Luigi BERLINGUER - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 159 - seduta del 09-08-1969
1969 - Governo II Rumor - Legislatura n. 5 - Seduta n. 159
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , l' aspetto più singolare, l' aspetto addirittura sconcertante del discorso pronunciato ieri dal presidente del Consiglio , è che in esso non è stato espresso un solo giudizio politico sulla crisi dalla quale è uscito l' attuale Governo. non una parola sola è stata detta sulle origini di questa crisi; un fatto come la rottura del partito socialista è stato puramente e semplicemente ignorato; né sono state, non dico spiegate ed esaminate nelle ragioni del loro nascere e del loro esaurirsi, ma anche solo ricordate le varie fasi ed ipotesi attraverso le quali. è passata una crisi, che pure è stata da tutti riconosciuta tra le più difficili e tormentate di questo dopoguerra. tutto si è ridotto, letteralmente, all' affermazione che difficoltà obiettive, non meglio definite, non hanno consentito di risolvere in tempo più breve la vicenda, ed all' auspicio (non si sa bene su che cosa fondato, ma questo, sì, ripetuto, come una canzone che dà noia anche ai sassi) della ricostituzione di un nuovo ed organico Governo di centrosinistra. è dunque questo il modo di fare , e di discorrere di politica, che sa offrirci un presidente del Consiglio , che è anche tra i più importanti esponenti di un partito e di un gruppo dirigente , che si proclamano e si ritengono investiti della funzione di guidare democraticamente un paese così maturo come il nostro? ma poiché ella, signor presidente del Consiglio , è, per generale riconoscimento, persona cortese e paziente, io confido che non si adombrerà, se mi permetterò (lo hanno fatto, del resto, e forse lo faranno anche altri colleghi), di parlare in questa Assemblea anche un po' di politica, e se oserò finanche discorrere di ciò di cui ella non ha detto, della crisi, cioè, delle sue origini, del suo svolgersi, di qualcuno dei problemi politici che ora abbiamo davanti. partiamo dunque dai fatti, e per cominciare proprio da quella iniziativa scissionistica che alla crisi ha dato avvio. voi ben conoscete, onorevoli colleghi , l' opinione che noi abbiamo sul corto respiro del personale socialdemocratico italiano. posso solo aggiungere che la vicenda stessa che ha portato alla scissione, ed i modi in cui questa si è realizzata, ci hanno confermato che la qualità di tale personale non riesce ad emergere per particolare spicco neppure dal punto di vista della pura e semplice destrezza ed abilità politica. ma voi sapete anche, onorevoli colleghi , che queste nostre opinioni non ci hanno impedito di attribuire l' importanza dovuta all' operazione politica che i socialdemocratici hanno compiuto. noi abbiamo fin dall' inizio considerato la scissione non solo come lo sbocco probabilmente inevitabile di un travaglio vissuto dal partito socialista e di un' aspra lotta svoltasi nel suo seno, ma come un tentativo di mutare piuttosto profondamente tutto il quadro politico per creare le condizioni di una situazione politica nuova. la mossa di fronte a cui ci siamo trovati non ha avuto, perciò, un carattere meramente tattico — rivolto cioè ad ottenere qualche risultato più o meno consistente solo per la parte che l' ha compiuta ma si è inserita, se non ancora in un disegno organico, in un movimento complesso che vede convergere, almeno oggettivamente verso una direzione abbastanza determinata, forze assai diverse. come tale, questa iniziativa poneva e pone problemi nuovi a tutte le forze politiche e specialmente a quelle forze che hanno finora collaborato, in posizione di Governo, con il partito socialdemocratico . non mi pare, come dimostra lo sviluppo stesso della crisi di Governo , che queste forze siano riuscite ad elaborare finora una risposta adeguata, non di semplice contingenza, alla mossa socialdemocratica. questa osservazione vale innanzitutto per lo stesso partito socialista , che se ha reagito alla scissione socialdemocratica in modo energico e combattivo, se ne ha intuito ed enunciato il suo generale significato conservatore, solo nella sua ala di sinistra sembra abbia cominciato a porsi, con il dovuto respiro, il problema di rispondere all' iniziativa socialdemocratica con una strategia nuova e con la ricerca di una nuova collocazione politica. in quanto alla Democrazia Cristiana , il suo atteggiamento è risultato non solo profondamente contraddittorio, ma, in alcuni momenti, persino poco comprensibile. vi è stato un curioso e confuso alternarsi ed accavallarsi di manifestazioni di ostentata sicurezza, e persino di arroganza, con altre che chiaramente lasciavano trapelare profonde preoccupazioni e timori. è rimasto del tutto aperto l' interrogativo circa il modo con cui la Democrazia Cristiana intende rispondere ai problemi che l' iniziativa socialdemocratica ha posto ad essa 1 e a tutto il paese. se dovessimo giudicare dalle posizioni assunte dai dirigenti democristiani nel corso della crisi, sembrerebbe che per tutta la sua prima fase la Democrazia Cristiana si è illusa, oppure ha fatto finta di credere, che tutto potesse tornare, almeno sul piano governativo, al punto di prima e che, per raggiungere questo risultato, fosse sufficiente elaborare una formuletta, per altro rimasta tuttora misteriosa, sui rapporti con il partito comunista , la quale potesse dare una qualche sodisfazione agli scissionisti socialdemocratici senza scontentare i socialisti. dinnanzi al paese — un paese che giudica — è risultato pertanto che la Democrazia Cristiana ha cercato solo di eludere con puri giochi di parole un problema che è di sostanza. forse i dirigenti democristiani non hanno avvertito quanto di grottesco era contenuto in questo tentativo di riuscire laddove era fallito, nel lungo e travagliato periodo precedente alla scissione, ogni sforzo di mediazione condotto dall' interno del partito socialista . sta di fatto comunque — ed è bene che così sia stato — che il tentativo di dar vita ad un Governo tripartito non è riuscito, e non poteva riuscire. se questo fosse avvenuto ci saremmo trovati di fronte, oltre tutto, ad un vero pasticcio, ad un fattore di ulteriore confusione per tutta la nostra vita politica. ma il fatto davvero singolare ed incredibile è che il presidente del Consiglio abbia ieri saputo proporre come sola ipotesi (e da realizzare, come egli ha detto, al più presto possibile) quella stessa soluzione che è appena andata in frantumi. questo fatto conferma che i dirigenti democristiani si rifiutano ancora di considerare e di trattare in modo serio i problemi che l' iniziativa socialdemocratica ha sollevato. per quanto ci riguarda, l' opinione nostra è che per comprendere bene il significato che a questa iniziativa deve essere attribuito dobbiamo cercare di esaminare con attenzione il quadro politico generale nel quale essa si è collocata. non credo possa essere contestato che tale quadro è profondamente diverso da quello in cui ebbe luogo la scissione del 1947. allora come oggi si trattò di una iniziativa di chiaro carattere conservatore, antioperaio, di un servizio reso alle classi dirigenti borghesi a conferma del ruolo e della natura che la socialdemocrazia ha assunto e mantiene nel nostro paese. nel 1947 tuttavia la scissione del partito socialista si collocò in un quadro generale, nel quale, pur tra notevoli contraddizioni, era già in atto un riflusso della grande ondata di rinnovamento scaturita dalla vittoria sul fascismo e dalla conquista di un regime democratico. la scissione si presentò come uno degli atti necessari per permettere ai gruppi dominanti della società e al partito democristiano di andare avanti su quella strada che noi chiamammo allora « di restaurazione capitalistica » . essa ebbe soprattutto lo scopo, che in una misura sia pure parziale fu raggiunto, di rompere quella unità del movimento operaio che era stata uno dei risultati più importanti della lotta antifascista. ma qual è il quadro che oggi è avanti a noi? nessuno dei colleghi, credo, — anche di parte più lontana dalla nostra — può contestare che il movimento operaio e popolare del nostro paese è entrato e si trova in una fase che non è di riflusso ma di avanzata. in queste condizioni la nuova scissione socialdemocratica si presenta essenzialmente come tentativo di bloccare una più generale spinta di rinnovamento, spinta che ha il suo asse in una progrediente e solida unità operaia e che aveva già cominciato a mettere in luce, almeno in prospettiva, la reale possibilità di una svolta politica. vero che non si era verificato nessun mutamento consistente negli indirizzi fondamentali della politica nazionale. al vertice della direzione politica continuava anzi quel processo di involuzione e insieme di logoramento della politica di centrosinistra, che è in atto come fatto ormai inarrestabile da alcuni anni a, questa parte. la spinta e l' esigenza di mutamenti profondi e di nuovi indirizzi politici, che venivano e vengono dai grandi movimenti delle classi lavoratrici e da altri processi sociali, avevano cominciato però ad incidere nel vivo dei rapporti e degli schieramenti politici, alla base e ai vertici dei partiti stessi della maggioranza. se ne erano avuti segni evidenti nella vita stessa del nostro Parlamento: esemplare e non unico era stato, in questo senso, l' episodio delle pensioni. la nostra avanzata e quella del partito socialista di unità proletaria e di tutta l' opposizione di sinistra nelle elezioni del 1968 e i poderosi, ripetuti, scioperi proclamati dalle organizzazioni sindacali avevano imposto al Governo la presentazione di una legge che già modificava profondamente quella approvata da tutti i gruppi della maggioranza meno di un anno prima. non meno significativo era stato poi il fatto che la discussione parlamentare di questo progetto, grazie anche all' atteggiamento aperto del compianto ministro e compagno Brodolini, aveva consentito all' opposizione di sinistra di svolgere un ruolo determinante nell' ulteriore miglioramento delle proposte del Governo. questo episodio aveva pertanto dimostrato in un modo lampante sia l' efficacia della pressione della lotta delle masse lavoratrici , sia il fatto che solo con il contributo determinante del nostro partito possono essere date soluzioni positive, conformi agli interessi dei lavoratori, ai problemi più acuti della nostra società. ma è proprio per evitare che si vada avanti su questa strada, e non quindi davvero per motivi ideali del tutto inesistenti, che si sono mossi e si muovono i promotori delle campagne e delle iniziative tendenti a ricostruire gli steccati anticomunisti. l' episodio di cui ora ho parlato mi consente di giungere ad uno dei temi di fondo che emergono da tutta la crisi sociale e politica che attraversa il paese. questo tema è quello del rapporto che deve essere stabilito tra le spinte che si agitano nella società, gli istituti democratici e l' azione delle forze politiche . che cosa vi è? che cosa dobbiamo cercare di introdurre di nuovo, sia per la sostanza, sia per il metodo, nella risoluzione di questa decisiva questione? a questo proposito, vorrei prima di tutto attirare la vostra attenzione sul modo con cui tale questione viene affrontata, talvolta, dall' attuale segretario della Democrazia Cristiana , nelle cui parole sentiamo spesso, accanto al riconoscimento dell' esistenza di un vago e mai ben definito fermento sociale, l' affermazione di un' altrettanto vaga ed indefinita inadeguatezza di tutte le forze politiche . ora, tale modo di affrontare la questione non solo è astratto, ma ambiguo e, al limite, oggettivamente non democratico, per gli elementi di qualunquismo, da un lato, e di integralismo, dall' altro, che in esso sono presenti. in ogni caso, rivela una certa incapacità di analizzare e comprendere sia la società nel suo vario e concreto articolarsi, sia lo stesso ruolo che sono chiamate oggi a rivestire tutte quelle forze politiche che hanno una ispirazione democratica. sappiamo bene che non possiamo chiedere a tutti voi, onorevoli colleghi , il riconoscimento che la società italiana è una società nella quale sono presenti, al grado più acuto, tutte le contraddizioni e le lacerazioni proprie delle moderne società di classe, sebbene proprio questa sia la sostanza del problema. chi tanto parla di un fermento e di una inquietudine che investe e mette in agitazione l' intera nostra società — sono parole che ancora ieri abbiamo sentito nell' esposizione del presidente del Consiglio — dovrebbe, però, almeno riconoscere che per questo sarebbe necessaria una disposizione ad un esame serio, di fondo, dello stesso indirizzo generale che ha preso negli anni passati lo sviluppo della nostra società e delle scelte politiche e di Governo che vi hanno corrisposto. ma l' esigenza di fondo che sommuove le cose e le coscienze, l' esigenza che matura, credo si possa qui dire, storicamente, va ormai al di là degli stessi problemi di indirizzo economico e di Governo. l' esigenza è quella di una svolta, di un mutamento radicale nelle strutture e nella linea stessa di sviluppo della nostra società; è quella di costruire finalmente uno sviluppo sociale politicamente diretto ed ordinato ai fini nei quali possa riconoscersi la grande maggioranza del popolo italiano . siamo quindi o stiamo per giungere ad un nodo, siamo al punto in cui o si riesce ad imboccare e a percorrere con coraggio e con coerenza questa strada, o si presenta il rischio di un riflusso e di uno sbocco reazionario, forse persino dell' avvento di un regime apertamente autoritario. le vicende dei mesi passati e quelle stesse della crisi testimoniano che una larga parte di voi non sfugge alla coscienza di questo dilemma. ne abbiamo avvertito un segno nel giudizio dei socialisti sul significato della scissione, sul processo in cui si iscrive e che potrebbe agevolare. così come un altro segno è venuto dalla preoccupazione di una parte stessa della Democrazia Cristiana per le tentazioni e le sollecitazioni al blocco d' ordine. e ne è un segno, d' altra parte, la consapevolezza, che è nelle vostre file, del corto respiro, dell' esaurirsi irrimediabile dell' esperienza del centrosinistra, e la ricerca del dopo, delle vie di uscita di una crisi che non può essere mediata con gli espedienti e le pause dei governi di attesa, che possono solo spingere più acutamente tutta la situazione verso i termini dilemmatici di cui dicevo. non sono mancati nel dibattito politico in questi mesi e nei giorni della crisi di Governo i riferimenti ad altri momenti nodali della storia moderna del nostro paese. ciò che può valere in queste tentate analogie è il riconoscimento che ci troviamo di fronte, certo in condizioni nuove, in un quadro sociale e politico assai diverso, ad un problema che è ricorrente nella nostra vita nazionale. e non è improprio ripensare ai termini in cui la necessità di una svolta si pose e fu tentata agli inizi di questo secolo con l' operazione riformistica di Giolitti, ma più che a quel momento, alla portata e ai limiti, che erano nella visione e nel programma giolittiano ed erano nella debolezza, anzi nella inesistenza della strategia del movimento operaio , oltre che nel grado stesso di sviluppo oggettivo della società. importa forse ricordare che di fronte ad una analoga esigenza di scelta radicale noi ci trovammo all' indomani della nostra liberazione. in quel momento si giunse infatti ad un risultato di grandissima portata delineando con la Costituzione un quadro istituzionale ed un programma politico nei quali avrebbe potuto fondarsi un mutamento strutturale dell' economia e dell' organizzazione dello Stato. ma l' indirizzo politico concreto che la Democrazia Cristiana e i suoi alleati scelsero e seguirono dopo la rottura dell' unità delle forze antifasciste e popolari e nel clima della guerra fredda diede poi allo sviluppo della società ed agli ordinamenti dello Stato un fine ed una impronta di restaurazione conservatrice, non priva di tratti apertamente reazionari. ricordiamo infine che di fronte ad una analoga esigenza ci si è trovati poco prima e poi agli inizi degli anni 60 quando il fallimento della politica centrista e la sconfitta delle sue « convulsioni » autoritarie ed eversive riproposero la via delle riforme e della estensione della base popolare del potere. ma ancora una volta la scelta reale e di fondo fu elusa, nel rapido ripiegare dalle ipotesi riformiste alla pratica moderata ed alla pura cooptazione trasformistica delle forze socialiste. comporterebbe un troppo lungo discorso misurare il peso delle responsabilità delle occasioni perdute. certo è che il problema, che in momenti diversi si è posto in questo quarto di secolo e che è stato eluso, si ripresenta oggi con la forza dell' urgenza e della ineluttabilità. esso deve essere ormai positivamente risolto. ho già detto che questa coscienza del momento della prova, della scelta tra una grande svolta democratica ed il rischio di una involuzione conservatrice e dell' impegno quindi a ripensare in termini di strategia, come si dice, alla politica che occorre promuovere per far fronte alla realtà e alle spinte nuove, è presente anche in parti importanti di forze che si collocano non solo politicamente ma socialmente in campo diverso ed anche molto diverso dal nostro. noi non ignoriamo questo fatto ed anzi è anche di qui che vogliamo muovere per rendere più chiaro a tutti, ma anche a noi stessi, il nostro discorso sulla prospettiva per la quale noi comunisti intendiamo lavorare e combattere. e intanto diciamo subito che per noi è chiaro, ma io credo che cominciano a rendersene conto forse i gruppi democratici cui pure è estranea una ispirazione, una volontà rivoluzionaria, che la via da percorrere non può più essere quella del riformismo, che, del resto, non è più proponibile, almeno in un paese come l' Italia, nel quale le contraddizioni proprie alla nostra società, la forza stessa che noi abbiamo e l' orientamento politico e ideale di classe e internazionalista che ispira tutta la nostra lotta, rendono impossibile una seria operazione di inserimento e di integrazione del movimento dei lavoratori nell' assetto sociale e politico capitalistico. è possibile un' altra via? noi pensiamo che lo sia. e proprio su questa convinzione abbiamo cercato e cerchiamo di sviluppare la lotta nostra e una ricerca di pensiero che manteniamo sempre aperta. noi pensiamo che è possibile la via di un complesso di trasformazioni delle strutture economiche e sociali, che segnino un mutamento reale nei rapporti di classe, nell' esercizio e nella natura del potere. proprio in questa direzione di una estensione rapida e organica della democrazia nel campo economico e politico verso soluzioni di tipo socialista, che spingono i processi oggettivi in atto nel mondo della produzione, della scuola, dell' attività scientifica in tutto il tessuto sociale ; è in questa direzione che spingono con una maturazione di coscienza sempre più vasta delle forze sociali e politiche di lavoratori, di intellettuali, di giovani che devono coagularsi in un blocco storico destinato a fondare e costruire una nuova società. l' esigenza dunque è questa ed essa viene logicamente saldandosi a quella di una nuova collocazione internazionale del nostro paese, con una consapevolezza che è anch' essa matura del rapporto fra svolta democratica e recupero pieno dell' autonomia e della libertà di iniziativa e di azione dell' Italia. ora, voi sapete, onorevoli colleghi , che noi abbiamo sempre affermato la persuasione che questa svolta rinnovatrice può essere realizzata nel quadro della Costituzione. naturalmente, nella nostra visione questo non esclude, ma impone, la necessità, divenuta oggi vitale, che i nostri istituti democratici vengano profondamente rinnovati e collegati alle esigenze e alle forme nuove di democrazia di base, di partecipazione al potere, che scaturiscono sempre più largamente dalle esperienze e dalle lotte dei lavoratori e dei cittadini. ma c' è di più. non soltanto noi ci richiamiamo a questa funzione democratica: tutta la nostra ricerca, tutta la nostra lotta, sono ispirate alla convinzione che la via italiana verso il socialismo e la costruzione di una società socialista debba e possa essere soltanto una via democratica, una via di sviluppo conseguente di un vero e libero regime di popolo. ma quel che importa qui sottolineare è che in questo richiamo alla Costituzione (e lasciamo da parte le formule, le polemiche sui nuovi patti, sulle nuove fasi costituzionali o sui ritorni alla Costituzione, in cui è pure la confessione dell' inadempienza e il riconoscimento della necessità di una svolta); in questo richiamo, dicevo, si crea un punto di contatto che può essere ragione e base di incontro e di scontro con forze che, pur non proponendosi una prospettiva e un obiettivo socialista, avvertono tuttavia l' esigenza di un mutamento; che vogliono, di fronte ai rischi di arretramenti e di colpi reazionari, difendere il regime democratico e le sue possibilità di sviluppo. la funzione che spetta a noi comunisti e a tutte le forze socialiste conseguenti è quella non di rifiutare questi punti di contatto, ma di dare a questo processo di rinnovamento e di trasformazione democratica della società italiana la nostra impronta, il segno proprio di una grande forza operaia e popolare, mantenendo ben salda la nostra autonomia di classe e politica, il proposito e la volontà delle mete finali, degli obiettivi socialisti. onorevoli colleghi , ho parlato di un dilemma, di una scelta che è maturata e alla quale sono legati le sorti e l' avvenire del regime democratico. ma la verità è che siamo già nel pieno di questo processo, siamo già ad una delle strette politiche attraverso le quali è prevedibile che si dovrà passare per giungere a quel nuovo assetto della società e della direzione del potere politico a cui bisogna condurre il nostro paese. tutta la presente realtà sociale e politica non può essere compresa se non alla luce della maturazione di questa svolta di fondo. proprio qui, del resto, è da ricercare la ragione prima del travaglio via via più acuto e della crisi della politica di centrosinistra. ma, il punto in discussione, ormai, — per ammissione, del resto, di alcuni tra i più autorevoli promotori e protagonisti del centrosinistra — non è più la crisi, l' esaurimento palese di quella politica. si discute, ci si interroga già sulle possibilità o meno di una ripresa, sulla ulteriore validità o sulla conclusione di questa esperienza e di questa formula. ci si chiede se il precedente Governo Rumor era « l' ultima spiaggia » del centrosinistra o se altre se ne possano scoprire domani. e naturalmente l' onorevole Rumor e la Democrazia Cristiana dicono di averne raggiunta un' altra con questo monocolore sul quale si sono affrettati a piantare il cartello, anzi tanti cartelli, con su scritto « centrosinistra » . ma la verità è che il richiamo al centrosinistra sta prendendo il carattere di un rituale, il suono di una formula, che bisogna pur ripetere, ma che è vuota ormai di un significato e di un contenuto effettivi. il processo di superamento del centrosinistra è in sostanza già cominciato. si può parlare e si potranno tentare nuove combinazioni organiche — come voi le definite — sul terreno governativo; ci si può appellare, come segni di sopravvivenza e auspicio di rilancio, alla maggioranza parlamentare che conforterà con la fiducia o con l' astensione questo Governo; ma la fase del superamento è davvero cominciata. è cominciata prima di tutto perché contro la linea di sviluppo della nostra economia e della nostra società, che è in gran parte il prodotto della politica di centrosinistra, contro le drammatiche realtà sociali ed umane di questo sviluppo si rivolge ormai la lotta sempre più risoluta e consapevole delle classi lavoratrici e di tutta la parte più viva e più ricca, di futuro della nazione. proprio per questo chi si aggrappa al centrosinistra è fuori o rischia di essere tagliato rapidamente fuori da questo grande moto sociale. del resto, non a caso, e proprio nel momento in cui nel partito socialista e nella Democrazia Cristiana si è avvertito il maturare di questa realtà nuova ed è emersa l' ansia e la preoccupazione di un distacco da un movimento di cui si avvertiva il valore positivo, è proprio in questo momento che ha preso avvio la ricerca di un rapporto nuovo con il partito comunista , senza più nascondersi che di questi movimenti e di queste lotte il partito comunista è parte essenziale e forza animatrice. la scissione socialdemocratica e lo sbocco interlocutorio ed incerto che la crisi ha avuto non hanno mutato i termini del problema. anzi si può dire che hanno reso ancora più evidente il fatto che il centrosinistra non regge e non potrà più reggere e che il problema politico ormai aperto è quello del dopo. alla medesima ragione, del resto, bisogna ricondurre lo stesso fallimento clamoroso della unificazione socialista, che non ha retto e non poteva reggere neppure essa alla prova dei fatti, quelli duri di una linea di sviluppo fondata sullo sfruttamento brutale dei lavoratori, sulla compressione delle loro esigenze di libertà e quelli delle tensioni sociali, della crescita combattiva della classe operaia , dell' avanzata dei processi unitari. si comprende che la forza spietata di questi fatti e di queste realtà abbiano investito prima di tutto la formazione politica più esposta di fronte ai lavoratori e alle masse popolari , aprendo nel partito socialista italiano un travaglio ed un contrasto politico che hanno messo capo alla rottura tra due corpi che erano rimasti estranei l' uno all' altro. ma il processo di radicalizzazione che il movimento di lotte sociali e democratiche ha determinato in tutta la società italiana non ha certo risparmiato né il mondo cattolico né la Democrazia Cristiana . anzi, alcune delle espressioni più significative della tendenza radicale all' assetto capitalistico e all' organizzazione dello Stato e del potere sono proprio di matrice cattolica, come dimostrano le motivazioni su cui le Acli sono giunte ad affermare la fine del « collateralismo » . quando si guarda alla Democrazia Cristiana si dice — è vero (ed il fatto è stato motivo di sodisfatto compiacimento in questi giorni, in tutto il settore di destra della stampa italiana) — che, nel momento della stretta, questo partito è stato capace di riaffermare la propria unità. certo la Democrazia Cristiana ha questa capacità di riversare sugli altri le proprie difficoltà e di fare ricorso nei momenti più ardui al cemento del potere e, se volete, allo spirito di servizio che consente di affidare all' onorevole Restivo gli Interni e all' onorevole Donat-Cattin il ministero del Lavoro . e, tuttavia, come non cogliere anche per la Democrazia Cristiana il travaglio, la crisi che hanno caratterizzato la sua vita interna, dal 19 maggio al suo ultimo congresso, in questa stessa crisi governativa ? e d' altra parte quale significato bisogna dare alla battaglia, che la opposizione interna ha ingaggiato al congresso per una nuova maggioranza, se non quello appunto del tentativo di dare una risposta, di definire una nuova strategia, di fronte ad una situazione in cui si avverte il deperimento del centrosinistra e l' esigenza sempre più stringente di una scelta nuova? nemmeno per la Democrazia Cristiana , anzi meno ancora per la Democrazia Cristiana , si può dunque pensare, anche per ciò che riguarda la prospettiva a più breve termine dell' autunno, che i nodi e i contrasti irrisolti possano trovare una composizione nei dosati equilibri delle rappresentanze proporzionali delle correnti nella direzione del partito e del Governo. non accadrà, perché c' è un movimento reale nel paese che vi coinvolge e che ha aperto nelle vostre file una dialettica, un contrasto di posizioni che non potrete più risolvere alla vecchia maniera. consentitemi a questo punto di ricordare, onorevoli colleghi , che ho parlato poc' anzi della polarizzazione di un dilemma. e questo significa che non ci devono sfuggire i movimenti delle forze che tendono a raccogliersi all' altro polo di questo dilemma, attorno al polo della resistenza conservatrice e del contrattacco reazionario aperto. anche queste forze interrogano oggi se stesse , sentono la preoccupazione, la paura di fronte ad una realtà, ad una prospettiva nuova che avanza; e cercano le vie della risposta, di una loro risposta, alla crisi così profonda che si è aperta nel paese. non a caso siamo davanti ad una attivizzazione sia di forze apertamente eversive extraparlamentari, sia della destra dello schieramento politico. non mettiamo tutti in uno stesso fascio; ma la storia del nostro paese e la sua realtà attuale ci insegnano che c' è davvero nella società italiana una trama nera, una trama che ha resistito e resiste, che riemerge nei momenti cruciali della nostra vita nazionale per cercare di riannodare e di spingere alla avventura forze diverse, forze decise e pronte ad opporsi con ogni mezzo possibile, ad ogni movimento, ad ogni prospettiva che possano mettere in forse quell' assetto che è la base dei loro privilegi. per questo non bisogna mai dimenticare che anche e proprio per un paese come l' Italia, in cammino verso un assetto nuovo veramente democratico nell' organizzazione della società e dello Stato, questa evoluzione è e sarà continuamente esposta agli attacchi e ai pericoli di tipo reazionario. abbiamo dichiarato che il nostro partito è deciso ad affrontare con tutti i mezzi necessari ogni tentativo di attacco al regime democratico. lo ribadiamo anche da questa tribuna affinché lo tengano ben presente quanti si illudono di poter imboccare questa strada, insieme con l' appello alla vigilanza e all' unità che rivolgiamo ai lavoratori, ai giovani, ai soldati ed a quella parte dell' ufficialità delle nostre forze armate , che è certo grande maggioranza, che non può lasciarsi tentare da suggestioni reazionarie. ma ricordiamo tutti che quella trama nera della nostra società dalla quale è venuta la sensazione all' avventura autoritaria, non si spezza senza la volontà e il coraggio di una grande svolta democratica! è anche proprio alla luce di questo tema, di questo dilemma e di questa scelta di fondo, di cui ho parlato, che noi giudichiamo lo svolgimento e le conclusioni della crisi e le prospettive che ora si possono aprire. lo svolgimento della crisi è stato un susseguirsi di manovre, di espedienti, di reciproci ricatti, di bracci di forza poco comprensibili. vi sono state anche da parte della direzione democristiana (per quanto il presidente del Consiglio lo abbia negato) serie manifestazioni di scorrettezza politica, giunte in qualche momento al limite dalla scorrettezza costituzionale. l' aspetto più negativo è costituito dal fatto che durante un mese intero di trattative non è stato fatto un solo cenno ai problemi reali del paese. il fatto non è casuale, né può essere considerato soltanto un indice di distacco dalle aspirazioni e dai sentimenti del paese reale . lo ha rilevato la Confederazione generale del lavoro , con dichiarazioni pubbliche, nel corso e a conclusione della crisi. lo ha rivelato l' Esecutivo delle Acli, dichiarando giustamente che un' attenta considerazione delle aspettative popolari — come si manifestano quotidianamente nelle lotte del lavoro e nelle iniziative per la casa, gli affitti, la scuola, i diritti sindacali in fabbrica — avrebbe subito dimostrato la necessità, anche sul piano governativo, di dar vita a soluzioni qualificate in termini di riforma e di apporti politici da utilizzare. si comprende che proprio questo abbiano cercato ad ogni costo di evitare i dirigenti socialdemocratici e quelli democristiani. meno comprensibile, invece, che il partito socialista e le sinistre democristiane non abbiano preso una sola iniziativa rivolta ad introdurre nel dibattito politico almeno qualcuno dei problemi sociali più sentiti dai lavoratori. è vero, e noi lo sottolineiamo, che non tutto nello svolgimento della crisi è stato negativo; non tutto è andato secondo le intenzioni e i piani dei gruppi di destra dello schieramento governativo. gli scissionisti socialdemocratici non sono riusciti a trovare nel paese rispondenza agli anacronistici appelli ad un anticomunismo, che Avanti! ha definito « diciottoaprilesco » . il gruppo doroteo, fallito l' iniziale tentativo di uscire pulito dalla crisi, riversando tutte le responsabilità sul partito socialista , oppure su quello socialdemocratico, è dovuto venire allo scoperto, mettendo in luce la sua vocazione di destra e integralista. esso ha incontrato però, proprio su questo terreno, resistenze che non è riuscito a superare; la sua arroganza ne è uscita duramente colpita, mentre le giravolte e ritirate che esso ha compiuto, contraddicendo più volte perentori propositi e decisioni precedenti, hanno seriamente intaccato la sua autorità nel paese, tra tutte le forze politiche , all' interno stesso del partito democristiano . la cosa più positiva è che si sia riusciti, almeno per ora, a sconfiggere la proposta più avventurosa e pericolosa che il gruppo doroteo-fanfaniano ha avanzato, la proposta di elezioni politiche anticipate. questa sarebbe stata la peggiore delle soluzioni, soprattutto perché avrebbe paralizzato per mesi e mesi ogni possibilità di soluzione dei problemi del paese...... ma anche perché avrebbe bloccato lo sviluppo di una libera dialettica di forze politiche , a cominciare da quella che si svolge nel partito democristiano . noi comunisti, come i compagni del partito socialista di unità proletaria , abbiamo tempestivamente scoperto e denunciato la natura integralista e sostanzialmente reazionaria di questo disegno del gruppo doroteo, non a caso, forse, appoggiato da ben determinati settori del nostro Parlamento, questo tentativo di umiliare le altre componenti della maggioranza di centrosinistra, di scompaginare i termini della lotta politica, di creare una confusione, per cercare così di mettere le massime autorità dello Stato in condizione di considerare l' eventualità delle elezioni anticipate . questa nostra ferma denuncia ed opposizione si è incontrata con l' opposizione che è venuta dal partito socialista e da importanti settori del partito democristiano . noi apprezziamo questo fatto, onorevoli colleghi , che si è realizzato da posizioni autonome, ma convergenti, nel riconoscimento del valore che tale battaglia veniva ad assumere in una linea di difesa della sostanza e del metodo che devono essere alla base di un corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. ci auguriamo che da questa vicenda sappiano trarre utili insegnamenti anche le sinistre democristiane, ed i compagni del partito socialista , i quali hanno potuto far prevalere su questo punto, la loro volontà solo in quanto hanno saputo collegarsi alle sinistre democristiane e soprattutto alla ferma e rettilinea posizione democratica del nostro partito e del partito socialista di unità proletaria . detto questo, bisogna subito aggiungere che sarebbe profondamente errato nascondersi quanto di negativo e anche di pericoloso comporta la soluzione che oggi ci viene presentata e la prospettiva per cui si afferma di voler lavorare. a problemi così acuti come quelli che ha di fronte la nostra società voi rispondete presentando un Governo a termine; in quanto al domani, quello che voi proponete è solo che fra qualche mese si ricominci tutto da capo, con una nuova crisi dalla quale dovrebbe uscire un nuovo Governo organico di centrosinistra. ma non sentite, dunque, quanto di irridente rappresenta questa soluzione rispetto alla profondissima crisi a cui è giunto il nostro paese e a problemi che non possono attendere? non avete forse toccato con mano, non avete capito che non soltanto è politicamente stolto proporsi la ricostituzione di una maggioranza di centrosinistra sic et simpliciter , ma soprattutto che a una maggioranza siffatta voi non potete arrivare? è difficile dire fino a che punto, nella soluzione e nella prospettiva che ci presentate, ci troviamo di fronte a manifestazioni di insensibilità e di insipienza politica, e fino a che punto vi siano invece nell' attuale maggioranza forze che puntano più o meno consapevolmente su quella carta della paralisi politica e del discredito delle istituzioni, che è la stessa — non dimentichiamolo — su cui possono giocare le loro fortune forze apertamente reazionarie. altre soluzioni non erano possibili? sta di fatto però che almeno una di queste soluzioni — quella di un Governo democristiano-socialista — voi non lo avete neppure voluto sperimentare. e sta di fatto che non avete osato neppure sperimentare un' altra delle soluzioni possibili, quella di un Governo democristiano che non fosse di attesa e a termine. è vero che il presidente del Consiglio ha cercato ieri di camuffare un po' questo carattere a termine del proprio Governo, ma si è trattato di puri giochi di parole: « il tratto di strada che ci spetta » . tutti sanno del resto che è proprio su questa base che avete chiesto e ottenuto la fiducia del partito socialista . perché avete dunque rifiutato altre soluzioni? le avete rifiutate perché non avete voluto e non volete fare scelte che vi avrebbero impedito di scaricare su altri il peso delle vostre interne difficoltà; le avete rifiutate perché ciò che guida la vostra condotta è solo la difesa di un chiuso e ristretto interesse di partito e spesso solo di gruppo. il quadro che ne è venuto fuori è quello di un partito che pretende di guidare il paese ma che tende sempre più ad operare alla giornata, che è preoccupato soprattutto di amministrare la propria forza. avete perduto la capacità (che, sia pure con la visione delle cose che è propria di un partito legato organicamente ai ceti dominanti della società, in altri momenti pure avete avuto) di prospettare al paese una politica a lungo termine e quindi anche di preparare soluzioni di ricambio quando determinate formule e modi di Governo cominciavano a giungere ad esaurimento. si dice che alcuni di voi pensano forse che una soluzione di ricambio, una prospettiva per un domani certo un po' lontano, potrebbe essere quella che, con espressione alquanto discutibile, viene chiamata la repubblica conciliare : una sorta di grande coalizione in versione italiana, nella quale dovrebbe avere dunque la sua parte, data la forza che ha in Italia, anche il partito comunista . se è così, è bene che noi ribadiamo con la massima chiarezza, e in modo che tutti possano prenderne atto, che questa prospettiva non è e non sarà mai la nostra. essa, infatti, non solo è del tutto estranea alla nostra natura di partito autenticamente proletario e socialista (una natura che non saremmo mai disposti a mercanteggiare per l' ingresso in una qualche « stanza dei bottoni » ); tale prospettiva è estranea in pari tempo alla nostra ispirazione e natura di partito democratico che riconosce lo spazio e il ruolo che devono occupare nella nostra vita politica e nella lotta per un nuovo assetto della società, accanto a noi e a tutta la sinistra proletaria più avanzata, accanto ad una componente cattolica di ispirazione schiettamente democratica, altre forze di orientamento socialista, laico e progressista. vorrei ricordare inoltre che nel nostro recente congresso abbiamo escluso nel modo più netto tanto l' ipotesi di un inserimento quanto quella di divenire un alleato di ricambio del partito democristiano . abbiamo invece precisato che la nostra prospettiva è quella di una alternativa la quale sia fondata sulla convergenza e sull' intesa di tutte le forze di sinistra, laiche e cattoliche. non ci siamo nascosti che questa alternativa non è ancora matura. essa può maturare solo sia da un ulteriore avanzamento delle lotte che si svolgono nel tessuto della società, sia attraverso un processo profondo e non certo lineare di ristrutturazione, che deve investire tutto lo schieramento politico, in modi e in forme che non possono essere previsti da nessun piano preparato a tavolino. ma se questa alternativa non è ancora matura, difficilmente può essere ormai contestato che i processi sociali e politici, che si sono andati sviluppando in questi ultimi mesi, consentono di intravvedere con maggiore completezza almeno alcuni dei lineamenti di questa prospettiva. nel corso della crisi abbiamo seguito con particolare attenzione gli atteggiamenti del partito socialista , delle sinistre democristiane e di altre forze di orientamento democratico e non integralista del Partito di maggioranza . ho già detto a questo proposito quale giudizio noi diamo del significato e della battaglia che queste forze hanno condotto contro la proposta di elezioni politiche anticipate. bisogna però aggiungere che, valutata nel suo complesso, la linea che tali forze hanno posto e oppongono alle manovre conservatrici partite dalla socialdemocrazia e dal gruppo dirigente democristiano è stata finora sostanzialmente una linea di pura resistenza. si è teso cioè — e lo si è del resto detto — a salvare il salvabile. da qui le contraddizioni in cui sono caduti tanto il partito socialista quanto le sinistre democristiane. una di queste contraddizioni è quella che vi ha visto sostenere, con accanimento degno di migliori cause, la riconferma del precedente Governo, dopo che da tutto il travaglio e dai dibattiti che si erano svolti nelle file del partito socialista e dalla battaglia congressuale delle sinistre democristiane erano emersi la necessità e il proposito di mutamenti profondi negli indirizzi della politica governativa. altre cose assai poco comprensibili sono naturalmente sia il voto favorevole che il partito socialista ha deciso di dare a questo Governo sia l' ingresso nella sua compagine dei rappresentanti delle sinistre democristiane. scioglieranno i fatti, e in un futuro non certo lontano, gli interrogativi che sollevano queste contraddizioni. ma al di là di queste contraddizioni resta il fatto più importante, resta il fatto che né il partito socialista né le sinistre democristiane possono pensare di restar ferme sulle posizioni attuali. vi sono problemi di prospettiva vicina e più lontana che non possono non essere ormai affrontati in tutta la loro portata. tra questi è il problema — sul quale non vorrei intrattenermi oggi — delle possibilità e delle vie attraverso le quali il partito socialista può recuperare un proprio ruolo rilevante nelle battaglie e nello sviluppo del movimento operaio e quello, ancor più difficile e complesso, della collocazione autonoma e dell' avvenire, in tale movimento, della componente socialista. il problema politico più attuale ed importante, che riguarda tutto il paese e tutte le forze democratiche, è quello di superare una formula di Governo che ormai è esaurita e di superare, quindi, quegli steccati che tutti ormai riconoscono anacronistici e che tuttavia vengono mantenuti, con grave danno per la soluzione dei problemi del paese, per il funzionamento degli istituti democratici, per la stessa libertà di movimento delle forze democratiche di sinistra. bisogna prendere atto — è vero — che una qualche consapevolezza che la riesumazione della formula organica di centrosinistra non solo è assurda, ma di fatto impossibile, emerge nelle ulteriori risoluzioni della direzione del partito socialista , nelle quali viene prospettata l' eventualità di sperimentare a conclusione della pausa che dovrebbe essere riempita da questo Governo, la formula di un Governo a due, di un Governo della Democrazia Cristiana e del partito socialista . noi non dimentichiamo il significato che simile formula ha avuto nel corso della crisi. proprio la sua proposizione, infatti, ha scatenato la reazione negativa dell' attuale segreteria democristiana, divenendo un reagente che ha fatto precipitare la soluzione integralista, ma contribuendo forse a creare una delle condizioni che hanno consentito di batterla. e, tuttavia, anche questa formula può essere esperita, vissuta e gestita in modo vecchio e superato, può divenire anch' essa un modo formalmente ammodernato per seguitare, nella sostanza, nel vecchio andazzo dei passati governi del centrosinistra. la verità è che, se si vogliono distruggere le radici da cui può riprendere alimento l' illusione di ridare vita ad un cosiddetto Governo di centrosinistra organico (che in realtà significa, data l' impossibilità altrettanto organica di farlo, fare acquistare vigore a quei disegni avventurosi di cui oggi constatiamo una sconfitta) bisogna criticare fino in fondo e superare definitivamente la sostanza programmatica e politica del centrosinistra; bisogna cioè lavorare e combattere fin d' ora per fare avanzare nuovi indirizzi politici e per liquidare in pari tempo la discriminazione a sinistra. questo vuol dire che — nella rispettiva autonomia e mantenendo ben ferme le nette distinzioni politiche e di collocazione che sono per noi comunisti, non meno che per ogni altra forza politica , irrinunciabili — un mutamento nei rapporti di altre forze democratiche di sinistra con il nostro partito dovrebbe ormai essere non più solo proclamato e discusso, ma realizzato almeno in alcune precise realtà politiche. non illudiamoci e non illudetevi voi, colleghi del partito socialisti, e delle sinistre democristiane: se non si riuscirà ad andare avanti in queste direzioni già nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, tra le eventualità e possibilità che potranno presentarsi a voi e al Parlamento nel prossimo autunno difficilmente ve ne sarà una di sinistra. abbiamo davanti un Governo di attesa, ma tutti sappiamo che vi sono problemi che non possono essere elusi, e di fronte ai quali né i pubblici poteri né le forze politiche potranno assumere posizioni di attesa. e una delle cose più pericolose è proprio quella che continui e si aggravi un vuoto di iniziativa politica positiva. non dimentichiamo che anche il Parlamento ha un ruolo, ha la possibilità di realizzare una iniziativa riformatrice anche quando è carente l' azione del governo . ricordiamoci che la Costituzione democratica riconosce a tutti i partiti, e dunque anche a quelli che si trovano schierati su questi banchi dell' opposizione, non solo la facoltà ma la funzione di concorrere a risolvere i problemi del paese, a determinare la politica nazionale con metodo democratico. e che cosa vuol dire « metodo democratico » se non anche il fatto che in quest' Aula possano liberamente formarsi quelle maggioranze reali che servono a fare le leggi attese e volute dal paese reale ? sia ben chiaro che sollecitando questa prassi noi non intendiamo né introdurre surrettiziamente qui quella prospettiva che chiamiamo di nuova maggioranza, né disconoscere che l' esistenza di una maggioranza di Governo ha pure un significato nel momento in cui si definisce attorno ad una piattaforma programmatica. ma anche il Parlamento deve avere un suo ruolo, che non può essere davvero di mera ratifica di decisioni prese fuori del suo ambito. e questo ruolo è anche quello di sede nella quale un confronto aperto deve consentire di far avanzare soluzioni che oltre ai programmi di Governo guardino ai problemi sempre nuovi che sorgono dalla realtà del paese. il problema che oggi emerge sopra ogni altro, per partiti, Governo e Parlamento, è quello che già hanno cominciato a porre, nelle scorse settimane, le vigorose battaglie degli operai della FIAT e di tutta la popolazione di Torino, dei braccianti della Puglia, della Sicilia, dell' Emilia e di altre regioni; è quello che verrà dalle ormai imminenti lotte che gli operai combatteranno, sotto l' autonoma guida e responsabilità dei sindacati, per il rinnovamento dei contratti di lavoro. c' è chi di fronte a questi movimenti sa solo esprimere timori o ispirare paure. noi riaffermiamo a questo proposito l' esigenza che si faccia la massima chiarezza sugli attentati di cui ci ha dato notizia il ministro degli Interni e che noi deploriamo; sulle loro cause e sulle responsabilità; così come lo chiedemmo quando gesti simili vennero dai neonazisti oppure da persone che operavano o cadevano nel gioco della provocazione antipopolare; nel gioco di chi vuole suscitare odi e paure per isolare l' avanguardia operaia. non a caso assistiamo a una mobilitazione della grande stampa per subornare l' opinione pubblica in senso antioperaio e antisindacale. noi, al contrario, consideriamo che le lotte che scaturiscono da intollerabili condizioni di sfruttamento e da sacrosante esigenze materiali e di libertà sono anche una formidabile spinta di progresso. proprio da queste lotte, viene la critica più « profonda » alla linea di sviluppo che è stata impressa in questi anni alla società. noi vediamo perciò in questi movimenti la più sicura, anzi la insostituibile sollecitazione verso le forze politiche più aperte e responsabili a scegliere finalmente la strada della costruzione di una diversa prospettiva di sviluppo della società e della nazione. a queste lotte proletarie e contadine noi ci auguriamo possa accompagnarsi una ripresa ampia e di massa della battaglia degli studenti e di docenti democratici per il rinnovamento della scuola di ogni ordine e grado. ma quale sarà, di fronte alle grandi lotte operaie, contadine, studentesche, l' atteggiamento dei pubblici poteri? non esiste garanzia alcuna che il Governo che abbiamo davanti non sia sospinto, per la sua stessa natura e debolezza, a cercare la strada della repressione. anche per questo non ci si può davvero accontentare di un vago impegno a evitare la perdita di vite umane in occasione delle tensioni sociali e noi insistiamo perché siano subito adottati provvedimenti per il disarmo della polizia in servizio in occasione di manifestazioni e lotte sindacali e popolari. l' essenziale è sviluppare una iniziativa che sul terreno legislativo e parlamentare, con misure di riforma e con altre misure economiche e sociali, vada incontro alle esigenze dei lavoratori. certo, noi sappiamo bene che dipenderà prima di tutto dall' efficacia della lotta dei lavoratori, a fianco dei quali noi impegneremo sin da ora tutta la forza del nostro partito, l' ampiezza delle conquiste salariali, normative e di libertà che essi riusciranno a strappare nello scontro diretto con il padronato. ma è compito e dovere dei pubblici poteri, e dunque anche e soprattutto del Parlamento, non solo formulare generici e vaghi propositi, come ha fatto ieri l' onorevole Rumor, ma svolgere una azione adeguata per la difesa del valore reale del salario dei lavoratori, evitando che le conquiste sindacali siano vanificate dalla inflazione e dall' aumento dei prezzi . di fatto, noi siamo già in presenza di un aumento dei prezzi e degli affitti che l' onorevole Rumor si è proposto, bontà sua , di seguire con una certa attenzione, ma che ha già inciso in maniera pesante sul tenore di vita delle famiglie, specie di quelle operaie e contadine. siamo già in una fase che è qualcosa di più della cosiddetta « inflazione strisciante » , ed è facilmente prevedibile che il processo inflazionistico tenderà ad accentuarsi. sappiamo quasi tutti in questa Aula, credo, che ciò è dovuto in primo luogo alle caratteristiche stesse dello sviluppo, pur impetuoso, che caratterizza l' attuale fase economica: basta pensare al carattere speculativo del boom edilizio, ai costi crescenti dell' intermediazione, alle rigidità antiche delle nostre strutture agrarie. ma sappiamo anche che in quest' aumento già si anticipa largamente il tentativo di trasferire sui prezzi l' incremento dei costi che i percettori di profitti e di sovrapprofitti da monopolio subiranno per effetto della pressione sindacale. impedire questo tentativo e individuare con tempestività i punti di intervento necessari a garantire politicamente ciò che l' autonoma lotta salariale conquisterà è oggi uno dei nostri compiti più importanti, colleghi deputati. l' assolvimento di questo compito è tanto più dovuto alla classe operaia quanto più i dati rivelano sia il peggioramento della sua condizione relativa sia l' esistenza di notevoli margini obiettivi per le sue rivendicazioni: basta riflettere al fatto che dal 1962 il salario medio di fatto è aumentato, secondo i rilievi del ministero del Lavoro , del 18 per cento in termini reali, mentre il reddito nazionale è aumentato nello stesso tempo del 35 per cento ; e basta riflettere al ritmo assunto dalla fuga dei capitali, che i governi passati non sono stati capaci di frenare, e alla smentita che questa fuga dà a tutti coloro che hanno pianto e piangono sulla cosiddetta scarsità di risparmio. noi vogliamo augurarci che non ci sia nessuno in quest' Aula che pensi ad una svalutazione della lira come ad una possibile via d' uscita da una inflazione lasciata strisciare e precipitare. dopo la svalutazione del franco che ha colto di sorpresa, per loro stessa ammissione, tutti i governi che partecipano con la Francia al mercato comune , noi attendiamo dal Governo su questo punto una precisa assicurazione. qualcuno — penso per esempio al Il Corriere della Sera — ha irresponsabilmente salutato la svalutazione del franco come una necessaria misura di igiene finanziaria e monetaria ed ha elencato i vantaggi che la svalutazione improvvisa darà alla Francia. noi, pur senza voler fare alcun allarmismo fuori luogo , poniamo invece l' accento sui danni che essa arrecherà all' Italia, soprattutto per l' esportazione di taluni prodotti (elettrodomestici, prodotti agricoli) e per il turismo. e poniamo l' accento su un altro fatto: il vantaggio monetario dei gruppi capitalistici francesi che operano sul mercato dell' esportazione sarà pagato duramente dalla classe operaia francese, da tutti i percettori di redditi fissi. la svalutazione del franco non risolve ma aggrava i conflitti di classe e le contraddizioni della Francia e reca un nuovo elemento di turbamento — nel momento stesso in cui è manifestazione di crisi nei rapporti tra i paesi del MEC — nel già sconvolto sistema monetario internazionale. essa richiede che ci si muova con più urgenza, al di là dei correttivi che potranno venire con l' istituzione dei diritti di prelievo, verso una nuova conferenza monetaria internazionale e verso la definitiva sostituzione del dollaro come moneta di riserva. ma essa richiede soprattutto che ci si muova immediatamente in Italia per combattere alle radici ogni spinta inflazionistica, ogni spinta all' aumento dei prezzi e che si individuino precisi punti di intervento al livello della politica economica prima che della tecnica monetaria e finanziaria. come individuare i punti di intervento necessari? a noi sembra che il metodo più sicuro sia quello di collegarsi alle aspettative delle grandi masse, ai problemi che esse sentono in modo più esplosivo ed urgente. è seguendo questo metodo che, esemplificando, noi indicheremmo come problema prioritario quello del costo della casa. sul piano immediato si pone qui l' esigenza di operare il blocco dei contratti e degli sfratti e di rilanciare l' iniziativa pubblica per l' edilizia a basso costo per i lavoratori, sulla base del rifinanziamento della 167, della riforma degli organismi pubblici che agiscono nell' edilizia e di un intervento delle partecipazioni statali nell' industria delle costruzioni. al blocco dei contratti e degli sfratti che è, ripeto, misura immediata da prendere — la lotta di Torino e della FIAT serva da monito! — può far seguito e sostituirsi, poi, una regolamentazione legislativa fondata sull' equo canone , che insieme a misure di breve periodo deve poi congiungersi con la impostazione di una riforma urbanistica che modifichi il regime dei suoli urbani, dando alla collettività e dunque al potere pubblico gli strumenti per controllare, condizionare e determinare l' uso del territorio e del suolo. una seconda direzione verso cui spinge l' aspettativa delle masse di fronte all' aumento del costo della vita , e in cui appare urgente uno sviluppo dell' iniziativa rinnovatrice, è quello dell' approvvigionamento e distribuzione dei prodotti agricoli. sul piano immediato occorre qui assegnare un ruolo nuovo e più ampi poteri agli strumenti esistenti (AIMA ed enti di sviluppo agricolo), in concorso con i comuni e le province, per creare le necessarie rotture nella rete della intermediazione speculativa e aprire un fronte di lotta al carovita che scoraggi le speculazioni, realizzi forme nuove di collegamento tra città e campagna. contemporaneamente occorre giungere alla sospensione di alcuni regolamenti comunitari più sfavorevoli all' Italia, consentendo importazioni di prodotti alimentari a prezzi più favorevoli. in una prospettiva ravvicinata l' accento è, a nostro avviso, da porre sugli enti di sviluppo agricolo, ai quali vanno dati finalmente poteri e mezzi tali da consentire una politica di ristrutturazione delle campagne, ristrutturazione che esige ovviamente una liquidazione dei vecchi rapporti fondiari, a partire dal rapporto di mezzadria. nell' ambito della situazione delle campagne si deve sottolineare anche l' urgenza della soluzione del problema del « fondo nazionale di solidarietà. » contro i danni delle calamità ed avversità in agricoltura, e l' esigenza irrinunciabile che tale soluzione superi i gravi limiti della soluzione ipotizzata dal precedente Governo di centrosinistra (confermata ieri dall' onorevole Rumor) per garantire l' accoglimento del principio dell' « indennizzo » dei danni all' azienda contadina, cioè del principio qualificante ai fini di una concreta battaglia per l' avvicinamento nei redditi tra agricoltura ed altri settori. ancora guardando alle aspettative delle masse vorremmo richiamare la vostra attenzione su due altri grandi temi: quello della salute, del quale il presidente del Consiglio neppure ha parlato, e quello dell' istruzione. bisogna decidersi a porre termine alla politica che sta sperperando centinaia di miliardi per raccordare una struttura sanitaria e mutualistica assurda; occorre una drastica riduzione del costo delle medicine (con provvedimenti amministrativi subito e con la successiva nazionalizzazione dei prodotti farmaceutici di base) e l' istituzione di « unità sanitarie locali » come punto di partenza per arrivare ad un servizio sanitario nazionale. per la scuola noi riteniamo innanzitutto, come sapete, che vada abbandonato il confuso e contraddittorio progetto per l' università che porta il nome del ministro Ferrari Aggradi . nelle more della discussione di tutto il complesso problema della riforma dei vari ordini di scuola chiediamo e proponiamo che il diritto allo studio cominci subito ad avere una qualche attuazione rendendo veramente gratuita la scuola dell'obbligo (il che significa anche libri gratuiti), attuando subito il presalario per alcune categorie di studenti, risolvendo subito in modo radicale il problema scandaloso e incancrenito dell' apprendistato. e, poiché si è richiamata qui ancora l' esigenza di una riforma tributaria (ma quando mai andrà in porto ?), noi vorremmo dire che vi è in questo campo almeno una questione che deve è può essere risolta rapidamente. si tratta dell' eliminazione dell' assurdo, intollerabile e crescente prelievo fiscale che viene fatto sulla busta paga degli operai per le imposte di ricchezza mobile e complementare. potrà sembrare a taluno che richiamare certi grandi temi sotto il profilo del costo della vita , del costo delle medicine e del costo della scuola — in un discorso che ha voluto solo esemplificare taluni interventi più urgenti di fronte alle scadenze d' autunno — sia un po' rimpicciolirli. ma chi, come noi, ritiene che le riforme non possano nascere da disegni intellettualistici, ma nascano invece dalla capacità di collegarsi ai bisogni delle masse e dalla capacità di individuare e collocare le possibilità di soddisfazione di questi bisogni in una linea politica coerente e organica, non teme questa critica. non è inutile d' altra parte ricordare — anche in risposta a chi fonda ogni suo ragionamento sulla contrapposizione tra consumi e investimenti, tra salari e occupazione — che gli esempi da noi fatti sono solo apparentemente frammentari. essi non solo tengono conto di spinte reali, con le quali in ogni caso occorre fare i conti, ma si inquadrano in due precise esigenze di valore nazionale. la prima è quella di assicurare alla nostra economia, che produce in gran parte per l' estero, il retroterra di un più vasto mercato interno . la seconda è che l' ampliamento del mercato interno avvenga per vie diverse da quelle che il sistema monopolistico tende a battere; avvenga, cioè, in misura ben maggiore del passato per la via della sodisfazione collettiva dei grandi consumi sociali: la scuola, la salute, l' organizzazione delle città. e tengono conto di un altro decisivo fatto: che il nostro paese deve subire il salasso di sprechi, sperperi di economie, parassitismi che inghiottono una rilevantissima massa di risorse investibili. basta pensare al peso della rendita fondiaria ed edilizia, delle rendite del settore distributivo, dei privilegi parassitari di cui godono certe caste, nonché gli alti gradi della burocrazia statale e parastatale. è a questo intreccio di situazioni arcaiche e privilegiate che bisogna porre fine, e a cui la lotta operaia aiuta a porre fine, sempre che, onorevole Colombo, non sia consentito alle imprese, come fu consentito nel 62-63, di sostituire la diminuzione delle fonti interne di finanziamento con il « rinvio facile » al sistema creditizio. ma non voglio andare oltre questi cenni sulla linea della politica economica . voglio, tuttavia, dire con chiarezza che difficilmente si potrà andare al di là di qualche intervento d' emergenza se noi non provvederemo in tempo, onorevoli colleghi , a rivedere gli stessi strumenti di cui la collettività dispone. sta di fatto che ogni sviluppo dell' economia italiana , nel bene e nel male, è avvenuto al di fuori di ogni programmazione, sia pure di medio periodo o anche soltanto di quella programmazione annuale che è in qualche modo il bilancio di competenza dello Stato. l' unico strumento che a suo tempo ha funzionato. è stato la Banca d'Italia , con la conseguenza di imporre agli interventi un angolo visuale « monetario » , che è per la sua natura conservativo in quanto tende a riequilibrare — intervenendo nei flussi monetari ciò che si è squilibrato a livello dei flussi reali del reddito; e ciò con l' ulteriore conseguenza di aggravare contemporaneamente gli squilibri territoriali esistenti. il che è quanto di più grave possa farsi in una situazione che vede aggravata la questione meridionale e che esige come obiettivo prioritario il superamento dello storico squilibrio del Mezzogiorno. indubbiamente, per qualificare in modo nuovo l' intervento pubblico occorre in primo luogo una volontà politica, e occorre un modo diverso di arrivare alla formazione e organizzazione di questa volontà politica. subito dopo si pone tuttavia il problema di assicurare un minimo di corrispondenza tra le scelte politiche e i concreti comportamenti dell' operatore pubblico. altrimenti la volontà politica si esaurisce nella scrittura di un componimento più bello di quello scritto per ora dagli uffici del piano. emerge anche da ciò la necessità di una rapida, ormai improrogabile attuazione del decentramento politico. noi ribadiamo che, se c' è la volontà politica, esistono tutte le condizioni per fare a novembre le elezioni amministrative e le elezioni regionali . questa è la nostra precisa richiesta. convinti come siamo dell' assoluta necessità di abbinare queste due elezioni, che è la sola garanzia di giungere finalmente alla istituzione dell' ente regione , insistiamo perché, alla ripresa, le Camere affrontino subito l' esame della legge di finanza regionale che abbiamo tempestivamente presentato. in ogni caso, riaffermiamo qui la nostra già più volte motivata convinzione che si possono indire le elezioni regionali anche se non si giungesse ad approvare la legge di finanza regionale. circa quanto ha detto il presidente del Consiglio sui problemi delle garanzie legislative delle libertà operaie, non è apparso del tutto chiaro se il presente Governo fa suo il testo di statuto dei diritti del lavoratore approntato dal precedente ministero. se fosse così, sarebbe interessante conoscere su questo punto l' opinione del nuovo ministro del Lavoro , il quale credo sappia molto bene che tale progetto è caratterizzato da contenuti che sono addirittura più arretrati di quelli che, in diversi settori e aziende industriali, i lavoratori si sono già conquistati con la lotta sindacale, e che certamente conquisteranno in autunno in misura ancora più larga con le battaglie per i rinnovi contrattuali. ma ciò che preme soprattutto, sul piano della legislazione, è l' aspetto più propriamente giuridico-politico di questo provvedimento. se il Governo intende mantenere (contrariamente a quanto è stato già previsto a maggioranza in sede parlamentare) la regolamentazione dei diritti dei lavoratori nelle aziende solo sul piano strettamente sindacale, eluderà il vero problema che sta al fondo e che è quello di misure legislative che garantiscano il libero esercizio dei diritti costituzionali dei lavoratori in quanto cittadini, anche all' interno dei luoghi di lavoro. ma poiché siamo in tema di garanzie e di diritti costituzionali , desidero rilevare che mentre il presidente del Consiglio , nelle sue dichiarazioni programmatiche , ha richiamato gli impegni a risolvere il problema della minoranza etnica dell' Alto Adige , come sempre, anche questa volta, ci si è dimenticato che in Italia ci sono pure altre minoranze nazionali, e fra queste quella slovena (composta da circa 100 mila cittadini) che da più di cinquanta anni lotta ed attende il riconoscimento giuridico di grandissima parte dei diritti nazionali previsti dall' articolo 6 della Costituzione. sulla questione del divorzio, noi concordiamo con l' orientamento emerso nell' ultima riunione dei presidenti di gruppo per definire, alla ripresa dei nostri lavori, in contatti tra i gruppi modi e tempi di discussione della legge, che consentano di uscire dall' impasse creato dall' ostruzionismo della Dc. prima di concludere, solo alcune brevi considerazioni sulla politica estera , e questo perché noi chiederemo, con la presentazione di una mozione o con altro idoneo strumento di iniziativa, che la Camera svolga su questi temi un dibattito generale, la cui necessità non ha bisogno certo di essere illustrata. vorrei, però, dire subito che all' impegno con cui continueremo a seguire tali questioni, si aggiunge oggi, davanti alle responsabilità assunte in questo settore dall' onorevole Moro, un elemento che è anche di curiosità (ma che è in realtà, diciamo pure, di seria « attenzione » ). noi abbiamo presenti, infatti, tanto gli indirizzi che egli perseguì e le dichiarazioni che egli rese da presidente del Consiglio , e che noi criticammo duramente, quanto alcuni accenti nuovi emersi nei suoi più recenti discorsi pronunciati nel corso del dibattito congressuale della Dc. ho appena bisogno di ricordarvi, onorevoli colleghi , che il nostro partito è anzitutto deciso a continuare e sviluppare ampiamente la battaglia e l' iniziativa politica per l' uscita del nostro paese dalla NATO e per la conquista di una posizione e di una politica di neutralità attiva. voi sapete anche che nella motivazione di questa battaglia noi uniamo alle ragioni che derivano dal rischio sempre esistente che il nostro paese possa essere coinvolto in avventure militari, proprio in virtù della politica delle potenze imperialistiche e degli stessi meccanismi militari della NATO (basta pensare a quelli operanti nel bacino del Mediterraneo), altre e non meno essenziali ragioni che richiedono che il libero progredire del nostro regime democratico fino alle mete per le quali combatte la parte più avanzata dei lavoratori, sia garantito contro i disegni liberticidi, le mene dei servizi di sicurezza , i così detti piani di emergenza (scattati in altri paesi), che, anche in Italia, sono organica componente delle strutture e delle clausole segrete dell' alleanza. voi sapete anche che questa battaglia contro la NATO, attorno alla quale chiamiamo a schierarsi i lavoratori e la gioventù, noi la concepiamo e collochiamo come un momento del processo che nel nostro continente deve condurre al superamento della sua organizzazione e della sua divisione in blocchi militari contrapposti, ad un equilibrio fondato sulla indipendenza di tutti i paesi e costruito nel disarmo e nella sicurezza. non possono davvero essere sufficienti, a questo proposito, semplici dichiarazioni di buona volontà e disponibilità, che sono per giunta puntualmente contraddette da una pratica che è quella del continuo progredire della integrazione militare dell' Italia nella NATO. occorrono atti e iniziative precise! qual è, ad esempio, l' atteggiamento del presente Governo nei confronti delle iniziative già in corso da parte belga e finlandese per la convocazione della conferenza paneuropea ? ciò che importa, se si vuole far progredire davvero la sicurezza, e cioè la garanzia contro ogni possibile tentazione ad avventure militari, sono atti come il riconoscimento da parte dell' Italia dell' intangibilità di tutti i confini segnati dalla seconda guerra mondiale ; come l' instaurazione di rapporti tra l' Italia e la Repubblica democratica tedesca ; come la ratifica del trattato di non proliferazione atomica e un' iniziativa, una pressione, perché anche la Repubblica Federale Tedesca si decida a firmare e ratificare tale trattato, rinunziando per sempre a qualsiasi velleità di giungere in un modo o nell' altro al possesso di armi atomiche . la causa della distensione in Europa, ma anche gli interessi italiani richiedono, in pari tempo, un nuovo ampio sviluppo, del quale esistono le condizioni, dei rapporti economici ed anche di contatti politici con l' Unione Sovietica e con tutti gli Stati socialisti. non posso concludere senza rilevare che su due precisi atti politici, che sono ormai più che maturi, e a favore dei quali si sono avuti in varie occasioni pronunciamenti, sia pure non formali, di una maggioranza dello schieramento parlamentare, anche le dichiarazioni di questo nuovo Governo sono state del tutto elusive. si tratta del riconoscimento della Repubblica popolare cinese (senza il quale è persino assurdo venire qui ad esaltare il ruolo universale dell' Onu). e si tratta del riconoscimento della Repubblica democratica del Vietnam . su questo punto il presidente del Consiglio ha presentato le cose come se il conflitto vietnamita stesse davvero per avviarsi a rapida e felice soluzione. ella ha dimenticato, onorevole Rumor, che se a Parigi vi è il negoziato, non per questo la guerra è terminata, con tutto il carico di sofferenze, di tragedie e di pericoli che comporta; e se il negoziato ristagna è perché l' aggressore ed occupante statunitense non vuol decidersi ad accettare il ritiro delle sue forze armate da quel paese, non vuol rinunciare a mantenere in piedi un regime come quello di Saigon, non vuol lasciare che il popolo vietnamita possa finalmente ed interamente disporre di quel diritto alla libertà che si è conquistato con sacrifici immensi e con eroismo senza pari. l' Italia può e deve dare un suo contributo alla soluzione giusta di questo conflitto. e il modo più concreto per farlo è, oggi, quello di riconoscere la Repubblica democratica del Vietnam e di stabilire con essa formali rapporti diplomatici, cercando in pari tempo almeno un contatto con quell' altra nuova e autonoma realtà politica che è costituita dal governo rivoluzionario provvisorio del sud Vietnam. onorevoli colleghi , gli obiettivi e l' impegno del nostro partito sono dunque chiari: vogliamo operare perché l' Italia esca dalla crisi, e perché ne esca con l' affermazione di una nuova politica, con la costruzione di un nuovo potere democratico, che interpretino le esigenze del vasto moto sociale e democratico degli operai, dei contadini, dei giovani; che abbiano la forza di rendere irreversibili e di far avanzare le conquiste dei lavoratori, di realizzare le riforme necessarie per il progresso del nostro paese. l' opposizione che dichiariamo netta e ferma a questo Governo, il rifiuto di ogni tregua, anche per quel tratto di strada non sappiamo quanto breve ch' esso si propone, la condanna delle ipotesi a cui esso dice di voler lavorare, obbediscono non solo al dovere proprio di un grande partito di opposizione; obbediscono al dovere e alla responsabilità, che acutamente avvertiamo come forza fondamentale e decisiva del movimento operaio e della democrazia italiana. per assolvere questi compiti il nostro partito impegnerà — siatene certi — tutte le sue energie e tutta la sua intelligenza. saremo più che mai sensibili e attenti ai bisogni e alle aspirazioni della gente che lavora; saremo più che mai presenti — per capire, per organizzare le forze, per assumere la nostra parte di direzione — in ogni lotta che rivendichi giustizia, democrazia, civiltà e per dare più impeto, più unità e in pari tempo sempre più alta consapevolezza politica al movimento delle masse. nel paese, e qui nel Parlamento porteremo, insieme alla fermezza con cui cerchiamo sempre di difendere gli interessi dei lavoratori e la causa della democrazia, l' esigenza e lo spirito del confronto aperto, della ricerca comune delle soluzioni necessarie, al di là dei vincoli delle decisioni precostituite e rompendo le paure paralizzanti e gli argini delle discriminazioni a sinistra. a destra non si andrà: ribadiamo un monito e un impegno! la traccia che bisogna seguire è un' altra, e i tempi sono maturi. noi la seguiremo risolutamente nell' interesse dei lavoratori italiani e per il bene del nostro paese.