Emma BONINO - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 630 - seduta del 23-04-1987
1987 - Governo VI Fanfani - Legislatura n. 9 - Seduta n. 630
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , colleghi, signor presidente del Consiglio , sono stata e sono molto tentata di cambiare completamente il mio intervento per rispondere in qualche modo, da un altro punto di vista , al collega Petruccioli. ho deciso, invece, di tener fede alla materia di cui desidero parlare, che mi pare sia risuonata poco nel dibattito. intendo cioè, signor presidente del Consiglio , approfondire alcuni spunti contenuti nel suo intervento in merito alla politica estera . capisco perfettamente che in questo periodo di frenesia tutta nazionale, tra referendum o elezioni anticipate , un intervento tutto di politica estera possa sembrare un po' strano, ma la prego, signor presidente , di non considerarlo ultroneo, proprio perché io mi auguro che lei ricopra l' incarico per più di qualche giorno o di qualche settimana. la ringrazio. proprio perché, dicevo, mi auguro che lei ricopra questo incarico per più di qualche giorno o di qualche settimana, e perché nelle prossime settimane e nei prossimi mesi vi sono numerosi appuntamenti internazionali di grandissima rilevanza, intendo affrontare questo tema. anche perché ho seguito la crisi da un osservatorio un po' particolare, nel senso che... proprio perché ho seguito questa crisi da un osservatorio un po' particolare, data la mia qualità di parlamentare europeo, dai quotidiani italiani, ma anche da quelli della stampa estera, mi sembra di avere un' ottica un po' particolare rispetto a quello che sta avvenendo. ho l' impressione che quello che si sta svolgendo sia un dibattito, se non provinciale, quanto meno interamente nazionale e chiuso persino alla polemica sul nucleare, anche questa tutta strettamente nazionale quando i problemi, non solo del nucleare ma più complessivamente della politica energetica , oggi sono quanto meno di portata europea. non considero una buona risposta quella che più volte ho sentito per cui dal momento che il nostro paese è circondato da centrali nucleari tanto vale costruirle anche noi. infatti, se io ritengo che centrali sono pericolose non vedo per quale motivo le si debba costruire anche in casa nostra; semmai la nostra iniziativa dovrebbe essere quella di far riflettere gli altri paesi sul modo in cui è possibile tornare indietro da quella scelta. mi ha molto stupito che rispetto all' incidente serio di Creys Malville del 31 marzo, con la conseguente perdita di sodio, non ancora localizzata esattamente, in un progetto al quale il nostro paese partecipa con il 33 per cento del capitale necessario (2 mila miliardi in cinque anni), in assenza del Governo, il ministro in carica non abbia chiesto, sia pure in termini cautelativi, la chiusura del reattore. infatti, come è noto, durante tutto questo periodo l' EDF ha deciso di mantenere in funzione, sia pure con una potenza ridotta, l' impianto di Creys Malville ed il partner al 33 per cento italiano non ha trovato il modo, in questo momento così frenetico di altre attività, di assumere una iniziativa qualunque, quale, ad esempio, quella della chiusura cautelativa di un reattore il cui serbatoio presenta un fuga di sodio dal 31 marzo che non si riesce ancora a localizzare. in tutta questa situazione il governo italiano non ha trovato il modo di prendere alcuna iniziativa; anzi, il buon ministro ha cercato di convincerci che il sodio fa bene e che questo incidente non è pericoloso per la salute umana. noi non abbiamo mai detto che la centrale può esplodere; così come ci sono filonucleari seri, ci sono alcuni antinucleari che sanno leggere. in pratica, tanto per fare un esempio, è come andare con una macchina alla velocità di 130 chilometri all' ora ed avere il serbatoio della benzina che perde. nessuno potrà dire che il motore di questa macchina non funziona, ma è pur vero che il serbatoio perde carburante. quindi, a titolo puramente cautelativo e per responsabilità verso se stesso e verso gli altri, l' autista dovrebbe fermare la propria auto. questo noi chiedevamo, e più precisamente l' apertura di una inchiesta scientifica, parlamentare, internazionale per appurare i fatti, e nel frattempo la chiusura del reattore in questione. purtroppo, questo tema non ha trovato modo di porsi all' attenzione del Governo, perché al massimo la nostra visione si ferma alle Alpi con alcune attenzioni un po' più particolari del ministro Andreotti, su cui mi soffermerò più avanti, verso la Siria e dintorni. ma altri approfondiranno questo tema. io voglio affrontare, partendo proprio dal suo intervento, tre argomenti che mi stanno molto a cuore: innanzitutto il problema nord sud , il problema dello sterminio per fame. non la consideri una mia mania (anche se è vero che ognuno ha le sue); è un tema a mio avviso troppo spesso sottovalutato, forse perché non ha diretti ritorni elettorali. e un problema che richiede un impegno di investimenti a medio e lungo termine, e forse tutta la classe politica , certamente il Governo, ha dimostrato finora di volere, anche quando investe in tale campo, ritorni molto immediati, il che non è possibile con una tale politica. voglio affrontare poi con lei la questione dell' Europa ed in particolare del Consiglio europeo di fine giugno, ed infine il problema dei diritti umani , a est o ad ovest, a sud o a nord. devo premettere che per quanto concerne il problema dei rapporti tra nord e sud, e quindi del sottosviluppo e dello sterminio per fame nel sud del mondo, molte delle sue affermazioni sono certamente condivisibili. lei ha detto: « i paesi debitori dovranno essere aiutati a disporre di risorse necessarie al proprio sviluppo economico , alla riforma delle proprie strutture sociali, in tal modo mettendosi in grado di onorare gradualmente i prestiti ricevuti » ; ed ha poi continuato: « per parte sua l' Italia continuerà a contribuire allo sviluppo dei paesi del terzo mondo ed a combattere, con appropriate forme di aiuti d' emergenza ed anche strutturali, i flagelli della siccità, della fame, del ritardato sviluppo, specie nei paesi dell' Africa Sub Sahariana » . dicevo che tali affermazioni sono condivisibili, ma, me lo consenta signor presidente , sono anche drammaticamente insufficienti perché il sud del mondo è sprofondato nel baratro della fame e della disperazione proprio grazie al fatto che a tante nostre complessive buone parole di questi ultimi venti anni sono seguiti pochi fatti. anche perché, e non lo dico rivolto a lei, le dichiarazioni di principio hanno nascosto in questi anni una indifferenza di fondo della stragrande maggioranza dei governi dei paesi industrializzati . lei ricorderà sicuramente quel convegno che organizzammo nel 1984, appunto al Senato (prima del secondo convegno, che invece ospitò la Camera) che si intitolava: « i poveri non mangiano teorie » . anche gli impegni generici, signor presidente , sono poco commestibili, e comunque forniscono scarsissime calorie. ebbene, l' Italia, nonostante tante parole e tanti impegni, rimane ancora ben al di sotto dello 0,7 per cento stabilito nel 1970 dalle Nazioni Unite . i dati del DAC per il 1985 mostrano uno 0,31 per cento , su una media dei paesi industrializzati non eccellente, che è dello 0,35 per cento . voglio subito sgombrare il campo dall' equivoco di coloro che affermano che il problema non è la quantità degli interventi bensì la qualità. io vorrei solo dire che la qualità dello zero è zero: lo zero non ha qualità, o meglio ne ha solo di negative. potremo dunque cominciare a discutere di qualità quando avremo una cifra adeguata all' estensione del dramma, adeguata a quanto abbiamo di fronte: dramma umano, dramma ecologico, come lei sa, dramma finanziario. si tratta in sostanza (arriverò dopo a questo punto) di un dramma reale rispetto alla sicurezza del nord e del sud. non solo la qualità dello zero è zero, dicevo; ma se poi quel poco (o molto, a seconda dei punti di vista ) che diamo viene usato per tutt' altro scopo viene usato per esempio, come vedremo, per alcune politiche affaristiche, e perfino anche di corruzione, allora il giudizio sulla politica di aiuto allo sviluppo del nostro paese non può essere, a mio avviso, che totalmente negativo. esiste intanto un fabbisogno minimo (limite minimo che fu stabilito nel 1970 dalle Nazioni Unite ) che è lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo . se oggi dovessimo fare una valutazione, a quasi vent' anni di distanza, dovremmo dire che quella cifra deve essere ormai fissata a più del doppio, come afferma l' UNTAB, ed altri organismi. ma rimaniamo pure allo 0,7 per cento : ebbene, questa percentuale non è stata raggiunta da nessuno. certo, c' è anche chi dà l' 1 per cento , ma la media è dello 0,35 per cento , tra l' altro in una situazione, ormai denunciata dalle agenzie internazionali, nella quale sempre più si passa dall' aiuto multinazionale a quello bilaterale, proprio perché quest' ultimo, che potrebbe anche essere più efficace in teoria, è più facilmente gestibile dal punto di vista degli interessi nazionali , regionali o anche di industrie più o meno potenti. è quello più facilmente, tra virgolette, corrompibile anche se forse, in linea di principio , potrebbe essere il più efficace. io sono una fedele assertrice del ruolo delle Nazioni Unite e dico sempre che, se non ci fossero, bisognerebbe inventarle. ciò non toglie che è ormai necessario affrontare il problema di una loro riforma anche perché è vero che non tutti questi organismi multinazionali hanno una pagella un po' più che sufficiente. credo che le istituzioni tanto più si difendono quanto sono credibili e, quindi, anche criticabili, per cui anche se, come ho già detto, le Nazioni Unite andrebbero inventate se non ci fossero, ciò non può essere un alibi per non pensare ad una riforma interna, che mi sembra ormai sempre più urgente. ne sono contenta anche perché alcuni strumenti parlamentari, depositati ed anche votati, ai quali accennerò nel corso del mio intervento, davano indicazioni a tale proposito. desidero rivolgerle una domanda precisa: il suo Governo, il nostro paese, intende raggiungere, e quando, lo 0,7 per cento ? abbiamo sentito affermazioni al riguardo nel 1983, nel 1984, nel 1985, dopo di che siamo allo 0,31 per cento , e ciò quando in questi anni, in particolare nell' ultimo, il nostro paese, come tutti quelli dell' area occidentale, ha vissuto una congiuntura economica estremamente favorevole dovuta, per esempio, al calo del prezzo del petrolio. nessun paese si è sognato di aumentare il proprio contributo alla cooperazione ed allo sviluppo partendo proprio da questi insperati introiti. certamente dobbiamo mettere sul piatto della bilancia il nostro superfluo ed il loro necessario. si tratta, comunque, di scelte non più procrastinabili e non soltanto per ragioni umanitarie. a me basterebbe che si dicesse: bisogna salvare 30 milioni di persone che muoiono di fame. mi pare che questa sia una motivazione straordinaria, che potrebbe coinvolgere l' intero paese, certamente previa la definizione di alcune garanzie circa la destinazione dei fondi. e una grande impresa, è la politica di pace. abbiamo morti per guerre convenzionali e poi morti per guerre alimentari. questa gente muore di fame non perché soffre un destino cinico e baro, non perché ha la siccità: l' Arizona conosce una siccità peggiore di quella della Mauritania, eppure lì nessuno muore di fame e di sete perché la struttura sociale è adeguata; non muoiono perché sono sovrappopolati: l' Olanda è il paese più sovrappopolato d' Europa, ma anche lì la struttura sociale regge questa situazione. abbiamo 30 milioni di persone, bambini con un nome ed un cognome, che muoiono di fame. quando vogliamo dichiarare questa guerra alla fame? quando vogliamo cominciare questa impresa, che credo troverebbe grande rispondenza nell' opinione pubblica ? se questo spirito, che per me invece è più che sufficiente, non vi convince, pensate alle profonde motivazioni economiche, di interdipendenza che fanno ormai del problema nord sud la priorità delle priorità. si tratta di problemi di sicurezza e di pace, che assieme a quelli economici, rappresentano motivazioni più politiche, se volete e se vi convincono di più. quella umana viene considerata semplicistica, un po' ingenua, certamente un po' démodée perché quando, in qualunque dibattito o convegno, dico che bisogna salvare la gente che muore di fame, vengo accusata di non conoscere i problemi del Gatt, il sistema di votazione della Banca mondiale , i problemi del Fondo Monetario Internazionale . no, signor presidente , non è così, io li conosco: certo, non sono un' esperta... signor presidente , non voglio affatto demolire la campagna nostra, vostra o di tutti gli altri in questi cinque anni; non voglio affatto dire che non ci sono stati risultati; voglio però segnalare che l' Italia è il paese europeo in cui l' opinione pubblica è più sensibilizzata al problema: su questo non c' è dubbio. voglio ricordare a me e a lei che tutto quello che stiamo facendo è, però, drammaticamente insufficiente. tra l' altro, per fortuna recentemente non ci sono state particolari siccità e che quindi non è stato necessario che la Bbc o altre televisioni si recassero in quelle zone; tuttavia, per questa ragione rischiamo di pensare che il problema è risolto. invece, non è così. il problema è quello del nostro superfluo a paragone del loro necessario: in proposito si deve compiere una scelta, non ci si può fermare a metà. anche perché il nostro superfluo è molto e a paragone il loro necessario è molto poco. mi sono soffermata un po' su questo aspetto perché l' attuale ministro Sarcinelli mi colpì molto quando dichiarò, nell' indagine conoscitiva che lei promosse nel 1986 al Senato, a proposito dell' indebitamento estero dei paesi in via di sviluppo , che il debito purtroppo vivrà con i paesi che l' hanno contratto, ma anche con i creditori che l' hanno finanziato. non credo — precisò Sarcinelli — che si possa trovare nel periodo breve una soluzione al debito internazionale. pare insomma che dobbiamo rassegnarci a convivere con i mille miliardi di dollari di debito estero, che costano ai paesi in via di sviluppo 150 miliardi di dollari annui per il solo servizio del debito, e con 30 milioni di morti all' anno per sottosviluppo, fame e malattia. signor presidente , questa è la differenza politica di fondo che ha diviso in questi anni, da una parte, coloro che hanno fatto proprio, in qualche modo, con certi limiti, l' appello dei Nobel e, dall' altra, coloro che sostengono che la ragione di Stato deve prevalere sulla ragione della persona, sostanzialmente. e non è una differenza tra realisti e utopisti, tra pessimisti e ottimisti; ma è solo la differenza tra coloro che intendono rassegnarsi alle dinamiche prevalenti piuttosto che tentare di modificarle e coloro che questo tipo di rassegnazione rifiutano. noi, proprio perché siamo pessimisti sulle sorti della comunità internazionale , proprio perché analizziamo con realismo le minacce che incombono su tutti noi, riteniamo necessario e vantaggioso, a medio e a lungo termine , un impegno straordinario e prioritario (qualcosa insomma, fatte le debite differenze, che ricordi in qualche modo il Piano Marshall del dopoguerra) per strappare ad un destino di morte e di disperazione milioni di persone. c' è una mozione, votata all' unanimità il 4 luglio 1986 e accettata allora dal Governo, che io le ricordo perché mi auguro che il suo Governo duri a lungo e abbia gli strumenti per realizzare gli impegni in essa contenuti. quella mozione intanto chiedeva che si fissasse una percentuale dello 0,7. io non sarò presente alla seduta di lunedì ad ascoltare la sua replica, signor presidente ; ma, la prego, non la prenda per una scortesia: ci sarò martedì e sarò molto interessata alle sue risposte. certamente non basta spendere, bisogna anche spendere bene; invece la legge numero 48 ci ha riportati ad una grande Usl della cooperazione, ad un marchingegno burocratico incredibile, che ha fatto in modo che i nostri quattromila miliardi (non certo sufficienti per il terzo mondo ) fossero capaci di suscitare appetiti di varia provenienza, di varia estrazione. insomma, la riforma ha archiviato immediatamente le poche cose positive passate con legge numero 73, quella che portava la firma di Piccoli. mancano poi le priorità di intervento: a che cosa devono servire quattromila miliardi stanziati con la legge numero 48? a salvare le nostre industrie o a salvare vite umane ? bisogna che ci mettiamo d' accordo. tra l' altro, esiste un ministero che si chiama del commercio con l' estero, che fa bene ad esistere ma che non ha o non dovrebbe avere nulla a che vedere con la cooperazione. tra l' altro, quale dovrebbe essere il primo obiettivo della nostra cooperazione allo sviluppo? certo, aiutare il suo sviluppo; ma senza dimenticare che la priorità delle priorità è intanto di far vivere questa gente, perché certo non si costruisce il progresso su milioni di cadaveri, certo non si costruisce il progresso di un paese quando il 60 per cento degli abitanti ha problemi con la vista o non riesce a camminare. le priorità allora quali sono: quelle sanitarie di base, quella dell' autosufficienza agricola o quella dell' industrializzazione? non lo sappiamo, perché questa legge non definisce alcuna priorità, non definisce meccanismi decisionali, ma in compenso consente le più grandi spartizioni e lottizzazioni. d' altra parte, se siamo così convinti che esiste una interdipendenza obiettiva tra economia dei paesi poveri ed economia dei paesi ricchi; se è vero come è vero , che esiste una cointeressenza tra nord e sud per la soluzione dei problemi della fame, allora anche gli atti della cooperazione possono e devono assumere nuove forme. sempre in una mozione presentata alla Camera e firmata da democristiani, socialisti, radicali, comunisti eccetera, noi facevamo un esempio di come si potesse procedere ponendo il caso del Burkina Faso , un paese che esprime un certo regime militare (ma se andiamo a cercare regimi democratici in Africa ho l' impressione che ci troviamo in notevoli difficoltà: e comunque, se uno vuole aiutare la gente non può dire « siccome quelli sono poveri, muoiono di fame e in più hanno un regime totalitario non li aiuto » ), ma che aveva manifestato una certa disponibilità a stabilire con l' Italia un rapporto preferenziale anche di vera interdipendenza politico-economica. e sappiamo bene quale ruolo svolga il Burkina Faso nella sua zona geografica e ai problemi che ha con la Libia, argomento che è inutile a stare qui ad approfondire. ma perché non individuare strumenti nuovi di cooperazione politica ed economica? io non ho certezze in tasca... firmato dal capitano Sandara, il quale credo ormai conosca l' Italia e la situazione italiana in maniera perfetta. stavo dicendo queste cose perché a me pare che il problema nord sud non sia solo, come tutti i problemi politici, una questione di soldi ma anche e soprattutto una questione di politica diplomatica. si tratta di inventare nuovi strumenti, tra l' altro già previsti nel diritto internazionale , anche se poco utilizzati o non approfonditi. proprio per questo, nella mozione di cui parlavo prima si chiedeva, ad esempio, all' Italia (che da gennaio è membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ) di investire le Nazioni Unite del problema dello sterminio per fame in quanto problema che minaccia la sicurezza. certo, a parole siamo tutti d' accordo. credo che tutti condividiamo le analisi del rapporto Carter, del rapporto Brandt, l' enciclica del Santo Padre ; « il nuovo nome della pace è lo sviluppo » : non ho trovato questo riferimento nel suo intervento, ma immagino che sia quasi dato per scontato questo tipo di analisi. il Governo Craxi nel 1983 fece le stesse dichiarazioni, citando quasi esattamente l' enciclica. dopo di che a noi pare che uno degli strumenti perseguibili se lo sterminio per fame è una minaccia alla pace e alla sicurezza, usando probabilmente i poteri residui in una visione certamente non statica del diritto internazionale , degli articoli 24 e 26 della Carta delle Nazioni Unite (non sto qui ad approfondire le analisi o le teorie del professor Bedjaoui), possa essere questo: perché non investire il Consiglio di sicurezza di questo problema? ne deriverebbero due risultati enormi: il primo, di porre appunto il problema del sottosviluppo non come un problema di carità più o meno pelosa dei paesi industrializzati , ma come priorità della sicurezza nord sud , cioè della pace per tutti. il secondo risultato sarebbe quello di sottoporre il problema ad un organismo con poteri vincolanti. conosciamo tutti i problemi della Namibia, certamente... lo so perfettamente, però, signor presidente , posso avanzare delle proposte di cui sono convinta; magari lei me ne fa altre e io mi convinco. quello che non è tollerabile e che restiamo immobili. posso anche non avere la verità in tasca, posso fare proposte forse strampalate, ma fino a un certo punto; lei me ne farà altre lunedì, in replica, certamente più serie, spero; dopo di che, quello che non è sostenibile, quello che non è accettabile è che non ci siano iniziative o proposte di iniziative; questo è l' unico problema. probabilmente il vertice dei paesi industrializzati a Venezia può essere o non essere la sede indicata; certamente è una occasione da sfruttare almeno per avviare questo discorso e, diciamo, per contatti informali, tanto per cominciare; sia a livello di Nazioni Unite , sia anche a livello europeo: le dico questo perché sempre quella famosa mozione chiedeva al Governo dell' epoca di sollecitare, da parte della Presidenza di turno della Comunità Europea , una riunione del Consiglio dei ministri degli Esteri sul problema nord sud . ora, come lei sa, il Consiglio dei ministri degli Esteri si riunisce in merito ai più disparati argomenti, ma soprattutto per la problematica est ovest , per ratificare una qualche virgola, stabilita dalle due grandi superpotenze, per concordare se quella tale virgola è eccellente o meno... io non credo che sarebbe una grande rivoluzione, ma certo un passo importante sollecitare almeno una convocazione del Consiglio dei ministri della Comunità Europea sul problema nord sud , in cui magari si può anche decidere di non far nulla, per esempio; oppure, si tratta di un problema di comune interesse. sono tanto più preoccupata, perché proprio recentemente, in seguito all' appello dei premi Nobel , si erano ottenute due leggi speciali: una in Belgio nel 1983, e una in Italia. in Belgio il 23 marzo, usando poteri speciali, il Primo Ministro Martens sostanzialmente ha annullato la legge! di qui, ovviamente, reazioni, marce, digiuni, eccetera. però, il mio problema è che se bisogna impiegare cinque anni per compiere un primo passo , poi ci si distrae due minuti e non si ritrova più la legge, proprio per questa distrazione, allora si tratta di una fatica di Sisifo ! io credo che una iniziativa italiana almeno per quanto riguarda la richiesta di convocazione del Consiglio dei ministri , sarebbe altamente auspicabile. sempre in ordine a questa idea di investire il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite , c' è un altro appuntamento importante che lei segnerà sicuramente, nella sua agenda: è la scadenza dell' agosto di questo anno, quando si svolgerà a New York la conferenza per il disarmo e lo sviluppo. su questo volevo fare due osservazioni: non sono affatto d' accordo sulla tesi brandtiana o, meglio, sarei in teoria molto d' accordo sulla tesi brandtiana, ma che bisogna disarmare per sviluppare. perfetto! ho, però, delle riserve da due punti di vista . in primo luogo, che il risultato che attualmente si sta verificando è quello che, invece, la corsa al riarmo continua in modo frenetico e che la corsa allo sviluppo, non solo non è mai iniziata, ma si è proprio fermata. penso, inoltre, che investire nello sviluppo del sud del mondo sia di per sé lavorare per la pace. certo, la cosa migliore, diciamo utopistica, ma comunque migliore, sarebbe che questi fondi fossero stanziati con un contestuale disarmo. questo, però può diventare un alibi: siccome il disarmo non c' è, non ci sono soldi per investire. questo alibi non credo che sia più accettabile per nessuno di noi. il secondo problema che voglio affrontare — come ho detto — è quello dei diritti umani e del perché nell' analisi del problema della sicurezza del nostro pianeta io vedo due minacce e credo che occorra andare ad una riclassificazione dei pericoli incombenti. il primo è lo sterminio per fame, la seconda minaccia è, dal mio punto di vista , rappresentata dai sistemi totalitari, siano essi di tipo sovietico oppure di tipo siriano, insomma dai sistemi totalitari in quanto tali. anche su questo tema bisogna registrare che, di fronte ad una grande disponibilità di denuncia verbale delle violazioni dei diritti umani non corrispondono un' analisi ed azioni politiche adeguate, che, invece, dovrebbero essere conseguenti. credo, signor presidente , che il problema dei diritti umani sia di grande valore e non sia commercializzabile sull' altare di nessun accordo economico o politico, vantaggioso per uno o per l' altro dei partner o per tutti e due. credo, cioè, che i regimi totalitari manterranno sempre un vantaggio strategico su quelli democratici, sul piano del processo decisionale. non è solo il problema relativo a quanti missili l' uno o l' altro possegga, perché, oltre alle armi, dovrebbero entrare nella valutazione degli equilibri gli uomini ed i meccanismi che hanno il potere di usare. insomma, l' assenza nel processo decisionale politico-militare dei paesi totalitari di ogni contraddittorio con l' opinione pubblica e con altri poteri dello Stato rende precario, se non impossibile raggiungere un accordo che garantisca in maniera accettabile contro tentazioni espansionistiche o bellicistiche. credo che proprio nelle sedi internazionali da lei indicate, signor presidente , il nostro paese potrebbe portare un contributo originario e non velleitario all' atteso dibattito in corso sulla riduzione delle forze nucleari di teatro. vede: ancora una volta, noi le proponiamo di far leva sugli strumenti di diritto internazionale . deve, cioè, restar fermo il principio, affermato nell' atto finale di Helsinki , della interdipendenza tra atti di disarmo e provvedimenti concreti per il rispetto dei diritti umani, tra pace e democrazia. in questi giorni, si fa molto parlare, evidentemente, e mi pare giustamente, della svolta russa, della svolta di Gorbaciov, insomma. ebbene, io credo che un' analisi più accurata, forse, di quanto sta succedendo potrebbe portare, probabilmente, molti leader occidentali ad essere un pochino più prudenti rispetto alle aperture, rispetto a varie dichiarazioni di apprezzamento, effettuate come se in Unione Sovietica fosse arrivata la democrazia. a me pare di non poter condividere, non queste speranze, ovviamente, ma la visione della realtà. credo, intanto, che da una parte, sia finita l' illusione di poter mettere in crisi l' economia dell' Unione Sovietica con una corsa sfrenata al riarmo, che secondo quanto anni fa sostenevano i militaristi occidentali, l' Unione Sovietica non sarebbe stata in grado di sostenere. questa teoria è stata smentita, perché è l' Occidente che deve fare i conti con l' opinione pubblica , a non poter sostenere questa corsa al riarmo, ma non un paese che con l' opinione pubblica non deve fare i conti, non avendo niente da comunicare né da farsi approvare. esattamente, ma ciò che le dico è che la corsa al riarmo mette più in difficoltà le democrazie occidentali perché devono affrontare i conti e l' opinione pubblica . i regimi totalitari hanno forse i conti da affrontare, ma che siano di destra o di sinistra normalmente non devono fare i conti con l' opinione pubblica , né con altri organismi decisionali dello Stato. signor presidente , non pretendo certamente di convincerla della bontà delle posizioni antimilitariste del partito radicale , vorrei però convincerla a far valere quelle poche conquiste di diritto internazionale contenute nel terzo cesto dell' atto finale di Helsinki . ancora una volta vorrei proporle una cosa concreta. ottanta parlamentari di tutti i gruppi politici hanno depositato un documento con cui si chiede di vincolare ogni accordo con l' Unione Sovietica al rispetto del principio della libera circolazione dei cittadini ed in particolare del diritto delle persone di riunirsi con membri della propria famiglia. come lei sa sono migliaia gli ebrei che hanno chiesto di poter esercitare tale diritto e, come lei sa, di fronte a liberazioni, certo molto pubblicizzate e pubbliche, la quantità dei visti concessi si è drammaticamente ridotta. diceva Sharanski l' altro giorno al Parlamento europeo che l' Unione Sovietica ha bisogno di nuova tecnologia, che per averla dall' Occidente deve presentarsi con un volto migliore, insomma che saremmo al punto dei refusnik contro nuova tecnologia. è di questi giorni il dibattito sul ponte aereo attraverso il quale 12 mila ebrei potrebbero lasciare l' Unione Sovietica e raggiungere Israele, in cambio dell' abolizione dell' embargo di materiale ad alto contenuto tecnologico e strategico diretto in Russia. come chiede il documento citato, credo che il governo italiano debba esercitare un' azione pressante perché il diritto alla libera circolazione, contenuto nell' atto finale di Helsinki sottoscritto dall' Unione Sovietica , sia pienamente esercitato. in questo documento facevamo il caso di nove refusnik che sono sembrati, alla delegazione del Parlamento europeo , i casi più significativi. voglio qui ricordare i loro nomi come espressione della volontà di tutti noi di opporci con ogni mezzo a patteggiamenti sui diritti delle persone. l' unico di questi nove che ha ottenuto di poter lasciare il campo di concentramento dove era rinchiuso è Josef Begun. credo però che non dobbiamo dimenticare gli altri otto che chiedono il visto da quindici anni. Cherna Goldort , costretta a vivere in Siberia, all' età di 62 anni, con le uniche due figlie in Israele, si è vista rifiutare nuovamente il visto tre giorni fa. anche a Ida Nudel tre giorni fa è stato rifiutato il visto. potremmo ricordare il caso di Alexei Magarik, accusato di detenzione di droga, rinchiuso in carcere e del quale non si ha più notizia. potremmo citare i casi di Grigory Leomberg o Marato Osnis , oppure Dora Kostantinovskaya, caso questo molto particolare. e un ingegnere di 46 anni in attesa di raggiungere i genitori in Israele; non ha famiglia, non ha nessuno e non può lasciare l' Unione Sovietica in quanto detiene « segreti di Stato » . sono 350 mila gli ebrei che hanno chiesto di emigrare, ma ho voluto ricordare questi nomi perché lei riterrebbe molto provocatoria, signor presidente del Consiglio , un' iniziativa molto semplice? rispetto a questi casi di conclamata giustizia noi le chiediamo di proporre come primo atto del suo Governo se ci sarà... può farlo anche adesso, ma non speravo tanto. dicevo che le chiediamo di concedere la cittadinanza italiana ad alcune di queste persone. lei sa bene che una campagna politica ha bisogno di atti e di gesti seri, non di gestualità. perché non provare un' iniziativa con lo stesso ambasciatore? certo, se mi viene opposto sempre per qualunque cosa il realismo politico , devo dire che può darsi che noi siamo molto ingenui ma, signor presidente del Consiglio , ci sono delle cose che hanno valore di per sé e rispetto alle quali tutto quello che possiamo fare in forma pubblica o non pubblica ha molta importanza per la vita di qualcuno. proprio per dimostrare che il problema dei diritti umani non è a senso unico, le voglio segnalare il caso (poiché il presidente Reagan verrà in Italia il 3 giugno) di Paula Cooper, che è una minorenne, ha sedici anni, ha ucciso la maestra di religione quando ne aveva quattordici; è stata condannata a morte perché nel suo Stato si può essere condannati a morte anche a dodici anni; è chiusa in carcere dove starà in isolamento fino ad anni diciotto in attesa dell' esecuzione. siamo quindi in una situazione di tortura più che pena di morte , perché non so come altro si possa definire il chiudere una persona minorenne in carcere per quattro anni, avendo come grande obiettivo e come grande speranza di vita il raggiungimento dei diciotto anni per essere giustiziata. dal rapporto di Amnesty International risulta che ci sono trentasei minorenni nelle stesse condizioni. noi stiamo assumendo iniziative a livello parlamentare, ancora non a livello di Governo perché manca qualche interlocutore in questi ultimi mesi, perché la grazia sia concessa, in attesa ovviamente di un cambiamento di legge. tra l' altro proprio ieri l' Alta Corte ha riconosciuto costituzionale la pena di morte in un paese civile e democratico come gli USA. credo che nei nostri rapporti privilegiati tali questioni debbano essere presenti, se i diritti umani non sono una merce di vendita o di svendita o di saldo. com' è possibile la vendetta legale, non dico nell' Iran di Khomeini, ma negli USA dove vi sono 1.700 maggiorenni in carcere in attesa di essere giustiziati, dove le esecuzioni dal 1982 al 1986 sono state 62 e dove vi sono 36 minorenni condannati a morte in attesa di essere giustiziati? possiamo essere alleati privilegiati, non privilegiati, meno che privilegiati, ma io credo che un' iniziativa, certo del Parlamento ma anche del Governo, da questo punto di vista sia fondamentale e necessaria. per lo stesso motivo, signor presidente , qualcosa bisognerà fare per gli ebrei di Siria. non approvo che la Siria sia stata un partner privilegiato per alcuni non nobili valori, e tra l' altro la politica un po' avventata del nostro ministro degli Esteri in tema mediorientale sta dando frutti catastrofici. detto questo, a Damasco vi è una piccola comunità di ebrei siriani che non possono uscire dal ghetto, che non possono scegliere la loro professione, che sui documenti hanno scritto « ebreo » (forse questo vi ricorda qualcosa, magari li vedremo circolare con la stella gialla). abbiamo rapporti privilegiati, pare, con la Siria, e in questo rapporto, oltre alla vendita delle armi e ad altre delizie, forse i diritti umani della comunità ebrea nel ghetto di Damasco bisognerà ricordarli. ho fatto circolare una petizione su questo, che ha avuto la firma di trecento deputati, e sto aspettando solo un Governo in carica per, sapere a quale ministro dovrò consegnarla; sempre ad Andreotti, ci sarà qualche problema, ma forse potremmo aprire un proficuo dibattito, perché mi pareva scorretto consegnarla solo all' ambasciatore siriano e non anche al governo italiano . certo, se volessimo proseguire, potremmo trovare molti altri casi. ma ho citato questi solo per dire che come per la fame nel mondo , anche per i diritti umani si sono spese tante parole, ma si sono avuti pochi atti. mi aspetto molto da lei, senatore Fanfani, perché forse ci accomuna una cosa, pur in campi contrapposti, separati e normalmente diversi: la testardaggine. spero molto in una politica che non sia di compravendite, ma che abbia basi reali e che sia fondata sui valori. la questione dei refusnik e dei prigionieri di Sion mi consente di introdurre un brevissimo accenno alla politica italiana nel Medio Oriente . ovviamente ho già detto prima che le mie osservazioni sul regime totalitario sovietico si estendono, senza remore o distinzioni di comodo, a tutti gli altri regimi totalitari: da quello turco a quello siriano, da quello coreano a quello iracheno o iraniano. pretendere che queste dittature possano avere un ruolo di stabilità nelle loro rispettive aree, solo perché apparentemente stabili e capaci, come ad esempio nel Libano, di affermare l' ordine delle armi, è uno dei più gravi errori della nostra politica estera . con la stessa determinazione con la quale chiediamo che gli accordi sulle armi di teatro seguano di pari passo l' attuazione dell' atto di Helsinki , noi domandiamo che il nostro Governo si opponga all' entrata della Turchia nella Comunità, finché non saranno ristabilite in quel paese le libertà democratiche. a noi sembra che solo il nostro netto rifiuto, fino al ristabilimento delle libertà democratiche in Turchia, possa essere un incentivo a fare presto. così credo che dobbiamo prendere atto del fallimento della politica medio orientale che il ministro Andreotti ha praticato e pratica da molti anni. illusoria e suicida si è rivelata, infatti, la politica di apertura e di complicità con i regimi totalitari di quell' area, giustificata dall' interesse italiano a rimanere estraneo agli atti di terrorismo. a mio avviso non ci si siede al tavolo con gli assassini e l' Italia ha pagato con un grande contributo di sangue questa politica sconsiderata. e solo oggi cominciano a venire alla luce gli sporchi interessi connessi al traffico di armi e di droga che da anni fanno da supporto alla presunta apertura italiana al mondo arabo . a fronte di tutto ciò l' Italia ha proseguito nel suo rapporto cordiale di inimicizia con lo Stato di Israele . noi riteniamo miope e pericolosa questa politica. si può essere, come siamo spessissimo, in disaccordo con molti atti del governo di Israele (ne abbiamo a iosa : non ultime le dichiarazioni del Primo Ministro Shamir sulla conferenza internazionale, anzi contro la conferenza internazionale); ma io credo che nessuno debba dimenticare che lo Stato di Israele è l' unico paese di democrazia politica in quell' area e che solo dall' affermazione della democrazia è possibile costruire la pace. pretendere che la pace possa essere concordata con chi si propone programmaticamente di realizzare la liberazione del proprio popolo attraverso l' eliminazione di un altro popolo, rappresenta uno dei più gravi errori della politica estera del nostro paese, che ci auguriamo lei possa avere, presidente Fanfani, la forza e il tempo di correggere. noi radicali, signor presidente , siamo stati gli unici a non voler incontrare Arafat e i suoi uomini armati, penetrati anni or sono, con l' assenso di tutti, in questo palazzo. fummo isolati allora, ma oggi la riunificazione del moderato Arafat con il dirottatore della Lauro, e forse anche con il responsabile di Fiumicino, toglie ogni dubbio non solo sull' ambiguità del leader palestinese, ma anche sulla sua possibilità di essere un interlocutore credibile ed affidabile in qualsiasi tavolo di trattativa. vorrei terminare il mio intervento parlando del ruolo dell' Europa, anche se è nota la crisi del processo di integrazione politica ed economica europea. il fatto che i problemi della sicurezza e della difesa europea possano essere appaltati agli USA è certamente un elemento che influisce negativamente nel processo di unificazione europea . ma, ancor più, signor presidente , a me pare pericolosa l' illusione che i singoli Stati possano garantire la propria pace e la propria sicurezza nell' affermazione del principio di sovranità nazionale. ce lo ricordava qui Altiero Spinelli pochi anni or sono, quando provocatoriamente affermava che è preferibile la servitù all' impero americano piuttosto che la grottesca pretesa della difesa nazionale. per queste ragioni è auspicabile, così come è previsto nel progetto di trattato dell' unione, un processo di integrazione nel settore della sicurezza e della difesa, a mio avviso basato su due pilastri. il primo pilastro è che la costruzione di una politica di difesa e di sicurezza europea non potrà mai nascere o, comunque, non rappresenterà un elemento capace di contribuire alla pace ed alla sicurezza dell' Europa, se non scaturirà da un processo di effettiva integrazione politica europea , dalla realizzazione dell' Unione Europea e dal conferimento alle istituzioni, in particolare al Parlamento, dei poteri che — in un sistema democratico sono ad esse attribuiti. in caso contrario, noi rischieremmo di sostituire o di far finta di sostituire all' imperatore americano quello francese o quello franco-tedesco, con l' aggravarsi degli equivoci e dello stato di precarietà della politica difensiva. la seconda premessa ad una politica di difesa europea attiene ai contenuti e ai mezzi. ne ho già parlato. illudersi che le armi e i missili possano essere l' unico elemento di sicurezza contro ogni tentazione autoritaria e bellicista è una pericolosa illusione. alla debolezza di questa riedizione della linea Maginot, a nostro avviso, bisogna sostituire la forza di una politica di attiva pressione, perché si avvii quel processo di democratizzazione dell' Unione Sovietica che solo può garantire sicurezza. concludo, signor presidente , dicendo che, per quanto riguarda l' Europa e l' atto unico , faccio mia e condivido perfettamente la lettera che il ministro Andreotti consegnò al momento della firma, con tutte le critiche e le riserve in essa contenute. credo, però, che alcune iniziative in positivo debbano essere prese. per altro, la decisione recente relativa alla corte dell' Irlanda non fa bene sperare. inoltre, andiamo incontro ad un semestre a presidenza danese, che non credo sarà, per ovvi motivi, particolarmente attivo. speravamo molto dalla presidenza di un paese molto europeista come il Belgio, ma invece non abbiamo avuto grandi lumi né grandi iniziative. sarebbe auspicabile, come si chiede nell' ordine del giorno approvato dal Senato, che il governo italiano proponesse un referendum consultivo, in primo luogo nazionale, che consentirebbe una vasta compagna di informazione e di mobilitazione della nostra opinione pubblica , che è fondamentalmente filoeuropea, ma che forse ha bisogno di capire e di conoscere di più quanto avviene in Europa. in definitiva, signor presidente , per quanto riguarda l' Europa, è costruita l' Europa agricola del nord, esiste l' Europa delle eccedenze alimentari, c' è l' Europa che annega nel latte, nel burro, in quello in polvere, in quello non in polvere, in quello solubile ed anche in quello emulsionato. ne abbiamo dappertutto e ci costa tantissimo stoccarlo. inoltre, come lei sa, il burro non si può dare ai paesi del terzo mondo per via dei 40 gradi all' ombra; altrimenti, già glielo avremmo dato, come facciamo con il latte in polvere , sommergendoli in modo pericoloso. si sta costruendo l' Europa della finanza, giocoforza si costruirà l' Europa delle banche. signor presidente , io penso che dobbiamo iniziare a costruire l' Europa dei cittadini, l' Europa federalista, l' Europa dei valori, un' Europa che abbia nella non violenza , nella vita, nei diritti umani le sue basi costitutive, un' Europa senza frontiere. questo non vuol dire un' Europa senza differenze, ma vuol dire qualcosa che vada al di là dei nostri confini nazionali, perché tutti i temi cui ho accennato (ed altri che possiamo elencare lungamente) non sono più risolvibili a livello nazionale . la classe politica è sempre più indietro della realtà. si sta costruendo l' Europa, ma gli unici che, in primo luogo, non se ne accorgono, inoltre che non la vogliono, infine che ne sono terrorizzati sono i politici, siamo sostanzialmente noi. mi auguro che martedì lei la fiducia la ottenga; mi auguro che almeno alcuni dei problemi che abbiamo portato avanti per tanti anni trovino in lei e nella sua politica un sostenitore convinto. proprio per la sua storia, io penso di poter sperare... ho finito. dicevo che penso di poter sperare che questo atto così strano di una fiducia votata dal gruppo radicale al presidente Fanfani (vede come è particolare la vita di ognuno di noi?) non le sembri un voto di dispetto. e un voto sicuramente convinto non solo per motivi interni, di cui molti hanno discusso, ma anche perché i temi che a noi stanno molto a cuore devono trovare un Governo in carica che non sia dimezzato e che abbia la voglia, la forza ed il coraggio di portarli avanti.