Luigi BERLINGUER - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 4 - seduta del 10-08-1983
1983 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 4
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , vorrei fare una premessa, suggeritami dall' impressione che ho ricevuto ieri nell' ascoltare il discorso del presidente del Consiglio , dopo aver letto il minuzioso testo programmatico distribuito a tutti i colleghi. non dirò che ho rilevato contraddizioni tra l' uno e l' altro, ma, certo, balza agli occhi una singolare differenza: nelle parole che abbiamo udito vi era un' abbondanza di espressioni e concetti così nobili che nessuno può dissentire da essi, quali, ad esempio, rinnovamento, riforme, risanamento, uguaglianza, equità, sollecitudine verso i più bisognosi, sviluppo, lavoro, solidarietà collettiva e poi, ancora, pace, sicurezza, negoziati, opposizione ovunque all' uso della forza e così via . nelle pagine del testo programmatico leggiamo, invece, obiettivi, scelte e indirizzi che su molte questioni vanno in direzione assai diversa, in alcuni casi apposta a quelle parole qui pronunciate dal presidente del Consiglio . la mia impressione è che con il suo discorso l' onorevole Craxi abbia cercato di presentare un' immagine del Governo per molti aspetti differente da quella che risulta dal testo concordato dai cinque partiti. ma un' altra cosa mi ha colpito nell' esposizione qui svolta dal presidente del Consiglio : egli si è richiamato al realismo per giustificare l' ennesima riedizione del pentapartito, ma il realismo avrebbe voluto che si sottoponessero ad esame critico ed autocritico le cause che sono all' origine del fallimento di quattro anni di maggioranze e governi analoghi e, quindi, dei mali e dei guasti che pur vengono denunciati ed ai quali si propone di porre rimedio, ma ripresentandosi con la stessa ricetta e rifiutando in linea di partenza l' esplorazione di ogni soluzione diversa dal pentapartito. eppure l' elettorato il 26 giugno ha parlato e ha espresso stati d' animo e indicazioni che dovevano spingere a cambiare non l' immagine, ma la sostanza degli indirizzi e dei metodi di governo e i comportamenti dei partiti rispetto alla cosa pubblica . è indubbio, ad esempio, che i cittadini abbiano espresso in varie forme insofferenza, critica e protesta verso una concezione della politica come contesa per l' acquisizione e la spartizione di fette di potere fra gruppi e persone, lontani dalle esigenze reali e dai sentimenti del popolo. è stato un monito, e non il solo, e non l' ultimo, che avrebbe dovuto essere ascoltato e meditato da un personale politico attento, perché esso è uno dei sintomi classici di decadimento e di rischio per la democrazia. non si può certo dire che di questo monito si sia tenuto conto nella condotta dei partiti che hanno dato vita al Governo che si presenta alle Camere, a cominciare dal modo con cui esso è stato composto. le regole seguite sono state quelle di sempre: tra i cinque segretari si è svolta una trattativa per stabilire quanti e quali ministeri dovevano essere attribuiti a ciascun partito; dopo di che, sui nomi ognuno se l' è vista all' interno del proprio partito, dando luogo fino all' ultimo minuto a vicende come quelle accadute nell' ambito del partito socialdemocratico e della Democrazia Cristiana . nel partito democristiano , in particolare, l' applicazione integrale anche questa volta del ben noto « manuale » non ha impedito che si accendessero lotte furibonde tra correnti, gruppi, vecchi notabili e giovani in ascesa per l' attribuzione dei dicasteri più agognati per prestigio o potere. è chiaro che un simile procedimento non può che portare alla perdita di ogni rispetto delle competenze e della esperienza nella designazione degli 88 ministri, viceministri e superministri, di cui si compongono l' attuale Governo ed il « direttorio » che in esso si è formato. e tutto ciò dà un nuovo colpo al credito delle istituzioni. questa nostra prima critica non ci porta a chiudere gli occhi di fronte al fatto che per la prima volta il Governo della Repubblica è presieduto da un socialista, e precisamente dal segretario di quel partito, il partito socialista italiano, la cui storia è così fittamente intrecciata con quella del nostro partito, e che è venuto esprimendo tanta parte della vicenda del movimento operaio italiano. ma per intendere la portata obiettiva di questa novità ed i suoi possibili sviluppi politici occorre anzitutto chiedersi attraverso quali vie si è giunti ad essa. dopo i risultati elettorali, il partito socialista non avanzò la richiesta della Presidenza del Consiglio . si era, invece, appena aperto in questo partito un dibattito sui risultati del voto, che molti giudicavano insoddisfacenti. un dibattito assai vivace si era anche riaperto nella Democrazia Cristiana in conseguenza della sua forte flessione elettorale. fu a questo punto che venne dallo stesso onorevole De Mita l' offerta della Presidenza del Consiglio all' onorevole Craxi. si può dire, dunque, che la presidenza socialista nasce come conseguenza di un risultato elettorale caratterizzato, per ciò che riguarda i due massimi partiti italiani, dalla sconfitta della Democrazia Cristiana e dalla salda tenuta del partito comunista . in tale situazione, questa presidenza viene concepita anche come il mezzo attraverso cui la Democrazia Cristiana tenta di risolvere le sue difficoltà, quelle dei suoi equilibri interni e quelle risultate dalla perdita di forza e di prestigio come partito guida. la Democrazia Cristiana spera attraverso tale via di superare la sua crisi e di conservare di fatto la sua posizione di dominio. è difficile dire quali probabilità abbia la Democrazia Cristiana di mandare ad effetto questo suo proposito. sta di fatto, però, che non ha torto la direzione di questo partito quando, pur con un' enfasi fastidiosa, afferma in un comunicato che le sue richieste di indirizzo politico , di programma e di composizione. del Governo sono state sostanzialmente accolte dalla ricomposta alleanza dei cinque partiti. nella trattativa la Democrazia Cristiana ha avuto l' evidente obiettivo di coinvolgere il partito socialista in scelte politiche e programmatiche proprie della Democrazia Cristiana , in modo da poter così conseguire quel successo che il voto le ha negato. il motivo per cui i compagni socialisti si sono acconciati a questo gioco è forse nel fatto che essi hanno ritenuto conveniente acquisire comunque una posizione di prestigio e di potere così elevata come la Presidenza del Consiglio , per rafforzarsi come partito e per contendere meglio il terreno — nella società e nello Stato — ad una Democrazia Cristiana in crisi. nel comporsi di queste convenienze dei due maggiori partiti della coalizione hanno trovato ospitalità gli interessi e le posizioni del partito repubblicano , del partito socialdemocratico e del partito liberale . al di là delle possibili congetture circa il grado di fondatezza dei calcoli politici di ciascun partito al Governo, è doveroso valutarne il risultato finale. e il risultato finale è che questo Governo non è certo quello di cui il paese sentiva il bisogno in un momento così delicato e grave della sua storia e della sua vita presente. non lo è per i suoi obiettivi politici e non lo è per i suoi indirizzi e contenuti programmatici. qual è l' ispirazione politica della coalizione governativa? secondo la Democrazia Cristiana , essa è costituita per porsi in alternativa al partito comunista ; in sostanza si pensa ancora una volta di riuscire a governare l' Italia senza e contro il partito comunista , seguendo una strada che si è rivelata non solo illusoria, ma deleteria per il paese. la volontà di contrapporsi al partito che è la forza maggioritaria del movimento operaio , e che gode di una larga e solida fiducia di una parte cospicua delle forze più sane e vive della vita economica, sociale e culturale, impedisce di ottenere quel che oggi è maggiormente indispensabile alla salvezza delle istituzioni e del paese, e cioè una mobilitazione convinta e generale delle più varie energie. qualche dirigente socialista ha avvertito la difficoltà di sposare la tesi democristiana, la cui accettazione porterebbe ad alterare i caratteri costitutivi e la funzione del partito socialista italiano come partito della sinistra. quanto all' esposizione del presidente del Consiglio , va notato che in essa, anche a differenza di altre esposizioni programmatiche fatte in quest' Aula, il dato essenziale della rilevanza sociale, politica e parlamentare del partito comunista è stato ignorato. annotiamo questa lacuna non già perché essa turbi l' animo del nostro partito, ma perché anch' essa è una novità. coerente con l' ispirazione politica che ho ricordato è il programma del Governo. nonostante le parole del presidente del Consiglio , manca in esso qualsiasi apertura innovatrice e riformatrice: vengono anzi proposte soluzioni che su questioni essenziali hanno un chiaro segno conservatore. sembrano superati quei contrasti che caratterizzavano la vita tormentata dei governi della passata legislatura, che portarono a crisi sempre più acute e, infine, allo scioglimento anticipato del Parlamento. e sembrano svanite nel nulla le dispute vivacissime fra la Democrazia Cristiana ed il partito socialista durante la campagna elettorale . ma in che modo sono stati superati questi contrasti, che pure non erano solo di parole? sembra quasi incredibile che, con un presidente del Consiglio che è anche segretario del partito socialista , le cause dell' inflazione e del differenziale dell' inflazione italiana rispetto agli altri paesi vengano individuate essenzialmente nel deficit della finanza pubblica e nel costo del lavoro . si badi bene: noi non neghiamo affatto che esista in Italia un gravissimo problema di deficit crescente della finanza pubblica ; è da quattro anni che governi espressi da maggioranze come l' attuale non riescono a venire a capo di questo problema. se ho ben capito, voi accantonate ogni proposito di usare strumenti di finanza straordinaria per accrescere le entrate, sia pure in via eccezionale e temporanea — nonostante se ne fosse tanto parlato nei mesi scorsi, anche da parte socialista e da altre parti — ed annunciate tagli di spesa secondo criteri non chiari ma che ci sembrano, oltre che indiscriminati e quindi socialmente ingiusti, anche non idonei ad eliminare quei meccanismi perversi che sono alla base degli sprechi e che alimentano i deficit crescenti. per la spesa sociale il Governo fa proprie alcune delle indicazioni della Democrazia Cristiana , tendenti ad una privatizzazione di parti essenziali di alcuni servizi sociali . è indubbio che vi sia bisogno di apportare correzioni e aggiustamenti nel servizio sanitario o anche in quello previdenziale, ma le correzioni debbono salvaguardare essenziali conquiste e impostazioni innovatrici che sono il frutto di lunghe lotte dei lavoratori, delle donne, degli anziani, e che sono patrimonio peculiare dell' intero movimento operaio europeo. in ogni caso non si può combattere l' inflazione agendo solo sulla finanza pubblica e sul costo del lavoro , oscurando quelle cause strutturali che gli stessi compagni socialisti, insieme a noi e a studiosi di tante parti, hanno messo in primo piano nei mesi e negli anni passati. in Italia queste cause strutturali si chiamano: deficit energetico, deficit agricolo-alimentare, scarsa attività di ricerca, insufficiente sviluppo tecnologico dell' apparato industriale, bassa produttività media del nostro sistema economico , disfunzioni e parassitismi della Pubblica Amministrazione e, soprattutto, stagnazione delle forze produttive e persistenza di una non risolta questione meridionale . nell' esposizione programmatica dell' attuale Governo, queste cause sono ignorate. dal testo del programma si ricava chiaramente che la politica economica fa perno sulla logica dei due tempi: « l' obiettivo dominante e immediato dice il testo — è la riduzione dell' inflazione » , considerata condizione per il conseguimento dell' altro obiettivo, procrastinato e definito di medio termine, dello sviluppo, dell' ammodernamento produttivo, dell' occupazione. ricorderete, compagni socialisti, che proprio questa fu la logica con la quale nel centrosinistra, quando vicepresidente del Consiglio era il compagno Nenni, venne stroncato ogni proposito riformatore. seguendo questa logica, il Governo non riuscirà certo ad agganciare l' economia italiana alla ripresa internazionale; al contrario, il rischio che corriamo è quello di un aggravarsi del nostro distacco rispetto agli altri paesi industrializzati . è singolare, a questo proposito, che solo nella terza stesura finale del programma, e poi nel discorso del presidente del Consiglio , sia comparso un accenno all' ascesa del dollaro, fattore decisivo della dinamica dell' inflazione nel nostro paese, oltre che delle difficoltà economiche generali dell' Europa occidentale . mi permetterei di invitare tutti a meditare sul discorso pronunciato alcuni giorni fa dal ministro delle Finanze del governo francese , il socialista Jacques Delors. si tratta di un appello, che conteneva persino una vena di angoscia, a un' azione comune dei governi dell' Europa occidentale nei confronti della politica economica e finanziaria degli USA, per far fronte, come Europa occidentale , all' offensiva del dollaro. Delors parla dei rischi gravissimi che corre l' Europa se non riusciremo ad adottare una politica comune nei campi decisivi dell' economia, dell' industria, della ricerca e se non procederemo ad una vera e propria integrazione monetaria europea. più volte, negli ultimi tempi, il governo Mitterrand ha rivolto analoghi appelli ai governi degli altri paesi della comunità europea, ma questi appelli sono rimasti senza risposta. mi si potrebbe replicare che si vuole invece seguire l' esempio francese; il che sarebbe dimostrato dalla politica dei redditi proposta dal Governo. ma questo parallelo non regge. in Francia, infatti, si è varato per un breve periodo un blocco dei salari, ma anche dei prezzi, mentre qui per i prezzi si esprimono solo esortazioni. in Francia si è varata un' imposta sulle grandi fortune, mentre qui si pronuncia solo qualche frase contro gli evasori fiscali. quale politica dei redditi vuol fare il Governo? esistono forme diverse di politica dei redditi . mi sia qui consentito rinviare agli utili confronti che avvennero in quest' Aula negli anni 60, quando il tema fu posto dal partito repubblicano , dall' onorevole Ugo La Malfa . vorrei ricordare solo due obiezioni di fondo, che noi muovemmo allora e che ci sembrano ancor più valide oggi. la prima: l' ipotesi che il reddito nazionale si distribuisca solo tra salari e profitti è considerata abbastanza astratta in tutti i paesi capitalistici, ma in Italia essa è del tutto fuori dalla realtà, perché lascia in ombra il vasto campo della lotta alle aree di rendita e di parassitismo, lotta che è decisiva per rimuovere le cause strutturali dell' inflazione e per creare l' occasione di nuovi investimenti e di nuove imprenditorialità. la seconda obiezione: subordinare la dinamica degli aumenti salariali alle compatibilità di un modello già in crisi negli anni 60 e comunque oggi fallito è operazione perdente, non solo per la classe operaia e per l' autonomia delle sue organizzazioni sindacali , ma anche per il paese. essa infatti è un' operazione che umilia e sacrifica la ricerca, l' invenzione, la fantasia, necessarie per individuare strade nuove, a una linea che tende invece a stabilizzare l' economia, riducendone la base produttiva . in Italia la parte più avanzata del movimento operaio ha acquisito la consapevolezza dell' entità dei costi che derivano dal rifiuto del controllo di efficienza operato dal mercato o dalla violazione di quelle autonomie — del sindacato o dell' impresa — che sono indispensabili affinché un mercato, rinnovato nei suoi meccanismi, possa vivere. il cammino non è stato facile, né del tutto compiuto, e tuttavia un approdo è stato raggiunto: l' idea di una programmazione che operi attraverso il mercato. ebbene, la riduzione della programmazione o della politica economica a mera politica dei redditi (ma per l' esattezza va detto: di certi redditi) rompe con questo approdo. infatti, la politica dei redditi o è un tavolo al quale le parti sociali e il Governo decidono congiuntamente e contemporaneamente salari, prezzi e investimenti, ed allora ciò, sia che si chiami dirigismo, sia che si chiami corporativismo, rischia di collocare fuori da ogni controllo del mercato le decisioni economiche cruciali; o è un intervento unilaterale, che riguarda solo il salario e i redditi da lavoro dipendente , e allora, oltre ad essere anch' esso una deformazione ed una violenza sul mercato è un inganno reazionario. nel dibattito sulla politica dei redditi che si sviluppò negli anni 60 non c' era solamente la lotta all' inflazione: c' era la lotta alla disoccupazione, c' erano il riequilibrio della bilancia dei pagamenti e lo sforzo di ridurre il deficit energetico e agroalimentare, c' era la lotta alle rendite vecchie e nuove, c' era il grande tema della produttività e quello drammatico del Mezzogiorno. c' era, insomma, implicita ed esplicita l' esigenza di un incontro tra espressioni politiche diverse del mondo del lavoro e della produzione volto ad attuare trasformazioni profonde, innovatrici per la salvezza e la ripresa del paese. che cosa rimane di tutto ciò nella proposta di politica dei redditi avanzata nel programma governativo? nulla. essa si riduce al blocco per tre anni dei salari e degli stipendi dei lavoratori dipendenti ; una misura che di per sé cancellerebbe una parte essenziale degli accordi del 22 gennaio. il Governo non ha precisato se intende proporre un altro colpo alla scala mobile , ma leggiamo una cosa che non era apparsa nei programmi dei governi precedenti: che quel blocco va inteso come invarianza delle retribuzioni, reali per ora lavorata. invarianza per ora lavorata è formula tecnica, di gergo, che pudicamente vorrebbe nascondere, però, tre cose ben precise: 1) che nessuno dei possibili incrementi di produttività oraria andrebbe a beneficio anche dei lavoratori e ognuno può giudicare quale inequità sociale ciò rappresenti e quale disincentivo una tale formula provocherebbe nell' impegno dei lavoratori ad accrescere la produttività; 2) che ogni diminuzione dell' orario di lavoro si tradurrebbe in una diminuzione del salario reale; 3) che, di fatto, si arriverebbe non al mantenimento del valore reale delle retribuzioni, ma ad una loro diminuzione reale e duratura e per chissà quanto tempo giacché non si prevede alcun recupero e alcun conguaglio. a tanta precisione nel trattamento dei redditi da lavoro dipendente corrisponde un impegno, quanto mai generico e in parte mistificatorio, a prendere nel corso del triennio misure per assicurare quella che viene definita una similare evoluzione degli altri redditi, della indicizzazione dei prezzi, delle tariffe e del fisco. in conclusione, sul terreno economico e sociale ci sembra che questo paragrafo sia il più illuminante dell' orientamento sociale, vorrei dire della posizione di classe del Governo che viene a chiedere la fiducia. anche le misure proposte dal Governo per la riforma della cassa integrazione guadagni e per la istituzione di alcune agenzie del lavoro ci sembrano non applicabili, se staccate da una politica di intervento sul mercato del lavoro che abbia una dimensione nazionale e che porti alla istituzione di un servizio nazionale del lavoro. ma su tali questioni e su altre che ci sembrano drammaticamente urgenti noi presenteremo proposte specifiche e inviteremo il Parlamento a discutere. siamo convinti che un Governo con un presidente socialista abbia il dovere di costringere gli industriali oltranzisti a firmare il contratto con i metalmeccanici e crediamo che il Governo abbia molti argomenti persuasivi per ridurli alla ragione; basti pensare alla fiscalizzazione degli oneri sociali e ai fondi che per varie vie vanno a queste industrie, a cominciare dalla FIAT che continua, tra l' altro, a non rispettare gli impegni solennemente assunti e sottoscritti per il rientro in fabbrica dei lavoratori messi in cassa integrazione guadagni . non vi può essere alcun vero programma di risanamento del paese senza intendere assieme al ruolo determinante del lavoro la funzione decisiva della cultura. siamo lieti che, anche in seguito alla denuncia dell' opposizione comunista, nella stesura finale del programma siano state aggiunte alcune note sulla politica per la ricerca, per l' istruzione, per la cultura e per l' ambiente. ma non bastano pochi e frettolosi cenni per colmare una lacuna che è di impostazione dell' insieme del programma; impostazione che ignora totalmente l' esigenza di una connessione del tutto nuova tra politica e scienza, la funzione della cultura come una risorsa fondamentale per lo sviluppo e come una sua essenziale finalità. si tratta di un nodo essenziale per ogni paese moderno ed avanzato, come molti esempi nel mondo ci dimostrano; e vi dovrebbe essere una preoccupazione prioritaria innanzitutto per noi. considerare la questione culturale come un insieme di politiche settoriali, da aggiungersi frettolosamente in calce alla politica dei redditi (giacché così è nel testo del programma), non significa affrontare il tema dell' impegno per la cultura secondo quello che essa deve essere: questione nazionale decisiva per impedire uno scivolamento all' indietro, per portare l' Italia ai primi posti nella gara scientifica e tecnologica e nell' opera di incivilimento culturale. la stanca ripetizione di obiettivi già tante volte proposti non garantisce neppure il superamento dei ritardi più gravi, dell' arretratezza e della confusione nel sistema scolastico , del disordine nelle politiche per la ricerca, della colpevole sottovalutazione dei doveri verso il patrimonio culturale, della strumentalizzazione a fini di parte del sistema informativo , a incominciare dalla Rai-TV, la cui decadenza ha la sua causa prima nel sistema della lottizzazione e dell' infeudamento partitico. è stata colmata all' ultima ora una lacuna, ma non è stata cambiata la realtà politica; così come non basta un nuovo ministro addetto all' ecologia per affrontare seriamente una politica dell' ambiente che ha bisogno, per essere credibile, di avere la portata di un orientamento politico ed amministrativo, che si rifletta nei moltissimi settori che incidono nella degradazione o nella salvaguardia dell' ambiente. per noi comunisti, onorevoli colleghi , le risposte che si danno o non si danno alle esigenze di emancipazione, alle aspirazioni di liberazione della donna, costituiscono il metro di giudizio per considerare un programma di Governo avanzato o arretrato, di segno positivo o negativo dal punto di vista generale. negli anni addietro abbiamo condotto, insieme al partito socialista , al partito repubblicano , al partito liberale , a cospicue forze democratiche, anche dell' area cattolica, grandi battaglie civili per la liberazione ed emancipazione della donna, ed insieme le abbiamo vinte. che cosa resta, nell' esposizione del Governo, di quel patrimonio impegnativo che si è stato consegnato da tutte le energie più avanzate della società? il vuoto che sulle questioni femminili c' è nel programma presentatoci è già di per sé manifestazione di un atteggiamento non moderno e non rinnovatore, di una mancanza di volontà di cambiamento. ci sono invece, come conseguenza delle misure e dei provvedimenti annunciati, serie minacce di peggioramento della condizione della donna. intanto manca, nel documento programmatico della maggioranza, l' impegno ad approvare al più presto la legge contro la violenza sessuale. ma soprattutto non vengono nemmeno sfiorate quelle questioni centrali, sul terreno economico e sociale , che oggi è decisivo avviare a soluzione, se si vuole dare una risposta davvero adeguata alle esigenze, alle rivendicazioni delle masse femminili nel campo del lavoro, dell' occupazione e dei servizi sociali . la scelta di un indirizzo per il quale la lotta all' inflazione deve precedere una politica di sviluppo e di occupazione ha tra le sue prime conseguenze quella di aumentare il numero delle donne che perdono il lavoro e di diminuire ancora le già ridotte possibilità di trovare occupazione per gli iscritti alle liste di collocamento, di cui le donne e le ragazze costituiscono la maggioranza. e così, impostare il risanamento della finanza pubblica facendo leva largamente su tagli pesanti e indiscriminati ai bilanci degli enti locali , mentre umilia la loro autonomia di indirizzo e di spesa in materia di servizi, comporta due fatti negativi: da un lato, la mortificazione della libertà della donna risospinta al tradizionale servile ruolo domestico, per supplire con il suo lavoro a bisogni assistenziali, educativi, sanitari, non soddisfatti per via sociale; dall' altro lato, un risparmio di denaro pubblico puramente illusorio, in quanto una tale scelta necessariamente accresce la spinta ad ottenere per le famiglie provvidenze e sostegni monetari, che in quanto meramente assistenziali non sono produttori in sé di investimenti e di occupazione e portano soltanto un ulteriore aggravio per il bilancio pubblico. si ripropone in sostanza una soluzione individuale e privata sempre più estesa di quei bisogni che le donne hanno fatto crescere come domanda collettiva, esigendo per essi una risposta collettiva. questa posizione del Governo riprende esattamente il programma di De Mita , contro il quale lo stesso partito socialista si era pronunciato in campagna elettorale , e indica la tendenza ad una monetarizzazione dei bisogni sociali e all' applicazione di quella ammuffita concezione secondo la quale bisogno è uguale ad indigenza, che porta al più deteriore assistenzialismo. non è un caso, del resto, che in tutto il programma non si parli di una riforma dell' assistenza distinta da quella della previdenza. ritorna anche per questa strada l' idea arcaica e retriva della famiglia come unità economica che svolge funzioni di supplenza delle carenze della società e l' idea del ritorno a casa della donna. tutto ciò ci conferma nella nostra netta opposizione, che costituirà uno dei punti della lotta a fianco delle donne e dei loro movimenti. come già per altri capitoli, non farò un' analisi dettagliata di quello relativo alla lotta contro la criminalità e ai problemi della giustizia. vi sono in questa parte del programma anche propositi che condividiamo, e che del resto noi stessi abbiamo formulato, come ad esempio quelli che riferiscono alla tutela e all' esercizio più efficace dei diritti dei cittadini nei confronti delle pubbliche amministrazioni ed in particolare della giustizia. vi sono però lacune e propositi che ci muovono a sollevare obiezioni ed interrogativi. faccio solo alcuni esempi. nelle poche righe dedicate al terrorismo non si fa cenno ai drammatici problemi posti dalla recente sentenza di assoluzione per la strage dell' Italicus e dalle richieste di mezzi e di uomini più volte avanzate dalla magistratura bolognese in ordine all' inchiesta per la strage del 2 agosto 1980; e non vi è cenno neppure al problema dei cosiddetti dissociati dal terrorismo. in una intervista l' onorevole Del Pennino ha ascritto a merito del partito repubblicano l' inclusione, nella seconda bozza del programma, dell' intento del Governo di perseguire la lotta ai centri occulti del potere: egli ha spiegato che questo vuol dire P2, estradizione di Gelli, repulisti nei servizi segreti , nell' esercito, nella Pubblica Amministrazione . ma queste specificazioni, meritorie per il partito repubblicano , non appaiono nel testo che ci ha distribuito il Governo. quale dei partiti della coalizione vi si è opposto? oscura e preoccupante è l' affermazione che propone una visione unitaria dell' ufficio del Pubblico ministero . che cosa significa? sorge il sospetto che si pensi ad una struttura piramidale, che faccia capo al procuratore generale presso la Corte di cassazione , come accade ad esempio in Bulgaria. andare su questa strada significherebbe puntare al controllo politico del Pubblico ministero . la questione più grave è oggi quella della mafia e della camorra. nel potere mafioso sembra essersi costituita una vera e propria struttura centrale di comando, che è criminale, finanziaria, ma anche politica. per debellarla, occorre che il Governo decida presto di concentrare uno sforzo straordinario e duraturo di uomini e di mezzi nelle zone più colpite. nei riferimenti contenuti nel programma su questo tema non c' è stato il minimo accenno al problema centrale che pone la crescita del potere mafioso, della sua ferocia, della sua impunità: il problema cioè delle sue radici e dei suoi legami con istituzioni, partiti e settori della Pubblica Amministrazione . le misure tecniche e organizzative, pure indispensabili per rendere più efficace l' opera della magistratura, dei carabinieri, della polizia, della Guardia di Finanza , non raggiungeranno risultati sostanziali se i partiti e il Governo stesso non si impegneranno a fondo a recidere quei legami, ad estirpare quelle radici. contro la mafia e contro la camorra, come contro il terrorismo, occorre suscitare una grande e nazionale mobilitazione di massa, rinsaldare il rapporto tra popolo ed istituzioni, per dare fiducia e sostegno agli uomini che proprio in questo momento si stanno battendo con tenacia e coraggio nonostante la grave carenza di mezzi, e perché soprattutto non sia reso vano il sacrificio di coloro che hanno perso la vita in questa lotta: da Mattarella a Dalla Chiesa , a Rocco Chinnici, al nostro compagno Pio La Torre , a tanti e tanti altri. troviamo deludenti e preoccupanti, onorevoli colleghi , le linee di politica internazionale esposte dal presidente del Consiglio . in esse non abbiamo colto alcuna eco di ciò che scuote le coscienze e muove in Europa, negli USA, in altri continenti, l' azione di milioni e milioni di uomini e di donne, l' intervento dei vari ordini ecclesiastici, di tanta parte del mondo della scienza e della cultura, di gruppi e personalità di diverso orientamento politico, a cominciare da quelli che operano negli USA. ci preoccupa a questo proposito che non una parola sia stata spesa per condannare il duro ed ingiustificato attacco delle forze di polizia contro gruppi di pacifisti, fra i quali alcuni parlamentari, che a Comiso stavano concludendo una manifestazione svoltasi sotto il segno della non violenza e che per tre giorni non aveva dato luogo ad alcun incidente. indipendentemente dalle interrogazioni già presentate, noi esprimiamo qui la nostra sdegnata protesta e chiediamo che il presidente del Consiglio ci esponga la sua opinione su questo grave episodio e soprattutto faccia sapere alla Camera chi ha dato al questore di Ragusa l' ordine di usare la mano pesante. nessuno si illuda di intimidire con questi metodi un movimento come quello per la pace, nel quale noi comunisti siamo stati e saremo più che mai presenti, con tutto il nostro slancio e con tutta la nostra forza. a proposito dei missili, nel programma del Governo si afferma che l' Italia dovrà mantenere ferme le posizioni assunte nel 1979, che diverranno operative nei tempi previsti qualora il negoziato dovesse fallire nei prossimi mesi. questa posizione è assai diversa da quella che sostengono, anche all' interno dell' Alleanza Atlantica , forze politiche di notevole peso ed anche alcuni governi. è inoltre una posizione in contraddizione con quella sostenuta dall' onorevole Craxi in altre sedi. nell' aprile scorso, ad Albufeira, al congresso dell' Internazionale socialista , il compagno Craxi, riprendendo un concetto già espresso nel suo saluto al nostro sedicesimo congresso nazionale, sosteneva: « un accordo è possibile — cito — , siamo fermamente convinti che un accordo deve essere possibile. esso deve essere ricercato con pazienza e buona volontà e per tutto il tempo che si renderà necessario » . noi salutammo come un fatto positivo queste dichiarazioni ribadite anche dalla conferenza programmatica del partito socialista convinti come siamo che la prima esigenza è quella di togliere ogni carattere di automatismo fra il tempo del negoziato e quello della installazione dei nuovi missili e fornire al negoziato tutto il tempo necessario. non va dimenticato che la doppia decisione di Bruxelles stabiliva l' avvio contestuale di una trattativa, per il cui inizio, invece, si sono persi due anni. va tenuto presente l' esempio della conferenza di Madrid, giunta a positiva conclusione dopo un paziente e tenace lavoro prolungatosi per quasi tre anni. noi siamo attenti non meno di altri problemi della sicurezza del nostro paese e vogliamo che essa sia garantita, così come vogliamo che sia salvaguardata e garantita la sua indipendenza, ma non riteniamo affatto che una maggiore sicurezza sia data da livelli sempre più elevati di armamenti. al contrario pensiamo che tanto più alto è il livello degli armamenti, tanto minore è la sicurezza per l' Italia, per l' Europa e per gli equilibri mondiali, tanto maggiori sono i pericoli per la pace. abbiamo affermato e ribadiamo che siamo contrari alla installazione dei Pershing 2 e dei Cruise, ma non vogliamo un solo ss20 in più rispetto ad un equilibrio sul teatro europeo che sia fondato sulla sicurezza reciproca e pienamente verificabile. non vi è stata e non vi è alcuna unilateralità nella nostra linea. non abbiamo certo nascosto critiche alle posizioni sovietiche. tuttavia la proposta di Andropov di ridurre i vettori e le testate dei missili a medio raggio ss20 al numero complessivo dei sistemi nucleari autonomi della Francia e dell' Inghilterra e di ridurre ad un numero pari gli aerei da bombardamento nucleare della NATO e del Patto di Varsavia , cambia notevolmente il quadro della situazione. si tratta di una proposta pertinente, come ha ammesso l' attuale ministro degli Esteri , e comunque — diciamo noi — di una base utile per l' ulteriore fase del negoziato. perché questa proposta non viene presa in considerazione? sorge l' impressione che, come hanno affermato Paul Warnke , Olaf Palme e l' ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt, che pur propose i missili americani ma oggi li vorrebbe evitare, che l' amministrazione Reagan non si impegni seriamente nel negoziato e miri ad arrivare in ogni caso ad installare i missili. in ogni caso, alla ripresa dei lavori parlamentari ed in concomitanza con l' avvio della nuova fase del negoziato a Ginevra, noi chiederemo un momento di verifica complessiva da parte del Parlamento italiano di questa vitale ed urgente questione. ci batteremo per misure ed iniziative atte a favorire l' esito positivo del negoziato ed a scongiurare l' installazione dei missili a Comiso ed in altri paesi europei , chiedendo il prolungamento delle trattative di Ginevra, qualora entro quest' anno non venga raggiunto un accordo. nel Medio Oriente una iniziativa italiana è resa indifferibile dai riflessi diretti che il perdurante conflitto ha sulla sicurezza e sugli interessi economici, politici, di cooperazione e di scambi dei paesi europei e di tutto il bacino del Mediterraneo nel quale già si avvertono i contraccolpi rischiosi del nuovo conflitto apertosi nel Ciad. oltre tutto il nostro paese, con il contingente inserito nella Forza multinazionale inviata in Libano, è coinvolto anche militarmente. cosa fare del nostro contingente militare? nell' ultima stesura del programma, quella definitiva, è comparso un paragrafo alquanto oscuro — invito i colleghi a leggerlo attentamente — che può far pensare che c' è qualcuno che vorrebbe allargare gli impegni militari delle nostre forze armate nell' area mediterranea oltre ciò che già avviene. noi chiediamo, invece, che tutto il problema del contingente italiano in Libano venga riesaminato alla luce della nuova situazione che si sta creando in quel paese. il negoziato condotto dagli USA è fallito; in Libano si sta andando verso lo smembramento del paese in zone di occupazione, mentre a Beirut e sulle montagne dello Chouf è ripresa la guerra civile , che minaccia di generalizzarsi. è chiaro che in tale, situazione possono cambiare profondamente i compiti per i quali si motivò l' invio del nostro contingente, e sempre più reale è il rischio che esso si trovi coinvolto in scontri militari. occorrono iniziative tempestive prima che la situazione precipiti ulteriormente. la prima, a parer nostro, deve essere quella di avanzare una nuova proposta negoziale, tale da garantire l' integrità territoriale e l' indipendenza del Libano, evacuando tutte le truppe straniere, in primo luogo quelle di invasione israeliane, per il cui ritiro, immediato e senza condizioni, ebbe già a pronunciarsi a larghissima maggioranza il Parlamento italiano. un negoziato che sappia garantire la sicurezza di tutti gli stati della regione, compreso Israele, e soddisfare il diritto all' autodeterminazione del popolo palestinese , finalmente riunito in un suo territorio. un negoziato che si proponga tali obiettivi ha bisogno della partecipazione di tutti gli interlocutori interessati, compresa l' Olp, che va aiutata a superare le sue attuali difficoltà. può compiacersi delle lotte interne all' Olp e dei contrasti aperti con alcuni paesi arabi solo chi ha interesse a mantenere acceso il fuoco nell' area mediorientale e a mantenere diviso e disperso il popolo palestinese . ma fin tanto che sarà così, non si avrà pace duratura ed equa in tutta la regione. e un modo per aiutare il superamento di questa ulteriore difficoltà è il pieno riconoscimento dell' Olp e del suo ruolo di necessario interlocutore. la nostra ferma opinione è che comunque la Forza multinazionale nel Libano va opportunamente allargata a contingenti di altri paesi, soprattutto neutrali e non allineati , e posta sotto l' egida dell' Onu. sconcertante è che non vi sia stata una presa di posizione del Governo su quanto sta accadendo nell' America centrale. si è creata nelle ultime settimane in quella regione una situazione che allarma non solo i popoli dell' America centrale e latina, ma che solleva una crescente opposizione nell' opinione pubblica e nel Congresso degli USA. l' amministrazione Reagan ha raddoppiato i consiglieri militari e i finanziamenti alla Giunta del Salvador per reprimere il movimento patriottico salvadoregno; ha inviato una flotta di 19 navi ad accerchiare, dall' Atlantico al Pacifico, il Nicaragua, già costretto a fronteggiare le incursioni di mercenari finanziati e addestrati degli USA; ha inviato 5 mila marines nel territorio dell' Honduras, con il pretesto di manovre militari che dovrebbero continuare per sei mesi, ma con l' evidente obiettivo dell' intimidazione e della minaccia diretta al Nicaragua, alla sua autonomia, alla sua indipendenza, alle sue scelte. l' amministrazione Reagan adduce a pretesto per questa brutale ed inammissibile politica di intervento ragioni di sicurezza per gli USA, che si trovano a 2 mila chilometri da questi paesi. quando l' Unione Sovietica accampò motivi di sicurezza per violare l' indipendenza dell' Afghanistan e intervenire militarmente, o per esercitare pressioni contro il processo di rinnovamento in Polonia, furono legittime e giustificate la riprovazione e le condanne per quegli atti, e noi non avemmo certo bisogno di sollecitazioni per prendere quelle posizioni chiare e ferme che tutti conoscono, e che manteniamo tuttora. non si capisce invece che cosa aspetti il governo italiano a condannare gli interventi degli USA verso il Nicaragua ed altri paesi dell' America centrale e dei Caraibi, e ad unire i propri sforzi a quelli di altri paesi latino americani del gruppo di Contadora e di alcuni governi europei, come la Spagna e la Francia, per trovare soluzioni politiche alla crisi aperta in quella regione, nella salvaguardia dell' indipendenza e dell' autonomia di quei paesi. non sarà credibile una linea italiana ed europea per la promozione di una cooperazione equa e di mutuo vantaggio con i paesi del terzo mondo se non ci si opporrà con forza alle politiche di potenza e di egemonia, da chiunque praticate, e se non si difenderà il diritto di questi paesi alla piena indipendenza politica e alla autonomia delle loro scelte. e la cooperazione è il quadro in cui va inserita l' intensificazione delle specifiche iniziative per condurre effettivamente la lotta contro il flagello della fame e della denutrizione. ho cercato di dimostrare, signor presidente , onorevoli colleghi , che la novità della Presidenza del Consiglio al partito socialista è inficiata dal grave contrappeso di un programma e di una composizione del Governo che accettano sostanzialmente i condizionamenti voluti dalle forze più conservatrici della maggioranza. a Governo costituito, rileviamo che non avevamo torto quando dicemmo che il partito socialista rischiava di infilarsi in una gabbia le cui chiavi erano in mano alla Democrazia Cristiana . ho già rilevato che sono diversi i calcoli di convenienza dei singoli partiti della coalizione. essi danno luogo però ad una competizione che non persegue l' obiettivo di un risanamento e rinnovamento della società e dello Stato, che è l' unica vera esigenza da cui tutti dovremmo essere dominati, perché questa è la strada maestra per risolvere i problemi di fondo dell' Italia e ridare fiducia ai cittadini. mi chiedo se, mettendo in secondo piano questo primario e generale interesse, i partiti servano davvero quello proprio, quello vero, che deriva dalla loro peculiare funzione storica e della loro ragione d' essere. la domanda si rivolge anzitutto ai compagni socialisti, i quali non credo possano nascondersi quali conseguenze di fondo può venire esposto il ruolo del loro partito in seno al movimento operaio e popolare, dopo i prezzi che ha già pagato in termini di programma e di indirizzo politico della coalizione governativa, da un processo che rendesse organica e permanente la loro alleanza con la Democrazia Cristiana in alternativa al partito comunista . in tale direzione apertamente spinge la Democrazia Cristiana , anche con la proposta di estendere gradualmente ai governi locali l' alleanza pentapartitica realizzata per il governo centrale: prospettiva per la quale dovrebbero essere smantellate Giunte che hanno amministrato bene e che sono una delle espressioni più significative di quel tessuto unitario popolare che è una caratteristica del nostro paese e una grande forza della democrazia italiana. noi ci auguriamo che i compagni socialisti sappiano resistere ad ogni pressione e sollecitazione a rompere le Giunte di sinistra, che in molti casi si sono allargate alla proficua partecipazione del partito socialdemocratico e del partito repubblicano ; e pensiamo che questa resistenza ci sarà. oltre tutto, le rotture che vi sono state (come ad esempio a Firenze) non hanno giovato, neppure elettoralmente, al partito socialista . in ogni caso, si deve sapere che noi comunisti respingeremo fermamente ogni attacco e ogni ricatto e porteremo al confronto democratico con i cittadini le controversie che dovessero insorgere all' interno delle Giunte di sinistra. ma una domanda va rivolta anche a quei settori e personalità più lungimiranti della Democrazia Cristiana , che non vedo con quale coerenza rispetto alle loro stesse posizioni possano assistere passivamente e avallare una manovra tesa a imprigionare il partito socialista — ma dunque anche la Democrazia Cristiana — in uno schieramento ed in un progetto politico di stampo conservatore ed anticomunista. mi domando infine se il partito repubblicano , ponendo oggi in risalto certi contenuti della sua complessiva posizione politica e mettendone in ombra altri, non si avvii a perdere quel carattere di formazione di sinistra atipica che lo rendeva originale nello schieramento politico italiano ed europeo, per avviarsi ad essere assimilato ai partiti di tipo conservatore che esistono in vari paesi dell' Occidente. come vedete, onorevoli colleghi , anche attraverso questo tipo di analisi si giunge ad una conclusione. il Governo a presidenza socialista, che torna ad essere dei cinque partiti per l' ingresso dei repubblicani, è sì il portato nuovo dei risultati del 26 giugno, dei quali però è uno specchio deformato. esso registra il calo elettorale senza precedenti della Democrazia Cristiana , ma assume sostanzialmente le direttrici politiche di questo partito; dà ad un partito di sinistra la massima responsabilità di Governo, ma con il rischio oggettivo (che per la Democrazia Cristiana è un obiettivo dichiarato) di elevare una barriera contro l' avvento dell' insieme del movimento operaio alla direzione della nazione, ed anzi di provocare nel suo seno divisioni e lacerazioni. tutto ciò è prova non di astuzia, ma di miopia, perché in un paese come l' Italia, nel quale si sono dimostrati ancora una volta vani i tentativi di scalfire la robusta forza di massa del partito comunista italiano, disegni politici e logiche governative di tal genere non garantiscono stabilità e governabilità, e possono acutizzare la crisi, le tensioni, la confusione. e non dite che questa è una minaccia, poiché noi siamo ben consapevoli che uno dei nostri compiti — anzi, dei nostri doveri — è di fare ogni sforzo possibile per evitare i danni politici e sociali che l' ispirazione politica, il programma e gli atti del Governo pentapartito possono fare alle masse lavoratrici e popolari, alla loro funzione rinnovatrice, all' unità delle loro organizzazioni di massa! ma naturalmente non ci limiteremo a lavorare e lottare per evitare il peggio; ci impegneremo con ogni energia per contribuire ad una soluzione positiva e nuova dei problemi; nel contempo, secondo le decisioni del nostro ultimo congresso e secondo quanto abbiamo detto nella campagna elettorale , continueremo a lavorare e lottare per aprire all' Italia una prospettiva diversa: quella dell' alternativa democratica. siamo persuasi che questa è più che mai una necessità vitale della nazione, una necessità che scaturisce dai processi nuovi che avvengono nel mondo della produzione, della cultura e nella società. essi chiedono non una politica conservatrice, ma un grande slancio innovativo in ogni campo. con questa ispirazione noi lavoreremo insieme con altre forze, per costruire un programma dell' alternativa attorno al quale si raccolga il più ampio schieramento. ma l' alternativa non è soltanto indispensabile: è anche possibile, anche realizzabile: facciamo questa affermazione sulla base di due convinzioni. una si fonda sull' intrinseca debolezza della soluzione governativa, che non hai requisiti, le capacità e la volontà di affrontare alla loro base i problemi dello sviluppo moderno di un paese come l' Italia. inoltre, non crediamo davvero che, nello svolgersi dell' attività governativa, possano essere superati i contrasti di indirizzo che sono insiti nella coalizione pentapartitica, contrasti che ci sembrano destinati ad acutizzarsi, piuttosto che a scomparire: e noi non staremo certo solo a guardare! la seconda convinzione riguarda noi stessi ed il nostro ruolo. noi abbiamo una grande, motivata fiducia nel nostro partito, nella sua capacità di agire, con lo spirito non di una forza minoritaria, e neppure di una forza soltanto di classe, ma con quello di una forza che assolve ad una funzione nazionale e di garanzia democratica per gli interessi e gli ideali stessi che sa interpretare ed esprimere. la storia del partito comunista italiano, così strettamente intrecciata con la storia del nostro paese, ha dimostrato che proprio questa funzione noi abbiamo saputo assolvere nei momenti più delicati ed ardui della vita nazionale e della sorte delle istituzioni democratiche. così daremo prova di saper fare oggi, in quanto oggi il paese vive uno di quei momenti. sta anche qui una delle ragioni, onorevoli colleghi , anzi quella fondamentale, per la quale noi, pur mantenendo la nostra netta opposizione al Governo, ci siamo dichiarati pronti a discutere, su tavoli rigorosamente distinti, le questioni relative al risanamento, al funzionamento ed alla riforma delle istituzioni. la distinzione tra i due tavoli significa anche, desidero precisarlo, che non possiamo accettare che questa effettiva e profonda esigenza venga ridotta a misure che mirino a piegare le istituzioni, ed il loro funzionamento, all' obiettivo di assicurare una stabilità ed una durata ad una maggioranza e ad un Governo che non riuscissero a garantirsele per forza politica propria. ben altra è l' ispirazione che ci guida nell' affrontare, con le altre forze democratiche, i problemi istituzionali. essa mira ad assicurare ad ogni istituzione la pienezza e la specificità dei propri compiti, secondo lo spirito della Costituzione democratica, con misure appropriate che ripristinino un corretto rapporto tra Governo e Parlamento, tra partiti e Stato, tra partiti e società: sta in ciò l' aspetto istituzionale della questione morale , la cui soluzione continuiamo a considerare la riforma delle riforme. vorrei augurarmi anche che, al tavolo del confronto sulle questioni istituzionali, i singoli partiti partecipino e discutano al di fuori di ogni precostituita posizione e di ogni vincolo di disciplina nei confronti della collocazione nella quale si trovano attualmente. e questa una delle condizioni principali per poter assicurare ai lavori risultati concreti ed utili alla vita delle istituzioni. signor presidente , onorevoli colleghi , il voto con il quale negheremo la fiducia a questo Governo, il voto della opposizione comunista, non è un semplice diniego, ma assume il significato di una risposta positiva alla sfida che ci viene lanciata giorno per giorno. nel Parlamento e nel paese incalzeremo maggioranza e Governo, con le nostre lotte e con le nostre proposte, per affrontare e risolvere i grandi e piccoli problemi che incombono e per aprire una prospettiva nuova all' Italia.