Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 492 - seduta del 04-06-1986
Sulla politica estera
1986 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 492
  • Comunicazioni del governo

onorevole presidente , onorevoli colleghi , che dimostrate di interessarvi effettivamente alla politica estera , a differenza di altri colleghi che si lamentano quando non se ne discute ma che, quando si discute, hanno altre obbligazioni (e non mi riferisco alla pattuglia di colleghi impegnati a Parigi per l' assemblea dell' Ueo, che però non rappresentano certamente tutti gli assenti), la vita internazionale è caratterizzata, al momento attuale, da elementi di tensione con un' accelerazione di tempi ed una gravità di contenuti che non può non destare preoccupazione. problemi che da tempo travagliano la scena mondiale restano sul tappeto irrisolti; annose tensioni in aree vitali per l' equilibrato sviluppo del dialogo internazionale si sono ulteriormente aggravate; nuove tensioni sono emerse. si tratta di una situazione che merita da parte nostra la più attenta considerazione, che richiede uno sforzo di immaginazione e di iniziativa molto intenso. per questo il dibattito che avrà luogo in quest' Aula appare particolarmente opportuno, non soltanto per una verifica della linea del Governo, ma anche e soprattutto per fornire al Governo stesso utili e preziosi spunti per la sua azione. l' Italia, Repubblica di cui proprio due giorni fa in quest' Aula abbiamo solennemente celebrato, con l' intervento del nostro presidente Cossiga, il quarantesimo anniversario, ha seguito ed intende continuare a seguire nel futuro una linea di grande coerenza, traendo dalla fedeltà alle scelte di fondo , quella atlantica e quella europea, una più forte motivazione per la propria azione, sempre tesa a privilegiare le ragioni del dialogo e della comprensione tra i popoli e le nazioni. la fedeltà a queste scelte non significa un appiattimento della nostra linea di politica estera . il nostro modo di essere democratici, così come quello dei nostri alleati americani e dei nostri partners comunitari, ci sollecita ad un rispettoso confronto che ci arricchisce e ci aiuta a meglio operare nell' interesse del nostro paese. vorrei cominciare dalle relazioni est ovest , così essenziali per il mantenimento degli equilibri mondiali. la progressione negativa che dal dopoguerra ai giorni nostri ha spesso caratterizzato l' andamento di tali relazioni non è il prodotto di leggi ineluttabili. pensiamo, invece, che esistano, per chi voglia e sappia sfruttarli, spazi per un dialogo costruttivo, fondato sul comune interesse delle parti a relazioni di pacifica convivenza e di collaborazione. la convenienza di un rapporto di collaborazione si impone oggi con grande evidenza. la rivoluzione scientifica e tecnologica che stiamo vivendo ha già dischiuso, ed ancora più dischiuderà in futuro, prospettive di sviluppo sino a qualche tempo fa inimmaginabili. ma essa ha anche acuito il pericolo di catastrofi di dimensioni planetarie. l' incidente nucleare di Chernobyl ha costituito un' ulteriore, e questa volta dolorosa, riprova dell' interdipendenza che, proprio in virtù del progresso scientifico-tecnologico, si è stabilita nella comunità internazionale . occorre che gli Stati superino atteggiamenti, quanto meno anacronistici, di esasperata segretezza e diffidenza e stabiliscano una consuetudine di reciproca fiducia e di comportamenti costruttivi. quello della scienza e della tecnologia può rappresentare un terreno quanto mai fertile per questi sviluppi, specialmente se, come ci auguriamo, si affermerà e progredirà l' idea di quei « laboratori aperti » , dei quali siamo stati sin dall' inizio convinti fautori. in forza di questi convincimenti il governo italiano ha contribuito alla dichiarazione emessa al recente vertice di Tokyo che, prendendo proprio lo spunto dall' incidente della centrale nucleare sovietica, riafferma l' esigenza di una sempre più operante collaborazione fra gli Stati e valorizza l' azione che, nello specifico settore nucleare, è chiamata a svolgere, con l' assistenza e per iniziativa dei paesi membri , l' Agenzia internazionale dell' energia atomica di Vienna. nell' ambito europeo abbiamo sottolineato il ruolo essenziale che potrebbe svolgere l' ENAL; ed abbiamo manifestato la nostra disponibilità a partecipare, in ogni sede internazionale appropriata, ordinaria o straordinaria, a confronti e dibattiti per arrivare a convinzioni comuni sulla ricerca nucleare che siano più facilmente accettabili dalle singole opinioni pubbliche nazionali. se è indubbio che le relazioni est ovest hanno una valenza mondiale, altrettanto innegabile è che il loro epicentro si colloca nel nostro continente. evidenti, quindi, appaiono gli interessi diretti dei paesi europei al loro positivo andamento ed il ruolo essenziale che, a tutela anche di loro specifiche esigenze, questi ultimi sono chiamati a svolgere. il Governo ha costantemente, e con coerenza, perseguito una politica di rafforzamento del pilastro europeo dell' Alleanza Atlantica , che, in operante solidarietà con gli USA, possa apportare il contributo dell' Europa occidentale alla formulazione della politica dell' Alleanza, alla sua difesa e al dialogo con l' est europeo. ma l' Europa occidentale non potrà avere un' adeguata, compiuta proiezione internazionale se non sarà unita, e, prima di ogni altra cosa, se non lo sarà politicamente. noi siamo in grado di apprezzare i progressi sin qui compiuti sulla via dell' unità europea: pertanto, riconosciamo gli sviluppi contenuti, nell' atto unico europeo, anche se ben lontani dai nostri disegni ottimali. il governo italiano si è battuto al Consiglio europeo di Milano, e successivamente alla conferenza intergovernativa ed al Consiglio europeo di Lussemburgo, per un diverso e più elevato obiettivo: l' obiettivo, cioè, di un effettivo salto di qualità dell' Europa, in perfetta sintonia con le indicazioni che ci venivano dal Parlamento italiano. abbiamo accettato l' atto unico , ripeto, non perché esso, in tale prospettiva, ci soddisfi: tutt' altro. lo abbiamo accettato ritenendo che, diversamente, avremmo rimesso in causa ciò che si era faticosamente riusciti a conseguire, che certamente non sopravvalutiamo, ma che pur non è privo di qualche significato. restiamo, quindi, impegnati a valorizzare appieno gli elementi positivi dell' atto unico europeo ed a favorirne una applicazione integrale e, soprattutto, in senso evolutivo. ma siamo ugualmente determinati — e ciò qui ribadiamo, memori della volontà con cui così ampiamente si è pronunciato in materia il Parlamento italiano — a continuare ad adoperarci affinché le remore che ostacolano la realizzazione di una vera Unione Europea possano essere superate. in quest' occasione considero doveroso ricordare il contributo prezioso dato alla causa europea da Altiero Spinelli. la sua figura si colloca accanto a quella di altri grandi che alla realizzazione dell' ideale europeo dedicarono energie, volontà, impegno; lungimiranti precursori di una realtà che, purtroppo, tarda a realizzarsi, ma che sappiamo iscritta nelle attese dei nostri popoli e nei progetti della storia. il vertice di Ginevra del novembre scorso tra il presidente degli USA ed il segretario generale del partito comunista sovietico ha segnato una tappa di tutto rilievo, delineando la tendenza ad una positiva inversione nei rapporti tra Washington e Mosca. negli ultimi tempi, però, le difficoltà e le incognite che caratterizzano la situazione internazionale si sono riflesse su quello che definimmo — e vogliamo ancora oggi poter definire — lo « spirito di Ginevra » . nonostante le incertezze che gravano tuttora sul vertice previsto per il 1986, mi sembra che permangano significativi indizi di un reciproco interesse delle due grandi potenze ad un progresso nel dialogo. e ciò anche nel campo delle trattative per il disarmo e per il controllo degli armamenti, che pure presenta nodi negoziali la cui obiettiva complessità appare destinata ad incidere sul ritmo del riavvicinamento delle rispettive posizioni. quello del disarmo e del controllo degli armamenti è un campo nel quale noi crediamo che sia necessario dare prova, prima di ogni altra cosa, di concretezza e di disponibilità. ciò vale per i tre settori nei quali si articola il negoziato, cioè le armi nucleari di teatro, le armi strategiche e lo spazio. proprio perché si è trattato di un gesto concreto, abbiamo valutato positivamente la decisione americana di far coincidere l' entrata in servizio del nuovo sommergibile Trident con lo smantellamento di due Poseidon. certo, avremmo preferito che tale concreta dimostrazione della volontà di Washington di mantenere l' equilibrio delle forze entro i limiti previsti dal trattato SALT 2 potesse avere un riflesso più diretto sulla valutazione che gli USA danno del trattato stesso. abbiamo fatto presente a Washington la nostra convinzione che, qualora non fosse possibile ottenere concrete prove di moderazione da parte sovietica e si rendesse pertanto indispensabile il rafforzamento del deterrente americano, occorrerebbe, allora, dare la priorità a quelle opzioni strategiche che restano nell' ambito del SALT 2. tale rimane il nostro convincimento, che abbiamo riscontrato essere condiviso da molti dei nostri alleati. siamo, d' altra parte, consapevoli delle accuse di violazione del SALT 2 rivolte ai sovietici. anche per questo vogliamo sperare che le molteplici iniziative che il segretario generale del partito comunista dell' Unione Sovietica va presentando, con grande risalto propagandistico, all' opinione pubblica mondiale trovino concreta rispondenza di comportamenti al tavolo delle trattative a Ginevra. il governo italiano , come del resto i governi degli altri paesi europei , segue con attenzione le trattative sulla riduzione e sulla eliminazione delle forze nucleari intermedie. ad esse fornisce, nel quadro di un processo di costante concertazione con l' alleato americano, il proprio contributo di idee e di proposte. nonostante il persistere di certi nodi negoziali, quello delle forze nucleari intermedia è il settore nel quale sembrano presentarsi migliori prospettive di progresso. in questo contesto, noi intendiamo ribadire con fermezza, pari alla convinzione che nutriamo, la perdurante, piena validità della proposta, originariamente occidentale, dell' opzione zero . a differenza dell' Urss, noi riteniamo, però, che le riduzioni e l' azzeramento delle forze nucleari intermedie a lunga gittata debbano avvenire nel rispetto del principio della globalità e comprendere, soprattutto in ragione della loro mobilità, anche gli ss20 schierati sul continente asiatico. un collegamento profittevole con quelle aree mondiali ci sembra essenziale e doveroso. riteniamo importante che l' eventuale auspicabile accordo sulle forze nucleari intermedie, proprio per essere significativo, abbia la portata più ampia possibile, e fissi, anche per quelle a più lunga gittata, limitazione equilibrate che evitino ogni rischio di aggiramenti. a nostro parere, inoltre, la soluzione del nodo negoziale relativo alle forze nucleari di altri paesi potrebbe trovare migliore collocazione in un foro negoziale che tratti di armi strategiche. occorre, infatti, tenere presente la natura delle forze nucleari della Francia e del Regno Unito , restando inteso che un futuro negoziato volto ad includerle dovrà contemplare la partecipazione di quei due paesi. sussiste, infine, il problema della verifica di un accordo sulle forze nucleari intermedie. pensiamo che esso possa essere costruttivamente affrontato e risolto se, come auspicabile, troveranno concreto riscontro le indicazioni di disponibilità che su tale importante tema sono state espresse a varie riprese dalla nuova dirigenza sovietica. quanto alle trattative sulle armi strategiche, la realizzazione dell' obiettivo della riduzione del 50 per cento degli arsenali nucleari che era stato recepito nel comunicato del vertice del novembre scorso, sembra segnare il passo. a parte la precondizione sovietica di una rinuncia americana al programma di ricerca noto come Iniziativa di difesa strategica , sussistono ancora, in questo settore, ostacoli relativi alla definizione stessa di armi strategiche ed all' equa definizione di ciò che debba intendersi per riduzioni qualitative, oltre che quantitative. le prospettive del negoziato spaziale, che costituiscono il terzo settore della trattativa di Ginevra, permangono condizionate dalle divergenze delle parti sulla definizione delle attività da interdire e sulla possibilità di pervenire ad un riassestamento del rapporto offesa-difesa. appare difficile, fino a questo momento, formulare previsioni sugli sviluppi del negoziato. ma ci sembra importante sottolineare che anche da parte sovietica si percepisce la necessità di una strategia negoziale esente da precondizioni e caratterizzata da un serio ed equanime confronto di tutte le proposte. in questo quadro, riteniamo che anche una discussione sull' evoluzione del rapporto offesa-difesa potrebbe rivelarsi utile, così come è opportuno approfondire l' idea dei « laboratori aperti » (che ho già ricordato), idea che, se fosse attuata, consentirebbe alle parti di controllare l' assenza di obiettivi offensivi nelle rispettive ricerche tecnologiche. il rafforzamento degli equilibri strategici passa anche attraverso la riduzione ed il controllo degli armamenti convenzionali. le recenti proposte avanzate da parte dell' Unione Sovietica ci sembrano costituire un riconoscimento implicito della loro rilevanza ai fini della sicurezza europea e mondiale. nel Consiglio ministeriale della NATO, tenutosi pochi giorni or sono ad Halifax, l' Alleanza ha deciso di intraprendere un' iniziativa nuova ed ambiziosa per rilanciare concretamente l' obiettivo di un equilibrio delle forze convenzionali, verificabile e posto ai livelli più bassi, così da assicurare a tutti i popoli dell' Europa, dall' Atlantico agli Urali, migliori condizioni di stabilità e di sicurezza. nel quadro di questa disamina globale dei negoziati per il disarmo e per il controllo degli armamenti, ritengo appropriato soffermarmi anche sul problema delle armi chimiche , la cui completa eliminazione è oggetto di trattative alla conferenza del disarmo di Ginevra. recenti discussioni in seno al comitato dei piani di difesa della NATO si sono concentrate su talune progettate misure americane di ammodernamento nel campo degli armamenti chimici. l' atteggiamento assunto al riguardo dal governo italiano è chiaro. noi abbiamo preso atto di una decisione autonoma degli USA intervenuta dopo una moratoria unilaterale, osservata ininterrottamente dal 1969, nella produzione di armi chimiche , moratoria che non ha peraltro indotto l' Unione Sovietica ad una parallela limitazione. questa nostra presa d' atto non ha comportato una modifica della nostra tradizionale posizione, che è e resta contraria alla produzione, alla detenzione ed all' uso di armi chimiche . a questo proposito, riteniamo importante la circostanza che l' eventuale produzione di armi chimiche — che non saranno comunque dislocate in Europa — da parte degli USA non potrà iniziare prima dell' ottobre 1987 e che a tale produzione gli USA potranno procedere unicamente in assenza, per quella data, di un accordo sulla messa al bando delle armi in questione. non mancheremo, assieme agli altri paesi dell' Alleanza, di fare quanto in nostro potere perché, in tale arco di tempo , si pervenga alla conclusione di una convenzione per l' eliminazione totale delle armi chimiche . la necessità di tale eliminazione dovrebbe, a nostro parere, diventare tanto più evidente sol che si ponga mente al fatto che posizioni di vantaggio in materia non sarebbero più possibili al momento in cui la decisione del governo di Washington dovesse diventare operativa. agli sviluppi di un disarmo graduale ed equilibrato sono collegate le condizioni di sicurezza dell' Occidente intero. è per tale motivo che si impone l' attenta analisi di tutti gli elementi di fondo dell' equazione strategico-militare, compresi quelli attinenti all' evoluzione tecnologica. a questo quadro, oltre che a quello della collaborazione transatlantica nelle tecnologie di punta, si ricollega la questione dell' Iniziativa di difesa strategica e l' offerta americana ai paesi alleati a parteciparvi. vorrei chiarire subito che il dibattito sulla fattibilità tecnica e sulle implicazioni strategiche e politiche dell' Iniziativa di difesa strategica è apertissimo anche negli USA. pertanto, qualunque giudizio attinente a tali aspetti è assolutamente prematuro. in Europa, l' esame delle implicazioni strategiche è affidato, come sapete, all' Unione dell' Europa occidentale ; approfondimenti sono in atto anche nel quadro della NATO. osservo, per altro, che l' avvio di una ricerca scientifica , che accerti la possibilità di una parità strategica fondata sull' elemento difensivo, non può certo essere considerato illegittimo; purché, beninteso, tale ricerca si svolga nella stretta osservanza degli accordi esistenti, e, segnatamente, del trattato ABM . d' altra parte, poiché s' intende fondare la sicurezza su sistemi difensivi e non sulla semplice deterrenza nucleare, non ci si può sottrarre a dare risposta alla legittima aspettativa che ciò porti ad un equilibrio tra le parti e non a squilibri tra di loro. se l' Iniziativa di difesa strategica si svilupperà secondo queste linee, sarebbe anche nell' interesse di Mosca accettare un approfondito dialogo in proposito. ciò abbiamo fatto presente ai nostri interlocutori sovietici; così come abbiamo illustrato ai nostri alleati americani le ragioni che a nostro parere militano per un rapporto cooperativo con Mosca, sul quale il presidente Reagan ha dato ripetute assicurazioni. abbiamo registrato positivamente l' impegno del governo statunitense a condurre il programma di ricerca spaziale nel più rigoroso rispetto del trattato ABM . ho già avuto modo di dichiarare alle Commissioni esteri e difesa del Senato, il 3 aprile scorso, che il Governo ha deciso di negoziare con l' amministrazione americana le condizioni generali e le modalità tecniche della partecipazione delle industrie e dei centri di ricerca italiani alla fase di ricerca dell' Iniziativa di difesa strategica . abbiamo ritenuto, infatti, di non poterci sottrarre dal considerare l' interesse delle nostre aziende e dei nostri centri di ricerca a partecipare a parti di un programma suscettibili di promuovere significativi sviluppi tecnologici. potremmo così offrire al nostro sistema industriale la possibilità di acquisire, attraverso un accordo quadro , un' accresciuta competitività, a condizioni favorevoli, altrimenti non ottenibili, in tema di accesso qualitativo e quantitativo alle commesse, di flusso delle necessarie informazioni anche sulle strutture del programma, di trasferimento delle tecnologie e di utilizzazione dei brevetti. soprattutto, siamo stati mossi dal convincimento che fosse necessario definire gli irrinunciabili criteri politici al rispetto dei quali condizioniamo la nostra partecipazione al programma americano. abbiamo ritenuto, in altri termini, che rientrasse nell' ambito della doverosa prudenza operare nel senso di acquisire, già a partire dall' attuale fase di ricerca, un fondato diritto a far valere le nostre valutazioni nel momento in cui potranno essere adottate decisioni importanti per la sicurezza degli Stati europei , la stabilità strategica complessiva e le prospettive di disarmo. asse rilevante delle relazioni est ovest ed insostituibile strumento di dialogo tra tutti i suoi soggetti è il processo Csce, avviato con l' atto finale di Helsinki . nel suo contesto, l' Italia tradizionalmente persegue finalità di maggiore stabilità, accresciuta sicurezza e più intensa cooperazione in Europa. partecipiamo attivamente ai lavori della conferenza di Stoccolma sul disarmo in Europa, che del processo di Helsinki costituisce parte integrante , in vista di conseguire in quella sede, prima della prossima riunione di Vienna sui seguiti della Csce, un accordo di sostanza imperniato su un insieme di significative misure di fiducia e di sicurezza. in considerazione dell' elevata priorità politica che l' Italia annette a quel processo, abbiamo, tuttavia, rilevato, non senza preoccupazione, talune carenze della sua attuale fase, riconducibili all' ancora inadeguata attuazione di molti dei suoi fondamentali principi e disposizioni. rimane, fermo quindi, l' impegno italiano ad adoperarsi, nella prossima riunione di Vienna, per un rinnovato dinamismo nei cosiddetti « seguiti » di Helsinki: sia per una più stretta ottemperanza degli obblighi sottoscritti, sia per l' armonico ampliamento dei medesimi in vista di un rilancio della dinamica paneuropea. la recente riunione di Berna sui contatti umani, pur se non ha consentito di raggiungere un consenso sul documento finale presentato dai paesi non allineati , ha comunque portato ad un approfondimento dell' importanza di questo tema, che potrà rivelarsi senz' altro utile per la riunione di novembre a Vienna. il cammino della Csce si presenta certamente lungo e, forse, più complesso di quanto non si poteva ritenere al suo inizio. ma noi siamo convinti che, nel suo ambito, sia possibile, operando con costanza e senza cedere alla tentazione di risultati spettacolari, conseguire progressi comunque significativi per l' instaurazione di un clima di migliore comprensione e di più operante collaborazione. la costante attenzione con cui i governi della Repubblica hanno sempre guardato alla tematica mediterranea si integra — e non è in modo alcuno in contraddizione — con la politica atlantica e comunitaria del nostro paese. da qualche parte, con recrudescenza di argomentazioni che sembrano ipotizzare l' esistenza di due Italie, (l' una, ancorata alla cultura industriale delle grandi democrazie europee e l' altra, almeno tendenzialmente, da tali democrazie staccata) si è voluto presentare la politica mediterranea dell' Italia sotto una luce diversa, quasi contrapponendola alla vocazione occidentale del nostro paese. si tratta di una contrapposizione che non trova riscontro con un esame sereno della realtà in cui il nostro paese è collocato e che costituisce un dato di fatto obiettivo prima ancora che politico. l' Italia è, e non può che essere, occidentale ed europea. ma essa si situa geograficamente nel Mediterraneo e da quest' area è collegata per tradizioni, storia, ampiezza di scambi umani, culturali ed economici, oltreché per motivi di sicurezza che non possiamo certo ignorare. in tale contesto, mi sembra appropriato trattare la tematica attinente ai recenti sviluppi dei nostri rapporti con la Libia. non ricorderò fatti fin troppo noti. mi preme, piuttosto, formulare alcune considerazioni. i criteri che hanno ispirato ed ispirano l' azione del governo sul piano delle relazioni con Tripoli sono essenzialmente due. in primo luogo, vale il principio, indiscutibile, che la più volte dimostrata disponibilità italiana ad intrattenere rapporti di collaborazione con la Libia non può, e non deve, prescindere da un corrispondente comportamento della controparte. l' impostazione che per lungo tempo abbiamo dato al rapporto con la Libia riflette la nostra consapevolezza della complessità e della ampiezza di contenuti del dialogo con quel paese, nel quadro più vasto dell' azione che l' Italia, in stretto collegamento con i partners comunitari, va svolgendo con tutte le componenti dell' area mediterranea per il superamento delle crisi in atto. negli ultimi tempi, abbiamo assistito ad un crescendo di minacce e di azioni da parte del governo libico nei nostri confronti, concretizzatesi, da ultimo, nel lancio di due missili libici contro l' isola di Lampedusa. la reazione del Governo è stata ispirata a senso di coerenza e di responsabilità. non intendiamo « antagonizzare » nessuno, ma nessuno può illudersi di contare su nostre presunte debolezze ed acquiescenze. il secondo criterio ispirante il nostro atteggiamento nei confronti della Libia attiene al fatto che la lotta al terrorismo rappresenta per l' Italia un' esigenza irrinunciabile. nessuno Stato che, anche soltanto sul piano verbale, incoraggi o sostenga il terrorismo, può intrattenere relazioni normali con il nostro paese. questa direttrice è stata, del resto, esplicitamente enunciata dai dodici paesi della comunità europea nella dichiarazione di Bruxelles del 21 gennaio scorso. ad essa intendiamo attenerci, anche nei confronti del governo di Tripoli, le cui dichiarazioni sono apparse in materia più volte contraddittorie e sospette. proprio questo nostro impegno ad opporci al terrorismo internazionale, che trova alimento nella fermezza con cui abbiamo affrontato e sconfitto il terrorismo interno, rappresenta l' elemento di talune differenze di valutazione che pure abbiamo registrato con il governo degli USA su taluni aspetti della tematica mediorientale. la solidarietà e l' amicizia che ci legano agli USA affondano le loro radici in motivazioni ancora più profonde di quelle, pur importantissime, derivanti dall' appartenenza ad una comune alleanza difensiva. esse sono corroborate dalla consapevolezza di quanto gli USA hanno compiuto, per ben due volte in questo secolo, a difesa della libertà e della democrazia sul vecchio continente; di quanto hanno compiuto nel secondo dopoguerra per la ricostruzione dell' Europa occidentale ; di quanto compiono, attualmente, per garantire la nostra sicurezza. la solidarietà e l' amicizia con gli USA trovano fondamento sicuro anche nella presenza in quel grande paese di vaste, operose e rispettate comunità di origine italiana. noi riteniamo che la profondità e l' ampiezza di tali rapporti possano e debbano costituire motivo per l' ulteriore intensificazione del processo di consultazione tra i due paesi: un processo che consenta di far confluire, sempre meglio armonizzate, in un' unica direttrice operativa, le nostre rispettive percezioni di taluni problemi, percezioni che, nell' ambito dell' alleanza libera e democratica alla quale entrambi apparteniamo, possono legittimamente essere, talvolta, anche diverse. questa esigenza è stata sottolineata dal presidente Craxi al presidente degli USA, ed io stesso me ne sono fatto portavoce presso i dirigenti statunitensi. la ribadiremo nuovamente nelle conversazioni che avremo domani con l' assistente segretario di Stato Armacost, in visita a Roma nel quadro dell' intenso dialogo politico che i due governi intrattengono. conto, inoltre, di intrattenermi anche su questo tema con il segretario di Stato Schultz in occasione dell' incontro che avrò con lui la settimana prossima a Washington. noi riteniamo che la cooperazione internazionale costituisca un fattore essenziale per ottenere concreti progressi nella lotta contro il terrorismo. il contributo italiano all' estensione ed al consolidamento di tale cooperazione si fonda sul convincimento che la contrapposizione al terrorismo vada condotta sulla base degli strumenti che la politica estera mette a disposizione dei governi, entro i limiti della legalità e dell' ordinamento giuridico ed in un quadro di effettivo rispetto della Carta delle Nazioni Unite . su questa base abbiamo verificato l' ampia e convinta convergenza dei nostri partners comunitari, insieme ai quali perseguiamo l' obiettivo di favorire l' elaborazione di un quadro di riferimento giuridico che consenta di condurre la lotta al terrorismo coniugando l' efficacia al senso di responsabilità ed alla certezza del diritto. a questo riguardo, acquista rilievo la constatazione dei paesi membri della Comunità Europea sull' opportunità di associare alla lotta al terrorismo anche i paesi arabi che si dimostrino concretamente disponibili ad unire le loro forze alle nostre per un obiettivo che corrisponde ad un comune, prioritario interesse. l' impegno a lottare con fermezza contro il terrorismo non può andare disgiunto da una rinnovata attenzione ai problemi politici del Medio Oriente , sia per la loro intrinseca gravità, sia perché è proprio a tali problemi che fanno riferimento alcuni gruppi terroristici. ciò non vuole affatto dire che la soluzione del problema palestinese significhi, di per sé, la sconfitta del terrorismo. ma non vi è dubbio che il terrorismo trova alimento e facile presa proprio in certe situazioni che sono al limite della tragedia. i « manovali » di questo terrorismo sono coloro che hanno vissuto nei campi di internamento e che finora altro non hanno potuto imparare dalla vita che l' uso delle armi e del tritolo. nella perdurante instabilità della regione meridionale, il terrorismo può trovare quindi alimento e alibi. la sfida che ci troviamo a fronteggiare ha una componente politica, poiché di natura politica sono le sue radici profonde e politica è la perversa strategia che la ispira. di carattere politico dovrà dunque essere, innanzitutto, la nostra risposta. senza contare che se abbandonassimo gli sforzi rivolti a dare una soluzione ai problemi politici in cui il terrorismo germina, non faremmo altro che cedere al ricatto terrorista, la cui azione, come sempre più si va confermando, è diretta proprio ad ostacolare le iniziative di pace. nella mia recente visita a Tel Aviv , ho avuto modo di constatare la permanente validità dei rapporti di amicizia che legano l' Italia ad Israele, al di sopra delle divergenze di opinione che possono verificarsi. l' Italia, assieme ai partners europei, ha sempre accolto con favore ed appoggiato le prospettive di pace che si sono via via aperte nell' annoso contenzioso araboisraeliano. oggi, tutto sembra superato e lontano. l' accordo di Camp David non è riuscito a produrre tutti gli effetti sperati; la dichiarazione di Venezia del 1980 dei paesi della comunità europea è un documento di alta ispirazione e di lungimiranza, ma gli eventi successivi ne hanno ridotto l' operatività. l' accordo Hussein-Arafat, nel quale non solamente noi europei avevamo risposto speranze, si è insabbiato nell' incomprensione e nel sospetto. se questa è la situazione, il momento non appare certamente propizio per il lancio di nuove iniziative negoziali. ciò, però, non diminuisce il nostro impegno ad operare per una soluzione globale, giusta e durevole, che salvaguardi il diritto di Israele a vivere in pace entro frontiere sicure e riconosciute; e che consacri il diritto dei palestinesi all' autodeterminazione. ancora una volta, siamo confortati in questa linea dalla concordanza di vedute con i nostri partners in seno alla cooperazione politica europea , la cui opera è riassunta nell' azione discreta di contatti con le parti interessate condotta dalla presidenza olandese. la controversia arabo-israeliana non è che una delle gravi questioni che travagliano il Medio Oriente . la crisi del Libano continua, purtroppo, a mietere giornalmente vittime fra la popolazione civile. sul piano politico, la situazione del paese appare bloccata dalla « confrontazione » fra il presidente Gemayel ed il governo di Damasco: essa, però, non è riconducibile soltanto a questo contrasto. altri importanti fattori incidono ed interagiscono in maniera differenziata e complessa, sì da dare la sensazione che la situazione possa da un momento all' altro, se già non lo è, sfuggire ad ogni possibilità di controllo. in questi ultimi mesi, anche la guerra fra l' Iran e l' Iraq ha conosciuto nuovi e sanguinosi sviluppi. la recrudescenza del conflitto ha portato ad una ripresa dei bombardamenti su obiettivi civili e, nel contempo, un rapporto degli esperti delle Nazioni Unite ha denunciato l' uso di armi chimiche da parte irachena. nelle loro prese di posizione, alle quali l' Italia si è pienamente associata, i paesi della comunità europea hanno condannato tali episodi di violazione delle norme umanitarie, reiterando contestualmente l' invito alle parti di pervenire ad una soluzione pacifica del conflitto, di cui l' intera comunità internazionale invoca da anni e senza risultato alcuno la conclusione. focolai di crisi e di tensione si perpetuano anche in altre aree geografiche. il governo italiano , in stretto coordinamento con i partners della Comunità Europea continua a sentirsi impegnato ad operarsi, nei limiti delle sue possibilità, affinché anche in tali aree prevalgano condizioni di pacifica e di civile convivenza, che consentano, il progresso economico e sociale dei popoli ed il rispetto dei diritti umani. nel continente latino americano , abbiamo seguito, e seguiamo, con viva attenzione e con favore il processo di risanamento interno coraggiosamente avviato, pur se tra tante difficoltà ed incomprensioni, dai nuovi regimi democratici in Argentina, in Brasile, in Guatemala, nel Salvador ed in Uruguay. auspichiamo che il processo di democratizzazione possa assumere nel continente valenza universale. una profonda vasta azione di protesta per un rapido ritorno alla democrazia è in corso in questi mesi in Cile: ad essa guardiamo con simpatia e manifestiamo agli amici democratici cileni tutta la nostra solidarietà ed il nostro augurio affinché quella nazione, dalle gloriose tradizioni democratiche, possa presto raggiungere anch' essa il concerto latino americano dei paesi democratici. anche nel remoto Paraguay sono presenti sintomi incoraggianti, che lasciano sperare in un futuro democratico, che ci auguriamo non lontano. siamo particolarmente vicini in questi giorni al presidente della Repubblica dell' amica Argentina, Raul Alfonsin, miracolosamente scampato ad un criminale, folle attentato organizzato da quei settori — fortunatamente una ridotta minoranza! — della società argentina che ancora non si rassegnano alla vita democratica , che ancora non vogliono accettare tutte le libertà ed il pieno rispetto dei diritti umani, di cui lo stesso Alfonsin si è fatto generoso garante e strenuo difensore, con una illuminata ed appassionata azione di governo . unitamente alla Comunità Europea , l' Italia sostiene fermamente gli sforzi avviati dal gruppo di Contadora e dal gruppo di appoggio per riportare la pace nella tribolata regione dell' America centrale. l' intera America Latina è particolarmente grata all' Europa per questa azione fiancheggiatrice, che ha contribuito in maniera rilevante a mantenere in vita l' esercizio di Contadora nei momenti più difficili del negoziato. da ultimo, in considerazione dell' urgente necessità di creare un clima politico propizio alla conclusione del negoziato stesso, abbiamo esortato, nel quadro della cooperazione politica europea , i governi dei cinque paesi dell' America centrale a firmare entro il 6 giugno l' accordo di riappacificazione proposto da Contadora. il recentissimo incontro di Esquipulas in Guatemala ha senz' altro dato risultati positivi: da un lato, l' istituzionalizzazione di riunioni periodiche tra i capi di Stato dei cinque paesi centroamericani e, dall' altro, la creazione di un parlamento centroamericano, che non potrà non avere benefici influssi nella regione, ove diventerà il foro in cui democraticamente dibattere i problemi politici ed economici dell' area. ad Esquipulas, i cinque capi di Stato centroamericani hanno altresì ribadito la loro ferma volontà di firmare l' atto di pace, pur facendo comprendere che, forse, la fatidica data del 6 giugno non potrà essere puntualmente rispettata. la complessità della materia, specialmente quella relativa al disarmo, richiederebbe, infatti, ulteriore approfondimento: ma è chiaro ormai — e questo è ciò che più conta — che i paesi centroamericani sono ora convinti che la pax contadoriana è l' unica strada da percorrere per salvare la regione da oscure sciagure. nell' Africa australe, il metodo del dialogo e della trattativa per il perseguimento degli obiettivi di pace, di stabilità e di giustizia stenta ad affermarsi, mentre sono proseguiti i gravi atti di violazione della sovranità e di destabilizzazione dei paesi vicini da parte del Sudafrica, che l' Italia ha fermamente condannato, unitamente alla intera comunità internazionale . alla Namibia continua ad essere negata l' indipendenza, senza che si siano verificati i passi concreti previsti per l' attuazione della risoluzione 435 delle Nazioni Unite , che costituisce l' unica base per una soluzione politica del problema namibiano e che va applicata immediatamente e senza condizioni. sempre più urgenti sono, all' interno del Sudafrica, la completa abolizione dell' intollerante sistema dell' apartheid e la piena affermazione dei legittimi diritti civili e politici di tutte le componenti della popolazione. ogni sforzo deve essere compiuto dalla comunità internazionale per favorire il dialogo tra le forze politiche e sociali del paese, diretto a realizzare un sistema basato sulla giustizia e sull' eguaglianza e per scoraggiare la spirale della violenza. nel colloquio che ho avuto con lui a Roma la settimana scorsa, il capo della più importante comunità negra del Sudafrica, dottor Buthulesi, ha ancora una volta confermato la sua condanna del metodo della lotta violenta e ribadito la necessità che venga liberato quanto prima Nelson Mandela, interlocutore fondamentale per il processo di riappacificazione del paese. riteniamo che anche per il Corno d' Africa , regione cui l' Italia è particolarmente legata, siano indispensabili processi negoziali per il superamento delle difficoltà esistenti. noi speriamo che l' avvio di un dialogo diretto — al quale abbiamo contribuito — tra l' Etiopia e la Somalia possa consentire concreti progressi sulla via del superamento dei contrasti che dividono quei due paesi, entrambi a noi vicini per ragioni storiche e culturali. all' Asia, continente dalle gigantesche risorse umane , di storia secolare e di grandi potenzialità l' Italia è legata da significativi rapporti politici, economici e culturali. tali rapporti hanno ricevuto un ulteriore impulso con la visita compiuta il mese scorso dal presidente Craxi a Tokyo: alla vigilia del vertice dei sette paesi industrializzati . anche con la Repubblica popolare cinese , con l' India e con i paesi dell' ASEAN, ma non solo con loro, intratteniamo un dialogo continuativo, di cui la visita che il mese scorso ho compiuto in Thailandia ha costituito l' episodio più recente. nelle prossime settimane sarà a Roma il segretario generale del partito comunista cinese. la sua visita ci offrirà l' occasione per un rinnovato, approfondito esame dei problemi del continente asiatico, quali sono percepiti da uno dei paesi più importanti dell' area. gli ostacoli che tuttora si frappongono ad una pacifica convivenza di tutti i paesi del continente asiatico e le sofferenze che atti di aggressione da anni perpetuantisi arrecano alle popolazioni direttamente colpite non possono lasciarci indifferenti. in questo spirito, il governo italiano , anche nel quadro della Comunità Europea , si è coerentemente pronunciato sulle crisi locali, tra cui quella cambogiana e quella afgana, nel fermo auspicio che prevalgano, finalmente, le soluzioni da tempo indicate, a grandissima maggioranza, dalle Nazioni Unite . il permanere irrisolto di tante situazioni di crisi e di tanti focolai di tensione viene da noi avvertito come fatto tanto più grave ed intollerabile quanto più sembrano consolidarsi, nella congiuntura economica internazionale, elementi di speranza per il futuro. al vertice di Tokyo le sette nazioni maggiormente industrializzate hanno preso atto di tali elementi, che hanno assunto quale punto di arrivo di una fase preparatoria di un nuovo ciclo espansivo dell' economia mondiale. di fronte ad una prospettiva siffatta, tutti, e non solo il nostro paese, che proprio al vertice di Tokyo ha giustamente rivendicato un ruolo più confacente alla funzione che esso svolge nel contesto anche economico internazionale, siamo chiamati a dare, con generosità ancora maggiore, il nostro contributo alla riduzione delle diseguaglianze ed al superamento degli squilibri fra le varie zone del mondo. e questo un compito al quale crediamo che non possa e non debba sottrarsi, prima di ogni altro, l' Occidente industrializzato. in questo quadro, appaiono innanzitutto determinati la complementarità e la compatibilità delle politiche economiche dei maggiori paesi industrializzati . e ciò al fine di eliminare gli squilibri monetari, valutari e commerciali che hanno a lungo posto un' ipoteca sulle scelte di investimento e di sviluppo, alimentando così la disoccupazione ed il protezionismo. la corresponsabilità che a Tokyo abbiamo riconosciuto esistere tra i maggiori paesi industrializzati va infatti interpretata quale impegno a contribuire al rafforzamento della ripresa ed alla sua equilibrata diffusione internazionale, attraverso il dosaggio pragmatico delle azioni dei governi, degli organismi di cooperazione multilaterale e dei mercati. in secondo luogo, risultati concreti dovranno essere ricercati nelle relazioni con i paesi emergenti , al fine di gestire con lungimiranza ed equità la transizione del processo di sviluppo dalla stagnazione alla ripresa; transizione sulla quale grava ancora oggi l' onere paralizzante del crescente indebitamento estero dei paesi in via di sviluppo e quello, concomitante, di un insufficiente ritmo di espansione del commercio internazionale. uno dei nodi che dovremo sciogliere nei prossimi mesi è rappresentato, appunto, dalla necessità di assicurare al commercio internazionale uno sviluppo costante ed equilibrato: sviluppo che passa attraverso il superamento delle pratiche protezionistiche, l' eliminazione delle barriere non tariffarie ed anche attraverso la ridefinizione delle politiche nazionali di sostegno all' agricoltura. va affiorando, inoltre, non senza incertezze, una crescente consapevolezza della necessità di orientare la gestione del debito estero dei paesi in via di sviluppo in modo da evitare i pericoli contrapposti di una debolezza cronica dei debitori e di una sfiducia rinunciataria dei creditori. in un terzo e più specifico ordine di considerazione rientra infine la situazione del continente africano. la sessione speciale dell' Assemblea generale delle Nazioni Unite , tenutasi a New York dal 27 al 31 maggio, ha fatto registrare un ampio consenso circa i ruoli dei paesi africani e della comunità internazionale nel suo complesso, per l' adozione di politiche e di azioni volte ad assicurare, nel quinquennio da qui al 1990, la transizione dall' emergenza ad uno sviluppo che faccia salvi, anzi esalti, le peculiarità di ciascun paese. in questo quadro riveste un' influenza determinante il clima economico internazionale: il processo di sviluppo è, infatti, fortemente condizionato da fattori esterni, quali il livello dei tassi d'interesse , quello dei prezzi delle materie prime e quello, infine, del volume dell' assistenza pubblica allo sviluppo. le indicazioni emerse dalla sessione di New York acquistano particolare rilievo al fine di valutare l' ordine di priorità sulle quali concentrare le politiche di aiuto allo sviluppo ed il grado del loro coordinamento, che viene sempre più insistentemente richiesto dagli stessi paesi beneficiari. quello dell' aiuto allo sviluppo è un settore nel quale l' Italia, forte della sensibilità delle sue forze politiche e dell' opinione pubblica , si è da tempo dotata di strumenti operativi che hanno dato buona prova di sé. la nostra azione, nel duplice, ma coordinato settore dell' aiuto di emergenza e della cooperazione allo sviluppo, ha raggiunto livelli di concretezza e di razionalità che hanno consentito di accrescere in maniera significativa l' immagine dell' Italia, del suo ruolo di pace e di progresso, non solo nei confronti dei paesi beneficiari, ma anche delle organizzazioni internazionali e dei maggiori paesi donatori. continueremo a prendere come punto di riferimento della nostra azione le indicazioni che ci provengono dall' attento esame della realtà internazionale. in questo senso, siamo impegnati ad operare lungo le direttive indicate dall' Organizzazione delle Nazioni Unite , che vorremmo sempre più protagonista di iniziative volte ad assicurare condizioni di crescita e di sviluppo a tutti i popoli del mondo. faremo tesoro della sensibilità che abbiamo sviluppato attraverso gli anni della nostra impegnata presenza sul fronte della politica di aiuto allo sviluppo e ci faremo da essa guidare nella ricerca e nella proposta al Parlamento nazionale degli strumenti più idonei, anche dal punto di vista legislativo, per continuare nell' opera intrapresa. il panorama della nostra politica estera sarebbe largamente incompleto senza un riferimento alle nostre collettività dall' estero. cresciute culturalmente e socialmente, esse non sono più semplici destinatarie di iniziative assistenziali, ma stimolo e veicolo di una sempre più consistente ed importante azione di penetrazione e di promozione della presenza italiana. esse hanno vissuto, in proprio ed autonomamente, un fenomeno di progresso materiale e spirituale, parallelo a quello vissuto dalla comunità nazionale, e si sono affermate quali componenti a pieno diritto della società italiana . di questa maturazione delle nostre collettività abbiamo potuto cogliere segni tangibili in occasione delle visite ufficiali compiute dal presidente della Repubblica in Belgio ed in Germania, rispettivamente nel febbraio e nell' aprile scorso. anche la visita che il presidente della Repubblica inizierà la settimana prossima in Canada, fornirà l' occasione di un incontro con quella prospera ed affermata collettività italiana di oltre atlantico. il complesso di norme che Governo e Parlamento hanno elaborato in materia di emigrazione rappresenta un primo riconoscimento del nuovo ruolo assunto dalle nostre collettività ed una prima manifestazione della gratitudine che l' Italia sente nei loro confronti. l' elezione dei comitati dell' emigrazione italiana e la seconda conferenza nazionale dell' emigrazione, che avrà luogo nella primavera del 1987, dovranno costituire la prima puntuale verifica dei nuovi rapporti e dei più saldi vincoli che intendiamo instaurare fra italiani al di qua e al di là dei confini nazionali.