Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 578 - seduta del 16-12-1986
Ratifica ed esecuzione dell'atto unico europeo, aperto alla firma a Lussemburgo il 17 febbraio 1986,con atto finale e dichiarazioni ad esso allegate
1986 - Governo II Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 578
  • Attività legislativa

onorevole presidente , qualificatissimi colleghi, la delusione per la conclusione riduttiva della conferenza del Lussemburgo, rispetto alle prospettive coltivate dal governo italiano nel proporre a Milano il rilancio della Comunità Europea , fu grande. se avessimo avuto anche una sola speranza che, bloccando la conferenza, si potesse aprire la strada ad un esercizio di più impegnato europeismo, non avremmo esitato un momento. ma era vero il contrario. le piccole conquiste faticosamente concordate si sarebbero vanificate e di conferenze per lungo tempo non si sarebbe più parlato, avvitando la Cee in una pericolosissima involuzione. questa stessa convinzione ispira il Governo nel chiedere alla Camera di perfezionare la ratifica ora che siamo alle ultime battute utili del nostro lavoro, prima di quel 31 dicembre che è il termine accettato da tutti i dodici paesi. con qualche giorno di anticipo, lunedì abbiamo inaugurato il segretariato della cooperazione europea affidato non senza significato ad un diplomatico italiano, come ha ricordato l' onorevole Sarti, che costituisce uno dei punti positivi acquisiti a Lussemburgo. la mancata risposta all' ampliamento delle competenze comunitarie a settori decisivi come la cultura, la sanità, la lotta alla droga, in parte è de facto corretta da decisioni politiche dei consigli. basti pensare che settimane fa a Londra programmi concreti sono stati varati proprio su urgenti temi della medicina, mentre si è intensificato l' impegno associato nella difesa dalla micidiale piovra dei trafficanti di droga e dalle varie centrali del terrorismo. nella sua ottima relazione l' onorevole Malfatti e quasi tutti i deputati che hanno preso la parola si sono soffermati sul Parlamento europeo che doveva avere, ma non ha avuto, maggiori poteri. sul solco aperto da Altiero Spinelli il Movimento federalista europeo ci suggerisce oggi di indire un referendum per attribuire alla terza elezione europea un valore costituente. l' obiezione che per ottenere questo obiettivo quest' ultimo dovrebbe essere concordato dagli altri paesi — e non sono concordi — ha certamente un peso, ma il suggerimento non va disinvoltamente trascurato per due motivi su cui dobbiamo riflettere: primo, perché come ha detto Emma Bonino sarebbe finalmente un' occasione seria per meditare e popolarizzare l' idea europea; secondo, perché potremmo offrire agli altri undici popoli lo stimolo per superare le pigrizie dell' esistente e le resistenze di troppi interessati allo status quo . sono convinto che i popoli sono più europeisti, anche se non lo sanno, dei loro governi. per essere corretti (per questo non ci sarebbe bisogno di alcun referendum) dobbiamo riconoscere che alle nostre calde convinzioni europeiste non corrisponde spesso un comportamento coerente. abbiamo avuto dalla Corte condanne avvilenti ed il numero delle inadempienze è tuttora alto; il ministro Fabbri sta operando con rigore per superarle e ci auguriamo che si esca dal circolo vizioso della volontà di mantenere il controllo del Parlamento ed i tempi che sono necessari. credo che si possa fare (in fondo qualcosa del genere si è delineato) quello che si faceva un tempo per la modifica delle tariffe doganali avendo una Commissione interparlamentare il cui parere era obbligatorio e che serviva per consentire che si procedesse con grande speditezza. se dobbiamo, atto per atto, arrivare ad un dibattito nelle procedure ordinarie credo che nonostante tutta la buona volontà del ministro Fabbri, mia e di tutti, non si arriverà certamente a superare lo stato di crisi. ma c' è di più. noi sosteniamo la illegittimità del diritto di veto e il necessario superamento dei voti all' unanimità. ma quando nei giorni scorsi sembrava che stravaganti e ingiuste pretese altrui in tema di produzione del latte potessero metterci in minoranza si sono levate voci preoccupate nel chiedere di mandare tutto all' aria, anche oltre il cosiddetto blocco di minoranza che fortunatamente nel caso specifico esisteva. lo scoglio è stato superato per la tecnica diurna e notturna del ministro Pandolfi; ma non nascondo che è stato singolare che tutto ciò accadesse ieri a pochi metri da dove noi ministri degli Esteri stavamo finalmente approvando, su formula italiana, la modifica al regolamento che consentirà d' ora innanzi il superamento delle lunghe giacenze delle proposte in archivio e delle ricerche sterili di unanimità. per quel che riguarda il Parlamento europeo va anche detto che è ingiusto il silenzio che ne circonda il lavoro. nel mese scorso, ad esempio, l' Assemblea di Strasburgo ha approvato sette documenti programmatici per la lotta alla disoccupazione e per il rafforzamento del mercato del lavoro che possono essere di guida preziosa a tutti i governi e i parlamenti nazionali per uscire dal cerchio soffocante delle troppe persone non occupate. ebbene, di questi documenti, a cominciare dal Consiglio europeo di Londra, nessuno ha detto una parola. non possiamo lamentarci con i giornali se gli stessi organi della Comunità sono così scoordinati tra loro. anche se non con automatismo giuridico, l' atto unico ha fissato al 1992 la completa realizzazione del mercato interno . nessuna remora dovrebbe allora più esistere contro la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. ma è necessario dire una parola chiara in proposito, perché si va al cuore del problema della Comunità, dei suoi fini, delle sue regole di vita. agli inizi l' idea comunitaria suscitò entusiasmi, poiché dopo due guerre mondiali in questo secolo vedere associate Francia e Germania suscitava, specie nel mondo Delle Vedove , degli orfani, dei feriti, commovente sicurezza. ma oggi non si vive più di rendita storica: o la comunità trova le ispirazioni di una costruzione nuova e più giusta, con proiezioni crescenti anche nei paesi associati del terzo mondo , o la scadenza del 1992 è illusoria, e può essere addirittura negativa. perché? non tanto per le difficoltà dei tempi tecnici , ma perché (e sono forse eufemistico) temo che purtroppo non tutti condividano un' esigenza che io reputo irrinunciabile: la Comunità non può essere una zona di libero scambio con l' appendice di un po' di cooperazione politica, ma deve proporsi una crescente integrazione ed una perequazione nel livello di vita di tutti i paesi. ho sentito di recente affermare autorevolmente che non spetta alla Cee la redistribuzione dei redditi. ma quale altro scopo hanno i fondi sociali, i fondi regionali, i programmi integrati mediterranei, i mutui per gli investimenti della Banca europea ? se queste voci conservassero le percentuali minime di oggi, alla fine del settennio l' apertura delle frontiere sarebbe forse fatale, ai danni dei paesi meno forti, a vantaggio degli altri. alla conferenza del Lussemburgo questo punto chiave è stato eluso, ed è tuttora estraneo, volutamente, al dibattito europeo, salvo che in alcuni documenti del Parlamento europeo . nel marzo prossimo ricorre il trentesimo anniversario dei trattati di Roma : dobbiamo evitare tutti i rischi della retorica e delle mere celebrazioni. converranno qui i parlamentari europei dell' intergruppo, e inviteremo i presidenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. vogliamo che dal Campidoglio parta in quei giorni una decisa espressione di autentica volontà di rilancio europeo. per noi l' impegno a dar vita ad uno spazio sociale è il vero obiettivo che è sullo sfondo dei trattati di Roma . l' Europa non può essere un mercato, ma deve rappresentare un grande disegno di giustizia, di pace e di socialità.