Luigi BERLINGUER - Deputato Opposizione
V Legislatura - Assemblea n. 10 - seduta del 18-07-1968
Sul Vietnam
1968 - Governo II Leone - Legislatura n. 5 - Seduta n. 10
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , forse nessun Parlamento al mondo, certamente nessuno in Europa, ha dibattuto più frequentemente e appassionatamente del nostro il problema del Vietnam. questo, che può essere considerato un titolo di merito del nostro Parlamento, è prima di tutto il riflesso dei sentimenti che il tema del Vietnam solleva nell' opinione pubblica del paese e di quei movimenti popolari che proprio in Italia sono venuti assumendo ampiezza e impeto del tutto particolari. ma il fatto che queste ansie e questi movimenti abbiano trovato una eco nel Parlamento italiano rende evidenti le responsabilità, che sempre esistono, di far assolvere alla suprema assemblea elettiva del paese un ruolo giusto ed efficace qualora essa non si stacchi dalle lotte e dalle aspirazioni delle grandi masse popolari . ed ecco ora che, all' indomani di una lotta elettorale nella quale il problema vietnamita ha avuto incidenza rilevantissima e nel momento in cui esso è giunto ad un bivio drammatico, la nuova legislatura è chiamata ad affrontare il suo primo dibattito politico, dopo quello sulla fiducia, proprio sulla questione vietnamita. vorrei aggiungere a questo punto, signor presidente — se ella mi consentirà un accenno che pure ha un valore esclusivamente personale — che è con profonda emozione che pronuncio il mio primo intervento in quest' Aula proprio sul tema del Vietnam. una emozione che deriva dal contatto diretto che ho avuto l' onore e la fortuna di prendere qualche tempo fa, insieme con i qui presenti colleghi Galluzzi e Trombadori, con la realtà della resistenza vietnamita contro i massacranti bombardamenti sul nord Vietnam. ella comprende certo, signor presidente , come simile contatto possa aver creato in me un legame di affetto e anche un impegno morale di natura del tutto particolare. tutti i colleghi conoscono, del resto, i sentimenti che suscita nell' animo di tutti i comunisti la lotta del popolo vietnamita , in corrispondenza con le nostre convinzioni internazionalistiche e con il ruolo decisivo che noi riteniamo essa abbia nel quadro dell' avanzata del moto di emancipazione delle classi lavoratrici e dei popoli del mondo intero. non solo noi comunisti, del resto, in Italia e nel mondo, siamo portatori di queste convinzioni e di questi sentimenti, ma anche forze politiche e correnti di opinioni le più diverse, masse sterminate di milioni di uomini, che comprendono anche milioni di cittadini del paese da cui è partita e viene condotta l' aggressione. « il nemico » , ha dovuto riconoscere il presidente degli USA, « è riuscito a trasferire la battaglia nel cuore degli americani » , dimenticando tuttavia di aggiungere che questa battaglia nel cuore degli americani l' ha portata prima di tutto la giusta causa per la quale i vietnamiti si battono; l' ha portata quella combinazione indissolubile e nei nostri tempi, diciamolo pure, assai rara di fermezza fino ai sacrifici estremi, di civile saggezza, di spirito di assoluta indipendenza e di realismo politico che sono tipici della condotta etico-politica dei dirigenti vietnamiti; l' hanno portata i grandi movimenti di pensiero e di opinione pubblica sollevatisi nel mondo intero a favore della cessazione della strage e del ripristino del diritto violato in quella parte del mondo. il « nemico » di cui Johnson ha parlato non è quindi solo il popolo vietnamita , ma un movimento ramificato ed esteso nel mondo intero, un movimento dai mille volti e perciò un movimento imbattibile. se abbiamo chiesto questo dibattito, tuttavia, onorevoli colleghi , non è soltanto per esprimere e stimolare ancora sentimenti ed emozioni nostri e di tanta parte del nostro popolo. le ragioni della nostra interpellanza sono tutte e interamente politiche. siamo giunti all' ottantunesimo giorno delle conversazioni parigine di avenue Kléber . voi sapete che abbiamo giudicato l' inizio di tali colloqui come un grande avvenimento positivo, risultato della resistenza e delle vittorie del popolo vietnamita nel quadro di una strategia che ha sempre scartato ogni tendenza alla internazionalizzazione del conflitto, e in pari tempo come risultato del grande movimento di solidarietà attiva che dai paesi socialisti si è esteso, nelle forme più diverse ed autonome, su scala mondiale. tale movimento ha avuto anche aspetti diplomatici palesi e segreti, ad alcuni dei quali, come è noto, anche il nostro partito non è rimasto estraneo. noi desideriamo, però, dichiarare subito apertamente che non consideriamo positiva quella sorta di superficiale ottimismo, che si è creato successivamente all' apertura dei colloqui, secondo il quale ormai tutta la trattativa avrebbe dovuto svolgersi quasi automaticamente per binari obbligati, in tempi più o meno lunghi, fino alla soluzione del fondo del problema e all' avvento della pace. le cose stanno dimostrando che non è così, ed è venuto il momento in cui tutti coloro i quali sono davvero in un modo o nell' altro, per motivi diversi e anche divergenti, interessati alla pace nel Vietnam prendano piena coscienza di ciò che è necessario fare perché dal prenegoziato si passi al negoziato e alla pace. noi consideriamo del tutto errata a questo proposito la tendenza che si cerca di accreditare nell' opinione pubblica , secondo cui il motivo del punto morto delle conversazioni di Parigi sarebbe dovuto alla intransigenza delle due parti, ricavando magari da ciò generici quanto vacui appelli alla buona volontà che sono in sostanza solo un pretesto per eludere il giudizio di merito sulle rispettive posizioni. a questo giudizio perciò che prima di ogni altra cosa noi chiamiamo il Governo e tutti gli onorevoli colleghi . la richiesta della Repubblica democratica del Vietnam è stata e resta la cessazione dei bombardamenti e di ogni altro atto di guerra contro il sovrano territorio del nord Vietnam. prendendo atto dell' impegno di Johnson di far cessare, come primo passo , i bombardamenti al di sopra del ventesimo parallelo, i rappresentanti della Repubblica democratica del Vietnam sono andati a Parigi per stabilire la fine incondizionata della guerra dal cielo e dal mare contro il loro paese. una volta superato questo indispensabile traguardo, essi hanno facoltà e mandato di passare senza soluzione di continuità al fondo della questione. gli USA sembrarono accettare questo metodo di avvicinamento al negoziato, ma tutta la loro successiva posizione si è rivelata, prima ancora che intransigente, incoerente e soprattutto ingannevole, e tale quindi da giustificare il sospetto che essi abbiano voluto solo cercare di alleggerire un po' la condizione di isolamento politico e morale in cui si erano venuti a trovare nel mondo. a conferma di questo sospetto sta prima di tutto, onorevoli colleghi , una semplice ma schiacciante realtà di fatto che deve essere ormai riconosciuta e denunciata in tutta la sua gravità. nel suo discorso del 31 marzo il presidente degli USA non si era limitato ad annunciare che i bombardamenti americani non avrebbero superato il ventesimo parallelo; aveva dichiarato che tali bombardamenti avrebbero avuto come scopo principale di ostacolare nuove cosidette infiltrazioni che avrebbero potuto creare una situazione insostenibile per le truppe americane allora impegnate nella zona di Khe San . e affermò a questo proposito che i bombardieri americani avrebbero operato in modo da evitare di colpire il pacifico lavoro e le vite umane delle popolazioni vietnamite che abitano la zona compresa tra il diciassettesimo e il ventesimo parallelo. ebbene, ecco il primo dato di fatto sul quale attiriamo tutta la vostra attenzione: i bombardamenti americani contro il nord Vietnam dopo il discorso di Johnson si sono, sì, essenzialmente concentrati in quella zona, tra il diciassettesimo e il ventesimo parallelo, ma essi sono in quella zona furiosamente aumentati di intensità, di indiscriminata furia distruttiva, tanto da superare in numero e frequenza i bombardamenti che colpivano nei mesi precedenti l' intero territorio nord-vietnamita. ci è pervenuto da Hanoi solo tre giorni fa il più recente documento statistico della Commissione d' inchiesta sui crimini di guerra americani nel Vietnam. ricavo dal dettagliato documento questo semplice dato: mentre nei mesi di gennaio, febbraio e marzo il numero delle incursioni aeree su tutto il nord Vietnam oscillava tra le 1.800 e le 2.500 per mese, nel periodo successivo al discorso di Johnson del 31 marzo tale numero saliva a 3.500 in aprile, a 4.700 in maggio, fino a raggiungere nel giugno le ,5.200 incursioni. circa la natura di queste incursioni mi limito ad elencare in ordine le terribili armi di sterminio usate nei cosiddetti bombardamenti limitati: bombe ad altissimo potenziale esplosivo, bombe a scoppio ritardato, bombe a biglia, missili Shrike a frammentazione cubica, proiettili da 20 millimetri, bombe subacquee; armi destinate unicamente alle persone, alla distruzione, che in effetti ormai è pressoché totale, di ogni opera civile. sono dati di fatto inconfutabili e da nessuno confutati, onorevoli colleghi . e niente è cambiato neppure dopo l' evacuazione da parte americana della base di Khe San , ciò che fa crollare perfino la pretestuosa spiegazione, secondo la quale era la difesa della vita dei soldati in essa impegnati che rendeva indispensabile la continuazione dei bombardamenti nella zona immediatamente al di sopra del diciassettesimo parallelo. come meravigliarsi, in queste condizioni, non diciamo della sacrosanta diffidenza ed indignazione vietnamita, ma del fatto che negli stessi USA autorevoli esponenti politici accusano ormai apertamente Johnson ed Humphrey di inganno e di mendacio? ma veniamo alla posizione politica che gli USA sostengono nelle conversazioni di Parigi. secondo questa posizione, come è noto, la cessazione totale dei bombardamenti viene subordinata alla cosiddetta reciprocità, vale a dire alla fine dell' invio di uomini e mezzi dal nord al sud Vietnam. quali sono le vere ragioni di questa richiesta? gli americani sanno fin troppo bene che non è con l' aiuto di queste cosiddette infiltrazioni che il Fronte di liberazione nazionale del sud Vietnam li ha sconfitti in cento battaglie e li ha ridotti al punto in cui sono, costretti alla difensiva su tutti i fronti di battaglia, attaccati quotidianamente fin nel cuore di Saigon e delle loro basi più munite. quello che essi chiedono è ben altro: è il riconoscimento da parte di Hanoi che la guerra nel sud sarebbe stata promossa dal nord. essi chiedono cioè che venga riconosciuta una sorta di legittimità della loro presenza passata e presente nel sud Vietnam, per poter giustificare in tal modo la pretesa inammissibile di fare del sud Vietnam una loro base coloniale permanente. e questo chiedono a quel popolo che è la vittima e l' oggetto della loro barbara aggressione ed occupazione. ecco, dunque, il fondo della questione che sta dietro la reciprocità. ma è proprio questa posizione americana che occorre respingere, non solo perché inaccettabile in linea di principio , ma perché fondata su una totale falsificazione del problema delle origini e della natura della guerra che si combatte nel Vietnam. lo dimostra il puro e semplice richiamo di dati di fatto storici e cronologici. e per brevità mi limiterò a ricordare che le prime, ma già consistenti, manifestazioni della presenza americana nel Vietnam risalgono a ben quattro o cinque anni prima dell' inizio della lotta armata del popolo sud-vietnamita. ricorderò inoltre che furono proprio gli USA che organizzarono un colpo di stato che portò al potere il sinistro e sanguinario dittatore Ngo Dinh Diem , il quale dichiarò subito nel modo più esplicito che non si sentiva vincolato dagli accordi di Ginevra, la cui applicazione, che prevedeva elezioni generali entro due anni e già entro il primo anno un incontro fra i due governi del sud e del nord per fissarne le modalità, fu così rinviata sine die , nonostante le ripetute richieste del nord Vietnam. l' amministrazione Diem scatenò una violenta repressione e fu solo dopo che da alcuni anni questo massacro si era trasformato in una vera e propria guerra reazionaria, sostenuta dallo straniero, che le forze patriottiche del sud Vietnam, dopo aver tentato di resistere per tutte le possibili vie pacifiche e legali e di fronte ad una rivolta popolare che non poteva più essere contenuta, decisero di passare alla resistenza armata e diedero vita — siamo nel dicembre del 1960 — al Fronte nazionale di liberazione. comprendiamo, onorevoli colleghi , che ci si può chiedere a questo punto se noi riconosciamo o no che esiste il problema del modo con cui si può garantire nel Vietnam Enel sud est asiatico in generale un assetto politico non suscettibile di mettere in pericolo la pace in questa zona e la pace mondiale. rispondiamo che questo problema esiste, ma che intanto esso ha il suo presupposto proprio nell' abbandono di ogni pretesa degli USA di mantenere in quella parte del mondo le loro forze armate ed un regime a loro servizio; e ricordiamo in pari tempo che esistono precise proposte vietnamite che sono tali da togliere ogni fondamento ai timori ed alle agitazioni di quei governi e di quelle forze che sembrano pensare che la cessazione della presenza americana nel sud Vietnam potrebbe turbare l' equilibrio delle forze in Asia e nel mondo. non voglio qui esaminare in che misura questi timori siano sinceri, né il loro assai discutibile fondamento di principio. sta di fatto che proprio un anno fa il Fronte nazionale di liberazione del sud Vietnam ha arricchito, elaborato e rilanciato il programma politico sulla cui base esso era sorto nel 1960 ed il cui punto centrale è costituito dalla proposta di dar vita ad un Governo di unità nazionale impegnato a garantire una politica di indipendenza e — lo sottolineo — di neutralità. è anche noto che, per quanto riguarda il tema decisivo della riunificazione, che pure è prospettiva irrinunciabile per il popolo vietnamita , tale programma afferma che esso non solo dovrà realizzarsi con l' annessione del sud al nord, ma potrà avvenire in modo graduale, con mezzi pacifici, sulla base di negoziati tra le due zone senza che nessuna parte eserciti pressione sull' altra e senza interferenze straniere. a principi analoghi, come è noto, si ispira la linea della nuova formazione politica sorta nel sud Vietnam nel corso dei mesi passati, l' « alleanza delle forze democratiche, pacifiche e nazionali » . in questa nuova formazione, la cui stessa nascita toglie ogni base politica residua al regime di Saigon, immediatamente collegatasi con il programma del Fronte, sono presenti uomini e gruppi che, avendo negli anni scorsi collaborato con gli americani nei governi fantoccio , non hanno più ritenuto di dover assicurare il loro appoggio a tale miserabile finzione. si spiega il tentativo dei dirigenti americani di nascondere il valore internazionale di questi programmi e di questo avvenimento. sta di fatto, tuttavia, che negli stessi USA gruppi assai qualificati sono venuti riconoscendo che, proprio nelle proposte del Fronte di liberazione nazionale, è oggi la sola base possibile per la ricerca di una via di uscita politica al conflitto. mi limito a questo proposito ad una sola citazione, la più recente in mio possesso: il manifesto elettorale del candidato di New York del partito democratico al Senato degli USA, Paul O Dwyer , pubblicato in una pagina elettorale del New York Times del 26 giugno: « si dia il nostro gradimento — afferma questo manifesto — ad un governo di coalizione . il Fronte nazionale di liberazione controlla l' 80 per cento dei villaggi del sud Vietnam. quanto prima noi accetteremo che il Fronte abbia realisticamente una voce nel Governo, tanto più presto laggiù verrà la pace » . ma lasciamo da parte questa o quella formulazione: l' essenziale è che proprio su tali questioni il negoziato, e cioè il confronto delle rispettive posizioni circa il futuro del Vietnam, abbia finalmente inizio. e proprio questo è decisivo: costringere gli americani a rimuovere il solo ostacolo che questo impedisce, la continuazione dei bombardamenti e di ogni atto di guerra contro la Repubblica democratica del Vietnam . la sola alternativa a questa situazione — bisogna esserne consapevoli — non può essere che quella del proseguimento di una guerra atroce, che ha toccato già i limiti del genocidio e può mettere a repentaglio la pace mondiale. è da questa consapevolezza che facciamo discendere le richieste che rivolgiamo dal Parlamento al Governo del nostro paese. prima di tutto noi chiediamo che l' Italia si pronunci in modo aperto, come non ha saputo fare nessuno dei passati governi di centrosinistra, per la cessazione incondizionata dei bombardamenti sul nord Vietnam, nella convinzione che al punto in cui sono giunte le cose a Parigi, nel mondo una tale posizione può avere grande e diretta efficacia sull' esito stesso dei negoziati parigini. a questa richiesta, come voi sapete, uniamo quella di un formale riconoscimento diplomatico della Repubblica democratica del Vietnam e la ricerca di una forma di rapporto politico con il Fronte nazionale di liberazione del sud Vietnam. non vi è davvero bisogno a questo proposito di dimostrare che sono presenti tutti i presupposti di diritto internazionale che rendono possibile il riconoscimento diplomatico della Repubblica democratica del Vietnam . questa repubblica — è bene ricordarlo — è il solo Stato indipendente esistente nel Vietnam fin dal 1945, vale a dire dalla vittoriosa guerra di liberazione contro gli invasori giapponesi; essa esercita inoltre in modo incontestabile la propria sovranità su tutto il proprio territorio e su tutti i cittadini che lo abitano. vorrei ricordare che la Repubblica democratica del Vietnam ha ormai regolari rapporti diplomatici con ben 32 Stati: si tratta, oltre a tutti i 13 Stati socialisti, dei seguenti paesi: Francia, Messico, India, Repubblica Araba Unita , Algeria, Iraq, Yemen, Indonesia, Mali, Guinea, Congo-Brazzaville, Mauritania, Tanzania, Siria, Birmania, Ceylon, Laos, Cambogia, Ghana. si tratta, come vedete, di Stati dai sistemi sociali e dai governi della più diversa natura. quanto al Fronte nazionale di liberazione, vorrei ricordare che esso ha rappresentanze ufficiali ad Hanoi, in Cina, nella Corea del nord , nell' Unione Sovietica , in Ungheria, nella Germania orientale , nella Cecoslovacchia, nella Repubblica Araba Unita , in Algeria, in Indonesia; ha uffici-informazioni a Parigi. e a Stoccolma. questo di Stoccolma diverrà nei prossimi giorni una vera e propria rappresentanza ufficiale. non si vede, dunque, perché anche l' Italia non dovrebbe trovare anche con questa organizzazione una forma di contatto politico. ma la questione che noi solleviamo non è solo e non è tanto di diritto. se chiediamo un riconoscimento della Repubblica democratica del Vietnam e la ricerca di un contatto con il Fronte nazionale di liberazione del sud Vietnam è soprattutto perché siamo convinti che ciò può rappresentare un importante contributo alla causa della pace e che è nell' interesse del nostro paese. si tratta inoltre di un atto doveroso verso un popolo generoso e di antica civiltà, che ha dato anche recentemente prove ripetute di sincera amicizia e di rispetto per il nostro popolo. sarebbe infine — tutti credo lo possono comprendere — un atto di grande valore politico per lo sviluppo delle relazioni fra il nostro paese e tutte le nazioni in via di sviluppo del terzo mondo . l' augurio nostro, onorevoli colleghi , è che sulle richieste che noi presentiamo si realizzi nel Parlamento la più larga convergenza. già in questo senso possiamo notare una prima tendenza nel carattere delle interrogazioni e delle interpellanze che sono state presentate per questa nostra seduta. in pari tempo noi ci rivolgiamo ancora una volta da questa tribuna alle grandi masse popolari , ai giovani, ai cittadini di ogni orientamento politico, che si sono battuti in questi anni nel nostro paese per la causa della libertà della pace del Vietnam, e tutti chiamiamo a dare nuovo slancio. e vigore alla loro battaglia. e poiché proprio in questi giorni è in visita nel nostro paese, accolta ovunque da appassionato calore popolare, una rappresentanza delle eroiche donne del Vietnam, desideriamo anche da questa tribuna chiedere a queste nostre amiche e compagne che portino nel loro paese la nostra certezza che il popolo italiano saprà dare un contributo sempre più grande alla vittoria della giusta lotta del popolo del Vietnam.