Marco PANNELLA - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 47 - seduta del 16-11-1983
Bilancio ministero affari esteri
1983 - Governo II Segni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 166
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , colleghi, signor presidente del Consiglio , signori ministri, è da qualche tempo che noi abbiamo cercato di ottenere un grande dibattito autonomo sulla politica estera e la politica militare del nostro paese nel contesto di questi anni; dibattito che il nostro Parlamento non svolge da molto tempo. abbiamo ritirato questa nostra richiesta perché nel corso delle settimane proveniva da parte della maggioranza e della sinistra parlamentare la richiesta quasi quotidiana di supplementi di dibattito sul Libano, sui missili, sui vari momenti, certo importanti, della congiuntura e della tattica dello scontro politico internazionale e degli eventi ad esso connessi. ieri, ascoltando l' intervento bello ed importante del presidente Ingrao, e ascoltando finalmente in quest' Aula un applauso che dimostrava integrità non solo della ragione ma anche del cuore da parte di coloro che applaudivano, esprimevo il rammarico che un intervento di questo genere non fosse sostenuto dalla struttura di un grande dibattito, quello che noi chiediamo, sulla politica estera militare e le sue caratteristiche nel nostro paese, ma dovesse comunque inserirsi in un momento drammatico, o drammatizzato, quasi incidentalmente, a partire dal problema pratico che è oggetto della nostra riunione: le mozioni della opposizione di sinistra, o di una parte di essa, che chiedono al Governo di rinviare un atto sicuramente importante di sei mesi o un anno. tendenzialmente riterrei che grandi dibattiti di politica estera centrati su un suggerimento tattico al proprio Governo siano un errore. dalla concezione anglosassone — alla quale anche i compagni comunisti nelle vicende parlamentari cercano di ispirarsi — dovremmo trarre il principio che la gestione e la tattica della politica sono e devono essere responsabilità, positiva o negativa, del Governo. discutere qui l' analisi del Governo o quella della NATO sulla quantità dello squilibrio delle forze nell' ambito della strategia che dobbiamo pur continuare a chiamare « del terrore » , o dell' equilibrio militare, a me sembra improprio per il Parlamento. abbiamo i nostri esperti, citiamo questa o quella valutazione, e portiamo il Governo sostanzialmente a scontrarsi su interpretazioni di dati. non è, mi pare, presidente Ingrao, colleghi, questo il momento migliore per secondare quella riflessione politica e culturale, avente forza di decisione, e di decisione importante, che non può essere relativa alla risposta ad una congiuntura e ad un momento tattico, se cioè, rispetto al grado di drammaticità delle trattative a Ginevra, si debba creare il fatto compiuto dell' installazione subito o si debba rinviarla di sei mesi. onestamente non ritengo di potermi pronunciare. se vi sono quei passi sovietici che i colleghi della sinistra, e non solo essi, in questa Aula sottolineano, è indubbio che essi sono conseguenti alla risposta che è stata data all' installazione degli ss20, alla risposta che si è cercata di impedire un anno fa, due anni fa, nel 1979, ma sempre sotto la specie del rinvio: anche nel 1979 ponevate il problema del rinvio! oggi dobbiamo riconoscere che la risposta data dalla NATO ad Andropov ha aiutato quest' ultimo a fare fino a un mese fa quelle proposte sulle quali basate tuttora in qualche misura la vostra critica e la vostra sollecitazione al Governo. ma, a meno di non commettere il gravissimo errore di demonizzare i missili a Comiso, di demonizzare il fatto che siano installati il 15 dicembre o un po' dopo; a meno di credere che davvero sia determinante ed essenziale per il negoziato di Ginevra che si installino o si stiano per installare i missili; a meno di commettere un errore che penso nessuno commetterà al tavolo delle trattative, perché ciascuno ha scenari di ricambio da introdurre nel negoziato e nella polemica; io credo che abbiamo scelto, presidente Ingrao, — per evocare giustamente problemi che sono ormai di antropologia culturale, di natura diversa e quindi di storia diversa e quindi di moralità diversa rispetto alla natura a partire dalla quale applichiamo la nostra intelligenza politica — una sede sbagliata, perché finiamo per far questo incidentalmente, nel momento in cui l' Esecutivo ha invece il dovere di chiedere di assumersi tutta intera la responsabilità della tattica necessaria per far politica nell' ambito di quelle alleanze che noi radicali abbiamo sempre contestato e che invece il partito comunista (insieme a quello socialista) ha ritenuto invece di accettare. fu un' impudenza, forse, ritenere che, al di là della demagogia, si potesse, sotto l' ombrello rappresentato dalla NATO, costruire una società alternativa, una nuova cultura, una nuova — anche senza attese ireniche — umanità per la fine di questo secolo e partendo dalla globalità dell' eurocomunismo. e fu una impudenza perché l' ombrello della NATO è uno solo, quello missilistico. non so però se fosse errato perché la questione cui dobbiamo rispondere (e veniamo così al problema) è se sia vero che il momento nucleare sia sempre di più quello che comporta sterminio; e se sia vero che per il nostro mondo europeo, per il mondo del nord, lo sterminio nucleare sia veramente il rischio maggiore. abbiamo tutti una nozione molto chiara di quella che è l' evoluzione della tecnologia e anche della microinformatica, come ricordava stamattina Rodotà. ieri Cerquetti (che pure ho ascoltato a Napoli attraverso Radio Radicale ) ha detto chiaramente che non dobbiamo essere coloro che si illudono di poter creare la pace attraverso la vecchia paura, attraverso la forza del terrore, attraverso la demonizzazione di questa o quella decisione di disarmo, attraverso la moralità esclusiva, l' imperativo categorico di rispondere in astratto alle necessità della sicurezza e di disarmare militarmente, come se la nuova cultura di cui parlava Ingrao non dovesse portarci tutti a comprendere che il momento militare è forse sempre più, se non marginale, non l' unico e non il determinante per la sicurezza o gli scontri tra i blocchi, le culture, le realtà strutturali e produttive del mondo contemporaneo. come Marie France Gareau, Cerquetti (non vorrei che si offendesse) ricordava che oggi la caratteristica della tecnologia nucleare è quella di consentire di manovrare il megatone e di usarlo come arma tattica. ma se andiamo avanti su questa base, quello che sempre di più incalza sullo specifico piano del nucleare non è la « h » o la « n » o chissà che cos' altro: non è questo per noi lo sterminio. ieri sono stato un po' deluso, ho udito la parola « sterminio » , ho sentito dire « sterminismo » ! viviamo in un mondo nel quale è in atto uno sterminio di 30 milioni di persone l' anno: certo, non eurocentrico, non europeo per la guerra e grazie alla guerra; è alimentare, ma non esistono i 20 milioni di morti per guerra nel terzo e quarto mondo dal 1945 ad oggi, da quando cioè (mi sembra implicito anche nelle parole e nella cultura del presidente Ingrao), noi saremmo in pace! venti milioni di morti, 27 milioni di rifugiati adesso, con tasso di mortalità superiore al 70 per mille , lì dove sono posti, indipendentemente dalle cause di guerra: allora? se vengono individuate in Francia le 630 zone a sensibilità nucleare o centri veri di difesa e risposta francesi, è possibile che ci sia l' invio di 400 o 500 ordigni da uno o cinque megatoni, e l' indomani o d' un tratto la Francia si trovi disarmata: sempre di più la tecnologia nucleare porta al nucleare pulito e miniaturizzato, dove l' informazione, i canoni diversi, il non-sterminio, il colpire la potenzialità dell' avversario di rispondere a sua volta attraverso le tecnologie, si trovano tutti! è vero, compagni comunisti, è giusto, corrisponde alla nuova antropologia l' aver buttato e seminato non le speranze, perché la speranza è ragionevole, è munita ed armata di intelligenza, di calcolo ed anche di astuzia: la speranza è progetto, se speranza politica non è mitica attesa della sconfitta del male dall' oggi al domani con non so quale magico gesto della politica o quale deliberazione della Camera dei Deputati . dire al nostro Governo che il problema centrale dinanzi al quale si pone adesso è se mettere i missili sette settimane prima o dopo, è rendere un servizio culturalmente pericoloso (costringere il Governo a rispondere su un piano sul quale ha il diritto dovere , invece, a questo punto, di essere esecutivo)? semmai dobbiamo aiutarlo, incalzarlo con degli interrogativi di fondo e vedere se la strategia della NATO oggi vigente non sia essa discutibile proprio in termini si idoneità alla difesa e magari all' attacco, che presume l' Alleanza Atlantica ! la demonizzazione dell' antinucleare è già l' antinuclearismo, ha portato alla sconfitta del pacifismo del dopoguerra. io vivevo già all' interno, presidente Ingrao e colleghi, di questo movimento pacifista e non violento e ricordo Oxford, Cambridge ed altre località con le riunioni tra i compagni e degli amici del CND britannico, dopo quelle grandi marce; e prima e dopo. ricordo il dibattito fra il canonico Collins e Bertrand Russell proprio su questo interrogativo: l' antinuclearismo è l' elemento determinante, o non piuttosto una visione strutturale dell' esercito che all' inizio degli anni 60 portava il nuovo pensiero militare francese di Challe ed altri che non a caso finiscono nella Organisation de l' Armée Secrète ? si formano però negli ambienti antifascisti ex Buchenwald, della NATO di Bruxelles, secondo i quali il nuovo pensiero militare deve tendere alla militarizzazione della società e al disarmo, cioè allo scioglimento in qualche misura dell' esercito. e uno strano modo di riproporre in realtà quello strano testo degli inizi del 900 sull' Armée populaire , che parlava dell' armata nazionale con concetti giacobini, centrando il tutto sul cittadino armato, ma munito anche di armi strategiche... forse anche per questo quell' autore era stato non eletto come deputato, ed aveva quindi il tempo per dedicarsi al pensiero militare dell' epoca! abbiamo fatto scendere in piazza la gente per un obiettivo possibile? dicevamo un anno fa che Comiso si difende a Roma, presidente Ingrao: la nuova cultura è quella che non si pone il problema di cosa abbiate fatto per trent' anni tra cultura e politica, ma che si ricorda che la cultura o è politica oppure è nulla. è irrilevante quindi dire: state attenti, noi portiamo avanti le speranze della maggioranza del paese. noi portiamo avanti le speranze di che cosa? di quella che Bertrand Russell individuava essere le speranze di una generazione; ma il fatto che scegliemmo allora con il CND britannico di compiere le grandi manifestazioni antinucleari portò alla sconfitta, in quanto si dimenticò che l' 80 per cento della popolazione — la terza età dovrebbe essere intesa non solo come società patriarcale, ma anche come patrimonio di saggezza e di forza — optò per il nucleare, tant' è vero che la Gran Bretagna fu il primo paese europeo a compiere il salto di qualità nel campo degli armamenti nucleari. io dico che la responsabilità — ecco perché non abbiamo presentato alcuna mozione a questo riguardo — di installare o meno i missili è unicamente del Governo. noi abbiamo il dovere di commentare questa operazione; non possiamo però discutere se al tavolo della diplomazia di Ginevra i missili in Italia servono o meno ai negoziatori. non ci dimentichiamo che durante gli anni dell' unità nazionale , il ministro Andreotti lo ricorderà, ma lo ricorda anche Cossiga, noi indicammo che vi era la nuclearizzazione in corso . quando si votò il programma di Governo nel 1977 noi ci siamo opposti affermando che andavamo verso una direzione che non avremmo potuto sostenere. l' anno scorso si è discusso il bilancio della difesa ed abbiamo supplicato la Presidenza della Camera perché vi fosse una riunione congiunta delle Commissioni competenti sul problema del commercio delle armi, che rappresenta uno sconcio. questa è la cultura, presidente Ingrao, della quale ho paura. si parla e si va a Comiso per lasciare Roma, dove si decide, sguarnita. comunque è soprattutto la guerra alimentare che produce sterminio. certo, sono negri, sono persone del terzo mondo ! perché l' anno scorso , invece di fare la marcia Milano-Comiso, andava fatta la marcia Comiso-Roma in quanto la Commissione difesa, con il presidente Angelini, imprimeva un certo ritmo alle votazioni sulle spese militari. ecco perché noi diciamo che dovevamo stare qui: questo è stato il primo errore di valutazione. il pacifismo è responsabile del primo anno di vittorie naziste in questo secolo. il pacifismo era neutro, non neutrale, non si faceva carico della carica di guerra e di minaccia che veniva nel mondo attraverso la struttura nazista. noi oggi ci rifiutiamo, come ci siamo sempre rifiutati — noi radicali da sempre impegnati nell' obiezione di coscienza , nell' azione non violenta — di accettare questa logica. il compagno Pollice parlava prima di alcuni comuni italiani; noi abbiamo dimostrato che il comune di Rimini ha delle installazioni di tipo nucleare, anche se ha sempre affermato di essere contrario a ospitare nel suo territorio armamenti di questo tipo. dunque, è il problema di teoria della politica estera che è grave: il nucleare di per sé cessa di divenire! ma infatti parliamo di missili e non più della bomba; culturalmente questo è vecchio ed è sbagliato. il fatto di mobilitare contro questo le nuove generazioni significa, tra un anno o tra sei mesi, averli portati allo sbando! questa mattina ho incontrato alcuni gruppi che avanzavano stancamente: infatti non vi è più nemmeno il thrilling, dal momento che già l' anno scorso si sapeva come sarebbe andata a finire questa storia. ebbene, le lotte devono essere reali ed importanti. questi ragazzi, tra sei mesi, in parte saranno tentati dal riflusso. certo! perché dobbiamo muoverci? ma c' è un errore ancora più intimo: quello della demonizzazione del nucleare che è culturalmente vecchia, intollerabile ed inaccettabile. questa concezione punta ad aggregare ancora una volta nella paura e non nella speranza, nel no e non nel sì o nella richiesta positiva: questo rappresenta il limite del disarmismo di qualsiasi tipo. se il problema del disarmo viene posto dicendo che le armi sono pericolose e che non si possono non usare se ci sono, per cui si deve spendere meno in armi, non esisterà mai al mondo la possibilità di una battaglia alternativa, poiché, in realtà, il paese avverte giustamente il bisogno della sicurezza. compagni comunisti, forse oggi ci ascoltate un tantino di più e con voi anche il Governo. ma questa attenzione forse sarà consumata in questa lotta politica che non tollera l' apporto delle ragionevolezze e il coraggio di servire disegni che non sono i propri nel provvisorio, pur di salvare, anche negli altri, contraddizioni assolutamente essenziali. ebbene, possiamo giustificare il disarmo a condizione che si indichi ogni misura che poniamo in essere in un processo di conversione — e non di disarmo militare — nell' arma militare in un' altra migliore, per la sicurezza (e quindi per la pace); possiamo allora sperare di condurre lotte vincenti, cioè manifestazioni politiche la cui moralità consista nell' approvazione di una legge e nel costringere il Parlamento a mutare, eventualmente, le posizioni pregresse decise dalle maggioranze passate. pertanto, dobbiamo fornire questa convinzione (e noi da anni stiamo tentando di farlo): poi ci sono i sociologismi o i misticismi che, in questo campo, è meglio tenere lontani. certo, lo sappiamo e l' Iran ne fu un esempio: se vi è non giustizia — badate — ma sentimento di giustizia nel popolo, si può anche avere (come aveva l' Iran) il quarto o il quinto esercito al mondo (in termini di investimento) e crollare ugualmente in sole 48 ore. infatti, quel regime — che pure era il più riformista ad essere stato realizzato nel Medio Oriente o in un' area del terzo mondo , con riforme di struttura di tipo agrario e che risolveva le proprie contraddizioni anche rispetto ai ceti reazionari con le torture di migliaia di persone — è caduto per eccessiva audacia riformista! come i fatti hanno dimostrato, c' era la plebe, poi cavalcata da Khomeini, contro le ristrutturazioni del mondo agrario e contadino, che tentava di rendere debole lo Stato. non intendo enfatizzare queste cose, tutti le conosciamo. un paese nel quale il sentimento della giustizia o il grado di intollerabilità della qualità della vita sono tali, è un paese debole in termini di sicurezza, essendo esposto — per esempio — all' arma della guerra psicologica , all' intossicazione, alla destabilizzazione. si può dall' esterno promuovere un terrorismo che trovi, a posteriori , il suo insediamento a livello sociale nel sentimento della gente, secondo il quale la patria non è altro che la patria dei propri dolori e della propria disperazione. allora, dinanzi alla necessità di sicurezza di questo tipo, il fatto di far sentire la patria come tale e non come patria di disperazione, di violenza e di oppressione può giustificarsi se questo concetto è opportunamente integrato da una campagna di disarmo unilaterale non nucleare — come dicono i compagni di democrazia proletaria — ma di disarmo unilaterale, nell' ambito di un processo ventennale che comporta piccoli passi ogni anno, che comporta la conversione di strutture e che deve consentire al Governo, malgrado la situazione di caos e la insopportabilità di sempre nuove misure fiscali, di concedere a una parte dei pensionati iniziative in loro favore, mediante la rinuncia ad un particolare sistema d' arma difensivo. è necessario però che questo processo di conversione delle strutture militari in una struttura di difesa alternativa comprenda anche l' armarsi di non violenza . con questo spirito marciavamo nel 1966-1967, nel Friuli Venezia Giulia , fra sputi non solo di parte fascista, ma purtroppo anche di altri. allora si deve procedere alla stessa notifica di un processo di disarmo, nell' ambito delle politiche di scontro e di teatro di scontro fra il sistema totalitario e il sistema occidentale. bisogna, al limite, inondare, con l' arma dell' informazione, anche a nome degli accordi di Helsinki, l' Ungheria, la Cecoslovacchia e dire, che se voi fate certe cose, noi, in applicazione degli accordi di Helsinki, useremo in tutti i modi la voce di Londra, la voce di Roma. sono cose alle quali si può probabilmente pensare. il signor ministro degli Esteri sa che noi siamo assolutamente preoccupati per la politica estera di questo Governo, che mi appare altra da quella annunciata a luglio. è una politica che ha ancora l' utopia di poter prescindere dalla qualità dei sistemi politici dei vari stati; è una impostazione sbagliata, irrealizzabile e che porta sempre a degli errori. ho già fatto un esempio, ma voglio ancora ricordare che l' unico interlocutore, signor presidente del Consiglio , che il suo Governo non cita mai è Israele. eppure Israele è fondamentale! si vedono tutti, vengono tutti a Roma, il nostro ministro degli Esteri , pellegrino di richieste di pietà per i soldati che follemente abbiamo mandato lì, vede presidenti, vicepresidenti, fa venire egiziani, delega magari alla FIAT la Libia, ma il nostro Governo, sul problema cardine della pressione dell' interlocutore, della sollecitazione della democrazia politica israeliana, non si pone il problema, come se la guerra nel Vietnam non fosse stata vinta negli USA, prima, e sicuramente meglio, di quanto non sia stata vinta, sul piano militare, in Vietnam, provocando il sommovimento dell' opinione pubblica americana, grazie ad un sistema di democrazia politica contro quell' impresa! la chiave della pace è in Israele e bisogna debellare le paure e le disperazioni di Israele, non quelle di Assad, signor ministro degli Esteri , che sono congenite al sistema della dittatura, che è guerra civile , che ha la necessità di risolvere con la morte i problemi interni: si figuri quelli internazionali! questa politica estera , signor presidente del Consiglio , è priva anche dell' afflato di Bissolati, non solo dell' afflato di Turati, è priva di qualsiasi afflato di tipo umanistico e di valori e per questo è pericolosa. presidente Ingrao, c' era un gravissimo limite nel suo discorso di ieri — del quale lei pur si rendeva conto, ma alla sua onestà intellettuale chiediamo in fretta di darci risposte più complete — quando lei, ad un certo punto del suo bellissimo discorso di ieri, ha detto che certamente siamo consapevoli che anche nell' est del nord, anche nell' altra parte, deve nascere ed affermarsi un profondo movimento pacifista. ma come, presidente Ingrao? senza mutare la struttura? senza mutare la dittatura? senza mutare l' ideologia? senza mutare lo Stato? senza destabilizzare quel sistema? come nasce il movimento della pace? il giorno in cui convinciamo Andropov a convocare 5 milioni di persone per la pace! è questa la guerra! devo dire che in questo Mosca è un emblema, per cui se vogliamo che i moscoviti siano liberi di amare la pace, quella Mosca delenda est ! la destabilizzazione, che non a caso Reagan non vuole, che non a caso l' Occidente non vuole, è necessaria con le armi della verità, con la voce di Londra, non con la Maginot. come possiamo pensare davvero che basti, presidente Ingrao, muoverci qui, ottenere mutazioni sostanziali nella strategia e nella struttura del nostro Stato, oltre che nel nostro bilancio? al di là di qualsiasi legittimo suffragio storico possibile di questo auspicio, è necessario che lei si assuma la responsabilità di dirci come si fa, presidente Ingrao. altrimenti, siamo come negli anni 30, quando si applaude Chamberlain e si fischia De Gaulle , colonnello sconosciuto, ma non quelli che si occupavano di strategia militare. ci si trova ad ascoltare le parole tremende di monito e non di disarmo di Mendès-France, già allora ventinovenne, nella Camera francese, e poi abbiamo Monaco e tutte le altre cose. i pacifisti, in realtà, hanno appoggiato la vittoria di quelli che strutturalmente (io non credo che Hitler fosse necessariamente cattivo e che volesse sterminare)... quando voi avrete appreso quello che ho detto molte volte per difendere il 68, e cioè che non esistono dei perversi, ma esistono dei diversi, avrete fatto un passo avanti, culturalmente, che è quello che importa! non crediamo ai mostri; quindi, da antifascisti, innanzitutto non crediamo al fascismo e al nazismo, al fascista e al nazista come mostri. infatti, nel momento in cui i mostri sono caduti, si è liberata la cultura dei mostri. per esempio, in termini di disordine internazionale, la cultura nazista regge il mondo, se è vero come è vero che gran parte del terzo e del quarto mondo è una gigantesca Buchenwald. ma c' è una differenza: ogni anno al popolo che noi siamo arriva una ricevuta con raccomandata di ritorno, in cui si dice che in quei campi di sterminio lo sterminio sarà fatto. ma volevo, nei tempi che ormai mi pare si apprestino a terminare, fare un altro tentativo di approccio, un po' per scandaglio, sulle urgenze. dicevo che il momento militare è un' illusione. non è necessariamente da privilegiare e non è il più importante in termini di difesa. e dicevo che otterremo che le nostre masse diventino non masse manifestanti, ma opinione pubblica democratica armata dinnanzi alla democrazia, quando l' avremo o quando la riconquisteremo, ad una condizione, che si mobiliti per qualcosa. ed ecco il nostro lavoro testardo, presidente Ingrao! ecco il nostro lavoro testardo, presidente del Consiglio , di spiegare che, nell' ambito di una spesa che noi abbiamo stimato senza contraddizioni (e adesso, anzi, i capi di Stato maggiore usciti, Santini e gli altri, ci dicono che avevamo ragione per difetto), in un quadro di spesa per armamenti valutabile in 120 mila miliardi per acquisto semplice di nuovi sistemi d' arma, il dirottare, non fosse altro per calcolo di Stato, signor presidente del Consiglio , 5 mila miliardi sul fronte della vita di 3 milioni di persone (richiesta fatta nel metodo, in un anno, perché lo sviluppo cessi di essere, come negli anni 30 in Russia, l' altare sul quale si sacrificano gli uomini in nome di una nuova umanità, che lo sviluppo futuro deve garantire) porterebbe ad una sorta di pace, signor presidente , avendo compiuto queste scelte — e ancora glielo chiediamo — in termini di pace, con la possibilità di inviare il nostro esercito, magari al 50 per cento , in zone intere del terzo mondo , con un risultato che sarebbe infinitamente maggiore di quello che adesso — lei lo vede, se ne rende conto — ci stiamo guadagnando con la spedizione in Libano, imprudente e voluta innanzitutto, ed in particolare con imprudenza, dai compagni comunisti, come sappiamo. allora, noi siamo qui per ricordare che è giusto forse demonizzare, semmai, il fatto che 30 milioni di morti ci aspettano. ci sono già 10 milioni di agonizzanti per la nostra politica, e non facciamo nulla! demonizzare i missili e dare un obiettivo di paura è la dimensione di una cultura al movimento della pace che è perdente, e che vede poi enfatizzare i momenti delle decisioni che non contano nulla. signor presidente Craxi, che questo Governo li installi tra un mese o fra tre, questi missili, in aggiunta a quelli che avete tollerato, voluto e protetto (le 1045 testate che già c' erano), non significa quasi nulla se non si è all' interno del processo di guerra, e di guerra psicologica , che conduce uno Stato. ma quando sono stati decisi gli ss20, compagni comunisti, ma anche signor ministro degli Esteri e signor presidente del Consiglio ? negli anni 1970, 1971 e 1972. eravamo in piena politica della distensione e in piena proclamazione dell' avvenire della politica della distensione. noi eravamo contro; sotto l' ombrello della distensione noi non violenti e radicalmente pacifisti ci opponevamo qui. ed eravamo presi per servi della Cia. ebbene, qual è stata allora la logica di quegli anni? nel momento in cui c' è la distensione i presidenti americani non possono più chiedere nuove tasse per aumentare gli armamenti o per proteggere prudenzialmente la distensione mettendo allo studio gli ss20. in quel momento nelle democrazie politiche, quando si crede e si lascia l' illusione che la Germania nazista o l' Italia fascista possano davvero volere Monaco, che la Russia possa avere, al di fuori del mutamento radicale delle sue strutture e della sua ideologia produttiva, del suo assetto interno, altro che la necessità di una visione identica dei rapporti internazionali, al di là della bontà dell' illusione di ciascuno dei suoi dirigenti, quando abbiamo questo, che cosa abbiamo ottenuto? che mentre in Occidente — è vero — si indeboliva la possibilità di avere più forti incrementi della spesa militare statunitense, di là, pronunciando pace, senza nemmeno il controllo del Soviet o di altro, si è portata in stadio avanzato la creazione di tutto ciò. ed è la logica di uno stato totalitario, ove non esiste controllo democratico del cittadino, controllo operaio del lavoro. è il nazismo, è la stessa cosa a livello della struttura! ed allora non possiamo prescindere da questo. è la logica del complesso militare ed industriale, che domina, come Eisenhower aveva individuato, la libera democrazia degli USA, la democrazia politica americana; la domina, come Eisenhower aveva individuato, la libera democrazia degli USA, la fa morire e ci fa essere assassini di 30 milioni di persone quando la somma necessaria alla loro sussistenza per un anno, secondo una commissione americana, equivale al costo di un sottomarino della seconda generazione e al costo di un sottomarino e mezzo della prima generazione. è questo un dato di follia del potere, dei governi, in cui la gente non deve sapere, in cui, appunto, c' è la demonizzazione di cose marginali e non il problema del dibattito vero, di armare di ragionevolezza, di calcolo, di astuzia, di progetti di legge . quello dei 3000 sindaci italiani... se milioni di persone fossero state chiamate a chiedere una riduzione dei nostri investimenti militari o, magari, anche il mutamento di una certa decisione in nome di un progetto di legge firmato da tremila sindaci (mille democristiani, ottocento socialisti, mille comunisti), un progetto concreto signor ministro degli Esteri ... signor ministro degli Esteri , quando l' anno scorso lei era presidente della Commissione esteri, ebbe a che fare con un riflesso negativo del suo predecessore. temo che lei oggi succeda al suo predecessore e non faccia crescere la sua posizione di ministro degli Esteri a partire dalla sua posizione di presidente della Commissione esteri. questo è il dato urgente, questo è il nostro metodo: marciare, manifestare per qualcosa, come allora facevano per il divorzio, non per il nuovo assetto della famiglia nell' ambito della crescita della cultura cattolica comunista, e via dicendo. siamo proprio al livello nel quale mi sono posto! noi affidiamo... perché qui, poi, naturalmente abbiamo i professori del divorzio, che erano quelli che per anni... venivi a rappresentarci, a spiegarci per conto di qualcuno, che la riforma del divorzio era piccolo borghese e che tu ti occupavi invece delle grandi rivolte proletarie. ci hai preso in giro per degli anni! quando poi lo abbiamo fatto... Luciana Castellina, io rispondo a tutto, il che vuol dire che è del tutto superfluo rispondere a te. ma scusate, credete davvero che stessi cercando di scontrarmi, o di raccogliere alcuni veti? voi sapete che, a torto o a ragione....... noi non onoriamo questa Camera del nostro voto, perché non la riteniamo frutto di libere elezioni. capisco che dopo averci rimproverato, per il folle amore che gli portavate, di non avere votato sulla proposta di sospensiva per quattro mesi dell' arresto di Antonio Negri, ci rimprovererete adesso di non votare i quattro mesi di sospensiva sui missili. che incorreggibili questi radicali! votateveli, perché vi sto spiegando altro. la ringrazio, presidente, ma quando mi giunge il contributo intellettuale di Mario Pochetti, il quale dice che non voto per sostenere il Governo; debbo a mia volta dire che dovrà pur scegliere il partito comunista : se le parole sono quelle o sono queste! voi che ogni giorno vi spartite, dal Msi al Pci, anche i metri quadri di questa Camera, le presidenze, gli uffici di presidenza ed altro! è la « roba » ...! diceva Ernesto Rossi che il modo per giudicare i clericalismi non è inseguire le loro fuoriserie ideologiche, ma di vedere la « roba » ... e sulla « roba » voi partitocrati siete ancorati, non sulle idee! signora presidente, il tempo è scaduto, la ringrazio, ma credo di avere accennato quali siano i motivi di riflessione che ci fanno ritenere sia un' imprudenza, anche da parte di un Governo, che deve governare idee, deve governare democrazia, deve governare conoscenza e libertà d' informazione, avere voluto per sua parte, con le dichiarazioni del presidente del Consiglio e con l' uso dei mass media , di nuovo far creder al paese che qui vi sono due posizioni da anni Cinquanta : quelli della colomba di Picasso e quello del Governo di Saragat... non è così. io credo che la nostra posizione esista, che non sia una terza via , ma sia semplicemente la posizione del pacifismo radicale, non violento , politico e di Governo.