Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 138 - seduta del 29-05-1969
Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio
1969 - Governo I Rumor - Legislatura n. 5 - Seduta n. 138
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , prima di tutto mi corre l' obbligo nei confronti della Presidenza e dei colleghi di formulare correttamente la pregiudiziale che intendo svolgere. io mi permetterò di svolgere una pregiudiziale, che ho già svolto due volte in Commissione affari costituzionali, circa l' improponibilità delle proposte di legge Fortuna e Baslini ai sensi dell'articolo 7 della Costituzione. io credo che in primo luogo — e non appaia ozioso — si debba riesaminare il testo dell' articolo 7 della Costituzione. direi che lo si deve riesaminare addirittura lessicalmente, perché l' articolo 7 della Costituzione è senza alcun dubbio, anche per la sua sinteticità, per le discussioni alle quali ha dato luogo all' Assemblea costituente e successivamente fino ad oggi, l' articolo più noto e più sofferto della Carta Costituzionale italiana, ma — come accade — forse anche per questo è probabilmente il meno conosciuto nei suoi effettivi significati; e lo dico, come ora dimostrerò, a prescindere da ogni polemica. l' articolo 7 contiene tre proposizioni: 1) lo Stato e la Chiesa sono, nei loro ordini, indipendenti e sovrani; 2) i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sono regolati dai patti lateranensi ; 3) la modificazione dei patti lateranensi , se bilateralmente accettata, non comporta procedura di revisione costituzionale. queste tre proposizioni — e soprattutto la terza, che è quella sulla quale maggiormente ci dobbiamo intrattenere — vengono, di norma, considerate disgiunte. io penso che questo sia un grosso errore e che, per valutare la portata dell' intero articolo 7 ed in particolare della terza proposizione, si debbano considerare unitariamente le tre proposizioni, considerando anche e soprattutto le conseguenze che l' una importa sull' altra e viceversa, e considerando alcuni corollari che derivano da tutte e tre le proposizioni singolarmente e collettivamente prese. facendo questo esame, che è un esame forse addirittura lessicale, io non ho da compiere alcuno sforzo di fantasia, nemmeno in senso politico, perché mi riferirò, come udirete subito, ad interpretazioni che sono state date, dall' Assemblea costituente in poi, da settori parlamentari che in questo momento stanno sostenendo le tesi opposte alle nostre. comincio con la prima proposizione: Stato e Chiesa indipendenti e sovrani. ne deriva un corollario che, tanto per cominciare con le citazioni dei settori attualmente nostri avversari, all' Assemblea costituente fu tratto, prima ancora che da deputati della Democrazia Cristiana , da illustri esponenti del partito liberale . un esponente del partito liberale all' Assemblea costituente , a proposito della prima proposizione, ebbe a rilevare che il dichiarare Stato e Chiesa indipendenti e sovrani significa dichiarare la loro originarietà; anzi venne usato un termine che normalmente non si usa se non nei testi costituzionali, « esseità » dell' ordinamento e dello Stato e della Chiesa; in particolare — così sostenne il partito liberale all' Assemblea costituente — originarietà dell' ordinamento canonico, che è diritto perché emana da un potere sovrano. questo primo corollario ha la sua importanza, e credo che su di esso dovremo tornare. normalmente, viene del tutto trascurata questa interpretazione, d' altra parte ovvia e quasi banale, da coloro che si occupano polemicamente dello articolo 7 della Costituzione. seconda proposizione: i rapporti tra Chiesa e Stato sono regolati dai patti lateranensi . ne derivano, a mio parere, tre corollari. primo corollario: poiché è stato detto nella prima proposizione che lo Stato e la Chiesa sono nei loro ordini indipendenti e sovrani e viene aggiunto nella seconda proposizione che i loro rapporti sono regolati dai patti lateranensi , ciò significa che l' Assemblea costituente ha riconosciuto nei patti lateranensi una garanzia di indipendenza e di sovranità tanto per lo Stato quanto per la Chiesa. credo che questa sia una osservazione di contenuto abbastanza importante, della quale normalmente ci si dimentica. il secondo corollario lo esporrò con una frase icastica che fu pronunciata all' Assemblea costituente dall' onorevole Togliatti (un nome che mi occorrerà citare alcune volte in relazione a questo dibattito). l' onorevole Togliatti, commentando la seconda proposizione dell' articolo 7 della Costituzione ebbe testualmente a dire: « ciò significa apporre sotto i patti lateranensi la firma della Repubblica » . io penso che fare onore alla firma della Repubblica dovrebbe essere, a tanti anni di distanza, un impegno per i deputati di tutti i settori rappresentati all' Assemblea costituente , ma penso, soprattutto, che fare onore alla firma della Repubblica dovrebbe rappresentare un impegno morale, politico e costituzionale per i deputati del settore al quale apparteneva l' onorevole Togliatti. vi è un terzo corollario che deriva dalla seconda proposizione dell' articolo 7, e cioè che i rapporti fra Stato e Chiesa — questo lo hanno riconosciuto tutti i costituzionalisti e, quindi, non ho bisogno di fare citazioni perché non vi sono controversie in dottrina, per quanto io abbia potuto appurare — debbono essere regolati da intese concordatarie. cioè la tesi dell' assenza di una intesa concordataria in Italia fra Stato e Chiesa, quale che essa sia, non è concepibile ai sensi della nostra Carta Costituzionale . più importante, ai fini che ci riguardano, è la terza proposizione, e cioè che le modificazioni accettate dalle parti non richiedono procedimenti di revisione costituzionale. il corollario è, in questo caso, evidentissimo e voglio esprimerlo con le stesse parole con cui esso è stato espresso nel commento alla Carta Costituzionale che è il più noto a noi parlamentari essendo il commento pubblicato nel 1954 da tre funzionari — allora — del segretariato generale della Camera dei Deputati e cioè da Vittorio Falzone, Filippo Palermo e Francesco Cosentino. in quel commento si dice: « la terza proposizione... ne presuppone e determina un' altra: « le modificazioni dei patti, non accettate dalle due parti, richiedono procedimento di revisione costituzionale » . anzi, si aggiunge: « che questo sia la necessaria conseguenza della terza proposizione fu unanimemente accettato: e in tale conseguenza sta soprattutto il contenuto normativo della proposizione » . mi sembra così che noi abbiamo cominciato a chiarire qualcosa, che dovrebbe stare a cuore di tutti i settori del Parlamento; abbiamo cioè dato luogo, se mi si permette l' immodestia, ad una interpretazione letterale, se vogliamo lessicale, terra terra , ma fedele dell' articolo 7 della Costituzione. soprattutto ho tentato inizialmente di dare luogo, per potermi muovere su un terreno sgombro da pregiudiziali polemiche, ad una interpretazione non controversa, e non controvertibile, dell' articolo 7 della Costituzione, l' aspetto più importante e più rilevante della quale è, ai fini che ci proponiamo, indubbiamente, l' ultimo: e cioè quello che consiste nel ribadire, lapalissianamente, che non può darsi luogo a revisione dell' articolo 7 della Costituzione che non sia bilaterale, senza una legge di revisione costituzionale. sintetizzando questo primo giudizio, a cosa si arriva? si arriva a stabilire, credo con chiarezza ed in maniera non controvertibile, che l' articolo 7 della Costituzione pone due riserve di legge . l' articolo 7 della Costituzione prevede per modificare i patti lateranensi o il ricorso ad una legge formale di approvazione di un trattato internazionale, di un nuovo concordato, perché non è ammissibile che un Concordato non vi sia, o il ricorso ad una legge di revisione costituzionale. la sola ipotesi che l' articolo 7 non ammette, ed esclude mi pare in maniera tassativa (e questo anche secondo anche il riconoscimento unanime della dottrina e dei settori politici), è il ricorso alla legge ordinaria . tale ricorso non è ammesso, tanto è vero che il successivo articolo 8, concernente le relazioni tra lo Stato italiano e le altre confessioni religiose in Italia, pone una riserva di legge ordinaria, per distinguersi immediatamente, con una ratio legis che non può essere discussa, e non può dare luogo a polemiche, dal precedente articolo 7. ci si domanda: l' articolo 7 ha dunque costituzionalizzato i patti lateranensi ? dopo quanto mi sono permesso di osservare, signor presidente , onorevoli colleghi , questa domanda è perfino superflua; non ha alcuna importanza stabilire se l' articolo 7 abbia costituzionalizzato i patti lateranensi . ed io dichiaro subito, senza il timore di cadere in contraddizione, o di indebolire le tesi che sto sostenendo, e che andrò a sostenere, che noi non riteniamo affatto che l' articolo 7 della Costituzione abbia costituzionalizzato i patti lateranensi , cioè che ogni singolo articolo o comma del trattato del Concordato siano diventati norma costituzionale per il fatto che nella Costituzione è stato inserito, nel testo che mi sono permesso di commentare rapidamente, l' articolo 7. quando nostri avversari politici, sostenitori della tesi opposta alla nostra, ritengono di avvalersi di questo argomento per confortare la loro tesi, non posso che allargare le braccia desolatamente. fin dalla Costituente infatti (mi sia consentito: è un giudizio politico, non vuole essere certamente un giudizio personale e morale nei confronti di illustri personaggi) solo i più sprovveduti fra i componenti della stessa Assemblea costituente o coloro che , come nel caso dell' onorevole Calamandrei, non essendo affatto sprovveduti, sostenevano ed esasperavano ad arte talune tesi per drammatizzare in un certo senso la situazione e ottenere certi risultati politici, solo i più sprovveduti, dicevo, o, mi tocca dirlo, come suggerisce l' onorevole Roberti, i più « callidi » (io stavo per dire i più in malafede) fra gli esponenti dell' Assemblea costituente , sostennero, per forzare la tesi e per ottenere risultati politici che erano facilmente, allora, configurabili e immaginabili, che l' articolo 7 potesse costituzionalizzare ogni singola norma e comma dei patti lateranensi . detto onestamente che non intendiamo affatto forzare la tesi e sostenere che l' articolo 7 abbia costituzionalizzato i patti lateranensi , debbo però, sia pure rapidamente, avvisare me stesso e i colleghi, che certo lo sanno (ma è un dovere esporre le tesi il più chiaramente possibile), che l' argomento è tutt' altro che chiuso anche in dottrina. se ne parla, infatti. vi sono diverse tesi al riguardo, e vi sono costituzionalisti, certo non vicini a noi (perché ormai anche la dottrina, come persino la magistratura, lo abbiamo appreso dai risultati di recenti elezioni, si divide in correnti politiche), che hanno sostenuto e vanno sostenendo la tesi della costituzionalizzazione dei patti lateranensi attraverso l' articolo 7. mi sia permesso di esporre le tesi che, in dottrina, ho rilevato sussistere, poiché un esame delle tesi altrui corrobora la nostra che, apparendovi, così come è, la meno estremizzata, vi apparirà, spero, anche la più obiettiva tra le tesi sostenibili a questo riguardo. un gruppo di costituzionalisti — io vi cito Amorth in La Costituzione italiana , vi cito D'Avack sui rapporti tra Stato e Chiesa, vi cito Pergolesi in Diritto costituzionale — sostengono che gli articoli del Concordato sono entrati a far parte integrante della nostra Carta Costituzionale . e in fin dei conti perfino il presidente della « Commissione dei 75 » alla Costituente, Meuccio Ruini, non andò molto lontano da una tesi simile perché — cito con esattezza — egli affermò per iscritto, nella relazione della « Commissione dei 75 » , che sulla base dell' articolo 7 della Costituzione, allora articolo 5 del progetto, i patti lateranensi acquisiscono un particolare valore costituzionale. ora, particolare valore costituzionale e particolare dignità costituzionale sono terminologie — debbo dire — piuttosto generiche e magari non molto precise; ma quando un costituzionalista dell' importanza di Meucci o Ruini afferma — e lo affermò allora, nel momento in cui l' Assemblea costituente esprimeva la sua volontà e la sua intenzione — che i patti lateranensi , attraverso l' articolo 7, acquisiscono un particolare valore costituzionale, indubbiamente egli si avvicina molto alla tesi della costituzionalizzazione di essi. un secondo gruppo di costituzionalisti — e in questo caso cito il Del Giudice in Manuale costituzionale , e cito soprattutto il Mortati, che fra i costituzionalisti vicini alla Democrazia Cristiana fu indubbiamente all' Assemblea costituente il più attivo, il più capace e il più prestigioso — sostiene che la norma di cui all' articolo 7 si propone di determinare la procedura di modifica dei patti ed è quindi da considerare come una norma di produzione giuridica. più esattamente, il Mortati, nelle sue Istituzioni, a pagina 994, sostiene che si è costituzionalizzato il principio della regolamentazione mediante concordato dei rapporti tra Stato e Chiesa. è una tesi perfettamente accettabile, che vorrei dire moderata, e che non pretende di recepire nella Carta Costituzionale le singole norme del trattato e del Concordato; ma è una tesi al di sotto della quale non si può andare, se si vuol dare un significato qualsiasi all' articolo 7 e in particolare al disposto del secondo comma dell' articolo 7, perché, se neppure in questo comma ci si trova di fronte ad una norma di produzione giuridica, né ad una norma intesa a stabilire una procedura, è difficile dire quale potesse essere l' intenzione giuridica, costituzionale e anche politica — ne parleremo — del Costituente. infine, un terzo gruppo di costituzionalisti — cito il Lener, vicino non a noi, ma ad altra parte politica ; cito il Bellini nello scritto patti lateranensi e Costituzione sostengono una tesi abbastanza simile alla precedente, cioè che con l' articolo 7 sia istituita una procedura di adattamento automatico per le norme concordatarie; adattamento automatico nel senso che, ove le norme concordatarie risultino in contrasto con gli interessi dello Stato, con gli interessi della Chiesa o con altre norme costituzionali, l' articolo 7 stabilisce le procedure attraverso le quali si possono rivedere i patti lateranensi : con le intese bilaterali o con un procedimento di revisione costituzionale. c' è poi la tesi del Virga. ho citato il Virga che è un costituzionalista molto lontano dalla nostra parte politica , se non altro perché è uno dei più accesi fautori dell' ordinamento regionale ed è addirittura il configuratore, dal punto di vista costituzionale, di un tipo di Stato che io non esiterei a chiamare quasi più uno Stato federale che uno Stato regionale o una società pluralistica, come quella che la Democrazia Cristiana ha dimostrato in tante occasioni di concepire. il Virga va al di là, e dichiara: « il Costituente ha inteso elevare i principi informatori dei patti a principi fondamentali, che si ponessero come limiti al legislatore ordinario » . quindi, mentre noi ci accontentiamo di stabilire che l' articolo 7 abbia inteso determinare una procedura per la revisione dei patti lateranensi , illustri costituzionalisti stabiliscono addirittura che l' articolo 7 abbia costituzionalizzato, se non altro, i principi fondamentali dei patti lateranensi . non è facile identificare quali possano essere i principi fondamentali dei patti lateranensi sotto la specie costituzionale; è più facile individuare i principi fondamentali sotto la specie politica. ma, sia che essi vengano individuati sotto la specie costituzionale, sia che vengano individuati sotto la specie politica, il principio di cui all' articolo 34 del Concordato, e sotto la specie costituzionale e sotto la specie politica, non può che essere considerato uno dei principi fondamentali dei patti lateranensi . non solo. il Virga va oltre e dichiara: « lo Stato conserva il potere di denunziare unilateralmente i patti, ma i principi fondamentali informatori dei patti, anche dopo l' eventuale denunzia di questi ultimi, continuano a costituire, finché rimarrà in vigore l' articolo 7 della Costituzione, limiti per il legislatore ordinario » . cioè, anche ove lo Stato italiano decidesse unilateralmente, per motivi ritenuti validi in ipotesi dall' intero Parlamento, di denunziare i patti lateranensi , i principi informatori di tali patti resterebbero un limite invalicabile per il legislatore ordinario; cioè, ove in ipotesi l' unanimità del paese, dell' opinione pubblica , del Governo, del Parlamento, dei partiti, dei gruppi parlamentari ritenessero di dover procedere unilateralmente, in una situazione gravissima di scissione tra Stato e Chiesa, alla denunzia del trattato e del Concordato, anche in quel caso i principi informatori fondamentali del trattato e del Concordato sarebbero un limite invalicabile per il legislatore ordinario. è tesi sostenuta, non in termini politici, ma in termini costituzionali, da un giurista, ripeto, non certamente vicino a noi. comunque, anche per ricordare a taluni settori immemori della Democrazia Cristiana un loro collega che all' Assemblea costituente e nella prima legislatura fu da tutti molto stimato — io lo dico, sì, con antica estimazione nei suoi confronti, anche perché si tratta di un uomo che ha saputo andarsene — rammento l' onorevole Dossetti, il quale allora, colleghi di parte comunista, fu d' intesa con l' onorevole Togliatti: una intesa che, dal punto di vista giuridico e parlamentare e sotto certi versi perfino politico, come dirò serenamente tra poco, li onorò entrambi. l' onorevole Dossetti e l' onorevole Togliatti furono un poco i dioscuri dai quali, nella sede della I Sottocommissione dell' Assemblea costituente , venne fuori il testo dell' articolo 5 del progetto, ora articolo 7. anzi, vi fu una cortese gara tra l' onorevole Dossetti e l' onorevole Togliatti per rivendicare ciascuno a sé medesimo e alla propria parte la primogenitura, l' ideazione del testo: e naturalmente prevalse, perché più abile e più intraprendente, l' onorevole Togliatti, il quale all' Assemblea costituente , in una famosa occasione che ricorderò tra poco, il 25 marzo del 1947, attribuì a se stesso il merito della formulazione dell' articolo 7 della Carta Costituzionale . l' interpretazione che dell' articolo 7 diede l' onorevole Dossetti è da noi del tutto accettata in questo momento e mi piace rileggerla rapidamente nel testo delle dichiarazioni esplicative che, a nome del gruppo della Democrazia Cristiana , l' onorevole Dossetti fece all' Assemblea costituente proprio in quella determinante seduta del 21 marzo 1947. l' onorevole Dossetti rispose in quella occasione ad una domanda dell' onorevole Gian Carlo Pajetta, il quale si agitava, sembra, anche ai tempi dell' Assemblea costituente , come ieri lo abbiamo visto agitarsi; si agitava però meno a vuoto, su temi di un maggiore contenuto, tanto che, commentando una frase della relazione dell' onorevole Ruini, l' onorevole Pajetta, che non aveva ancora ricevuto, evidentemente, dall' onorevole Togliatti alcuna istruzione e non sapeva ancora che poche ore dopo, nella stessa seduta, il gruppo parlamentare comunista avrebbe votato in favore dell' articolo 7 della Carta Costituzionale , disse (determinando la replica dotta e precisa dell' onorevole Dossetti): « ma insomma » (poverino! la sua ignoranza costituzionale era allora molto maggiore che non oggi) « queste norme ci sono o non ci sono nella Costituzione? ditecelo, per carità! » . a questo « per carità » , che rispondeva ad un certo clima che l' onorevole Togliatti stava introducendo nella dialettica parlamentare tra comunisti e democristiani, l' onorevole Dossetti non si sottrasse ed ebbe la cortesia di dare all' onorevole Pajetta una spiegazione, che, venti anni dopo, attraverso le parole di un democristiano che non è più parlamentare, un « missino » , che non era allora parlamentare (sono gli scherzi del destino), si permette di sottoporre alla cortese attenzione (se posso chiedere cortesia) dei colleghi della estrema sinistra : « queste norme — rispose Dossetti — non entrano affatto nella Costituzione. per convincersene basta ricordare la distinzione tra norme materiali e norme strumentali: norme materiali, quelle che disciplinano un fatto o un rapporto, norme strumentali, e più precisamente, nel caso, norme sulla produzione giuridica, quelle che non disciplinano alcun fatto o rapporto, ma semplicemente definiscono attraverso quale iter debbano essere prodotte certe altre norme giuridiche, che potranno essere eventualmente le norme materiali regolatrici di un certo fatto o rapporto. ora, la norma del secondo comma dell' articolo 5 » (l' attuale articolo 7) « non è una norma materiale, è una norma sulla produzione giuridica; non è una norma che abbia per oggetto i molti precetti contenuti nei 25 articoli del trattato e nei 45 articoli del Concordato, ma è una norma che ha per oggetto un precetto solo e precisamente questo: che le eventuali norme dirette a modificare le norme contenute nel trattato e nel Concordato debbono essere prodotte attraverso un determinato iter, cioè l' accordo bilaterale. ed è tanto vero che le norme contenute nel trattato e nel Concordato non vengono costituzionalizzate, restano cioè sul piano in cui si trovano ora, di norme puramente di legge e non di norme costituzionali, che esse potranno essere modificate, rispettato l' iter dell' accordo con la Chiesa, senza il procedimento di revisione costituzionale, come dice appunto l' ultima parte del secondo comma dell' articolo 5. sicché il significato ultimo di questa norma è semplicemente questo: stabilire quale sia il regime accolto dalla nostra Costituzione per le relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica , e stabilire insieme a quali condizioni dal regime prescelto si possa passare ad un altro diverso. dei vari regimi possibili per i rapporti tra Stato e Chiesa, lo Stato italiano adotta il sistema della distinzione delle due potestà e della loro coordinazione attraverso un atto bilaterale. stabilisce inoltre che il passaggio da questo sistema al sistema della disciplina unilaterale delle relazioni con la Chiesa, cioè il passaggio dal Concordato ad un sistema in tutto o in parte giurisdizionalistico, non possa avvenire altro che attraverso il procedimento di revisione costituzionale. questa è la portata, questo è tutto il significato giuridico e politico della norma tanto contrastata dell' articolo 5: affermare esplicitamente quello che secondo le vostre dichiarazioni, onorevoli colleghi , nessuno vuole negare, cioè che per i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica vige il sistema concordatario, e che la modifica unilaterale da parte dello Stato della disciplina esistente non può avvenire che attraverso un procedimento di revisione costituzionale » . io ho notato con sodisfazione che la tesi sostenuta tanti anni or sono, il 21 marzo del 1947, dall' onorevole Dossetti all' Assemblea costituente , e non contrastata in quella seduta dagli altri settori a cominciare da quello comunista, che votarono in favore dell' attuale formulazione dell' articolo 7, è stata integralmente ripresa dall' onorevole Gonella, quale presidente della Commissione — ne parleremo — per la eventuale revisione dei patti lateranensi nella seduta del 4 ottobre 1967, nel corso della quale prese la parola anche l' onorevole Antonino Tripodi (in particolare lo ricordo perché partecipò al dibattito con un magistrale intervento; così come devo ricordare il magistrale intervento pronunciato in quella seduta dal nostro compianto collega onorevole Galdo). ebbene, l' onorevole Gonella, quando nella seduta del 4 ottobre del 1967, a venti anni di distanza, intervenne sullo stesso problema, non fece che riprendere puntualmente le argomentazioni svolte venti anni prima dall' onorevole Dossetti. ho voluto dare luogo a queste citazioni per tranquillizzare ogni settore della Camera e per dimostrare che, se ci muoviamo sul terreno delle considerazioni obiettive e pacate in ordine a questo articolo della Costituzione, forse possiamo giungere ad una interpretazione che non disonori il Parlamento e che non riapra in Italia questioni che sarebbe bene non riaprire. signor presidente , poiché è chiaro che questo è un dibattito politico anche nelle sue premesse costituzionali, io, senza uscire dal tema della mia pregiudiziale di improponibilità, debbo fare anche delle valutazioni politiche prima di concludere la prima parte di questo mio intervento, relativo al significato dell' articolo 7. finora vi ho parlato del significato costituzionale e del significato lessicale dell' articolo 7, ma vi fu una ragione politica per l' introduzione e, soprattutto, per la votazione di tale articolo. onorevoli colleghi di ogni parte, vi fu una ragione politica persino clamorosa. perché? il perché sta tutto in quella frase di Togliatti che non a caso io ho citato prima. si trattava — Togliatti lo disse con la sua solita lucida e spregiudicata intelligenza — di apporre la firma della Repubblica sotto i patti lateranensi , cioè di avallare con la firma della Repubblica antifascista la firma di Benito Mussolini. questa fu la realtà politica del fatto. gradita o sgradita che fosse, la ragione politica del fatto fu questa, e il crocevia, la scelta, l' alternativa di fronte alla quale l' Assemblea costituente nelle sue varie componenti venne a trovarsi fu esattamente questa: e di questo si discusse. pur trattandosi di un' Assemblea che della Costituzione e di diritto costituzionale doveva discutere, non vi fu — lo sapete, molti di voi hanno la fortuna di ricordarlo — all' Assemblea costituente dibattito più qualificato di quello dal punto di vista politico. ed oso dire, a tanti anni di distanza, che è difficile immaginare un dibattito più qualificatamente politico dell' attuale dibattito. anche se esso ha inizio — come doveva avere inizio — in chiave costituzionale, questo è un dibattito politico, è, direi, l' atto politico più qualificante non solo in senso occasionale, ma addirittura in senso storico che il Parlamento si accinga a compiere. ed è politica — non lo dico per sminuire quanto i colleghi di ogni parte, a cominciare dalla mia, diranno poi nel merito — forse più questa prima fase di interpretazione costituzionale, cioè di assunzione di responsabilità costituzionale da parte di tutti i settori della Camera, che non la stessa parte di merito della quale, probabilmente a lungo, questo e l' altro ramo del Parlamento si dovranno occupare. la discussione politica come si svolse sull' articolo 5 del progetto nella seduta del 25 marzo 1947? prima di tutto, signor presidente , dobbiamo dare atto ai nostri padri costituenti di aver saputo fare quello che noi non sappiamo fare quasi mai o mai addirittura. fu un dibattito politicamente sintetico e stringato. in una rapida seduta si partì dalle premesse e si giunse alle conclusioni; nella seduta pomeridiana del 25 marzo fu detto tutto. fu detto tutto perché il problema era maturo nella coscienza del paese? no, fu detto tutto perché il problema era maturo nelle decisioni dei partiti politici e perfino il fatto clamoroso, cioè il voltafaccia del partito comunista , era più o meno noto fin dall' inizio della seduta, anche se non erano certamente noti i termini nei quali poi si espresse l' onorevole Togliatti. ed è proprio attraverso talune citazioni di quanto in quella seduta ebbe a dire l' onorevole Togliatti che io voglio andare a ravvisare la ragion politica di quella scelta. badate, onorevoli colleghi (lo dico soprattutto ai colleghi dell' estrema sinistra , ai comunisti e ai socialisti che tennero in quella occasione atteggiamenti differenziati), io non ricorrerò, nella interpretazione politica di quella scelta comunista e della diversa scelta socialista del 1947, alla interpretazione certamente non del tutto errata alla quale fin da allora si è fatto ricorso. cioè non voglio sminuire nel ricordo l' importanza qualificante della scelta che ritennero di fare allora i comunisti. io non voglio limitarmi a credere, immeschinendo io stesso la questione, che i comunisti si siano comportati in quel modo il 25 marzo 1947 perché si era ormai sostanzialmente alla vigilia di una grossa scelta elettorale. io non voglio pensare che questo elemento sia stato il dato determinante della scelta comunista di quel giorno, anche se, senza alcun dubbio (e non c' era nulla di male; i partiti debbono pure curare i loro rapporti con la pubblica opinione ), il dato elettorale, o piuttosto preelettorale, ebbe la sua importanza. io voglio piuttosto ricordare, onorevoli colleghi , quale era la situazione politica il 25 marzo 1947. De Gasperi proprio in quel momento aveva rotto il fronte « ciellenista » e partigiano; De Gasperi proprio in quei mesi, in quelle settimane aveva messo bruscamente, anzi diciamo pure brutalmente sotto la specie politica, alla porta i comunisti e i socialisti. il Vaticano non era certamente il Vaticano conciliare o postconciliare dei nostri tempi, era — piacesse o non piacesse, comunque storicamente quegli atteggiamenti possano essere giudicati — il Vaticano della scomunica nei confronti dei comunisti e dei loro alleati. si era ai ferri corti; la polemica era violentissima tra la parte comunista e la parte cattolica — o clericale, in genere — tra il partito e il gruppo comunista e il gruppo della Democrazia Cristiana . non vi erano certamente i « colloqui sul pianerottolo » dell' onorevole Piccoli, e tanto meno gli incontri in alcova vaticinati da personaggi come l' onorevole Donat-Cattin, o l' onorevole Gallonio l' onorevole De Mita . non ci si accingeva, allora, a nuovi patti costituzionali: era già pesante la polemica sul patto costituzionale che si andava allora a stringere. ascoltate ciò che disse Togliatti in quella occasione, e poi chiediamoci quale fosse la ragion politica del suo atteggiamento. Togliatti (cito fedelmente alcune frasi) disse: « non abbiamo avuto nessuna difficoltà ad approvare la prima parte dell' articolo; anzi, i colleghi della I Sottocommissione ricordano senza dubbio che questa formulazione è stata data da me stesso » . ci teneva che lo si ricordasse; c' era un certo snobismo, direi commovente, da parte dell' onorevole Togliatti, che era, come me, un professore di lettere e non un giurista, non un costituzionalista; uno snobismo commovente financo nel dire (non lo citerò testualmente per non farvi perdere tempo, ma l' episodio è interessante dal punto di vista psicologico) all' onorevole Dossetti: lei ha frequentato i corsi di diritto canonico; ma sappia che mi sono addottorato anch' io in diritto canonico; e uscendo da quei corsi, ancor quasi ragazzo, mi incontravo con un altro personaggio di mia parte, che era Gramsci, e discutevamo sui rapporti tra Stato e Chiesa. sembra un dialogo leopardiano quello tra Togliatti e Dossetti, nell' atmosfera rarefatta dell' Assemblea costituente di 22 anni fa. non solo, ma c' è una notazione ancor più divertente — nel senso simpatico del termine una polemica a distanza tra Togliatti e Missiroli. pensate: Missiroli! e quando ho detto Missiroli ho detto tutto, perché credo di abbracciare in lui tutti i settori dell' opinione pubblica italiana e di questo Parlamento. Togliatti polemizzava a distanza con Missiroli, il quale si era permesso di scrivere un articolo in cui accusava Togliatti di non avere coscienza etica dello Stato perché si accingeva a votare in favore dell' articolo 7. Togliatti allora reagisce dichiarando che egli ha coscienza etica dello Stato proprio perché vota in favore dell' articolo 7, vota perché la pace religiosa sia assicurata agli italiani; e al Missiroli dedica una battuta che è una spietata liquidazione: « noi, lezioni di etica da un camaleonte non ne prendiamo » . chi avesse detto allora a Palmiro Togliatti che avrebbero potuto essere accusati di camaleontismo tutti i suoi colleghi da noi, dopo 22 anni! anche queste sono le allegre, ma significative e sintomatiche vendette della storia. ma ve ne sono altre, a questo riguardo. allora, Togliatti non prendeva lezioni da un camaleonte come Missiroli, e soprattutto non accettava che si disgiungesse il senso etico dello Stato dalla ragion politica che lo muoveva a portare tutto il gruppo comunista sulle posizioni dell' articolo 7. c' è qualcosa di ancor più divertente, perché riguarda stavolta personaggi di questa Camera e, più precisamente, socialisti e liberali. i socialisti, riottosi, ringhiosi, per bocca di Nenni avevano pronunciato un violento discorso antidegasperiano (anche in questo campo credo che tante cose siano state riviste) e anticlericale, uno di quei discorsi tribunizi che Nenni pronunciava nei suoi bei giorni, con i soliti giudizi pesantissimi e globali, come si dice oggi, secondo i quali era un' infamia e una vergogna sancire, con la firma della Repubblica, i patti infausti che la dittatura aveva voluto a proprio beneficio e a beneficio dei clericali. Togliatti si rivolse ad essi tutto gentile (io non lo ascoltai in quell' occasione, perché non potevo esserci, ma immagino la sua voce flautata e leggermente ironica) e, come colui che la sa lunga, come colui che fa politica di fronte all' infantilismo (nessuna allusione, per carità, a certi attuali atteggiamenti socialisti: si trattava dei socialisti di allora; i socialisti di oggi sono diventati maturi e certi atteggiamenti infantili non sono loro propri), Togliatti, dicevo, rivolgendosi ai socialisti disse testualmente: « qui la mia dichiarazione di voto potrebbe trasformarsi in un appello. potrei rivolgermi ai colleghi socialisti invitandoli a votare come noi voteremo » . egli non volle impegnarsi nel rivolgere l' appello, perché sapeva che in quel momento non gli avrebbero dato ascolto, ma vedeva alla lontana e immaginava, tanti anni prima, che 20 anni dopo quegli appelli, non più togliattiani, e in opposto senso, avrebbero avuto tanti ascoltatori in quest' Aula, dai comunisti ai socialisti e ai liberali. quanto ai liberali, l' onorevole Togliatti li trattò con minore benignità, anche perché i liberali si divisero nel voto: una pattuglia fu per l' articolo 7 e una pattuglia più ridotta fu contro: non si sapeva bene quale fosse il loro atteggiamento politico, perché fecero anche dichiarazioni di voto differenziate. Togliatti disse (bella frase, letteraria, da professore!) « l' onorevole Benedetto Croce » (questo « onorevole Benedetto Croce » è bello) « è passato in quest' Aula come un' ombra: l' ombra di un passato lontano » . nello stesso momento in cui Togliatti poneva la firma della Repubblica come avallo sotto quella di Mussolini (ombra di un passato vicino, ed egli ben lo sapeva), l' ombra di Benedetto Croce era « l' ombra di un passato lontano » . è una interpretazione comunista (noi l' accettiamo) del ruolo liberale nella società politica italiana , nello Stato moderno italiano. vorremmo che i comunisti, e anche i liberali, qualche volta si ricordassero di queste acute impostazioni. e, quanto alla parte impegnativa dell' intervento di Togliatti, cioè la ragion di Stato , la ragion politica del suo atteggiamento, Togliatti volle citare (e anche questo è importante, colleghi di parte comunista), proprio a smentire che si trattasse di un voltafaccia parlamentare, d' un atteggiamento occasionale e opportunistico, volle citare — dicevo — quanto un anno prima, all' inizio del 1946, egli aveva detto a Roma al V congresso del partito comunista . cioè volle far pesare in quest' Aula la voce del partito, come fa il comunista ortodosso, come faceva Togliatti quando si vestiva di autorità e faceva capire ai colleghi e ai compagni che, gentilezza a parte, « così » si vota. affermò Togliatti (cito anche qui testualmente) di avere esattamente ripreso questo concetto nel V congresso del partito comunista (badate: inizio del 1946, pochi mesi dopo, in sostanza, quella che voi chiamate la Liberazione): « comprendiamo benissimo che il Concordato non potrebbe essere riveduto se non per intesa bilaterale, salvo violazioni che portino l' una parte o l' altra a denunziarlo. riteniamo che il Concordato sia uno strumento bilaterale e che solo bilateralmente potrà essere riveduto » . e, a chiosa — sempre altamente politica — di queste affermazioni da lui trasferite dalla sede del partito alla sede dell' Assemblea costituente , egli si rivolse alla Democrazia Cristiana con un' autorità che probabilmente i comunisti oggi non hanno, dicendo: « i colleghi di parte democristiana alle volte parlano presentandosi come unici difensori della libertà della coscienza religiosa delle masse cattoliche. non credo che alcuno dei partiti di sinistra voglia lasciare loro la esclusività di questa funzione » . ora ho l' impressione che i partiti di sinistra e anche qualche partito di centrosinistra abbiano inteso o tentato affidare alla Democrazia Cristiana la esclusività della rappresentanza della libertà religiosa delle masse cattoliche. ma la Democrazia Cristiana di oggi è così gentile! non vuole certe esclusività, non difende certe cause fino in fondo (e ne parleremo più avanti); sicché non si corre il pericolo, a tanti anni di distanza, che risorga per mano comunista e liberale quell' integralismo clericale e democristiano che potrebbe preoccupare tutte le altre parti politiche compresa la nostra. in una recente trasmissione televisiva , il segretario nazionale della Democrazia Cristiana , onorevole Piccoli, si è violentemente scagliato contro un giornalista di mia parte, reo di avere ricordato benignamente qualche cosa di De Gasperi tanti anni dopo; all' onorevole Piccoli, che è esclusivista di tutto quello che, intorno a Trento per lo meno, si è fatto, si fa, o si farà, dispiacque che un giornalista « missino » osasse elogiare De Gasperi (ci è interdetta perfino la possibilità di elogio nei confronti di De Gasperi ). lo voglio elogiare anch' io che tante volte, dalla più modesta tribuna di quest' Aula (quando eravamo in cinque) mi sono permesso allora di criticare il grande De Gasperi . ebbene voglio dare atto a De Gasperi di qualche cosa di importante che egli disse in quella seduta e che avete dimenticato. egli, per esempio, ricordò che l' articolo 44 del Concordato afferma: se in avvenire sorgesse qualche difficoltà, la Santa Sede e l' Italia procederanno di comune intelligenza ad una amichevole revisione. avete scoperto il cavallo 20 anni dopo! avete mostrato di cedere agli altri gruppi del centrosinistra, accettando dai repubblicani e dai socialisti il principio della possibilità di rivedere i patti imposti dalla dittatura; e la dittatura ha scritto, all' articolo 44 di un Concordato che voi democristiani non avete letto, che si poteva procedere (era un trattato internazionale, non era una norma costituzionale) di comune accordo per una amichevole revisione dei patti. voi state per arrivare ad una non amichevole revisione e vi vantatene parlerò più avanti — di avere introdotto nel nostro sistema questo principio della revisione; e ancora una volta avete apposto la firma della Repubblica alla vostra condanna, come avallo sotto la firma di Benito Mussolini. ce ne dispiace per voi, ma hic Rhodus , hic salta , queste sono le forche caudine sotto le quali dovrete passare fino a quando esisterà un articolo 7 della Costituzione, fino a quando esisteranno nella storia d' Italia e nella riconoscenza — io penso — del popolo italiano e nella coscienza religiosa degli italiani i patti lateranensi . e aggiunse De Gasperi rivolto ai socialisti, con la sua tipica durezza: « si tratta della questione fondamentale. se la Repubblica accetta l' apporto della pace religiosa che questo Concordato offre, votando contro voi aprite in questo corpo dilaniato d' Italia una nuova ferita che io non so quando rimarginerà » . rendetevi conto, colleghi, che nel 1947 queste erano parole coraggiose. dire allora (questo Concordato era, brutalmente, il Concordato di Pio XI e di Mussolini, e lo era ancora più di oggi): bisogna accettare la pace religiosa che questo Concordato offre all' Italia, altrimenti si spacca, si dilania il corpo già tanto martoriato della nostra patria, costituiva una posizione morale, coraggiosa, una posizione da uomo di Stato. oggi, ne parlerò a conclusione, siamo calati molto in basso. oggi si vuole arrivare, ed è l' oggetto di merito del quale parleremo più avanti, ad accettare l' introduzione del principio del divorzio nella nostra legislazione. ma, prima di tutto — ecco perché dicevo che il dibattito più importante o per lo meno quello più specificamente politico si svolge sugli aspetti costituzionali del problema — si vuole sopprimere, in pratica, l' articolo 7 della Costituzione. questa è una vendetta di Nenni, e Nenni non ne ha alcuna colpa perché egli non vorrebbe vendicarsi, tutt' altro; non è più nemmeno vendicativo, l' onorevole Nenni. non ha più neppure quegli aspetti che potevano essere deprecabili, ma che potevano anche essere piacevoli e simpatici nel suo atteggiamento. l' onorevole Nenni deve stare, vuole stare, non vuole e non può più muoversi; non è più lui che si vuole vendicare, ma invece quel partito politico che, per fortuna d' Italia, non esiste più in quanto tale, ma che ai tempi dell' Assemblea costituente rappresentò tanta parte della nostra disgraziata vicenda nazionale, in Parlamento e in piazza; e cioè il partito d' azione . gli « azionisti » , dopo 20 anni, si vendicano e non attraverso l' introduzione del divorzio, ma si vendicano sopprimendo di fatto l' articolo 7 della Costituzione che ha rappresentato il più grosso schiaffo che al partito della faziosità congenita, dell' antifascismo più viscerale e, diciamolo pure — me lo consenta l' onorevole presidente — più cretino, sia stato dato. si vendicano, ripeto, sopprimendo l' articolo 7 della Costituzione, in quanto a loro l' introduzione del principio del divorzio interessa assai meno, anche perché sono tanto vecchi (credo che in quest' Aula a pochi interessi, fra coloro che hanno partecipato a più legislature, il merito di questa legge). interessa loro quello che può interessare a dei « vecchietti » incalliti nell' odio e nella cattiveria: cancellare, togliere di mezzo l' articolo 7. e hanno scelto le due strade. la prima è quella della famosa revisione dei patti lateranensi attraverso l' ordine del giorno approvato nel 1967 (la Commissione è già all' opera, ma non sappiamo cosa farà); e per poter imboccare quella strada i vecchietti cattivelli del centrosinistra hanno scelto la copertura del centrosinistra stesso, poiché sul terreno della revisione hanno trovato concordi, o per lo meno passivi, molti settori della Democrazia Cristiana . sanno perfettamente che è una strada bloccata, sanno perfettamente che quella Commissione non giungerà ad alcun risultato e che o proporrà alla controparte, al Vaticano, alcune modificazioni (come ricordava l' onorevole Tripodi in una recente seduta) di non rilevante portata (e allora la Commissione sarà stata del tutto inutile, perché, ripeto, nel Concordato è già indicata la procedura per l' amichevole revisione dei patti), o quella commissione porrà al Vaticano, e non credo che avrà la statura ed il coraggio necessari (penso comunque che il presidente di quella commissione, l' onorevole Gonella, rifiuterà di farlo, ed eventualmente sarà necessaria una modifica della struttura della commissione), grandi problemi come questo: la modifica o l' annullamento dell' articolo 34 del Concordato. ed allora si giungerà alla frattura, e vi si giungerà dopo che il Parlamento, non rispettando e cancellando per l' altra parte l' articolo 7 della Costituzione, avrà proceduto unilateralmente, con legge ordinaria , e non con legge costituzionale , alla revisione del Concordato in una delle sue norme più importanti. insomma, onorevoli colleghi del centrosinistra, se avete costituito una Commissione per la revisione del Concordato, se ritenete che la revisione sia matura, se ritenete in buona fede (non voglio discutere della vostra buona fede o delle vostre buone intenzioni) che trattandosi di un documento vecchio ormai di molti anni, talune clausole, anche importanti, anche fondamentali, debbano essere modificate, e se, ritenendo ciò, avete pensato di dover seguire soltanto la strada che Mussolini e Gasparri vi avevano indicato con l' articolo 44 del Concordato (e cioè la strada della revisione amichevole, della revisione concordata), se avete costituito una commissione, se essa è al lavoro, se dovrà necessariamente affrontare tra gli altri temi quello relativo al matrimonio concordatario, perché in altra guisa, senza trattative con l' altra parte, senza procedura costituzionale, con legge ordinaria , con un colpo di maggioranza , volete portare innanzi una violazione della Costituzione, una violazione dei patti? perché volete giungere, ecco il vero intento, alla cancellazione dell' articolo 7, in quel significato che non De Gasperi gli attribuì, ma che, con firme di avallo poste sotto la firma del fascismo, Togliatti e De Gasperi insieme riconobbero al Concordato, inteso come garante della pace religiosa in Italia? voglio dirvi che non sto discutendo del divorzio, problema di merito del quale si parlerà più avanti. il mio partito ha assunto le posizioni che ufficialmente ha reso già note e che noi sosterremo in quest' Aula votando contro le proposte di legge Fortuna e Baslini. non sto discutendo quindi del divorzio, sto tentando di ridiscutere di ciò di cui si discusse provvidenzialmente — non a caso uso questo avverbio — 22 anni fa in questa stessa Aula. sto cercando cioè di ricordare a me stesso, attraverso le mie modeste letture costituzionali e politiche, e ad alcuni di voi, come testimoni, che il problema è quello della pace religiosa. non è neppure quello del referendum o di altri strumenti che potranno o non potranno essere adottati, non è il problema dei voti che rifluiranno nell' una o nell' altra direzione in occasione delle prossime elezioni. il problema è quello della pace religiosa, non già perché il divorzio in sé la turbi, ma perché turba il modo con cui si vuole procedere alla cancellazione dell' articolo 7 della nostra Carta Costituzionale . la turba e la turberà il modo con cui si vuole arrivare a togliere di mezzo una garanzia che un altro regime aveva dato a questo regime che si chiama garantista, ma che di dare garanzie sta dimostrandosi incapace in tutti i settori e a tutti i livelli. che sia così lo dimostra persino l' ordine del giorno del centrosinistra nel suo testo letterale, a proposito della revisione del Concordato, là dove al punto 3 dice che « l' orientamento della revisione va prospettato in rapporto alla evoluzione dei tempi e allo sviluppo della vita democratica ; le direttive procedurali indicano nelle intese bilaterali previste dalla Costituzione la via da seguire per il procedimento di revisione del Concordato » . voi, onorevoli colleghi , con un ordine del giorno del centrosinistra avallato dal Governo, ci dite che la via da seguire è quella delle intese bilaterali. quando poi viene presentata una proposta di iniziativa parlamentare di questo rilievo, che intacca la possibilità di intese bilaterali, vi rifugiate dietro lo scudo (non crociato) del partito. si dice: questo non è problema di Governo. ieri l' onorevole La Malfa , rispondendo ad una mia osservazione relativa alla verifica della maggioranza che in questi giorni si va compiendo (e non può non compiersi) ha risposto: onorevole Almirante, questo non è problema di Governo, non è incluso negli accordi di Governo. lo so che non è un problema di Governo; so però che è ignobile che si costituisca una coalizione di Governo la quale considera fondamentale la spartizione dei posti alla Rai-TV o nelle banche di Stato, e considera irrilevante, comunque superabile, comunque oggetto di una controversia non di fondo, un problema di questo peso e di questa importanza. voi state seguendo la strada della non correttezza, della immoralità politica. e questo giudizio non riguarda le sinistre, le quali fanno il loro gioco — un gioco che io mi permetto di ritenere, ma certamente sbaglio, errato — ma questo nostro giudizio riguarda soprattutto il settore della Democrazia Cristiana e comunque i settori governativi. i partiti di Governo, i gruppi parlamentari che appoggiano il Governo hanno una veste particolare, non possono concedersi i lussi che le opposizioni forse si possono concedere. voi, come Governo, non potete agire strumentalmente e soprattutto non potete permettervi di agire strumentalmente come delegazioni dei vari gruppi o partiti al Governo, non potete divorziare la sera e sposarvi al mattino come certamente vi accingete a fare nei prossimi giorni; non potete barattare il divorzio con le regioni, perché tutto questo è vergogna, e ciò non importa, perché riguarderà voi; ma tutto questo è danno per lo Stato italiano, che non vi appartiene e che non potete trattare in questo modo. e adesso, onorevoli colleghi , vi chiedo scusa perché non ho finito e debbo tornare — dopo aver parlato della ragion politica dell' articolo 7 della Costituzione e quindi della ragion politica di questo problema — alle questioni costituzionali, perché debbo un pochino fare l' avvocato del diavolo e rispondere in anticipo alle obiezioni che facilmente possono essere mosse — e certamente con larga dottrina saranno mosse — dalle altre parti. debbo occuparmi cioè dell' articolo 34 del Concordato, perché la tesi di coloro i quali sostengono che con legge ordinaria si può procedere è non soltanto relativa alla valutazione dell' articolo 7 — e credo di averne parlato anche troppo ampiamente — ma è relativa alla valutazione dell' articolo 34 del Concordato in rapporto con le proposte di legge Fortuna e Baslini. l' onorevole Fortuna e l' onorevole Baslini, sostenitori nel merito e dal punto di vista costituzionale di questa proposta di legge , ritengono infatti (non voglio discutere la loro buona fede ) che l' introduzione dell' istituto del divorzio non modifichi l' articolo 34 del Concordato. mi sarebbe molto facile, onorevole Fortuna, rispondere con una scrollata di spalle, con una battuta, naturalmente con tutto il riguardo per lei e per la sua fatica; polemicamente, mi sarebbe molto facile. infatti, mi sarebbe molto facile rilevare che, se davvero l' introduzione dell' istituto del divorzio non modificasse il Concordato, tutto il chiasso che la sua parte, ed ella in prima persona, avete fatto per anni e state facendo ancora oggi nei confronti della nefasta eredità, del nefasto regime che attraverso l' articolo 34 ha introdotto nella legislazione italiana la soggezione alla Chiesa in ordine al matrimonio, quella polemica non solo sarebbe strumentale, ma sarebbe ridicolmente controproducente. sono anni che le due polemiche vanno di pari passo: quella per l' introduzione del divorzio nella nostra legislazione e quella contro l' articolo 34, cioè contro ciò che il fascismo avrebbe ceduto. lo riconosciamo: si è trattato di un Concordato; e forse l' articolo 34 ha costituito uno tra i riconoscimenti — diciamo garbatamente — che la Chiesa più ambiva. tutti sappiamo (lo ha ricordato l' onorevole Tripodi in recenti dibattiti, e lo ricorda anche il relatore per la maggioranza) che la Chiesa voleva di più e non ottenne quel « più » che voleva dal capo del regime fascista. ma tutti sappiamo anche che la Chiesa teneva particolarmente all' articolo 34. sono anni — ripeto — che queste due polemiche (quella contro il Concordato in generale e contro l' articolo 34 in particolare, e quella per il divorzio) procedono di pari passo. vi siete accorti voi stessi di non potere logicamente condurre l' una senza l' altra. il vostro bersaglio è l' articolo 34 in certe sue formulazioni, che ora ricorderò, e in certe sue interpretazioni, che ora pure ricorderò. quando vi si domanda se vogliate modificare l' articolo 34, rispondete: « per carità! l' articolo 34 non c' entra, esso resta inalterato » . onorevole Fortuna, ella mi darà atto che si tratta di una tesi dialetticamente (e dialetticamente tutto possiamo sostenere qui dentro e fuori di qui) anche abile; si tratta di « glissare » invece che affrontare un ostacolo. ma sostenere che l' introduzione del divorzio nel nostro ordinamento giuridico non innovi sul testo dell' articolo 34 del Concordato è assolutamente impossibile. potrei anche fermarmi qui, ma voglio motivare la mia affermazione, che potrebbe sembrare ai colleghi troppo drastica. sempre per fare il contraddittore di me stesso, in attesa dei validi contraddittori delle altre parti, ricordo a me stesso non ciò che è scritto nella relazione per la maggioranza, perché (lo dirò fra poco, e me ne dispiace) sia la relazione del collega Lenoci sia quella introduttiva del collega Baslini sono fortemente manchevoli sotto l' aspetto costituzionale: dicono assai poco e, anzi, la relazione Lenoci dice cose pesantemente contraddittorie le une nei confronti delle altre; mi riferirò a ciò che più validamente — devo osservare — il collega Ballardini in questa legislatura e il collega Martuscelli nella precedente legislatura hanno obiettato, in sede di Commissione affari costituzionali, alle tesi che mi sono permesso di sostenere. in particolare l' onorevole Martuscelli, socialista, nella scorsa legislatura mi invitò, con la serenità di cui era ed è senza dubbio capace, a considerare partitamente la prima parte dell' articolo 34 del Concordato e la seconda parte; e mi invitò a pormi una domanda, in primo luogo: se la prima parte costituisca una norma di principio e di indirizzo oppure una norma giuridica. la prima carte dice: « lo Stato italiano, volendo ridonare all' istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili » . chiedono i colleghi del partito socialista se il primo comma dell' articolo 34, con questa formulazione in cui si parla di sacramento in un testo giuridico, sia una norma di principio e di indirizzo oppure una norma giuridica. si può rispondere in due modi. in primo luogo, ammettiamo che si tratti di una norma di indirizzo e di principio e non di una norma giuridica propriamente detta. in questo caso, la nostra tesi è ancora più valida perché, se si tratta di una norma di indirizzo e di principio, il modificarla sconvolge tutto il sistema; se si trattasse solo di una norma giuridica, il modificarla potrebbe non essere considerato uno sconvolgimento del sistema. ma, poi, faccio un' altra domanda: c' è qualcuno che sappia spiegare, in quest' Aula o fuori di qui, la differenza, in termini giuridico-costituzionali, fra norma di indirizzo o di principio e norma giuridica vera e propria? vorrei saperlo, così come vorrei sapere da tanti anni, e non ci sono ancora riuscito, la distinzione famosa tra le norme precettive e le norme direttive della nostra Carta Costituzionale . vorrei saperlo soprattutto dai colleghi di sinistra, perché, quando su altri argomenti, nelle interpretazioni costituzionali, qualcuno magari il sottoscritto — tenta una timida distinzione fra norma precettiva e norma direttiva, sono proprio le sinistre, nel quadro della più avanzata interpretazione della Carta Costituzionale italiana, a negare che si possa distinguere tra norma e norma; a negare che si possa attribuire validità cogente ad una certa norma e ad altra no; a negare che una norma abbia maggiore dignità costituzionale di un' altra, e anzi a ingiuriare come nemici della Costituzione, nella sua accezione più moderna e più valida, proprio coloro che tentano determinate differenziazioni. quindi, questa prima osservazione socialista non sembra convincente. e se non convince questa affermazione e se si mantiene all' articolo 34, primo comma, il significato giuridico e costituzionale che oggi esso acquista, non perché recepito nella Costituzione, ma perché, come ho detto prima, l' articolo 7 ha per lo meno stabilito come norma sulla produzione giuridica che per rivederlo si debba procedere in determinati modi, il discorso cade ancora una volta, perché la dizione è chiara: « lo Stato italiano, volendo ridonare all' istituzione del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili » . ma io debbo darvi, colleghi dell' estrema sinistra e di sinistra, e anche democristiani, un altro piccolo dispiacere. ho davanti a me la relazione Rocco e la relazione Solmi al disegno di legge che fu ritenuto necessario fatto significativo — dal governo fascista per dare attuazione alle norme del Concordato sul matrimonio. uscirono allora due disegni di legge : uno relativo all' attuazione delle norme concordatarie in genere ed uno specifico (uscirono lo stesso giorno, ma erano due disegni di legge diversi) relativo alla normativa sul matrimonio. debbo darvi qualche dispiacere, dicevo, perché ci avete imbottito il cranio nei giorni scorsi, a proposito della riforma del codice di procedura penale , con le vostre polemiche, spesso esagitate, alla Nenni vecchia maniera, vecchio stile, nei confronti dei codici Rocco. ho qui dinanzi a me la relazione Rocco, che ci riguarda, perché è direttamente interpretativa della volontà del legislatore di allora, una relazione al cui valore interpretativo non si può sfuggire; ai sensi dell'articolo 12 delle preleggi, che ci comandano di interpretare una legge secondo la connessione delle parole e l' intenzione del legislatore. una relazione alla quale non potete sfuggire, colleghi di tutte le parti variamente o variopintamente antifasciste, perché quando si è stabilito e sancito, oltre 20 anni fa, che la Repubblica ha posto la firma di avallo sotto il Concordato stipulato dal pontefice di allora e dal capo del fascismo, se ne devono subire le conseguenze anche giuridiche. questa relazione è un elemento di interpretazione dal quale non si può decampare. lo avete letto, per cortesia, colleghi che vi agitate per dimostrare l' inconsistenza delle nostre tesi costituzionali? non mi permetterò certamente di leggervi per intero e neanche in parte queste due relazioni; mi permetterò soltanto di citare qualche passo, che è di notevole importanza. a pagina 1 della relazione Rocco al disegno di legge di applicazione dell' articolo 34 si legge: « il riconoscimento degli effetti civili al matrimonio religioso consiglia innanzi tutto di ravvicinare il più possibile la disciplina del matrimonio civile a quella del matrimonio religioso » . Rocco insiste su questo concetto di ravvicinamento. riconosco io stesso che il concetto di ravvicinamento in termini giuridici è un concetto un po' vago, e allora a pagina 3 il legislatore del tempo torna su questo concetto e dice: « il governo del re confida di aver raggiunto l' obiettivo di ravvicinare o addirittura unificare in punti di particolare interesse politico la disciplina del matrimonio civile e quella del matrimonio religioso » , a smentita di tutti coloro che con molta leggerezza e senza aver letto né il disegno di legge , né soprattutto la relazione hanno dichiarato che, poiché la parola « sacramento » nel disegno di legge non compare — e non poteva comparire in un disegno di legge : oltre tutto sarebbe stato irriverente — vi sarebbe stato dall' articolo 34 del Concordato al disegno di legge di attuazione un allontanamento, un rallentamento degli impegni, dei vincoli che erano stati assunti dal punto di vista giuridico. è esattamente il contrario, e ve lo dimostrano altre due formulazioni ancora più chiare di questa, là dove si dice: « e poiché il Concordato attribuisce ai tribunali ecclesiastici il giudizio sulla nullità dei matrimoni regolati dal diritto canonico, necessità vuole che anche la valutazione preventiva delle cause che dovrebbero impedire il matrimonio sia fatta dalle autorità ecclesiastiche. ciò non è stabilito espressamente dal Concordato, il quale si occupa solo dei giudizi di nullità, ma l' applicazione franca e leale che lo Stato italiano intende di dare al Concordato deve portare a questa logica conclusione » . strani termini in una relazione governativa: « applicazione franca e leale » ; termini certamente imprudenti se dovessero essere usati da un Governo democristiano o di centrosinistra di oggi, termini, però, sufficientemente chiari per allora e per oggi se si vuole interpretare la volontà del legislatore di allora. e c' è un' annotazione ancora più precisa a pagina 5 di questa relazione; e credo che il passo che sto per citare chiuda veramente, se i colleghi della maggioranza avranno la bontà di leggerlo e di commentarlo con serenità, ogni possibile polemica a questo riguardo. ascoltate: « non potrebbe quindi lo Stato » (parla dell' interdizione e delle sue conseguenze sul matrimonio o sulla nullità del matrimonio) « riconoscere effetti civili al matrimonio contratto dall' interdetto. con ciò non si sottrae il matrimonio alle norme del diritto canonico, da cui deve essere regolato, giacché anche per il diritto canonico un infermo di mente non è ammesso a contrarre matrimonio » . quindi il legislatore fascista (un legislatore che faceva capo ad un Governo il quale, nel corso delle trattative, aveva detto « no » quando gli era stato chiesto un impegno relativo alla futura attività legislativa), interpretava, però, lealmente le norme che aveva ritenuto di approvare; ed in una interpretazione chiara e leale dell' articolo 34 del Concordato riconosceva le conseguenze letterali — vorrei dire lessicali — di tale articolo, che occorre modificare attraverso una procedura di revisione costituzionale o attraverso un' intesa bilaterale, se si vuole giungere alle conseguenze alle quali voi ritenete di dover giungere. trascuro di leggere qualche passo della relazione Solmi, la quale è ancora più avanzata, non essendo formulata dal Governo di allora; è ancora più avanzata — vorrei dire più lassista in qualche modo — e quindi darebbe ancora maggior torto alle vostre attuali tesi che non la relazione Rocco nei passi che io mi sono permesso di leggervi. ora, prima di avviarmi rapidamente alla conclusione, debbo fare qualche osservazione, come avevo preannunciato, sulle relazioni che i colleghi Baslini e Lenoci hanno presentato, e specificamente, come è ovvio, in questa sede, sulla parte costituzionale delle due relazioni. e ciò perché credo sia corretto da parte nostra dare prova che leggiamo i documenti delle altre parti politiche e che cerchiamo di meditarli e di rispondere. debbo rilevare — e non se ne dolgano i colleghi di parte liberale, per la verità quasi tutti assenti — che la relazione Baslini è particolarmente manchevole, poiché dedica due o tre capoversi agli aspetti costituzionali del problema. mi sarei aspettato di più, perché quando, nella scorsa legislatura, venne l' onorevole professor Bozzi in Commissione affari costituzionali ci tenne un interessante, illuminante « doppio discorso » . sennonché, era presente l' onorevole Ruffini del gruppo della Democrazia Cristiana , il quale, subito dopo l' intervento dell' onorevole Bozzi, lesse un testo di Istituzioni di diritto pubblico , pubblicato qualche anno prima dall' onorevole Bozzi, in cui erano state sostenute tesi esattamente contrarie. l' onorevole Ruffini ha fatto malissimo, perché, da quel giorno, abbiamo perso il concorso dell' onorevole Bozzi in Commissione affari costituzionali. si è fatto sostituire, ed è veramente un peccato, non perché i colleghi che lo hanno sostituito non siano capaci, ma perché era simpatico per noi potere avere in Commissione affari costituzionali un professore di vario diritto, non utriusque iuris , ma di tutti i diritti costituzionali di questa terra e di questa Italia. quindi mi rendo conto dei motivi per i quali il gruppo liberale sia stato molto reticente in tema di diritto costituzionale , e sorvolo. la relazione del collega Lenoci, invece, dedica un più ampio spazio ai problemi dei quali mi sto interessando, e mi permetto qualche osservazione. dopo aver detto una cosa ovvia, che mi sono studiato di dimostrare essere lapalissiana all' inizio del mio intervento, e cioè che con l' articolo 7 non si intende operare una recezione dei patti lateranensi nella Carta Costituzionale , l' onorevole Lenoci aggiunge questa motivazione stupefacente: « per la semplice considerazione che mai un trattato tra due Stati può trovare posto in una Costituzione » e poi fra parentesi ci mette Calamandrei. oh bella! perché? ai sensi dell'articolo 7, il trattato e il Concordato non hanno forse trovato posto nella nostra Costituzione? quale posto esso sia, lo giudicherà l' onorevole Lenoci; un posto di una notevole importanza, ha detto per primo l' onorevole Togliatti, che ha formulato (forse l' onorevole Lenoci non se lo ricorda o non lo sapeva) il testo dell' articolo 7 insieme con lo onorevole Dossetti. ma come si possono dire queste cose, mettendoci poi tra parentesi Calamandrei? state attenti colleghi dell' estrema sinistra o di altro settore nel citare il Calamandrei! io ho sempre pronto qui il Calamandrei « numero uno » , come abbiamo pronti i « numeri uno » di altre estrazioni. il Calamandrei « numero uno » , all' Assemblea costituente , il 23 aprile 1947 diceva: « per esempio, la materia matrimoniale, che è quella sulla quale sopra tutto si è aggirata la discussione in questi ultimi giorni, è, in gran parte, per il novantanove per cento si può dire, già regolata dall' articolo 7 che, richiamando e mantenendo in vigore nella Costituzione l' articolo 34 del Concordato, viene, per rinvio, a dare carattere di norma costituzionale a questo articolo che regola appunto la materia matrimoniale » . questa tesi che nemmeno il più estremista tra i « missini » oggi sosterrebbe, la sosteneva il Calamandrei. il collega Lenoci non ha letto queste vecchie cose (rendo omaggio alla sua giovinezza, se non altro di idee), e cita Calamandrei, come se fosse una autorità in merito, quando è meglio non citare certi autori. e poi aggiunge che un trattato non può trovare posto in una Costituzione (tra parentesi, Calamandrei), perché i trattati sono temporanei, modificabili e annullabili, dimenticando che l' articolo 7 prevede, proprio perché i trattati sono temporanei, come possano essere modificati i patti lateranensi . molto serio scrivere queste cose in una relazione su un problema tanto importante, avendo detto di avere molto meditato, che il problema è maturo, che avete capito tutto. studiate un pochino i testi costituzionali prima di redigere relazioni di questo genere. si dice ancora (penso che sia sempre il Calamandrei l' ispiratore) che una « Costituzione è costituita » (è un po' brutto, ma non è colpa mia) « da un rapporto tra cittadini e Stato o tra cittadini e cittadini, mentre la sostanza di un trattato indica, al contrario, un rapporto tra Stato e Stato » , cosicché il Concordato, il trattato, i patti lateranensi sono un rapporto tra Stato e Stato, secondo il dotto estensore di questa illuminata relazione per la parte costituzionale. più avanti si fa un' altra citazione preziosa, che mi aspettavo: lo Jemolo! anche qui, state attenti, perché lo Jemolo lo abbiamo in tutte le salse, ve lo possiamo cucinare anno per anno, qualche volta mese per mese, nei suoi diversi atteggiamenti. siete tra Scilla e Cariddi, tra il Calamandrei e lo Jemolo; siete in una splendida compagnia di camaleonti, come diceva Togliatti a proposito del Missiroli nel 1947. si dice dunque, nella relazione Lenoci, che « si ritiene, con il Del Giudice e con lo Jemolo, che il principio, contenuto nel capoverso dell' articolo 7, sembra avere la portata di una norma sulla produzione giuridica, con cui si è inteso solo « stabilire il modo col quale possono essere modificati i patti in parola » . ed io leggo questo « si ritiene che » in una relazione in cui si sostiene esattamente il contrario. ma insomma, mentre prima accusavo — cordialmente — l' onorevole relatore per la maggioranza di un difetto di dottrina, lo accuso qui di un eccesso di dottrina: sa troppe cose, l' onorevole Lenoci, sa perfino quelle che gli danno torto! egli le scrive nella relazione, e sostiene: « siccome ho torto, mi dovete dare ragione » . ma non basta il peso dei voti per ottenere ragione, quando si manifesta con le proprie stesse parole di avere torto. e aggiunge anche: « ma, in ogni caso quel principio » (cioè il principio ispiratore dell' articolo 7) « non poteva evidentemente imporre limitazioni maggiori di quelle previste negli stessi patti lateranensi » . io ho già ricordato che i patti lateranensi (articolo 44) prevedono l' amichevole revisione del Concordato, così come di revisione amichevole oggi si parla, mentre si pratica invece una politica diversa. ho ricordato che i patti lateranensi sono un' insieme di norme che quel regime non ritenne di costituzionalizzare, e che d' altra parte, in regime di Costituzione non rigida, non si poteva neppure pensare di costituzionalizzare (assurdo sarebbe stato inserire nello Statuto albertino un articolo del tipo dell' articolo 7). ho ricordato, cioè, che quel regime si comportò durante la trattativa nell' interesse dello Stato italiano e nell' interesse della Chiesa italiana, entro limiti di autorità e al tempo stesso di moderazione; e oggi si viene a dire, da parte di un relatore rigidamente antifascista e anticoncordatario, che non si possono imporre limitazioni maggiori di quelle previste nei patti lateranensi . anche questo mi sembra un po' ridicolo. sono queste le osservazioni cortesi che volevo fare a proposito delle relazioni che mi sono trovato di fronte. prima di giungere alla conclusione, vorrei fare una domanda un po' maliziosa: per qual motivo vi siete rifiutati, fin da quando questa polemica ha avuto inizio, di dar luogo, come noi abbiamo sempre chiesto, alla procedura prevista dall' articolo 138 della Costituzione? voi sapete, colleghi dell' attuale maggioranza divorzista, che i conti, o con il referendum o con la Corte costituzionale , si dovranno fare. ho la bontà di dirvi « si dovranno fare » e non « li dovrete fare » perché il giorno in cui si arriverà ad una resa dei conti attraverso una sentenza della Corte costituzionale , o ancor più attraverso il referendum, arriveremo tutti alla resa dei conti , ci arriverà il popolo italiano , ci arriverà lo Stato. non sono così ingeneroso da dire che ci arriverete; non mi auguro la sconfitta di alcuno, ma mi auguro la vittoria, o almeno la resistenza, di uno Stato italiano degno di essere chiamato tale. poiché alla resa dei conti ci arriveremo, poiché fatalmente, se la legge passerà, vi sarà qualche ricorso giudiziario che porterà dinanzi all' attenzione della Corte costituzionale la legge eventualmente approvata, o addirittura potrà esservi, come è stato preannunciato, un ricorso al referendum ex articolo 75 della Costituzione, vorrei sapere — la domanda è maliziosa, ma muove da una curiosità autentica — perché non avete accettato la procedura che noi suggeriamo. non mi si dica che si sarebbe perso molto tempo, perché ormai penso non sia più questione di mesi. abbiamo sperimentato la procedura di revisione costituzionale per altre norme: cito, tra le altre, una norma a noi particolarmente sgradita, contro la quale facemmo un pesante ostruzionismo, contro la quale mi onoro di avere personalmente fatto un pesante ostruzionismo: la legge istitutiva della regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia . in prima lettura vi fu (per merito, dico io, per demerito, direte voi, del nostro gruppo parlamentare ) una battaglia lunga e accanita; quando si tornò in seconda lettura per le procedure, non avemmo non dico la volontà (quella c' era), ma la possibilità di dar luogo ad alcuna battaglia costituzionale. tre mesi dopo la legge scivolò via liscia, senza alcuna possibilità di ricorso per incostituzionalità, che in quel caso sarebbe stata una possibilità piuttosto vaga e generica, lo riconosco. in questo caso è una possibilità che nessun collega vorrà contestare essere invece concreta. e allora, cosa volete? volete determinare uno stato d'animo di profonda inquietudine, di grosso turbamento, di contestazioni giuridiche e costituzionali che « dilacererebbero » (come diceva tanti anni fa De Gasperi ) il corpo già tanto dilaniato della nostra patria? qual è il motivo per cui, potendo scegliere la strada dell' articolo 138 della Costituzione, scegliete invece quella che porta fatalmente alle forche caudine o di un giudizio della Corte costituzionale o ex articolo 75 della Costituzione? l' articolo 138, è bene lo si dica in quest' Aula (perché la dottrina dei colleghi è profonda, ma — non dico la ignoranza — la minor dottrina dell' opinione pubblica è altrettanto acquisita); è bene dire in questa Camera che la procedura di revisione costituzionale da noi suggerita non richiede né in prima né in seconda lettura la maggioranza dei due terzi , come qualche giornale va stampando, chiede semplicemente la maggioranza dei componenti della Camera. se vi è in seconda lettura la maggioranza dei due terzi non si fa ricorso al referendum; se non vi è in seconda lettura la maggioranza dei due terzi si può fare ricorso al referendum. esattamente come per l' articolo 75? no. per l' articolo 75 si può far ricorso al referendum se lo chiedono 500 mila elettori o 5 consigli regionali , per l' articolo 138 si può far ricorso al referendum anche se ne faccia domanda un quinto dei membri di una Camera. questa è una clausola relativa solo all' articolo 138. il che mi fa maliziosamente pensare che si preferisca la procedura dell' articolo 75 alla procedura dell' articolo 138 perché non si vuole facilitare un eventuale quinto dei componenti di questa Camera nella richiesta di un referendum che diventerebbe obbligatorio, ma che in quel caso non sarebbe (io ho l' obbligo morale di farvelo presente) un referendum dilacerante, perché un conto è il referendum abrogativo di una legge approvata dal Parlamento e un conto è quello di verifica ex articolo 138 della Costituzione di una legge approvata dal Parlamento. la differenza non è soltanto formale, è sostanziale; e la differenza non è giuridica, non è costituzionale: è politica, è morale. comunque io mi auguro che i colleghi dell' attuale maggioranza ci vogliano dare qualche spiegazione. concludo, colleghi della Democrazia Cristiana , con una citazione. mi è capitato fra le mani per caso (ognuno di noi ha il gusto di conservare vecchie carte) un facsimile del titolo con cui Il Popolo uscì giovedì 24 aprile 1947, subito dopo l' accanita discussione che ebbe luogo all' Assemblea costituente sull' articolo 29 della Costituzione e sulla indissolubilità del matrimonio. prevalse allora una certa maggioranza la quale portò a non approvare la parola « indissolubile » dopo « matrimonio » e quindi aprì (si disse allora) la strada all' introduzione del divorzio nel nostro ordinamento giuridico . titolo de Il Popolo : « la coalizione dei socialcomunisti, rinforzata da saragattiani, repubblicani, azionisti e massoni, introduce nella Costituzione la minaccia del divorzio » . ieri ripetevo questo titolo tra me e me, e dicevo: questa è l' onorata società — eccoli tutti! — insieme con la quale, colleghi della Democrazia Cristiana , da anni vi siete messi. ci sono tutti: i socialcomunisti rinforzati da « saragattiani » (quindi anche loro sono rappresentati), repubblicani, azionisti (che sono tuttora numerosi qui dentro), e massoni (non vorrei che l' allusione fosse per il gruppo liberale, speriamo di no) introducono nella Costituzione la minaccia del divorzio. onorevoli colleghi della Democrazia Cristiana , questa — ripeto — è l' onorata società. questi sono coloro ai quali globalmente Aldo Moro vuole dedicare la strategia dell' attenzione. e voi ne siete compensati, perché ricevete cortesi e garbate attenzioni dalla coalizione della onorata società insieme con la quale vi siete messi, contro la quale vi trovaste oltre 20 anni or sono e dalla quale siete stati mortificati ieri sera. ma la maggiore mortificazione non l' avete ricevuta voi. la maggiore mortificazione la riceve lo Stato italiano. vedete: ai tempi di De Gasperi — mi sia consentito dirlo con tutta umiltà — questi problemi erano agitati come problemi di religione e poteva essere una posizione sbagliata, poteva essere ritenuta una posizione eccessiva, comunque era una posizione. successivamente questi problemi sono stati agitati come problemi di Stato; più avanti sono diventati problemi di Governo; oggi sono problemi di partito. e c' è un Governo — con tutto il riguardo, collega Dell'Andro — il quale diserta anche fisicamente le proprie responsabilità di fronte a problemi di questo genere. non sono più nemmeno problemi di Governo: sono problemi di partito. e un partito come il vostro può far parte di una coalizione con l' onorata società nel momento stesso in cui l' onorata società ribalta contro di voi la guerra di religione che un tempo, in nome di antichi e spero non spenti ideali, voi ritenevate di potere condurre. noi continuiamo quella battaglia, onorevoli colleghi .