Achille OCCHETTO - Deputato Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 46 - seduta del 15-11-1983
Sui fatti di Genova e Trieste
1983 - Governo III Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 529
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , vorrei subito dire che noi non ci siamo impegnati e non ci impegnamo a prospettare, attraverso i diversi interventi, il significato dell' opzione di pace, per la quale ci battiamo con tanta passione, per fare della propaganda o della agitazione, né tanto meno per portar via del tempo. no, non si tratta di questo; se insistiamo in questo dibattito è perché riteniamo che sia possibile ancora convincere le forze politiche , oltre che sociali, a prendere le mosse da una coscienza di fondo, cioè dalla consapevolezza di una svolta nel modo di pensare, che ormai viene introdotta dalla stessa ipotesi della guerra nucleare . si tratta di quella svolta che è alla base del nuovo pacifismo, profondamente diverso — vorrei ricordarlo — da quello degli anni 50, in cui potevano operare commistioni tra le ragioni generali della pace ed un certo schieramento internazionale. no, noi oggi ci troviamo dinanzi ad un movimento che trascende gli schieramenti, perché nasce dalla consapevolezza che le minaccia alla pace non proviene solo da uno squilibrio di forza tra le due parti, bensì dalla combinazione costituita da armamenti contrapposti e in continua crescita, che sfuggono al controllo dei popoli. è questa consapevolezza più profonda che ci induce ad un dibattito che non dà per scontati gli schieramenti precostituiti, che ci fa, appunto, trascendere le stesse ragioni più acute dello scontro sociale e di classe, le contrapposizioni tra proletari e borghesi — come dicemmo un tempo — , le ragioni storiche dei diversi blocchi sociali e le ragioni stesse dei vari schieramenti diplomatici su scala internazionale. ecco perché pensiamo che si possa ancora convincere, senza limiti e senza barriere. occorre dunque che si comprendano le ragioni di fondo di questo atteggiamento, di questa nostra convinzione, dell' approccio originale al grande tema della pace e della guerra, in questa fase, e le ragioni di fondo che animano la coscienza dei movimenti pacifisti, che fanno germogliare i « cento fiori » del pacifismo degli anni 80. le ragioni di fondo vanno ricercate nella consapevolezza — che rappresenta una rottura, un capovolgimento con tutta la storia del passato e per questo con il dibattito odierno noi crediamo per davvero di poter convincere, di andare a soluzioni positive — che con le nuove micidiali armi il tema stesso della guerra abbia cambiato natura. l' emergere, ormai, non solo di nuovi strumenti di guerra, ma anche di strumenti di morte universale — e quindi di una impotenza assoluta di fronte ad essi — ci induce persino ad una revisione delle tradizionali filosofie della storia, in gran parte giustificatrici, anche in sede democratica, delle ragioni, in certe condizioni, della guerra. si dirà che questo già si sa, ma il problema è che non se ne traggono tutte le conseguenze, allorquando si sceglie soltanto — mi lasci dire, onorevole Battaglia — la logica di un falso realismo, di una certa Realpolitik, di una diplomazia che sembra più una diplomazia ottocentesca, che all' altezza dell' era nucleare. se la guerra nucleare è, come sostengono i pacifisti, come sostiene parte dei movimenti cattolici, come sostengono — e ritornerò su questo — i vescovi americani, incondizionatamente un male assoluto, che fa cadere tutte le vecchie teorie di giustificazione della guerra, occorre che la politica e le diplomazie sappiano trovare strade nuove di intervento e di impegno. ciò a partire, proprio, dalla constatazione che la guerra nucleare non serve allo scopo, cioè alla vittoria, per la confusione di vincitori e vinti nello stesso destino di morte. voglio ben credere che non ci sia nessuno qui che pensi — come un tempo si poteva pensare — alle funzioni di progresso tecnico della guerra, di unificazione e di contatto fra le genti e, tanto meno — come ebbe a dire un poeta — alla guerra come « sola igiene del mondo » . non è più sufficiente credere in quelle cose, se poi nella condotta pratica, nella concezione della politica, delle relazioni internazionali, della funzione degli Stati e dei loro rapporti con i popoli, della nozione stessa di violenza, ci si comporta come se ci trovassimo dinanzi soltanto ad un salto quantitativo, e non soprattutto ad un grave salto qualitativo, che mette in discussione molte convinzioni, anche all' interno della sinistra, e che ci chiama tutti in causa. ebbene, noi abbiamo cercato di provocare nel corso di questi anni, questa svolta di coscienza in noi stessi, ed abbiamo cercato di infonderla nelle grandi masse popolari ; anche se con fatica, lentamente possiamo averne tratto tutte le conseguenze. abbiamo cercato di farlo da quando Togliatti, per primo, nel lontano 1954 pose al centro di tutta la riflessione politica del nostro movimento l' assoluta novità della guerra condotta con armi nucleari , le prospettive di catastrofe totale che ciò comportava, con la distruzione completa di qualsiasi manifestazione vitale. noi vorremmo dire a coloro che molto spesso considerano il pacifismo come manifestazione di parte, che vanno alla ricerca affannosa di altre facce della pace, o che pensano che si tratti soltanto ed esclusivamente di pretestuosità filosovietiche, che quando Togliatti, appunto nel lontano 1954, dopo aver posto la questione della mutata natura della guerra si chiedeva se porre la questione in questo modo fosse giusto o sbagliato, egli si poneva una domanda — badate, onorevoli colleghi della maggioranza — che non era retorica, ma che suonava come invito alla riflessione, alla comprensione dei nuovi terreni di azione anche al movimento operaio , all' insieme degli Stati, anche a quelli dell' est europeo, al fine di determinare, al di sopra della lotta di classe e dei blocchi contrapposti, uno schieramento di forze molto diverse le une dalle altre per la loro natura, un movimento per la conservazione della civiltà umana. e allora, quando si risponde a noi (voglio dirlo con estrema chiarezza, e questo mi sembra un limite a questo dibattito, iniziato in questo tono dallo stesso presidente del Consiglio ), si deve sapere che non si risponde all' Unione Sovietica , all' interno della gelida logica dell' equilibrio. bisogna, invece, cercare di seguire il filo di un ragionamento che si è andato sempre più precisando, anche attraverso i nostri atteggiamenti pratici e politici verso l' est. non capisco certe funzioni di mentore assunte qui dall' onorevole Malfatti, perché proprio dalla consapevolezza della temibile, spaventosa novità che l' uomo non può più soltanto distruggere altri uomini, ma può uccidere e annientare l' umanità si è giunti alla coscienza del valore generale, strutturale, complessivo che va oltre lo schieramento all' interno di un blocco militare; la coscienza, cioè, che la storia degli uomini acquista una dimensione che non aveva mai avuto. e Togliatti, nel celebre discorso sul destino dell' uomo, diceva: « una dimensione nuova acquista, di conseguenza, tutta la problematica dei rapporti tra gli uomini, le loro organizzazioni e gli Stati » : da cui il famoso appello ai cattolici, così fecondo in questi anni, alla comprensione reciproca, alla necessità di scegliere un comune compito di salvezza della civiltà. e non possiamo non accogliere con soddisfazione — vorremmo sentire qualche voce cattolica a questo proposito — la recente ripresa, dopo il Sinodo, dell' eredità giovannea, quando si comincia di nuovo a rivolgersi a tutti gli uomini di buona volontà per la difesa della pace, contro le divisioni politiche e religiose. quindi, di fronte alla minaccia concreta della comune distruzione, la coscienza della comune natura umana deve emergere. tuttavia, siamo anche noi realisti e ammettiamo che ci si possa chiedere oggi come possa la coscienza della comune natura umana emergere politicamente, concretamente, e con quali mezzi. ma è proprio qui la novità: nella ricerca dell' equilibrio verso il basso, onorevole Malfatti (ricordiamo il senso di quelle citazioni), è la novità dei nuovi movimenti pacifisti. molto concretamente, io credo che sia una nuova diplomazia interpretare e tradurre, anche gradualmente, anche attraverso piccoli passi, il messaggio dei nuovi movimenti e la loro ispirazione di fondo. e qual è la loro ispirazione di fondo, al di là delle differenze interne? la consapevolezza di quella svolta storica, del comune destino di cui parlavo, della necessità di trascendere i blocchi. ed è proprio questo ciò che non concepiscono i realisti e i fanatici, tutti coloro che non hanno fatto del salto qualitativo un motivo di ripensamento globale della loro concezione dei rapporti fra gli uomini e dei mezzi stessi della politica e che, proprio perché non hanno sentito, dinnanzi — si direbbe — alla novità dell' evento, — la guerra nucleare , — questa necessità di conversione, questa riconsiderazione dei fatti sotto una luce totalmente nuova, si permettono di irridere al pacifismo come ad una testimonianza di buona volontà , un' illusione priva di strumenti e di efficacia. costoro, in sostanza, non traendo tutte le conseguenze dal salto qualitativo, credono di poter ragionare ancora pensando à la guerre comme à la guerre , come sbocco di una inesorabile logica di realismo allucinato. ora ciò che hanno in comune certi realisti fanatici e fatalisti è di non considerare che occorre operare per la pace universale come se la cosa fosse possibile, come avrebbe detto il vecchio Kant. ma è proprio qui che misuriamo la novità, l' autentico realismo universale del nuovo pacifismo, quel realismo che è proprio dei momenti magici della storia, allorquando il cambiamento, il nuovo, diventano agli occhi delle grandi masse più reali dell' ormai utopico e patetico abbarbicarsi alla realtà del vecchio. il realismo del pacifismo sta nell' aver messo in discussione alla radice il falso realismo dell' equilibrio del terrore o di sentire con la tragica sensibilità della preveggenza la possibilità di uno squilibrio improvviso, che induce ad osare, anche attraverso l' errore o calcoli sbagliati degli uomini e delle macchine. c' è una modernità splendida in questa coscienza soprattutto dei giovanissimi, che hanno imparato insieme a destreggiarsi e a diffidare di quello stesso mondo delle macchine nel quale sono cresciuti in questi anni. c' è un messaggio che travalica le meschinità degli schieramenti e di certa politica, che ci riporta all' universale, al destino dell' uomo, al rapporto tra uomo, scienza e tecnica, che chiede disperatamente alla mente di essere messa al passo con gli strumenti prodotti dagli uomini. ecco perché noi diciamo con Bobbio — lo vorremmo ricordare al compagno Craxi — che rispondiamo a chi dice che la guerra non può accadere, che la guerra non deve accadere, contrapponendo all' equilibrio del terrore una rinnovata coscienza atomica, che considera la guerra ancora possibile, quindi chiama all' azione, partendo dal presupposto che farsi una coscienza atomica significa rendersi conto che la pace non è un processo ineluttabile ma una conquista. per questo noi salutiamo il nuovo pacifismo attivo, che muove dalla convinzione che la guerra non è necessaria, non è buona in alcun caso, ed è un evento che dobbiamo impedire, a partire dalla convinzione — ecco la novità — che nessuna guerra atomica può essere considerata una guerra giusta. quindi dobbiamo tutti sforzarci di comprendere, a differenza del passato, le motivazioni, le dimensioni nuove della non violenza , la ricerca, in sostanza, di tecniche umane capaci di ribellarsi con efficacia al potere tecnocratico degli apparati. da qui emerge un rinnovato umanesimo indotto dai nuovi livelli dello sviluppo tecnologico. ebbene, ai falsi realisti, che ci rispondono come se uscissero da una vecchia stampa viennese, con i predeterminati accordi, le necessarie adempienze, le prefigurate decisioni legate ad indissolubili fedeltà, chiediamo: perché mai gli Stati più piccoli non possono pensare di avere oggi funzioni più grandi per il destino dell' umanità, anche attraverso la logica di una non violenza attiva nei rapporti internazionali, l' ambizione di svolgere un ruolo in questa direzione? dove sta scritto che al nostro paese spetta la tragica scelta tra obbedienza passiva e sacrificio? io credo che noi possiamo avere una grande ambizione; certo, non possiamo competere con le grandi potenze sul terreno dell' efficienza bellica o della violenza ad alto contenuto tecnologico (ed è un bene), però possiamo svolgere un ruolo contrapposto sul terreno della non violenza , nel senso che questo paese, culla della storia e della civiltà, può aspirare ad una rinnovata leadership in questa direzione, assumendo coraggiosamente la linea che, pur non alterando gli equilibri (non siamo quindi in contraddizione, a proposito delle « clamorose rivelazioni » che ci ha fatto l' onorevole Malfatti sulle prese di posizione di Berlinguer e di Bufalini sull' equilibrio), ponga in essere un' azione che obblighi le grandi potenze ad una inversione di tendenza , attraverso proposte che muovano verso il basso. ma non si tratta di giocare ai soldatini e non è con il bilancino del farmacista che si possono cogliere tali questioni; bilancino che pure va usato se occorre, tant' è, onorevole Malfatti, che nessuno di noi ha mai occultato la consistenza dello schieramento degli ss20, di cui abbiamo chiesto lo smantellamento. e quindi poteva, onorevole Malfatti, risparmiarsi quelle cifre che erano qui già state ricordate dall' onorevole Cerquetti, nostro compagno, a testimonianza del fatto che noi non occultiamo affatto questa realtà. ma ecco il punto. sono possibili iniziative coraggiose, scelte, che impongano agli altri la sfida della ragionevolezza? voi non potete eludere questa domanda. ecco perché la rinuncia a svolgere un ruolo attivo, a Comiso, non risponde ad una necessità effettiva di equilibrio e, nello stesso tempo, ci fa rinunziare ad una funzione storica essenziale e di portata incalcolabile per il futuro dell' umanità. qui sta il vero squilibrio, la meschinità provinciale, ottocentesca, da cancellerie ammuffite di un certo iperrealismo. onorevole Craxi, la inviterei a ricordarsi delle bellissime parole di Bobbio quando diceva che la posta in gioco è troppo alta, perché non si debba, ciascuno dalla propria parte, prendere posizione, benché le probabilità di vincere siano piccolissime, e aggiungeva: « qualche volta è accaduto che un granello di sabbia, sollevato dal vento, abbia fermato una macchina » . anche se vi fosse un miliardesimo di miliardesimo di possibilità che il granello sollevato dal vento vada a finire nel più delicato degli ingranaggi, per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino. ma per fortuna molti sono i granelli di sabbia che si sollevano un po' ovunque. si guardi al segno che viene dagli USA. onorevoli colleghi della maggioranza, come cambiano i tempi! l' episcopato di quel paese, guidato dal cardinale Spellman, costrinse il Concilio ad attenuare il testo sulla pace, sull' equilibrio del terrore, che veniva giustamente definito mostruoso, e oggi sono proprio i vescovi americani a mettere da parte gli scrupoli, a schierarsi per il congelamento degli armamenti, mettendo in discussione anche la legittimità morale della deterrenza nucleare. ebbene, non credo che tutto questo sia il risultato della bizzarria di tali vescovi. è il risultato di quella cultura di pace di cui parlavo, di quel mutamento d' ottica attraverso cui si guarda in modo diverso a tutte le cose e attraverso cui le relazioni logiche assumono diverse gerarchie e originali collegamenti. il che mi fa dire, onorevole Malfatti, che non nego una certa logica nel ragionamento del colpo contro colpo, in cui c' è l' inesorabile equilibrio verso l' alto. ma anche a questo proposito io credo che siano state condotte delle analisi unilaterali. perché, per esempio, l' onorevole Malfatti non ricorda che Breznev, il 6 ottobre 1979, aveva chiesto di aprire negoziati su tutti i missili, compresi gli ss20? e perché non risponde alle recenti proposte di Andropov, non ci dice che cosa pensa a questo proposito? badate, noi non abbiamo invocato un dibattito retrospettivo, ma un dibattito che spingesse il nostro Parlamento e il Governo a decidere che cosa fare oggi, di fronte ai problemi che ci stanno dinnanzi. e se bisogna decidere che fare, e se vogliamo tuttavia usare quel bilancino di cui parlavo, allora usiamolo bene, come ha anche ricordato la compagna Castellina. pensiamo alla differenza qualitativa dei missili americani: dove per gli europei sono armi a medio raggio, per i sovietici rappresentano armi strategiche, perché possono colpire il territorio dell' Urss, mentre gli ss20 non possono colpire il territorio degli USA. possono colpire sistemi strategici sovietici, mentre gli ss20 non sono in grado di farlo: altro che zona grigia! invece, per gli USA, i missili sono il prolungamento del loro sistema strategico in territorio europeo. da qui, onorevole Malfatti, nasce l' obiettiva condizione di ostaggio dell' Europa, come possibile terreno di conflitto nucleare. vogliamo dunque occuparci anche di politica e chiederci perché gli USA hanno rifiutato la vera « opzione zero » , cioè che non vi fosse nessuna arma tattica a medio raggio, in Europa (comprese le basi avanzate e i bombardieri nucleari)? non sta qui, onorevole Battaglia, l' interesse dell' intera Europa, su cui dobbiamo cominciare a discutere? e perché mai nella famosa « passeggiata nel bosco » il rifiuto fu reciproco, anzi a quel che si dice furono gli USA per primi a chiudere quella strada? non nego, tuttavia — dicevo — una certa logica in quelle tesi; ma si tratta — ecco il punto — di una logica che si muove in un quadro più angusto, rispetto alla grande tematica che noi abbiamo cercato di sollevare: lontana, cioè, dalla consapevolezza che con l' invenzione delle armi nucleari è avvenuta una trasformazione profonda, che non ci permette di giocare con la guerra, di limitarci a registrare il susseguirsi delle varie posizioni, e neanche di restare nei boschi, in cui tutto è certamente oscuro. no, l' era nucleare sta rivoluzionando comportamenti, culture, modi di pensare; e questa è una prospettiva angosciosa che ci sta dinnanzi, nel momento in cui il destino della terra è incerto, ma in cui non ci sono solo due attori, ma può intervenire — e questo è il senso di ciò che voglio dire — anche un terzo attore: un movimento più generale, che può favorire quel capovolgimento di logica in cui possono avvenire, onorevole Battaglia — io vengo incontro alle esigenze che lei poneva — , anche fatti così oscuri come quelli accaduti nel corso di quella passeggiata. ma proprio per questo, allora, se vogliamo trarre da quelle descrizioni inquietanti una conseguenza logica, dobbiamo convincerci della necessità di un mutamento di ottica nell' affrontare simili dati. questo terzo protagonista è rappresentato non solo da giovanissimi, da movimenti europei, ma anche dalla lettera dei vescovi americani sulle armi nucleari , dove con prepotenza emerge la nuova cultura della pace, là dove si parla dei pericoli della corsa degli armamenti, che impongono problemi del tutto nuovi, nuove applicazioni dei principi morali tradizionali, come la legittima difesa , la stessa concezione agostiniana della guerra giusta e la rivalutazione della non violenza cristiana. problemi morali del tutto nuovi, dunque; ed è con singolare ironia che vorrei ricordare ad alcuni laici l' affermazione, contenuta in questa lettera dei vescovi cattolici, che non c' è posizione morale del passato che possa sfuggire all' obbligo di essere rimessa in causa, essendo ciò provocato dalla strategia nucleare contemporanea. sì, rimettersi in causa: da cui sorge — e non sento vibrare tale corda in questo dibattito — la comprensione del vero dramma cosmico, del fatto che noi abbiamo il potere, per la prima volta, di distruggere l' intero pianeta e la possibilità che questo potere venga utilizzato. forse non ci siamo resi conto, onorevole Battaglia, che la nostra è una corsa non solo contro la malvagità: potremmo anche decidere che siamo tutti buoni; e lei, del resto, ha cercato di far comprendere che l' orso sovietico non è così cattivo. ma il problema è appunto che la nostra non è solo una corsa contro la malvagità, ma anche contro l' errore; ed è invece molto difficile far credere che siamo tutti infallibili. ha dunque un senso — ci chiediamo: o saranno delle spie? — che i vescovi della più grande potenza nucleare non solo operino il rifiuto di una qualsiasi legittimazione della guerra nucleare , ma la messa in causa della stessa deterrenza, sul terreno delle responsabilità morali dell' epoca nucleare. infatti, essi chiedono: può una nazione minacciare ciò che non dovrà mai fare? può essa possedere ciò che non dovrà mai usare? badate, che noi lo diciamo anche all' Unione Sovietica , di cui non abbiamo nascosto le responsabilità. l' ottica da noi scelta, direi imposta dai fatti, ci fa guardare al di sopra e non stando da una parte, e le cose si vedono molto diversamente in una ansia di ricerca incessante di vie nuove; quell' ansia, onorevole Malfatti, che scorgiamo nella lettera dei vescovi americani come nelle posizioni di vari Stati europei e che invece non troviamo nelle posizioni della maggioranza. allora, o quanto abbiamo qui affermato è tutta retorica e quindi dobbiamo stare tranquilli, oppure dobbiamo controllare questa corsa anche attraverso forme nuove e attuando per primi alcuni passi nel senso non di alterare l' equilibrio, ma incominciando a tornare indietro rispetto allo sviluppo verso l' alto degli armamenti. noi non chiediamo delle rinunce contro l' ipotetico avversario, anche la non violenza non è una rinuncia ma un metodo di lotta. allora perché non combattere l' avversario con metodi diversi, che tengano conto del mutato quadro perché solo una grande fantasia politica può arrestare l' automatismo della distruzione? non so se molti democristiani hanno compreso tutta la portata delle posizioni che legano l' atteggiamento assunto nella lettera dei vescovi americani e l' ultima posizione assunta dal pontefice nei confronti della comunità scientifica; cioè, un rilancio della non violenza cristiana che chiede passi indipendenti per ridurre alcuni dei maggiori pericoli della guerra nucleare — Sigonella mi sembra che vada in direzione opposta — fino addirittura a forme di obiezione di coscienza , all' elogio dei profeti disarmati nei confronti degli accordi politici delle potenze e l' invito a disertare i laboratori e le officine della morte per i laboratori della vita, come è avvenuto nel recente appello del Papa. ecco perché la politica è chiamata, contro la celebre opinione di Clemenceau, ad escludere il ricorso alle armi, a rovesciare la corsa agli armamenti, per promuovere la collaborazione internazionale, per sanare lo squilibrio nord sud e per risolvere i problemi dello sviluppo delle aree sottosviluppate. sì, quel sottosviluppo che genera instabilità ed insicurezza perché, come ci ricorda Willy Brandt, il corso degli eventi può minacciare con una proporzione senza precedenti, e fra non molti anni, la sopravvivenza stessa di intere economie e di intere nazioni che sono poste ormai su una china che porta dritto alla catastrofe. ciò avviene là dove saranno puntati i missili di Comiso, altro che pacifismo degli anni 50! proprio lì nel cuore dei rapporto tra nord e sud dove è sorta la nuova coscienza complessiva dei movimenti pacifisti, dei problemi dello sviluppo, delle sorti dell' umanità oltre la logica del bilancino con cui si misura la supremazia delle grandi potenze che guarda alla spaventosa follia che conduce alla sottrazione di immani risorse e ad una distruzione che incomincia da oggi. ecco perché è bene che il Parlamento rifletta; che cosa si cela in questo grande movimento della pace che raccoglie forze cattoliche e laiche? qualche spia, oppure l' ottica del 2000 che travolge la vecchia politica e la vecchia cultura? badate, questi movimenti proprio perché non sono al servizio di nessuno tengono a far saltare le logiche astratte dei vari Stati maggiori . bisogna comprenderlo in tempo; il fattore uomo che molto spesso non viene messo in conto in certe raffinate strategie oggi si rivolta, vuole la padronanza delle tecnologie, vuole nuovi rapporti tra nord e sud del mondo, chiede sviluppo, qualità della vita ad est come ad ovest. onorevole Craxi, onorevoli colleghi del Governo, francamente spero che voi non siate tranquilli e soprattutto spero che non crediate alle false certezze che qui avete cercato di propinarci; perché « l' intelligenza obbliga terribilmente: essa hai suoi incessanti rimorsi di ragione e gli implacabili rimproveri della logica » . sono parole di Herzen a un vecchio compagno. sì, l' intelligenza obbliga terribilmente; e noi speriamo ancora che non vi dimentichiate queste parole, di fronte a scelte così impegnative per le sorti di tutta l' umanità.