Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 614 - seduta del 20-02-1987
sulla situazione in Libano
1987 - Governo II Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 614
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , le interrogazioni presentate da tutti i gruppi parlamentari , ed alle quali, a nome del Governo, sono chiamato oggi a rispondere, mettono l' accento sulla drammaticità della situazione del Libano: situazione che è caratterizzata, nelle sue espressioni più recenti e che maggiormente hanno turbato e turbano la coscienza civile, da un lato, dalla presa di ostaggi da parte di bande armate e, dall' altro, dalle sofferenze delle popolazioni dei campi profughi attorno a Beirut. proprio la gravità degli avvenimenti, ai quali andiamo assistendo da qualche tempo a questa parte, rafforza in tutti noi la consapevolezza che il calvario dell' amica nazione libanese non è res inter alios acta . esso ci tocca da vicino, perché rappresenta un rischio costante di destabilizzazione non soltanto dell' area mediterranea, ma anche nei rapporti tra le grandi potenze. da questa constatazione nasce il nostro dovere non soltanto di fornire assistenza ed aiuti sul piano materiale, ma anche, e soprattutto, di contribuire ad una soluzione del problema mediorientale, che non passi attraverso la via delle armi o degli interventi militari, bensì attraverso quella del negoziato. l' inutile dispiegamento della Forza multinazionale , cui noi partecipammo raccogliendo il grido disperato dei palestinesi di Sabra e Chatila , lo confermò senza equivoci di sorta. a qualcuno, forse, il metodo del dialogo può sembrare, soprattutto in una situazione di rischio così elevato come è quella del Libano, inappropriato e, comunque, inadatto a fornire soluzioni immediate. ma non è così, anche perché abbiamo di fronte a noi una situazione terribilmente ingarbugliata, che ha cause remote e che difficilmente può essere districata senza il ricorso paziente e tenace ad un consenso il più ampio possibile. ho parlato di cause remote. la situazione politica libanese è contrassegnata ormai da molti anni da una prolungata fase di precarietà. attualmente, il nodo principale rimane l' applicazione dell' accordo tripartito, siglato a Damasco il 28 dicembre 1985 dai responsabili delle tre principali milizie (cristiana, drusa e sciita). le forze islamiche, appoggiate alla Siria, insistono infatti perché l' accordo trovi applicazione, mentre quelle cristiane continuano a rifiutarlo. come è noto, il leader delle milizie cristiane Elle Hobeika, che firmò l' accordo di Damasco, è stato praticamente estromesso dai miliziani contrari all' accordo. gli ultimi mesi hanno fatto segnare un costante indebolimento del campo cristiano, con aumento delle tensioni interne, che non ha mancato di avere riflessi sul piano militare. se il campo cristiano appare oggi diviso, non migliore è la situazione in quello musulmano, che da troppo tempo continua a generare nuove formazioni armate e a dar luogo a continui violenti scontri interni. il più grave elemento di destabilizzazione sembra oggi essere costituito dalle milizie integraliste, che hanno introdotto un elemento dirompente di fanatismo esasperato e sono state protagoniste di ripetuti scontri con altri gruppi religiosi. nel luglio scorso il precipitare della situazione interna, a seguito di una serie di attentati, aveva creato le condizioni favorevoli per una maggiore presenza siriana. per la prima volta militari siriani avevano preso posizione all' interno del settore musulmano di Beirut. la situazione di sicurezza era immediatamente migliorata, favorendo, anzi, un timido inizio di dialogo fra le opposte fazioni. ma la situazione è tornata a peggiorare dopo pochi mesi. da ottobre in poi si sono intensificati gli attacchi degli sciiti di Amai contro i campi palestinesi e gli scontri, che hanno visto uniti sul terreno palestinesi di ogni fazione, sono stati particolarmente cruenti intorno a Shatila ed alla collina di Magdusheh, da cui si controlla l' importante autostrada che congiunge Beirut al sud del paese. gli attacchi sono stati portati contro il campo di Burj el Barajneh , dove le condizioni di vita dei profughi hanno assunto aspetti drammatici. i tentativi di imporre una tregua avviata dalla Siria, con la mediazione dell' Iran e della Libia, o sono falliti o hanno avuto un successo precario. la mediazione dell' Arabia Saudita , che si è concretizzata nel tentativo di organizzare un incontro, a margine della conferenza islamica del Kuwait, tra Assad ed Arafat, non ha, anch' essa, avuto successo. maggiori prospettive sembra offrire invece l' incontro tra i presidenti libanese e siriano, sempre al Kuwait, nel corso del quale sono state discusse le condizioni per la ripresa del dialogo sull' assetto istituzionale del Libano. onorevoli colleghi , nel Libano assistiamo quotidianamente a sofferenze e ad atrocità che non trovano eguale nella storia recente, seppure tanto travagliata, di quel paese. la nostra coscienza condanna senza riserve tutte le forze che impediscono alle organizzazioni umanitarie di alleviare, attraverso forniture di generi alimentarie di medicinali dirette ai campi, i disagi della fame e delle malattie. il Governo ha appoggiato ed appoggia con convinzione gli sforzi delle organizzazioni internazionali , in particolare dell' apposita Agenzia delle Nazioni Unite (UNRWA), diretti ad assistere le popolazioni palestinesi. l' appello rivolto dall' UNRWA il 10 febbraio scorso alle milizie combattenti, affinché consentissero il rifornimento di generi alimentari ai rifugiati palestinesi assediati rispondeva ad una inderogabile esigenza umanitaria: ad esso, per ciò, abbiamo fornito immediato e pubblico sostegno. nella dichiarazione che i ministri degli Esteri della Comunità Europea hanno pubblicato il 16 febbraio si esprime, anzitutto, pieno appoggio all' invito ad un immediato « cessate-il-fuoco » formulato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ; e, soprattutto, viene rinnovato l' appello alle parti interessate perché consentano l' avvio immediato, continuo e regolare di soccorsi alla popolazione civile. il Governo non si è però limitato a dare la sua adesione a questi appelli. di fronte al deterioramento della situazione dei campi, abbiamo insistito perché la Comunità Europea premesse sulle autorità di Damasco per indurle ad esercitare ogni possibile influenza sulle milizie combattenti libanesi, affinché cessassero di ostacolare le operazioni di soccorso. al di là di ogni riflessione sulle cause della crisi e sulla sua soluzione politica, ogni azione volta ad assicurare la sopravvivenza delle popolazioni palestinesi rappresenta un imperativo morale. e in questo quadro che si inserisce l' aiuto diretto alle popolazioni civili che abbiamo disposto, anche su sollecitazione del Parlamento. il comitato interministeriale per la politica economica estera ha deliberato il 12 febbraio scorso uno stanziamento di 10 miliardi di lire per aiuti umanitari da erogare, attraverso la competente Agenzia delle Nazioni Unite , alla popolazione libanese ed ai rifugiati palestinesi. parte degli aiuti è stata inviata direttamente in natura ed ha già raggiunto il Libano grazie ad un ponte aereo organizzato dall' aeronautica militare. finora abbiamo inviato in Libano cento tonnellate di generi alimentari, quattro tonnellate e mezzo di medicinali ed una tonnellata e mezza di coperte. dalle notizie che ci sono pervenute proprio stanotte dal Libano, i nostri aiuti, come quelli delle organizzazioni internazionali , rimasti in un primo tempo bloccati a causa dei combattimenti, cominciano ora ad affluire, seppure lentamente, ai campi, sia a Beirut che in altre località. credo che il nostro paese abbia saputo offrire un esempio di solidarietà concreta e tempestiva. proprio ieri, del resto, il responsabile del dipartimento politico dell' Olp, Farouk Kaddoumi, ha tenuto ad esprimermi la profonda riconoscenza della sua organizzazione per gli interventi italiani a favore dei rifugiati palestinesi ed ha sottolineato la prontezza con cui essi sono stati disposti, pur in presenza di condizioni molto difficili. aggiungo che, nel corso della conversazione che ho avuto con lui, Kaddoumi ha sottolineato il carattere non discriminatorio del nostro aiuto: non discriminatorio nei confronti di nessuno, esteso, cioè, ai poveri di tutta la popolazione civile nelle zone più direttamente coinvolte negli scontri. il nostro giudizio sarebbe incompleto se isolassimo il problema dei campi da quello della crisi mediorientale. in questa tragedia, come del resto in tutte quelle che sconvolgono quell' area, confluiscono profonde contraddizioni, in presenza delle quali il metodo negoziale finora ha fallito. eppure, l' attività diplomatica rimane l' ancora cui dobbiamo aggrapparci. l' Europa dei dodici è parte di questa ricerca di uno sbocco negoziale, e proprio al problema mediorientale sarà dedicata la prossima sessione ministeriale di cooperazione politica, che avrà luogo a Bruxelles lunedì prossimo. in questo contesto, vorrei anche ricordare che la Comunità Europea ha espresso, in occasione della scorsa Assemblea generale delle Nazioni Unite , il parere che una conferenza internazionale di pace per il Medio Oriente potrebbe arrecare un contributo significativo alla soluzione giusta, globale e duratura della controversia arabo-israeliana, e che sia necessario trovare un accordo tra le parti, oltre che sul principio, sulla natura di tale conferenza. in occasione della recente visita del re Hussein di Giordania, abbiamo raccolto utili indicazioni su come l' idea della conferenza, che in Israele vede peraltro divisi gli stessi vertici del Governo, potrebbe attuarsi. va però detto a chiare note che le divergenze non sono solo sulla conferenza (presenza o non dell' Unione Sovietica , rappresentanza dei palestinesi attraverso l' Olp, eccetera), ma sulla sistemazione politica definitiva del problema palestinese e sull' assetto di tutta l' area. al re di Giordania abbiamo assicurato il nostro contributo alla realizzazione del piano quinquennale di sviluppo dei territori occupati , che prevede investimenti per oltre 1.200 milioni di dollari in cinque anni in progetti destinati a preservare l' identità araba di Cisgiordania e Gaza, migliorando sensibilmente le condizioni di vita di quelle popolazioni. non vi è dubbio che il piano quinquennale giordano, verso il quale mi sembra che si siano attenuate le iniziali perplessità dell' Olp, e che del resto in alcuni progetti coincide con gli stessi piani dell' Olp, non può rappresentare un' alternativa ad una soluzione politica della questione mediorientale; ma considera piuttosto lo sviluppo economico dei territori occupati come una condizione per rafforzare le prospettive della tanto sospirata soluzione globale. onorevoli colleghi , in conclusione, nel Libano restano tuttora lontane le prospettive di una riconciliazione nazionale. è difficile ricostruire i vecchi equilibri che, per un lungo periodo, avevano rappresentato veramente un modello di convivenza. quegli equilibri si sono spezzati, sia per fatti interni, sia a causa delle tensioni e delle crisi nelle aree circostanti. ma non dobbiamo dimenticare che la situazione in cui si trova il popolo libanese riflette la drammaticità derivante dalla mancata soluzione dei problemi connessi ad una organizzazione dei paesi dell' area mediorientale entro confini sicuri e riconosciuti, nei quali possono trovare soddisfazione le legittime aspirazioni di tutti nel rispetto di ciascun diritto e di ciascuna sovranità. in questo contesto non si può naturalmente disconoscere l' importanza del ruolo dell' Olp per contribuire a questa soluzione globale del problema mediorientale. la responsabilità dei governi per questi problemi è grande, così come grande deve essere l' impegno di tutti e di ciascuno per favorire un assetto giusto e duraturo in una regione tanto tormentata. signor presidente , onorevoli colleghi , questi sono i principi ai quali si ispira e continuerà ad ispirarsi l' azione del governo italiano, rendendosi anche interprete dell' attenzione e della sensibilità con le quali le forze parlamentari seguono la drammatica situazione nel Libano e nel Medio Oriente in generale. spero che i drammatici fatti dei campi palestinesi nel Libano abbiano finalmente convinto che la diretta attenzione verso il Medio Oriente è anche — moralmente e politicamente — un problema italiano e che nessuno osi più interpretare questa attenzione come frutto di visioni particolaristiche e non conformi alla nostra vocazione globale, occidentale ed umana.