Amintore FANFANI - Deputato Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 627 - seduta del 20-04-1987
Ordinamentto federale della Repubblica
1987 - Governo II Amato - Legislatura n. 13 - Seduta n. 775
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli Deputati , la costituzione del Governo, che ho l' onore oggi di presentare al Parlamento, conclude la fase critica che cominciò a manifestarsi a metà del 1986. allora l' accentuata incomprensione tra le forze politiche si ritenne superata dall' accordo tra i segretari dei partiti partecipanti da oltre un triennio alla cosiddetta maggioranza pentapartitica. detto accordo prevedeva leale collaborazione tra le forze della coalizione fino al termine della legislatura, e conveniva « su un rinnovato Governo a presidenza socialista » , pur prendendo atto dell' intento manifestato dal presidente Craxi di tornare alla guida del suo partito in occasione del previsto congresso socialista. l' accordo prevedeva inoltre di « dar vita entro il marzo 1987, con la conferma degli impegni programmatici necessari, ad un Governo di fine legislatura, nella coscienza dell' alternanza tra i partiti laici e socialisti e la Democrazia Cristiana nella guida dell' Esecutivo » . presentando il suo secondo Governo alle Camere, il 5 agosto 1986, l' onorevole Craxi impostava tutto il suo discorso sul concetto di stabilità e sulla valenza dell' accordo politico e programmatico per i successivi venti mesi, precedenti la fine della legislatura. si ponevano così le basi di due linee politiche. una, democristiana, qualificata dalla parola magica della « staffetta » e l' altra, socialista, qualificata da un' altra parola, pur magica, quella della stabilità. esse finirono per imprigionare i partiti che se ne erano fatti portatori. ciò apri la strada ad una difficile convivenza, turbata, da una parte, dall' attesa del cambiamento preannunciato e, dall' altra, dalla sospettata volontà di evitare interruzioni nel cammino ripreso nel luglio 1986. l' ulteriore aggravarsi di difficoltà per la convivenza maggioritaria fu segnalato dal presidente del Consiglio nelle comunicazioni rese al Senato il 3 marzo 1987 che si conclusero con le dimissioni del Governo . nel tentativo di superare l' impasse, i partiti della maggioranza ribadirono ufficialmente la volontà di collaborare e di ridare vita ad una nuova coalizione, che riprendesse gli impegni politici e programmatici del luglio 1986. si doveva portare a conclusione i provvedimenti legislativi pendenti in Parlamento, proseguire il già avviato contenimento della spesa pubblica , consolidare gli ottenuti risultati in campo economico finanziario, partecipare acutamente al dialogo sul disarmo. malgrado queste buone intenzioni, permanevano nella maggioranza diffuse reciproche diffidenze. e tale stato di fatto confermava nei partiti di opposizione la radicale avversione alla maggioranza pentapartitica che, persistendo nell' opporre limiti insuperabili ad ipotetiche parziali intese con forze ad essa esterne, continuava al proprio interno a farsi logorare da molteplici e continue controversie. in questa fase prese nuovo aspetto e valenza la polemica, già in atto tra tutti i partiti, circa i referendum previsti per il 14 giugno 1987. sui temi relativi ai procedimenti di accusa, alla responsabilità civile dei magistrati, alle norme in materia di energia nucleare le posizioni dei partiti erano radicalmente diversificate. si verificava così l' ulteriore ragione di dissenso tra le forze politiche , alcune delle quali, anche di maggioranza, rivendicavano tra gli impegni programmatici del nuovo Governo pure quello di far svolgere i referendum, consentendo così ai cittadini di pronunciarsi su quesiti di grande importanza. tra tutte queste differenziazioni l' onorevole Andreotti, incaricato il 9 marzo scorso di formare il nuovo Governo, iniziava l' attenta opera. la lunga serie di contatti e consultazioni, non porto a raggiungere accordi su temi referendari. il 25 marzo l' onorevole Andreotti rinuncio all' incarico per le « permanenti posizioni differenti » sui referendum emerse nel pentapartito. il 27 marzo il presidente della Repubblica affidava un mandato esplorativo , per acquisire ulteriori elementi di conoscenza e di valutazione della crisi, all' onorevole presidente della Camera. l' onorevole Iotti, a conclusione dei propri sondaggi, riferiva essere stato detto che persisteva tenue possibilità di formare un Governo che portasse a termine la legislatura. per verificare questa riaffiorante ipotesi il Capo dello Stato , respinte le dimissioni dell' onorevole Craxi, lo invito a presentarsi alle Camere. sopravvennero convulsi contatti e prese di posizione diverse per la ricerca o di un accordo nell' ambito del pentapartito o di una diversa maggioranza in Parlamento. l' 8 aprile, all' apertura del dibattito in Senato, veniva dato annuncio di una lettera con la quale i ministri democristiani comunicavano il loro ritiro dal Governo. anche tenendo conto di ciò, il 9 aprile, al termine del dibattito, l' onorevole Craxi confermava le dimissioni del Governo . la confusa situazione sembrava ancora aperta o ad una possibile intesa per ricostituire una maggioranza pentapartitica o per evolvere verso una cosiddetta maggioranza referendaria. personalmente convocato il 10 aprile al Quirinale, feci presente al Capo dello Stato , che non sussistevano nelle circostanze del momento le condizioni per impegnare il presidente del Senato e cioè, chi per la sua posizione istituzionale deve ritenersi al di sopra della lotta politico parlamentare nella costituzione di un nuovo Governo. fu incaricato quindi l' onorevole Scalfaro il quale rinuncio all' incarico, dopo aver verificato l' impossibilità di un accordo tra le componenti del pentapartito. nel contempo contatti diversi tra forze politiche portarono a constatare anche l' impossibilità di costituire la pur ricercata maggioranza referendaria. in questa situazione il Capo dello Stato , il 15 aprile, mi convocava non quale esponente di questa o di quella forza politica , ma in quanto presidente del Senato , e mi affidava l' incarico di formare un Governo, con il più ampio mandato. essendo mutata in peggio l' atmosfera, apparsami già quindici giorni prima non confacente per l' assunzione di un incarico da parte di un presidente delle due Camere, e risultando evidente, dopo tanti tentativi, l' impossibilità di dar vita ad una qualsiasi maggioranza, una concreta previsione del possibile aggravamento della situazione politico parlamentare mi fece ritenere mio preciso dovere istituzionale quale presidente del Senato e civico quale italiano sobbarcarmi all' incarico autorevolmente reiteratomi dal Capo dello Stato . la situazione richiedeva che il mandato fosse portato a conclusione in breve tempo, anche per evitare che la crisi governativa si trasformasse in vera e propria crisi istituzionale. le ripetute consultazioni da altri svolte, i contatti reiterati e talora convulsi, le dichiarazioni ufficiali ed ufficiose, avendo ormai ampiamente arato il campo, consentendomi di avere un quadro già abbastanza preciso della situazione, hanno agevolato la conclusione in soli tre giorni del mandato affidatomi. un mandato ampio: il Capo dello Stato ha così voluto dare alla crisi una soluzione che contribuisse a ridurre il fossato apertosi tra le varie forze politiche , fossato che poteva in prospettiva determinare una situazione di assoluta incapacità funzionale delle istituzioni. nei miei contatti con segretari di partito (e il segretario del comitato referendario non ha chiesto di essere incontrato) ho chiesto loro se con ministri della passata compagine o propri aderenti particolarmente esperti potessero offrire singole personali collaborazioni per la formazione del nuovo Governo. risposta positiva ho avuto soltanto per i ministri già rappresentanti del Partito di maggioranza relativa nel precedente Governo. per aderire al consiglio autorevolissimo del Capo dello Stato e a diffusi pareri divulgati dai mass media , ho ritenuto che si dovesse fare appello anche a personalità non parlamentari che, per probità, cultura, esperienza e particolari funzioni, potessero conferire al Governo garanzia di funzionalità ed alla comunità politica garanzia di equilibrata gestione del potere. la risposta negativa data alla richiesta collaborazione a titolo personale anche da parte di aderenti a partiti della preesistente coalizione governativa aggiunge un' altra prova della impossibilità di qualsiasi benché minima convergenza ora tra le forze della maggioranza pentapartitica. risulta pertanto troppo comodo esprimere disappunto per il carattere quasi monocolore del Governo da me presentato, quando e chiaro che non sono mancati sforzi da parte mia per evitare detta caratteristica, ridotta comunque dalla presenza di esperti non parlamentari. e proprio a loro che hanno risposto prontamente al mio appello do atto della generosità dimostrata, assumendo l' onere di ulteriori servizi alle istituzioni repubblicane, in questo momento particolarmente difficile. le circostanze hanno consentito di ridurre il numero dei ministri e quasi dimezzare quello dei sottosegretari. quanto alle competenze si è proceduto a qualche accorpamento, logico per l' affinità di materie e forse agevolatore della funzionalità dell' insieme. il persistere di spericolati sogni circa la riapertura della crisi finisce per aggravare ancor più lo stato di confusione e la rissa tra le forze politiche . il Governo si è costituito per fare uscire il paese dalle difficoltà attuali. e continuerà a praticare comportamenti che evitino scontri tra personalità e tra partiti, illusioni vacue circa facili ritorni ad intese che tutti i fatti confermano ancora assai difficili. il fine che il Governo si ripromette e soprattutto quello di creare le condizioni per indispensabili adempimenti parlamentari e per la necessaria continuità dell' azione ministeriale e amministrativa e, quindi, per assicurare una vita ordinata ed efficace delle istituzioni. vi è innanzi tutto la necessità di un' azione che affronti con serenità una serie di problemi ancora aperti, come quello dei numerosi decreti legge in attesa di essere convertiti. per importanza specifica ricordo quello relativo al trattamento economico del personale militare e dei corpi di polizia. altri interventi urgenti in campo sociale attengono alle opere di difesa del suolo, al completamento degli interventi straordinari per Napoli e per Roma Capitale . altri ancora sono quelli sulla finanza locale e sulla materia sanitaria. anzi, a questo proposito, non si deve dimenticare, per quanto concerne la specifica competenza governativa di soluzione, l' attesa approvazione del contratto per il comparto sanitario. si pone, inoltre, con urgenza il problema di avviare la complessa attività amministrativa diretta alla predisposizione della legge finanziaria e dei documenti di politica economica . e, per non vanificare importanti risultati già raggiunti dal precedente Governo, deve essere sostenuta la domanda di investimenti pubblici, evitando ogni possibile pericolo di deflazione; ma al tempo stesso operando un severo controllo sulla spesa pubblica e sulla domanda di consumo per prevenire riprese inflazionistiche. urgenti sono alcuni interventi in politica estera . il maggiore di essi si verificherà tra breve dall' 8 al 10 giugno a Venezia, con il vertice economico, che questa volta tocca all' Italia presiedere. approfondendosi l' interdipendenza tra i paesi più industrializzati, diviene di grande rilievo la responsabilità nella condotta delle politiche economiche . perciò uno dei grandi temi del prossimo vertice sarà quello del coordinamento delle politiche economiche dei paesi maggiormente industrializzati per renderle compatibili tra loro. il nostro impegno per raggiungere questo obiettivo non può mancare per la riduzione graduale anche dei grandi squilibri interni ed esterni di molte economie. il graduale riassorbimento degli squilibri esistenti deve essere perseguito mantenendo un adeguato tasso di crescita non inflazionistica. altro grande tema del vertice economico e quello dello sviluppo del commercio internazionale, connesso ai negoziati multilaterali in sede Gatt. in questo ampio quadro il problema dei sostegni alle produzioni agricole in tutti i paesi industrializzati e della creazione di rilevanti eccedenze strutturali sarà al centro delle discussioni. in esse avrà grande importanza il problema del debito esterno, che coinvolge in primo luogo molti paesi dell' Africa, dell' Asia e dell' America Latina . pur avendo coscienza che non esistono soluzioni miracolose ed a breve scadenza in questo enorme problema e che il vertice veneziano non è la sede adatta per entrare nei dettagli tecnici dei miglioramenti da apportare all' attuale strategia del dibattito, sarà doveroso definire precise indicazioni che siano in grado di dare nuovo impulso alla graduale soluzione del problema. i paesi debitori dovranno essere aiutati a disporre di risorse necessarie al proprio sviluppo economico , alla riforma delle proprie strutture sociali in tal modo mettendosi in grado di onorare gradualmente i prestiti ricevuti. per parte sua, l' Italia continuerà a contribuire allo sviluppo dei paesi del terzo mondo e a combattere, con appropriate forme di aiuti di emergenza ed anche strutturali, i flagelli della siccità, della fame, e del ritardato sviluppo specie nei paesi dell' Africa Sub Sahariana . il vertice di Venezia offrirà l' occasione di discutere anche grandi temi politici di attualità, quali i rapporti est ovest , il disarmo, la questione mediorientale, e la lotta sia al terrorismo sia alla droga. i segni evolutivi degli ultimi mesi nel dialogo est ovest e le nuove prospettive nel settore del disarmo sollecitano la particolare attenzione anche di questo Governo. in particolare l' auspicato possibile accordo per la eliminazione dall' Europa di forze nucleari intermedie a medio raggio presenta per l' Italia un immediato interesse. non si può non restare favorevoli alla realizzazione dell' opzione zero per le forze nucleari intermedie, in un quadro che tenga conto degli squilibri esistenti nel complesso delle forze stesse a più corto raggio. in tale contesto, le indicazioni emerse dalla visita a Mosca del segretario di Stato Schultz, richiedono uno studio attento insieme ai nostri alleati. in generale, devono essere ricercate e promosse ipotesi di intesa che, nel rispetto del principio della parità e senza ignorare le esistenti realtà politico strategiche, mirino ad equilibri al più basso livello. le esigenze di sicurezza possono naturalmente essere soddisfatte non soltanto attraverso il disarmo, ma anche con una perdurante solidarietà dei paesi occidentali ed europei per mantenere efficaci gli strumenti necessari alla difesa. questi aspetti del problema saranno oggetto di riflessione in sede Ueo e nel prossimo Consiglio ministeriale, altro impegno previsto per il 28 aprile a Lussemburgo. fermo restando che gli impegni di USA e Canada e il rapporto inter Atlantico hanno un carattere essenziale ed insostituibile nella sicurezza europea, l' Italia è favorevole ad un ruolo più attivo dei paesi della comunità europea nell' organizzazione della propria difesa e nella identificazione dei propri specifici interessi in questo campo. un tale accresciuto ruolo europeo non dovrà comunque situarsi al di fuori del quadro della comune difesa occidentale. in una più lunga prospettiva essa dovrebbe muovere di pari passo con il progresso dell' integrazione politica e mirare più che ad una codificazione solenne di principi che mal si concilia con una fase di rinnovamento e di evoluzione quale è quella che attraversiamo ad una quanto più ampia, concreta collaborazione e compartecipazione sia degli strumenti di sicurezza che degli inerenti meccanismi decisionali. il Governo dovrà provvedere sin d' ora anche a preparare la partecipazione italiana (terzo impegno) al Consiglio d' Europa , che a Bruxelles a fine giugno dovrà esaminare le proposte Delors, per il finanziamento del bilancio comunitario, la riforma della politica agricola comunitaria ed il rafforzamento della coesione economica e sociale. il raggiungimento degli obiettivi fissati dall' atto unico europeo richiede importanti aggiornamenti dell' assetto comunitario ed una programmazione finanziaria di lungo periodo, in coincidenza con il completamento del mercato unico previsto per il 1992. tutte le proposte della Commissione incontrano numerose resistenze di natura tecnica e politica. sono nostre alcune perplessità: sulla ventilata esclusione di talune zone del Mezzogiorno dalle aree prioritarie di intervento strutturale; sull' adeguatezza della scelta del prodotto nazionale lordo come base di calcolo della capacità contributiva degli stati membri ; sulla soluzione prospettata per certi rimborsi al Regno Unito . non è al momento possibile prevedere il grado di maturazione di questo negoziato alla vigilia del Consiglio europeo . ma intanto ad esso dobbiamo prepararci. spetta a questo Governo sciogliere l' intricato nodo di certe questioni politiche, operando in modo che esse non finiscano per complicarsi a vicenda . i rapporti tra i partiti sono stati in questi ultimi tempi turbati dal noto problema dei referendum. secondo taluni il diritto dei cittadini di partecipare adeguatamente a scelte relative ad importanti questioni di principio, come quella se proseguire o no nell' uso pacifico dell' energia nucleare o quella sull' introduzione della responsabilità civile dei magistrati, implica che si debba innanzi tutto far luogo allo svolgimento dei referendum, evitando in ogni caso che si verifichino eventi che possano impedirli o lungamente ritardarli. tra questi eventi particolarmente temuto e l' eventuale scioglimento anticipato delle Camere, in quanto l' articolo 34 della legge numero 352 del 1970 prevede che esso determini il differimento della consultazione popolare di quasi due anni. altri invece basandosi anche sul presupposto che i quesiti referendari proposti siano sostanzialmente equivoci, in quanto produttivi di effetti non rispondenti a reali scelte di principio hanno opposto che lo svolgimento dei referendum nella prevista data del 14 giugno, per i contrasti che tra le forze politiche determina la battaglia sulle scelte referendarie, darebbe luogo ad una crisi irrisolvibile tra i partiti, con possibile scioglimento delle Camere e conseguente campagna elettorale condizionata dal precedente esito referendario. le due posizioni, così radicalmente divergenti, impongono la ricerca di un punto di incontro, che potrebbe trovarsi nella modifica dell' articolo 34 della legge numero 352 del 1970. questa modifica dovrebbe consentire di eliminare gli inconvenienti nascenti dall' intreccio tra la data dei referendum e quella di eventuali elezioni politiche , riducendo a pochissimi mesi il troppo ampio distanziamento di circa due anni, previsto dalle norme vigenti. tale riforma oggi, in concreto, darebbe un duplice vantaggio: quello di consentire ai diversi orientamenti di esprimersi comunque attraverso i referendum e quello di evitare che lo scontro di opinioni referendarie, precedendo una successiva campagna elettorale , finisca per condizionare eventuali elezioni politiche generali. saggiamente il legislatore del 1970 volle e dispose che le manifestazioni di volontà popolare relative ai futuri assetti e indirizzi politici generali precedessero singole interrogazioni del popolo su questioni particolari. il principio verrebbe mantenuto fermo dall' ipotizzata modifica dell' articolo 34, conseguendosi comunque il vantaggio di garantire ai cittadini il diritto di manifestare a breve scadenza la loro opinione, così partecipando a decisioni importanti per il loro futuro. l' ipotizzata modifica potrebbe essere introdotta, in tempi normali, con un disegno di legge che consentisse di indire i referendum in tempi più ravvicinati e di poter tener conto delle situazioni politiche o ambientali più idonee al loro svolgimento. tuttavia, dopo aver seguito il corso del presente dibattito, il Governo potrebbe anche far ricorso ad un decreto legge , se ciò fosse richiesto dall' urgenza del provvedere. in questa prospettiva, le forze politiche protagoniste dell' aspro contrasto sulle materie sottoposte a referendum, vedrebbero superata l' interferenza tra voto referendario ed eventuale voto politico , e si troverebbero nelle condizioni di attenuare uno degli attriti che sinora le hanno divise. nelle polemiche in corso è stato sollevato il problema dei vantaggi che potrebbero aversi portando a compimento la IX legislatura. ma nell' ormai limitato tempo disponibile, di non più di un anno, di cui quasi un quarto riservato alla discussione ed approvazione delle leggi di bilancio, un Governo non sostenuto da una maggioranza chiara e ben unità, non potrebbe risolvere questioni importanti, specie in materia di riforme istituzionali ; mentre la fine incombente della legislatura incoraggerebbe rivendicazioni settoriali, attese imprevedibili di molte categorie, pressioni di gruppi di interessi, alle quali proprio la vigilia di una consultazione elettorale non agevolerebbe una doverosa resistenza. l' esperienza di quarant' anni insegna che l' accendersi dei dibattiti preelettorali, mentre non consente vaste intese sui temi importanti e su riforme organiche, incoraggia invece a non badare a spese, indulgendo a provvedimenti assistenzialistici e a richieste corporative. bisogna considerare con realismo la situazione di fronte alla quale ci troviamo. con assidua tenacia e nel più assoluto rispetto delle norme costituzionali, il Capo dello Stato ha sospinto a ricercare una maggioranza atta a dar vita ad un Governo che concludesse la legislatura in corso . unico risultato possibile è stato la costituzione del Governo che oggi si presenta alle Camere e che può operare nei limiti sin qui esposti. l' esperienza del passato e la rilevanza dei problemi aperti tornano ad ammonire che solo una chiara, salda ed operativa maggioranza può affrontare tante oggettive difficoltà, sostenendo un Governo che abbia un preciso programma politico. i tentativi nei mesi scorsi svolti non sono riusciti a dimostrare che ciò è possibile. e in questa deprecata situazione non può né deve suscitare sospetti che il Capo dello Stato al quale la Costituzione assegna il potere di chiamare il popolo sovrano a decidere in tutti quei casi in cui la crisi politica appare senza sbocco possa, in ultima istanza, chiamare i cittadini a procedere direttamente, con voto libero, eguale e segreto, a scelte riguardanti appositi programmi politici conferendo un mandato agli eletti di sostenerli in Parlamento. onorevoli Deputati , da qualche parte si è levato il sospetto che il presidente di questo Governo possa cedere a tentazioni incostituzionali. prima di formulare simili sospetti meriterebbe soffermarsi a rievocare con quale scrupolo in ogni sede (partitica, parlamentare, governativa, referendaria nel 1974, elettorale) chi ora parla, in quarant' anni di attività politica, si è sempre attenuto completamente al dettato costituzionale. è troppo chiedere ai sospettosi di ricordare quanti alti esponenti di molti partiti, nel luglio agosto del 1960, quando molti uomini politici andavano a dormir fuori di casa (non faccio i nomi), chiesero che il deputato Fanfani fosse incaricato di costituire un Governo, sia pure monocolore di struttura (tutti lo chiesero per paura di dividersi sulla compagine ministeriale) ma con il più ampio sostegno, per avviare a nuovo corso la vita politico parlamentare? in quel grave momento accolsi l' appello e in tre anni di ininterrotta gestione governativa l' Italia poté beneficiare del miracolo economico , e, proprio nel centenario della sua unità nazionale (1961), divenne la settima potenza industriale del mondo. nessuno poté riscontrare deroghe costituzionali di sorta nel comportamento del presidente del Consiglio e dei due governi da lui allora formati. in piena legalità, con coerenza democratica, fu ampliata la base di consenso parlamentare, acquisendo nuovi apporti per la costituzione di maggioranze che consentirono lo svolgimento di programmi di sviluppo, di giustizia sociale e di pace. il mio odierno grazie va a Dio, al presidente della Repubblica , ed ai miei volenterosi collaboratori che mi stanno sostenendo in questo sforzo per riportare a serenità e ad efficacia il dialogo tra le forze politiche italiane. in questo stato d'animo il Governo attende lo svolgimento e le conclusioni del presente dibattito.