quanto riguarda i nostri rapporti commerciali con i paesi dell'est , abbiamo assistito ieri mattina ad una schermaglia tra l' onorevole Luzzatto e il nostro ministro degli Esteri sul tema specifico degli scambi tra l' Italia e Germania orientale . ora io credo che si possa affermare (si tratta del resto di una constatazione inoppugnabile) che là libertà di azione necessaria per lo sviluppo dell' economia italiana e anche per il rasserenamento della nostra politica estera non è stata affatto limitata dalla nostra adesione al patto atlantico , tanto è vero che il volume degli scambi commerciali, in esportazione e in importazione, fra l' Italia e i paesi dell'est europeo è in percentuale il più elevato nell' ambito dei sei paesi della comunità . abbiamo sentito dire ieri dalla onorevole Iotti, e ripetere oggi dall' onorevole Gian Carlo Pajetta, che i comunisti non condividono (del resto era un giudizio piuttosto scontato) la precisa valutazione che il ministro degli Esteri ha dato della opportunità della permanenza dell' Italia nel patto atlantico al fine della salvaguardia della sua sicurezza, allorché egli ha dichiarato, usando un termine che non dà luogo a discussioni, che è « inconcepibile » il ritiro dell' Italia dall' Alleanza Atlantica . i colleghi comunisti hanno preferito mettere l' accento sulla diminuzione delle forze aeree canadesi di stanza in Europa e sulle manifestazioni di massa, indubbiamente significative e imponenti, che vi sono state di recente negli USA (le quali fra l' altro dimostrano certo l' esistenza di una notevole libertà di espressione in determinati tipi di convivenza politica). dobbiamo però responsabilmente richiamare l' attenzione sul fatto che — se uno stato, d' altronde comprensibile, di stanchezza dei cittadini e dei contribuenti americani dovesse portare in modo intempestivo a un disimpegno degli USA, per quanto riguarda la loro partecipazione alla difesa europea, non armonizzato con un programma generale e bilanciato di disarmo — il nostro continente sarebbe posto dinanzi ad una tragica alternativa; l' alternativa, cioè, fra il cedimento e fra l' assunzione per la difesa dell' Europa di pesi enormi che i singoli paesi del continente molto difficilmente potrebbero sopportare e che in ogni modo comprometterebbero interventi essenziali che devono essere fatti per lo sviluppo civile delle nostre popolazioni. il nostro giudizio sulla comunità atlantica e sul patto atlantico è pertanto completamente difforme da quello dato dai colleghi comunisti e poc' anzi espresso anche dall' onorevole Vecchietti, del gruppo del PSIUP, il quale ha affermato che alcuni storici americani stanno oggi rivedendo le loro posizioni e ritengono che vent' anni fa nessuna seria minaccia gravasse effettivamente sul continente europeo. io non voglio davvero comprimere la libertà degli storici in genere e di quelli statunitensi in particolare; ma proprio per avere vissuto quegli anni e il periodo successivo noi sappiamo che non è stato un modo di dire l' affermare che attraverso la comunità atlantica si difendeva la pace in Europa. ieri l' onorevole Nenni e oggi l' onorevole Orlandi hanno rivolto auspici di buon lavoro a Willy Brandt, che ha assunto ieri la Cancelleria della Repubblica Federale Tedesca . noi certamente non siamo da meno, nonostante il fatto che ovviamente non possiamo non fare alcune considerazioni su determinate alleanze e su un determinato sistema di computo elettorale; non siamo da meno degli altri nell' auspicare, con pari convinzioni, il successo della politica di Willy Brandt, che per noi rimane sempre la personalità che per lungo tempo, da borgomastro principale di Berlino ovest, ha impersonato lo spirito migliore dell' Alleanza Atlantica , difendendo questo avamposto della libertà e della civiltà occidentale, che certamente non era messo in crisi dagli storici americani, ma dal potenziale offensivo, nucleare e convenzionale del Patto di Varsavia . desidero fare ancora due osservazioni, onorevoli colleghi . la prima riguarda un tema che ha attirato l' attenzione di molti di voi: cioè i fatti di Cecoslovacchia. a me pare che possa esser detto qui, a complemento del ricordo mesto che è stato fatto dell' obbligo di un cambiamento radicale di posizione imposto a quella Assemblea parlamentare , che negli ultimi mesi si è verificato un fatto di eccezionale gravità. in Cecoslovacchia alla riapertura dell' anno scolastico ciascun rettore, ciascuno studente e ciascun professore si è trovato soggetto ad una vera e propria epurazione, stante l' obbligo di delazione retroattiva riguardante tutto ciò che essi avessero detto e fatto negli ultimi due anni; ciò ha riguardato professori, studenti e persino gli impiegati delle università e delle scuole. ciò suscita in me un senso di ribellione che vorrei esprimere non con parole mie, ma con le parole di una fonte accreditata presso una parte di questa Camera: il comunista francese Aragon ha detto, denunciando pubblicamente questo fatto terribile, che si tratta di un atto peggiore delle operazioni militari dell' agosto. se ella è d' accordo, onorevole Gian Carlo Pajetta, avrebbe fatto bene a citare lei Aragon: mi avrebbe risparmiato una fatica. un' ultima osservazione. il ministro degli Esteri ha parlato di quanto è avvenuto in Libia. io non intendo ora riprendere gli argomenti di carattere militare, per altro importanti, trattati dall' onorevole De Lorenzo , che richiederebbero una discussione ad hoc su tutta la situazione del Mediterraneo; vorrei però limitarmi a fare la seguente osservazione, che si riferisce alla Libia, ma ancora di più alla Somalia. vede, onorevole Gian Carlo Pajetta, ella prima ha citato il Sudan, la Libia, la Somalia, esprimendo la sua approvazione per quanto in tali paesi è avvenuto. ella ha detto che i governi militari che hanno assunto, senza elezioni, il potere in quei paesi stanno facendo un determinato tipo di politica. mi sia consentito dire che in questo caso veramente si appalesa il nostro profondo dissenso. io non so, anche perché le notizie risalgono a poche ora fa, come siamo orientati o quale politica intendano attuare i militari che hanno assunto il potere con il colpo di stato in Somalia (tra l' altro, dopo l' assassinio del presidente di quella repubblica). ma dirò che ciò non mi interessa. anche se attuassero la politica più filoitaliana, la politica più filooccidentale che possa concepirsi, io credo che noi non potremmo non esprimere un giudizio negativo, e ciò sotto un duplice punto di vista . eravamo infatti fieri come italiani che la Somalia, un paese in cui c' era stata una nostra lunga presenza e dove per dieci anni avevamo esercitato il mandato fiduciario affidatoci dall' Onu, fosse uno tra i pochi paesi africani in cui esistevano non soltanto un Governo democratico di civili, anziché un governo militare, ma anche il pluralismo politico. eravamo fieri dell' insegnamento da noi impartito, che ci sembrava fosse una fiaccola di orientamento verso uno sbocco della situazione politica del continente africano. ma dirò di più: che non possiamo considerare positivo il fatto che nel continente africano in poco tempo vi siano stati dodici colpi di Stato di militari con riuscita assunzione di potere. non riteniamo che questa non sia una strada valida né per il continente africano né per altri continenti e vogliamo proprio in questo essere coerenti con le nostre impostazioni. altrimenti, se noi scivoliamo verso una politica di opportunismo e di particolarismi, credo che quella finalità educativa che noi ci proponiamo, specialmente nei confronti dei giovani, attraverso la politica estera venga a cadere ancora prima che si cominci a perseguirla. onorevole ministro degli Esteri , noi daremo ovviamente — l' ordine del giorno è stato presentato dall' onorevole Giolitti, dall' onorevole Orlandi e da me — voto favorevole. ma mi consenta per un attimo di richiamare la sua attenzione sulla situazione del personale del suo dicastero, anche se so che ella è sensibile alle esigenze di detto personale. abbiamo letto per le strade, e si tratta di cosa piuttosto nuova anche se comprensibile, dei manifesti dei sindacati del personale degli Esteri. questo personale che è sparso in tutto il mondo e che proprio per questo non può costituire un gruppo di pressione , lavora in una condizione di disagio: il fatto di dover lavorare all' estero, rappresenta per il personale del ministero e per i familiari una condizione di disagio, che non trova riscontro presso il personale delle altre amministrazioni statali. è pertanto necessario che il Parlamento, nel momento in cui si occupa dei problemi della politica estera , tenga conto di queste aspirazioni, che affidiamo alle sue mani e a quelle del Governo con la speranza che possano trovare il più largo accoglimento.