Ciriaco DE MITA - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 630 - seduta del 23-04-1987
Commissione d'inchiesta sulla criminalità mafiosa ed il riciclaggio
1987 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 24
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , signor presidente del Consiglio , è sempre difficile nei momenti di grande tensione sottrarsi alla tentazione di facili polemiche — avare, molto avare, di verità rispetto ai fatti e non lasciarsi prendere dalla suggestione di manovre ed espedienti tattici. e tuttavia penso che dovremmo fare uno sforzo, tutti, per riportare il dibattito politico ad un' analisi seria ed approfondita delle ragioni che hanno determinato questa crisi e ad un confronto chiaro e privo di pretestuosità. il Governo che abbiamo di fronte, costituito con grande impegno dal presidente Fanfani, fotografa la gravità della situazione in cui ci troviamo. essa non può essere né banalizzata né semplificata facendola apparire come uno scontro di puntigli o di presunte pretese egemoniche; va invece esaminata ricercando anche nei dettagli i motivi più autentici, gli aspetti veri e reali che, combinandosi, l' hanno generata. questa non è una delle tante innumerevoli crisi. non è la scontata, ennesima crisi di Governo , non è insomma una crisi qualsiasi, né può essere circoscritta o ridotta ad un semplice incidente di percorso. siamo di fronte ad una manifestazione evidente di difficoltà del sistema politico italiano che la Democrazia Cristiana da tempo, ed in particolare nei suoi ultimi congressi, ha denunciato e cercato di analizzare. a fronte di questa condizione di malessere delle nostre istituzioni, abbiamo sempre contestato la pretesa e gli atteggiamenti semplificatori ed illuministici di chi ha immaginato ed ancora immagina che le difficoltà possano essere superate d' incanto qualora la Democrazia Cristiana dovesse essere esclusa dal Governo ed emarginata dalle vicende politiche del paese. per quanto ci riguarda non intendiamo affatto negare o nascondere le nostre rughe, né i nostri disagi; intendiamo solo collocarli in modo giusto nel contesto di una crisi che investe tutte le forze politiche e l' intero sistema. non a caso oggi ogni forma politica è in difficoltà ed è in qualche modo sola, sola con se stessa . può trovare, sì, possibili punti di incontro, per altro sempre contraddittori, in una direzione o nell' altra, ma più per dire di no ed opporsi a qualcosa che non per costruire qualcosa. questa comune difficoltà, questa ambiguità che diventa spesso pura manovra tattica, questa preoccupante insufficienza, sono il segno di una crisi politica che sottostà alla crisi di Governo e non riguarda tanto il rapporto dei partiti tra di loro, quanto il rapporto di ognuno di essi e di tutti insieme con la nuova società italiana . a fronte delle trasformazioni intervenute, le parole e le risposte della politica appaiono tutte inadeguate, e questa inadeguatezza coinvolge fatalmente il complesso delle istituzioni. pensare di colmare questo vuoto senza approfondire l' analisi oggettiva delle difficoltà e rincorrere invece, per comodità e a volte per miopia, il tentativo di recuperare il ruolo della politica, affidandosi, per così dire, al desiderio o sviluppando da parte di alcuni partiti un qualunque sfrenato attivismo, per quanto possa essere legittimo, è a mio avviso solo un esercizio sterile ed improduttivo. ed oggi rischiamo infatti una condizione di questo tipo. non è di per sé un contrasto vero che crea problemi: è il contrasto mistificato, fatto di desideri e di parole, senza reale contrapposizione di proposte. tentando e proponendo una sua « uscita di sicurezza » dalla crisi politica generale, negli ultimi anni la Democrazia Cristiana si è sforzata costantemente di sollecitare il confronto su precise proposte di Governo, per verificare intorno ad esse consensi e dissensi, e coagulare alleanze possibili e stabili. il nostro sforzo di elaborazione di una proposta di Governo capace di rispondere ai problemi del paese ha individuato due questioni centrali, intorno alle quali si organizzano anche quelle particolari: una che nasce dal continuo processo di integrazione ed internazionalizzazione dell' economia e l' altra che riguarda il risanamento della finanza pubblica , con particolare riferimento al dilatarsi dei processi burocratici nella gestione dei pubblici servizi. sono due questioni che, se da un lato denunciano l' inadeguatezza delle tradizionali culture politiche , dall' altro sollecitano l' elaborazione di una nuova linea riformista che, a nostro avviso, costituiva e costituisce la base delle possibili alleanze politiche. non a caso nel nostro ultimo congresso abbiamo, infatti, individuato il nascere di un nuovo ed inafferrabile potere, con crescenti intrecci ed implicazioni internazionali. un potere riconoscibile nel progressivo crescere del ruolo del mercato finanziario come strumento di canalizzazione del risparmio, e quindi di accumulazione ed utilizzazione delle risorse e di orientamento degli investimenti. ne deriva la necessità di definire un sistema di regole generali che presiedano allo svolgimento di questi nuovi processi: non per ostacolarli, ma per assicurare tuttavia condizioni di trasparenza, in modo da limitare il rischio di manovre puramente speculative. proprio per contrastarle, evitando danni ed effetti negativi, la Democrazia Cristiana fa sua l' esigenza di garantire gli italiani che affluiscono alle nuove forme di risparmio e di partecipazione. ma questo non può essere solo un problema della Democrazia Cristiana . penso che sia uno dei temi fondamentali di una politica che insieme risponda alle trasformazioni intervenute e cerchi di governarle. d' altra parte, nello sforzo di rimeditazione dello stato sociale abbiamo dovuto riconoscere come antichi modelli appaiano ormai superati e logorate non poche delle ricette fornite dalle politiche keynesiane, sulle quali si era attestato precedentemente il rapporto tra pubblico e privato (i deputati Franco Russo , Tamino e Ronchi nell' ultimo anello dell' emiciclo del settore occupato dai deputati del gruppo della Democrazia Cristiana espongono uno striscione recante la scritta « referendum » ). vogliamo tutti, e noi per primi, difendere le conquiste dello stato sociale ma non possiamo non avere consapevolezza che, per poter difendere, bisogna adeguare e rinnovare. il problema primario resta quello di garantire la tutela efficace dei bisogni, eliminando però l' eccesso di burocratizzazione e l' espansione abnorme degli apparati. ciò implica inoltre la necessità di responsabilizzare tutti i centri di erogazione della spesa e di gestione delle prestazioni, recuperando spazi di partecipazione, di corresponsabilizzazione. l' una e l' altra questione aprono perciò problemi del tutto particolari, delineando orizzonti diversi ed inediti, inducendo a meditazione e riflessioni coraggiose tutte le forze politiche . nessuno può essere come era, poiché ciò che c' era non c' è più. questa considerazione tocca certamente e in primo luogo il partito comunista italiano ma riguarda anche il riformismo tradizionale, sia di parte cattolica sia nella versione laica e socialista. siamo perciò tutti obbligati a rivedere le tradizionali impostazioni e ad aprirci la strada su terreni nuovi, inesplorati e difficili. con questa convinzione e partendo da questa analisi qui brevemente richiamata, la Democrazia Cristiana tutta intera ha, nel suo congresso nazionale, elaborato una proposta concreta di Governo, intorno alla quale fu giudicata valida e possibile un' alleanza politica, quella del pentapartito. mai abbiamo considerato, né mai potremmo considerare questa alleanza come una semplice somma di partiti, né come un provvisorio stato di necessità. l' abbiamo ritenuta e la riteniamo una solidarietà politica, che ha ragion d' essere all' interno di una precisa proposta ed in un chiaro programma di Governo , valido per l' oggi e per il domani. questa è stata, è e sarà la posizione politica della Democrazia Cristiana . onorevoli colleghi , mi è sembrato opportuno ribadire questa nostra identica ed unanime convinzione perché se non si parte da qui non si comprende il quadro delle vicende che hanno accompagnato la crisi di Governo e ci hanno portato alla presente, precaria situazione. è stato detto che tutto quanto è accaduto sarebbe in qualche modo funzionale ad un tentativo di recuperare la cosiddetta egemonia democristiana. ma, a parte l' ovvia considerazione che l' egemonia è come il coraggio di manzoniana memoria, che uno non può darsi se non ce l' ha...... voglio e debbo qui sottolineare che la Democrazia Cristiana nutre piena consapevolezza del fatto che oggi nessun partito da solo ha la possibilità di essere riferimento e guida, che ognuno può e deve invece concorrere con gli altri ad individuare la linea di Governo possibile. per realizzare questo disegno, che ritenevano e riteniamo giusto, abbiamo accettato che la direzione politica del Governo potesse essere affidata anche ad un partito diverso da quello di maggioranza relativa . per diversi anni il contenzioso politico per noi non si è mai trasferito a Palazzo Chigi . ma questa nostra disponibilità sempre netta, lineare, limpida, aveva ed ha come condizione necessaria ed ineliminabile l' esistenza di un disegno comune fra i partiti della coalizione. per la Democrazia Cristiana l' alleanza viene prima del Governo e della sua leadership. ma quando viene a mancare un comune disegno diventa obiettivamente impossibile fare finta che esistano solidi e validi motivi di solidarietà. non si tratta di un prezzo da pagare o di una contropartita da incassare. si tratta della condizione stessa che consente la vita di una coalizione. certo, essa non vincola in modo indissolubile i partiti che vi partecipano; ma, fin quando una coalizione esiste, costituisce tuttavia l' unica regola oggettiva possibile per superare i contrasti sempre presenti in governi di coalizione. o c' è questo criterio fornito dallo stesso obiettivo che si intende raggiungere, e allora gli eventuali contrasti trovano sempre un punto possibile di mediazione e di superamento; o non c' è e allora non esiste possibilità di sopravvivenza e consolidamento della maggioranza. la regola di una coalizione non può essere il prevalere della ragione di una sola parte, anche quando si trattasse di ragioni nobili accompagnate da motivazioni serie. la Democrazia Cristiana ha sempre rispettato la peculiarità e il contributo proprio ed essenziale di ciascun partito dell' alleanza, nella consapevolezza che essa trova la sua forza nella convergenza di tre grandi filoni della nostra cultura politica : quello cattolico democratico, quello laico-risorgimentale e quello socialista; ma tutto ciò non può portare al dominio delle ragioni di un partito su quelle della coalizione. si dà luogo altrimenti ad una vistosa anomalia, ad una pretesa miope, e presto o tardi a ragioni di parte si contrappongono ragioni di parte e lo scontro diventa inevitabile, la crisi irrisolvibile. per questo abbiamo richiamato e richiamiamo la necessità di una regola, di un criterio obiettivo. vulnerarlo significa non tanto conculcare le nostre ragioni particolari, che pure sarebbero legittime almeno quanto quelle degli altri, ma significa inserire e far crescere un elemento via via destabilizzante, che rompe dall' interno qualsiasi coalizione e suscita fatalmente un movimentismo disarticolante che alla lunga mette in discussione la tradizionale convivenza democratica. non avere questa consapevolezza, analizzare la crisi attuale descrivendo il particolare ed insistendo su di esso, evocare d' altra parte il senso di responsabilità e della misura oltre ogni limite, serve solo a sfuggire la questione vera che invece va affrontata e risolta. non è caso, sempre, nel passato antico e recente abbiamo richiamato l' attenzione nostra ed altrui sulla necessità di rifarsi, tutti e singolarmente, alle ragioni forti dell' alleanza politica. perciò abbiamo parlato di strategia dell' alleanza. questo non significa diminuire o scolorire l' identità propria di ciascuno, come non può significare l' assegnazione di ruoli prestabiliti. né questo contraddice o preclude prospettive diverse, che ogni singolo partito intenda perseguire. nel nostro congresso abbiamo anche affermato con chiarezza che nel dialogo con il partito socialista , come con gli altri partiti della coalizione, restano aperte ed in una certa misura convivono la capacità di convergenza e di risposte comuni da dare oggi ed insieme una potenziale concorrenza per il domani. ma non si possono concentrare, nei tempi medi dell' alleanza, le prospettive attuali e quelle future dei partiti. per i tempi nei quali l' alleanza dura, il problema è quello di stabilire le ragioni della comune solidarietà. certo, c' è un grande processo democratico da avviare per costruire il futuro, ma esso, a nostro avviso, comincia con la convergenza univoca dei partiti della coalizione, che avevano ed hanno la possibilità ed il dovere di individuare una linea di risposta comune ai problemi della società italiana . quando il processo si esaurirà, la competizione tra i partiti potrà assegnare a ciascuno ruoli diversi nella sfida a guidare ulteriori evoluzioni. per noi tale processo, tuttavia, non era e non è esaurito. se così è, come per noi è, appare evidente che ogni ipotesi terzaforzista, legata solo al potere per il potere, risulta inadeguata e per certi aspetti non solo velleitaria quanto rischiosa. una logica di mero schieramento, con queste connotazioni, può dare riscontri aritmetici, ma non ha né rilievo, né spessore politico. essa non ci preoccupa, insomma, perché rivolta contro la Democrazia Cristiana , ma perché siamo sinceramente convinti della sua inidoneità ad affrontare e risolvere le grandi questioni che abbiamo dinanzi. riteniamo che, al di là delle intenzioni, essa rischia oggettivamente di diventare un fattore di destabilizzazione. l' esigenza, imposta, fra l' altro, dai profondi mutamenti intervenuti nel nostro assetto socio-economico, è, e resta, quella di costruire una proposta di Governo possibile, un progetto definito e chiaro su cui raccogliere il consenso. non basta, allora, immaginare astrattamente uno schieramento, per giunta prescindendo dal consenso necessario, per affermarsi come maggioranza alternativa alla Democrazia Cristiana . né si può supplire con ipotesi di riordino istituzionale, che apparirebbero funzionali non tanto alla crescita democratica complessiva quanto a ricercare, surrettiziamente, il modo per dar forza ad un disegno dai contorni non definiti, privo in partenza sia di progetto che di consenso. prendiamo ad esempio la proposta, ufficialmente emersa al congresso socialista, della elezione diretta del Capo dello Stato . noi abbiamo un' opinione diversa sul possibile sbocco di un serio processo di revisione del nostro sistema politico-istituzionale; ma, in astratto, non possiamo negare nemmeno quella conclusione. quello che conta, però, è che si tratti comunque del punto di arrivo di un processo riformatore, che deve prima definire almeno il ruolo delle due Camere, il rapporto tra il Governo e il Parlamento, il tipo di governo, il meccanismo di raccolta del consenso e, quindi, inevitabilmente, il sistema elettorale . senza tutto ciò e senza il coinvolgimento e la convergenza delle forze politiche , quella proposta resta appesa nel vuoto. finisce per costituire o solo uno slogan emotivo o un ulteriore elemento di rottura del sistema, per accentuarne la crisi e non certo per risolverla. la Democrazia Cristiana , forse di più, forse prima, ma certamente almeno come gli altri, ha avuto ed ha la coscienza del graduale logoramento delle nostre istituzioni. non a caso, su questo tema da anni ci sforziamo di richiamare l' attenzione nostra e quella degli altri. ma le istituzioni, come abbiamo più volte ripetuto, non sono cosa diversa dalla politica: si identificano con essa e sono forti quando sussiste la capacità di organizzare risposte puntuali ai problemi della comunità. questo è il primo compito della politica e non si può sfuggire ad esso con fughe in avanti. non riusciamo a condividere, perciò, la risposta che si va configurando, anche se in maniera tuttora confusa, rispetto alle difficoltà che investono oggi la vita delle nostre istituzioni. mi riferisco a quella tendenza, che certamente cresce e si diffonde, la quale immagina prioritario ed essenziale il dare voce ai problemi della gente, con azione continua ed insistente. su questa base si finisce per teorizzare una democrazia diretta , quasi contrapposta e polemica verso la democrazia rappresentativa , fino a configurare una forma indefinita di democrazia plebiscitaria tutta concentrata nella organizzazione del movimento. un movimento politico , cioè, al di fuori e comunque indipendente dai tradizionali canali di organizzazione e raccolta del consenso, siano essi i partiti, i sindacati, le associazioni. in tale impostazione il ricorso costante e sistematico all' istituto del referendum diventa quasi una alternativa alla politica, e lo strumento principe per mettere in qualche modo in crisi l' assetto istituzionale esistente. se Capanna sta zitto, come quando non recita, gli spiegherò, come gli ho spiegato in privato, le mie ragioni alle quali non ha risposto così scompostamente come ora. quando la politica diventa istrionismo (come Capanna fa) denuncia la mancanza di qualunque proposta. vi è probabilmente una esigenza giusta in questa visione, per altro ancora confusa. ed è l' esigenza di individuare i problemi più sofferti della gente, più legati alle proprie angosce o alle proprie speranze quotidiane. ma il rischio di questa impostazione sta non solo nel fatto che non chiude la vertenza delle istituzioni, che anzi accentua e aggrava sotto l' urto martellante di iniziative movimentiste diffuse, molteplici e disorganiche quanto nel tentativo di ipotizzare il disegno di una autorità anch' essa direttamente derivata dal popolo schiacciando, in tal modo, dall' alto e dal basso, fin quasi a distruggere, la democrazia rappresentativa e pluralista. questo modello di democrazia plebiscitaria apparentemente può appagare (e certo abbagliare) la domanda di partecipazione che c' e tra la gente; ma, nella realtà, esso configura un sistema che non è fondato sulla reale partecipazione dei cittadini all' autogoverno, quanto su un tipo di partecipazione diversa che è più un sondaggio delle emozioni che non una corresponsabilizzazione reale. si ignora anzi così fatalmente e si tenta di superare la complessità dei problemi ed anche la realtà dei contrasti di interessi che agitano sempre la vita di una comunità e si sollecita e si coltiva invece una emozione unificante su cui legittimare una autorità. e in un certo senso il dominio delle emozioni a sostegno del potere. ora questa tendenza è stata di recente in qualche modo teorizzata nel congresso del partito socialista ed essa preoccupa, al di là del giudizio di valore sui possibili sbocchi, perché in ogni caso costituisce certamente un elemento di grande instabilità politica. segna anche un mutamento di rotta, passandosi così dalla scelta responsabile per la governabilità e la stabilità a quella della discontinuità, della rottura, del movimento comunque motivato a rischio di avviare il paese, la nostra democrazia e la stessa nostra economia verso una fase incerta, confusa, ingovernabile. la nostra risposta, il nostro convincimento, e crediamo anche quello di altri partiti, rimangono invece legati all' esperienza della democrazia pluralista e rappresentativa. certo, essa trova nell' istituto del referendum un' arricchimento ed una integrazione attraverso forme di democrazia diretta che tutti riconosciamo e vogliamo garantire. non si può però, e non si deve, contrapporre la democrazia diretta a quella rappresentativa, volutamente ignorando, fra l' altro, il ruolo tuttora ineludibile del pluralismo sociale e politico, dei partiti, di tutti i partiti, e particolarmente di quelli popolari. la nascita del grande Partito Popolare moderno, così come il pensiero e l' esperienza di Sturzo lo hanno definito, ha costituito e costituisce per noi tutta la risposta più forte rispetto alla complessità dei problemi della società moderna ed il superamento dei limiti e delle angustie di una democrazia ristretta e quasi obbligata. i partiti popolari sono anche essi movimento perché il loro ruolo e la loro diffusa adesione alla realtà civile del paese consente ed anzi impone di raccogliere le domande dalla gente. ma la forza del Partito Popolare sta nel fatto che non si limita a dar voce a queste domande, ma offre già le risposte e cerca le ragioni unificanti dei diversi interessi presenti nella comunità. non risiede nell' emozione effimera né nella sovrapposizione di una autorità esterna, bensì nella propria capacità di individuare l' interesse comune e superiore e di realizzare la sintesi politica possibile, elaborando la proposta di Governo su cui si raccoglie il consenso e si legittima democraticamente l' esercizio del potere. nessuno può immaginare perciò di poterci piegare ad una lettura distorta della politica italiana negli ultimi quaranta anni, subendo la suggestione per altro impossibile di chi ritenesse la presenza delle grandi forze popolari come il difetto da superare. per quanto ci riguarda dobbiamo anzi chiedere a chi, anche legittimamente, lamenta l' assenza in Italia di una sinistra riformista alternativa alla Dc, in base a quale strano ragionamento questa assenza possa esser addebitata ad una nostra colpa. non sarebbe invece il caso di cogliere — lo dico ai tanti alternativisti del desiderio presenti o no in Parlamento — il dato vero della storia della Democrazia Cristiana , che è e resta quella di un grande Partito Popolare che non è, non può essere e non sarà mai un partito conservatore? ed è l' esigenza di questo Partito Popolare che ha finito inevitabilmente per mettere in difficoltà una sinistra impregnata fino in fondo di una cultura e di una visione classista. una sinistra perciò che ogni qualvolta si è posta o intende porsi nella prospettiva di un' alternativa possibile ha sempre conosciuto e conosce la crisi delle motivazioni ideologiche e culturali intorno alle quali si era organizzata. e quanto più la sinistra si muove in questa direzione e tenta di sbiadire, fin quasi a perderla, la propria identità originaria, tanto più deve essere in grado di elaborare un reale e nuovo progetto. se manca, si finisce per non costruire nemmeno una reale proposta alternativa di Governo. l' alternativa reale è tra proposte diverse e quindi tra diverse capacità di elaborare una risposta adeguata ai problemi del paese. non è e non può essere evocata solo con il desiderio, le parole, gli slogan. la storia italiana, per molti versi singolare e atipica, non è stata mai caratterizzata dalla dialettica tra due poli: uno moderato e conservatore e l' altro progressista. è stata invece intessuta dalla democrazia del pluralismo e non a caso ha visto sempre prevalere politiche di coalizione che, in un certo senso, potremmo anche definire centrali. ciò non significa che nelle situazioni decisive non si siano avuti momenti anche forti e significativi che hanno imposto scelte forse radicali; significa invece che la stabilità e anche la reale capacità di governo è stata assicurata dalla ricerca costante di equilibri democratici e dalla realizzazione di solidarietà tra partiti diversi. la nostra storia non può essere letta allora con le lenti deformanti delle esperienze esterne, proprie di altri paesi, e non consente di immaginare che si possa uscire dalle difficoltà con la banalizzazione apparentemente dotta che tenta di applicare meccanicamente in Italia uno schema conservazione-progresso. da De Gasperi in poi si è seguita sempre la logica delle coalizioni, saldando tra di loro interessi e posizioni diversi, unificati tuttavia intorno ad un comune progetto di trasformazione, di crescita e di salvaguardia delle libertà come condizione di fondo anche di questa crescita. a questa linea la Democrazia Cristiana è rimasta e resta fedele, ritenendo che non esistano tuttora condizioni per una diversa articolazione della lotta politica. ed è questa convinzione che ci mantiene fermi sui nostri deliberati congressuali. per cui non abbiamo due politiche; ma una sola, e riteniamo che anche gli altri debbano, almeno nei tempi propri della politica, che sono sempre di breve e medio periodo, sceglierne una sola. sta qui allora, non altrove, la ragione vera della crisi di fronte alla quale ci troviamo. e sta qui la nostra richiesta di un chiarimento a cui non si è data risposta né prima, né tanto meno durante il congresso del partito socialista . la Dc ha affermato e riconferma di ritenersi alternativa rispetto al partito comunista , con il quale vi possono essere ed anzi vi debbono essere confronti costruttivi sui grandi problemi del paese, che investono le regole stesse della convivenza democratica e la vita del nostro sistema istituzionale. il sistema appartiene alla maggioranza come alla minoranza, al Governo come all' opposizione. il problema del consolidamento, della difesa e dell' organizzazione adeguata delle libertà, in una società moderna ed avanzata come quella italiana, è problema di tutti, su cui il Governo e la maggioranza hanno un dovere di iniziativa e che tuttavia non esclude ed anzi sollecita il dialogo costruttivo con l' opposizione. ma per la Democrazia Cristiana non ci sono e non ci possono essere confusione di ruoli, né ambiguità tra posizioni che, ripeto, sono e restano alternativi. se ambiguità, anche nelle recenti vicende, vi sono state, esse non hanno riguardato certo né ipotesi né suggestioni né ammiccamenti della Democrazia Cristiana . tentare ora di rovesciare la verità — voglio dirlo all' amico Sterpa — inventandosi convergenze inesistenti solo per coprire le proprie reali incertezze o, peggio, i propri comportamenti chiaramente diretti a trovare un punto di incontro con il Pci, è fatica inutile, è fiato sprecato. onorevoli colleghi , ho cercato così di precisare le ragioni vere della crisi e la linearità dei nostri comportamenti, che non può essere offuscata da interpretazioni di comodo, né da polemiche artificiose. fatta chiarezza sulle nostre posizioni, possiamo ora esaminare la questione specifica che è connessa ai referendum. innanzitutto va detto che respingiamo come assurda ed inaccettabile la polemica che c' è stata rivolta, quasi che la Dc volesse ingabbiare ed impedire ai cittadini il loro diritto ad esprimersi liberamente. come assurdo ed inaccettabile è il tentativo di suscitare un clima da referendum sui referendum. a rispondere a questa accusa basta la nostra storia, che da quarant' anni assicura e difende le libertà. ma serve inoltre ricordare brevemente l' atteggiamento di altri partiti in altri passaggi referendari. in occasione del referendum sul divorzio il partito comunista partecipò al lavoro serio che si fece allora e al tentativo di recuperare la domanda referendaria all' interno di una iniziativa legislativa , senza che ciò creasse nessuno scandalo, né alcuno potesse dire che in questo tentativo si nascondeva una perversa volontà di limitare i diritti dei cittadini. in occasione del referendum sui punti di scala mobile , il partito socialista arrivò a polemizzare duramente con la Corte costituzionale perché aveva giudicato ammissibile questo referendum. il partito socialista prospettò anche l' ipotesi di invitare i cittadini ad astenersi, a disertare il voto. ma neppure in quella circostanza si parlò di un tentativo di limitare la libertà dei cittadini. lo stesso partito socialista , nella direzione del 28 gennaio..., ipotizzò quali sarebbero state le condizioni per praticare una risposta alla domanda referendaria sul piano legislativo. quindi, l' ipotesi fu avanzata, anche se accompagnata da condizioni. d' altra parte, se esaminiamo le materie oggetto degli attuali quesiti referendari, non si è distanti dal vero nell' affermare che la prima questione, quella relativa alla commissione « inquirente » , non è oggetto di discussione e di contrasto e tutti hanno implicitamente accettato che il Parlamento potesse risolvere il problema con la sua iniziativa, raccogliendo la domanda referendaria. ma anche per la seconda questione, quella che riguarda la giustizia, si era già dato vita ad un accordo di maggioranza ed a precise proposte legislative che, se approvate in tempo utile dal Parlamento, avrebbero evitato la celebrazione del referendum. non si riesce a capire, perciò, in base a quale logica chiedere una risposta legislativa della maggioranza anche sulla terza questione, quella delle centrali per la produzione dell' energia, fosse cosa diversa e quasi un attentato alle civiche libertà. ora, se è vero che su quest' ultimo tema non c' era un accordo specifico, è altrettanto vero che c' era un accordo generale sull' iniziativa legislativa del Governo per rispondere alla domanda referendaria e che era stato individuato anche un percorso per pervenire alla formulazione del relativo provvedimento dopo la conferenza nazionale sull' energia. la verità è che il problema non è stato mai il referendum in sé; ma, come ho già ripetuto, quello di una maggioranza che è veramente tale e politicamente esiste se sui problemi posti dalla gente è in grado di formulare una sua risposta. su argomenti nevralgici e tipici dell' azione di governo come sono quelli della politica energetica non ci possono essere un Governo ed una maggioranza senza proposte. enfatizzare il referendum, di per sé al di sopra, al di fuori e addirittura contro ipotesi di un accordo di Governo, significa accedere ad un uso strumentale del referendum stesso. la connessione, allora, non è tra i referendum e la maggioranza di Governo, ma tra la maggioranza e l' uso distorto che si fa di questo istituto. avere inoltre ipotizzato, come ha fatto il congresso socialista, alternativamente e indifferentemente, maggioranza pentapartita e maggioranza referendaria ha offerto la riprova clamorosa che la preoccupazione circa l' uso strumentale del referendum era tutt' altro che infondata. ma questa doppia verità, questa pendolarità tra la maggioranza con la Democrazia Cristiana e gli altri partiti della coalizione ed una maggioranza diversa, necessariamente organizzata sul determinante apporto del partito comunista , dà anche il senso di una preoccupante ambiguità. siamo assai distanti, addirittura in contrasto rispetto a quella scelta fatta dal partito socialista per la governabilità e la stabilità politica , che ha consentito alla Democrazia Cristiana per quattro anni il continuo, leale e responsabile sostegno al Governo. questa ambiguità o, se si vuole, questa incertezza è la radice profonda della crisi, che perciò non può essere esaminata e discussa in riferimento ai referendum. questa sarebbe una discussione pretestuosa e falsa. con un minimo sforzo di ricostruzione degli avvenimenti, non si fa fatica a riconoscere, dunque, che la Democrazia Cristiana si è sempre mossa per consolidare l' alleanza. avere, invece, prima teorizzato che la solidarietà era tale e possibile solo se a guida socialista e averla poi considerata come un puro stato di necessità in attesa di equilibri diversi, avere successivamente ipotizzato nuovi scenari istituzionali per creare le condizioni di questi diversi equilibri, avere infine teorizzato la strategia movimentista della doppia verità e della doppia maggioranza: questo è il virus che ha via via introdotto gli elementi di crisi nell' alleanza. la Democrazia Cristiana invece ha cercato sempre di individuare, con grande senso di responsabilità , le ragioni comuni che rafforzassero l' alleanza. lo stesso accordo di luglio, sottoposto poi ad artificiose interpretazioni lessicali o giuridico-istituzionali, ha rappresentato lo sforzo massimo da noi compiuto per garantire la governabilità nella parte finale della legislatura. certo i patti possono essere disattesi e c' è chi lo fa. a chi ha immaginato una nostra grave ingenuità rispondiamo che sapevamo di non poter ricorrere ad una autorità per farli valere, poiché non si trattava di un contratto giuridico ma di un fatto politico. ma ci assisteva un' altra ed eguale consapevolezza: che chi volesse venire meno ai patti liberamente sottoscritti avrebbe avuto il dovere di spiegare il perché della inadempienza. per questo abbiamo avanzato in Parlamento la nostra richiesta di chiarimento. e non per una questione di potere, o di prestigio. era in gioco la concezione stessa della solidarietà e delle ragioni forti e comuni che debbono assisterla. questo chiarimento non c' è stato. abbiamo assistito anzi a manovre puramente dilatorie o addirittura, nello stesso giorno, contemporaneamente, a proposte per la formazione di alleanze opposte fra loro. su questo la crisi non ha trovato soluzioni. la situazione politica è apparsa priva di sbocchi e senz' altra via di uscita dignitosa e responsabile che il ricorso istituzionale al presidente del Senato Fanfani. con grande correttezza il Capo dello Stato , dopo aver tentato ed esplorato ogni ipotesi, ha investito il senatore Fanfani, cui va il nostro apprezzamento, della responsabilità a formare un Governo rispetto al quale oggi siamo chiamati a chiarire il perché dell' impossibilità del formarsi di qualsiasi maggioranza. noi non abbiamo mai detto, dunque, che non si formava la maggioranza per evitare la celebrazione dei referendum. abbiamo affermato, invece, che una maggioranza non può esistere solo per garantire tale celebrazione. anzi, essa deve avere una politica che risponda alla domanda referendaria. certo, questa è la nostra opinione e non abbiamo preteso che fosse condivisa da tutti. la verità, però, è che, probabilmente, la nostra posizione è più vera e più condivisa di quanto non appaia, se tutti i tentativi di formare una maggioranza diversa hanno avuto esito negativo. abbiamo proposto più volte perfino di continuare con lo stesso Governo fino alla conclusione naturale della legislatura, purché si assumesse insieme l' impegno dell' alleanza anche per la prossima. ci si rispose, con tono infastidito e poco urbano, che la nostra proposta rappresentava un « patto leonino e cretino » . si convenne invece su quel patto minore che impropriamente è passato sotto il nome di « staffetta » . lo abbiamo accettato e rispettato con ulteriore senso di responsabilità . inopinatamente e senza alcuna spiegazione esso è stato pubblicamente disdetto con ripetute dichiarazioni televisive. di fronte alla nostra inevitabile richiesta di chiarimento si è aperta la crisi, nel corso della quale, ed anzi fin dall' inizio, la questione dei referendum è stata posta in modo strumentale e dirompente rispetto all' ipotesi di rilancio dell' alleanza. per giunta il congresso socialista ha successivamente teorizzato la convivenza di due maggioranze alternative e contemporanee nella politica del partito socialista . in questa situazione, non possiamo non comprendere le difficoltà in cui si sono trovati gli altri partiti della maggioranza e la loro legittima preoccupazione di vedere in qualche modo ridotto il proprio spazio politico di fronte al movimento accerchiante attuato dal Psi e dalla nostra inevitabile fermezza. abbiamo apprezzato i tentativi di mediazione attuati sia da nostri uomini autorevoli e rappresentativi...... che da partiti alleati vanificati, purtroppo, da una costante ambiguità nelle indicazioni del partito socialista . non possiamo non ricordare comunque che il partito repubblicano come noi, ed anzi più di noi, ha sostenuto che una maggioranza di Governo deve avere una sua risposta alle domande referendarie; che il partito liberale ha rifiutato qualsiasi suggestione di maggioranze provvisorie e referendarie, e che anche il partito socialdemocratico , di fatto in queste ultime vicende, non ha accettato quella stessa maggioranza alternativa di sinistra teorizzata nel suo recente congresso. siamo convinti che questi partiti...... cui ci lega una feconda tradizione di collaborazione e di reciproco rispetto e, per quanto riguarda in particolare il partito repubblicano , una linea di convergenza continua sorretta da profonde affinità e da comuni analisi, costituiscono un dato permanente della politica italiana . un elemento intimamente collegato a quella difesa della democrazia pluralista e rappresentativa che costituisce la nostra prima e costante preoccupazione. ma nutriamo la speranza che anche nello stesso partito socialista , al di là di polemiche spesso inaccoglibili, maturi una coscienza più avvertita della gravità della situazione ed uno sforzo di capire, senza interpretazioni distorte, la serietà delle nostre ragioni e delle nostre preoccupazioni. così come noi ci siamo sforzati e ci sforzeremo di capire quelle del partito socialista , consapevoli dell' importanza del ruolo costruttivo che questo partito ha avuto e può avere per la democrazia italiana. abbiamo lavorato con paziente comprensione e, nonostante tutto, continueremo a lavorare perché il senso di responsabilità che pure il partito socialista ha saputo positivamente dimostrare torni a prevalere sulle ragioni di parte. se tutto ciò non è avvenuto in tempi ed in modi utili per portare la legislatura al suo naturale compimento, può accadere di fronte ai cittadini, ai quali tutti dovremo dire che cosa intendiamo fare nella prossima legislatura: come, con chi e per realizzare che cosa, chiedendo il consenso su una chiara ed univoca proposta di Governo. questo è il nostro auspicio.