Marco PANNELLA - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 63 - seduta del 13-12-1983
politica estera
1983 - Governo II Segni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 209
  • Attività legislativa

signora presidente, signor ministro, colleghi, è sempre una sorpresa (devo dire anche istruttiva) ascoltare gli interventi dei colleghi in questa sessione molto particolare. il collega Tedeschi, ha concluso un momento fa e, dopo aver fatto un' analisi che è ampiamente condivisa da tutti i settori di questa Camera, ha dichiarato (e qui sta il mio moto di sorpresa, credo anche il suo, signor ministro) che, di conseguenza, il gruppo democristiano voterà a favore della legge finanziaria e del bilancio. è questa l' unica incoerenza, l' unica incongruenza di un intervento del quale mi felicito. signora presidente, questa mattina io seguivo, grazie all' unico servizio pubblico di cui disponiamo nel nostro paese, Radio Radicale , gli interventi dei nostri colleghi. non avendo sentito il nome di un collega che parlava, mi chiedevo chi mai potesse essere. ho sentito un accento sardo e mi sono detto: « non si tratta di Enrico Berlinguer, né di Giovanni Berlinguer ; Barca deve ancora parlare e comunque non è sardo, in ogni caso non si tratta di un democristiano » . c' era, certo, un empito vanoniano, ma c' era anche un' analisi coraggiosissima della situazione di sfacelo della stessa struttura della nostra economia e della lettura ufficiale dei dati della nostra economia che sono sottesi nella legge finanziaria . alla fine ho sentito che si trattava del collega Carrus, democratico cristiano . ho ascoltato poi il collega Barca e, devo dire, l' ho ascoltato con diletto. mi sembrava quasi di sentirlo negli anni 1963-1965, quando il tono (anche relativamente al settore economico, del quale in quel momento mi pare fosse il responsabile) era di vera opposizione. anche se alcune notazioni su Atene e sulla Cee sapevano un tantino — ed involontariamente — di revanche, specie quando parlava del milione e 600 mila ettari di terreno abbandonati, dilapidati dal nostro paese, quindi dalla nostra classe dirigente , quindi dalla nostra politica, mi dicevo: « c' è qualche speranza... qui, cioè, abbiamo l' annuncio dell' avvenire piuttosto che gli ultimi colpi di coda di un passato » . poi mi chiedevo quanto di questo tono, oltre che di queste analisi, guidasse quotidianamente la politica di chiunque di noi, di voi, collega Barca, di altri. ha senso, cioè, questa condanna del vuoto della politica finanziaria ed economica, della politica del nostro Governo se ogni giorno cerchiamo di colmarlo innanzitutto con la denuncia della mancanza più grave, cioè la mancanza di prospettiva che, sostanzialmente, è una mancanza culturale. sicché, poi, si esaltano magari (e qui Barca aveva ragione) indicazioni di avanguardia; si esaltano, da parte della maggioranza, politiche apparentemente aventi, nell' immediato, un minimo di ragionevolezza; ma non si tiene conto che ciò contribuisce allo sfascio della nostra economia, grazie al fatto che poi dobbiamo fare i conti con un dato (del quale si parla poco da parte del Governo), quello del comportamento monetario internazionale, e dobbiamo fare altresì i conti con uno dei più grossi attacchi — devo dire quotidiani — alla nostra economia, che è quello della situazione e della comparazione con il dollaro, signor ministro, della quale poco, ovviamente, si parla perché è argomento imbarazzante. il dollaro non è oggetto, ma soggetto della vostra politica. magari così fosse per deliberata scelta politica! anche questa potrebbe essere una scelta ragionevole da fare, magari un po' temeraria, invece non lo è: siamo oggetto della scelta politica monetaria , monetaristica, degli altri e ci dilettiamo, per quello che ci riguarda, in una situazione in cui, nelle analisi (se stamattina si ascoltava l' intervento di Rauti sulle Usl, di Carrus sui problemi di una moderna concezione e dell' occupazione e del dato assistenziale, del dato monetario e così via ), sembra quasi che ci si trovi tutti appartenenti ad una stessa cultura, intenti ad una stessa analisi culturale (con rimproveri, poi, di inefficienza a questo o a quello). ebbene, no. io credo che la situazione sia estremamente grave, perché lo Stato non è più nello Stato: cosa vecchia, certo; ma sappiamo che cosa succede quando lo Stato non è più nello Stato. non abbiamo certo da pensare, da temere o da sperare in ripetizioni di cronaca formale della storia, ma sostanzialmente sappiamo che la risposta seria a questi problemi — guardi, signor ministro, che lo dico con serietà e senza ironia — è data ufficialmente, da parte di chi è al potere, in termini politici, come è giusto, anche sei problemi riguardano la nostra economia. la prima di queste risposte è nell' intervista, molto ragionevole, di Gelli a Maurizio Costanzo, riportata sul Il Corriere della Sera : si trattava — credo, signor ministro Longo, che possiamo condividere tale opinione — di un' intervista molto saggia, molto seria, forse un po' troppo moderata rispetto a quanto sentiremo nelle prossime ore nella « Commissione Bozzi » . la seconda risposta è quella di De Benedetti . debbo anzitutto dire che ho sentito con piacere che, anche qui grazie a Barca, è stata sottolineata la funzione del presidente della Olivetti (o dell' ambiente della Olivetti) come consigliere (o « consigliori » , o consulente) del signor presidente del Consiglio . ma stiamo attenti Barca, perché poi negli anni e nei decenni, ci accadono strane cose. crediamo che certe persone facciano da consiglieri in altre case e poi ce le ritroviamo invitate a casa nostra, spesso senza neppure esserne stati preavvisati. ed infatti ho letto una bellissima intervista, pubblicata sull' L'Unità (senza risposta), nello scorso agosto, nella quale veniva data la seria indicazione gelliana. qual è l' ideologia, ma anche l' operato, di De Benedetti , che dalla Olivetti passa a Scalfari, all' Espresso, si sa che tratta per Il Corriere della Sera , poi De Mita , però, rilascia delle interviste non particolarmente e ferocemente contraddette dalle nostre migliori colonne di stampa? la tesi è questa: abbiamo dai 12 ai 16 milioni di debito per ogni famiglia italiana (ed è vero); possiamo recuperare questo debito semplicemente se per un anno — e questo è stato scritto chiaramente su La Repubblica — interrompiamo un po' il corso normale della politica italiana ; perché mai dei partiti che rispondono all' elettorato potranno far gravare sul contribuente e sul lavoratore un' operazione volta a riassorbire il debito pubblico dilagante e a riazzerare positivamente la situazione, riportando nelle casse dello Stato questa somma. ciò deve essere fatto nel 1984; e non vuol dire essere pessimisti (perché si tratta della soluzione turca in Italia!), ma ottimisti, secondo De Benedetti , perché dopo di ciò vi sarà il management e lo sviluppo. dunque lo Stato non è nello Stato. qui non è problema dei ministri P2 (sarebbe anche ingeneroso) o delle opposizioni che hanno collaborato con la P2. debbo dire che Gelli aveva la responsabilità di avere a che fare, anche a livello di cronaca, con quello che abbiamo sempre saputo in termini ideologici: cioè che un certo tipo di capitalismo di rapina è collegato istituzionalmente con dei dati tradizionali di criminalità, non solo economica. avevamo forse bisogno di ritrovare tutto ciò nelle vicende italiane per sapere che così è sempre stato, dagli anni Trenta , quaranta e cinquanta, in tutte le società? Gelli, essendo, più che soggetto, oggetto di storia, in questo tipo di cose si è trovato invischiato personalmente anche nei momenti di criminalità pura. ma il disegno è lo stesso di Scalfari, di De Benedetti ; è il disegno della razza padrona: c' è bisogno di una grande riforma, più o meno autoritaria, per realizzare quel rigore che De Mita non ha realizzato ad Avellino e non realizza (poi se ne accorgono!) nemmeno a livello nazionale ; sicché la « cotta » di Agnelli per De Mita dura ancora meno di quella (a suo tempo) per Lama e per il Pci, o di quella di Umberto Agnelli per una sottocorrente della Democrazia Cristiana . credo che questa storia, secondo la quale lo Stato non è nello Stato, signor ministro, rappresenti il dramma al quale dovremmo fare tutti quanti fronte nei prossimi mesi. nel nostro paese è sufficiente non solo che ricomincino gli attentati alle stazioni, ma due o tre sabotaggi di tipo economico facilitati da determinate situazioni, e faccio un esempio tra i mille possibili. se andiamo agli accordi concordatari con la Chiesa cattolica mantenendo aperta quella via che conosciamo — ad esempio quella dello Ior — per rendere selvaggiamente facili tutte le operazioni di sabotaggio dell' economia di un paese a livello massiccio di macroeconomia, macrofinanziaria, ci troviamo di fronte ad una scelta imbarazzante. allora, parlare in questa sede di legge finanziaria quando il Governo non ha un accento di speranza, come volete che il paese o l' opposizione vi segua in un rischio? voi non ci fate rischiare nulla, non proponete al Parlamento alcun rischio per riassorbire queste cose, voi semplicemente ci garantite che continuerete a gestire gestendo l' informazione sull' economia in modo tale che la nozione del disastro non sia chiara e che la bancarotta, che non negate, divenendo fraudolenta, riesca a non avere il valore, il disastro aggiunto della nozione stessa, perché si teme chissà cosa, quasi ci fosse ancora molto risparmio oggi nel nostro paese che corre il rischio di essere bruciato dai nostri risparmiatori. ma questo è uno schema che non appartiene più alla nostra società. il tempo riservato alla sessione di bilancio è di 21 giorni e mezzo e non di 35 e credo che nell' ambito di questo tempo quello concessomi sia sostanzialmente scaduto; comunque, altri compagni — ieri il segretario del partito e Crivellini in qualità di relatore di minoranza — quali Melega e Negri affronteranno problemi puntuali ai quali noi crediamo come, ad esempio, quello delle pensioni a proposito del quale avevamo già detto sin da un anno, signor ministro, che si trattava di una operazione saggia e di risparmio; infatti, aumentare a 400 mila lire subito le pensioni minime di qualsiasi tipo, avrebbe costretto l' amministrazione dello Stato e l' Inps a porre in essere quelle verifiche e quegli sfoltimenti che si sarebbero risolti, di certo, in un vantaggio anche economico per lo Stato. noi vi avvisammo e vi dicemmo che se aveste inserito questo piano nel programma di Governo , facendo scattare questa operazione, ad esempio, nell' aprile del 1984, avreste potuto sperare di avere dall' amministrazione le cifre e l' analisi di questo sfoltimento. non a caso, invece, questo Stato e questa amministrazione non pongono i governi in condizioni di operare. avreste dovuto stabilire tempi rigorosi per questa operazione prevedendo, in caso contrario, che, ad esempio, il 1° gennaio il signor direttore generale dell' Inps è licenziato al pari del direttore generale di questo o quel settore del ministero. infatti, non è concepibile che nel 1983-1984 non si riesca a portare avanti una operazione di questo genere; ciò è possibile solo grazie ad una cultura dolosamente corresponsabile e contraria a questo tipo di operazioni. avevamo indicato questa operazione che avrebbe potuto cominciare a mettere un ordine nel sistema pensionistico , ma invece abbiamo ricevuto solo mezze risposte; comunque, mi è sembrato — Sacconi, non so se sbaglio — che un accenno in questa direzione ci fosse. signor ministro Longo, non sarà lei a svolgere la replica, ma la prego di tenere presente che noi dalla replica attendiamo la conferma e l' ampliamento o no — lo annoti, la prego, nella sua mente — di quella apertura che c' è sembrata essere esplicita nelle parole del relatore, di accettazione del nostro metodo, del consiglio che già demmo con la nostra « mozione di fiducia » nel mese di agosto alla Camera. inoltre, terremo moltissimo affinché termini lo sconcio del denaro gettato nel terzo mondo per nutrire le camorre locali, come le camorre del Mezzogiorno, sicché il denaro a Nairobi magari finisce come quello della Cee a Reggio Calabria , con l' aggiunta che lì i 30 imprenditori non finiscono in galera molto facilmente perché sono i 30 ministri o altre cose del genere ; noi esigiamo che almeno 1.000 miliardi vengano sottratti al saccheggio della cosiddetta cooperazione e sviluppo, che è l' altare sul quale ogni giorno noi immoliamo il progetto di sviluppo di società e di uomo, sul quale immoliamo milioni di uomini, e una società che potrebbe essere fatta vivere altrimenti; per assegnarli a quell' altra legge — dei vostri sindaci, dei vostri premi Nobel , di Leontiev e degli altri — che l' anno scorso è stata massacrata qui in Parlamento, che è decaduta di fatto con la passata legislatura. mi rivolgo a lei, signor ministro Longo (è un argomento di cui abbiamo parlato tre o quattro anni fa, al congresso di certi partiti), perché onoriate gli impegni ed anche la convenienza di una diversa impostazione immediata. voi siete riusciti, senza fiatare, senza arrivare nemmeno in Parlamento a chiedere variazioni di bilancio, a spendere nella follia libanese più di quanto noi vi chiedevamo di spendere nelle follie di vita, a quella contrapposta, e sulle quali voi stessi avevate detto di essere d' accordo. la ringrazio, signora presidente; ringrazio il ministro per l' attenzione che mi ha voluto prestare; ma come radicali diciamo di sapere bene che il confronto sull' economia passa oggi attraverso il confronto sull' informazione e nell' informazione. sappiamo quindi che è su questo che la violenza di Stato, delle P2, P3 e P4 in realtà opera al massimo. se esistesse informazione, infatti, avremmo già vinto; temo invece che abbiamo perso, abbiamo perso noi e quindi avremo perso tutti quanti.