Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 38 - seduta del 03-11-1983
Sulla situazione nel Libano
1983 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 38
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , la mia sarà una replica estremamente breve, perché credo che nella esposizione che stamane ha fatto il ministro Spadolini e, nella mia, la posizione del Governo ed anche l' informazione fornita alla Camera su una serie di fatti e di comportamenti siano state sufficientemente ampie. credo che dobbiamo respingere (parlerò tra un attimo della formalità dell' atteggiamento del Governo nei confronti dei documenti presentati alle Camere) i commenti corredati da dotte rievocazioni storiche, che mi sembra non abbiano assolutamente pertinenza con il fatto preciso della nostra presenza attuale nel Libano, come l' insinuazione di furbizie e di interpretazioni più o meno capziose. noi nel Libano non abbiamo alcun interesse particolaristico da difendere. questo la Camera lo sapeva benissimo, quando all' unanimità noi abbiamo, qui, deciso in senso favorevole alle proposte che il Governo di allora veniva a farci. avevamo due motivi per farlo, e di questi uno era più sentimentale, se si vuole, più passionale: sotto l' impressione del fatto tremendo che era accaduto a Sabra e Chatila , e poiché la richiesta non veniva solo dal governo del Libano e dalle forze interne che erano attorno al governo del Libano, ma anche dal rappresentante dell' Organizzazione per la liberazione della Palestina , vi era questo impulso a cercar di dare una mano per evitare il ripetersi di una strage quale quella che era stata perpetrata in una delle settimane precedenti. su questo credo che non possa esservi una differenziazione di posizioni da parte della Camera. questo risultato si è ottenuto, tanto è vero che — purtroppo è dolorosa constatazione che dobbiamo fare proprio oggi — in altre zone del Libano, dove questa possibilità non era stata offerta, purtroppo la sicurezza dei palestinesi, poiché la situazione era aggravata da una controversia interna dei palestinesi stessi, non vi è stata. al riguardo dobbiamo quindi con molta chiarezza affermare che non vi è nulla da farsi perdonare e nulla da rimproverare al comportamento in quel momento adottato dal Governo, con una autorizzazione espressa a larghissima maggioranza da parte del Parlamento. vi è poi il problema del significato del Libano nell' equilibrio di una zona difficile del Medio Oriente , con un' implicazione globale per l' intera regione mediorientale. il Libano per lungo tempo ha rappresentato sia un elemento di equilibrio sia un modello di coesistenza di popolazioni appartenenti — trovo sempre molta difficoltà ad evocare le caratterizzazioni religiose in questo campo, perché poi vi sono implicate tutta una serie di altre considerazioni — sostanzialmente a due ceppi, con tutta una serie di sottodistinzioni che proliferano ogni giorno di più. i due paesi vicini del Libano, Siria ed Israele, nei tempi brevi e medi potrebbero anche essere interessati ad uno statu quo che potesse poi divenire definitivo secondo una visione abbastanza miope di spartizione del Libano, ma sanno benissimo che in tempi lunghi è necessaria la ricostituzione di questo punto fermo , rappresentato dal Libano, ovviamente con tutte le modifiche costituzionali che risulteranno necessarie anche perché le condizioni, anche sul piano demografico, non sono più quelle di alcune decine di anni fa. se non si ricostituisce l' entità di un Libano unito e in cui tutte le sue diverse componenti coesistano pacificamente a lunga scadenza anche quei paesi che, ripeto, nel provvisorio potrebbero risultare apparentemente soddisfatti e cointeressati ad una spartizione ed al permanere della occupazione di parte del territorio libanese, verrebbero ad essere coinvolti e travolti da una instabilità la cui previsione non può non sfuggire a chi abbia una visione obiettiva delle difficilissime condizioni di quella situazione, che per altro presentano margini ristrettissimi di soluzione. oggi molti colleghi hanno affermato che la prima parte di questa operazione ha avuto un certo successo, mentre la cosa non è avvenuta per la seconda parte, in quanto le vicende interne alle componenti politiche del Libano non sono state certamente esemplari dal punto di vista della convivenza, tanto è vero che con fatiche enormi si è arrivati ad una conferenza sulla cui difficoltà basterà ricordare che sono state necessarie settimane per raggiungere un accordo sul luogo in cui la stessa conferenza si sarebbe dovuta svolgere. noi parliamo sempre ad horas perché sappiamo benissimo che in un problema come questo vi possono sempre essere modificazioni anche radicali nelle posizioni dei vari Stati; ma si è riusciti a superare l' ostacolo di una pregiudiziale che impedisse l' inizio della conferenza; la conferenza stessa è iniziata e si è raggiunta una concordanza su un punto importante, quello del riconoscimento del Libano come uno Stato arabo, non nel senso che non abbiano una certa consistenza e la necessità di un riconoscimento giuridico formale le notevoli componenti cristiane, ma nel senso che è sostanzialmente uno Stato arabo. chi conosce la situazione sa che, tra l' altro, il fratello dell' attuale presidente Gemayel aveva riconosciuto questo anche in un documento formale, che purtroppo fu scritto poche ore prima che saltasse in aria in uno di quei tanti episodi di violenza e di terrorismo che hanno contraddistinto la situazione del Libano. in queste condizioni noi riteniamo che una decisione che, andando al di là della posizione estremamente equilibrata adottata congiuntamente nella riunione di giovedì scorso a La Celle Saint Cloud , cioè di dire ai libanesi « guardate che il nostro scopo è quello di raggiungere una riappacificazione fra di voi: se questo scopo non si raggiunge viene meno la stessa ragione della nostra presenza » , formalizzasse il nostro ritiro, costituirebbe la spinta per chi non vuole che si raggiunga il risultato della riappacificazione, che è difficile quanto si vuole, ma che nessuno può assumersi la responsabilità di non tentare di raggiungere. sotto questo aspetto la decisione che il Governo prega la Camera di adottare, che sottintende la volontà precisa di non restare un giorno in più del necessario in Libano con le nostre forze, presuppone la nostra specifica azione politica (che riteniamo molto più importante della stessa presenza dei contingenti militari) tendente a ottenere la restituzione del Libano alla propria sovranità, riuscendo possibilmente a superare anche il nodo complesso dello sgombero dei siriani e degli israeliani, cercando cioè di trovare una forma contestuale di ritiro delle truppe sia siriane che israeliane, oltre che di quelle truppe — diciamo — aggiuntive, registrate all' « anagrafe » o meno, ma che ci sono e si fanno sentire. riteniamo responsabile la proposta che il Governo avanza di mantenere il contingente militare per un periodo limitato, in relazione alle finalità da raggiungere e in considerazione che, come ho detto, un' importante finalità, cioè la salvaguardia delle popolazioni libanesi dei campi profughi controllati, è stata raggiunta. in proposito, apro una parentesi per dare le poche informazioni che sono in grado di fornire; poche informazioni perché non possiamo riferire le informazioni pervenute dalle agenzie, in quanto le agenzie possono dare notizie che poi risultano non corrispondenti, in tutto o in parte, a verità, mentre il Governo non ha certamente gli stessi margini, specie parlando in Parlamento. noi abbiamo cercato in queste ore, da quando questa mattina si è avuta notizia degli avvenimenti della zona di Tripoli del Libano, dove si trovano i membri della Organizzazione per la liberazione della Palestina legati ad Arafat, con la presenza di Arafat, di accogliere il maggior numero di notizie ufficiali. abbiamo saputo che nella stessa zona vi sarebbero anche i membri dell' Olp che sono contro la posizione di Arafat e che desiderano che Arafat se ne vada (mi auguro da vivo) dalla zona di Tripoli del Libano; vi sarebbero, inoltre, anche altre forze. noi abbiamo chiesto informazioni al rappresentante dell' Olp qui a Roma, al nostro ambasciatore a Damasco, al nostro ambasciatore a Beirut e al nostro ambasciatore a Tripoli (in questo caso non di Libano ma di Libia), in quanto risulterebbe (uso doverosamente il condizionale) la presenza, tra le forze che attaccano Arafat e i suoi, anche di un contingente, non solo simbolico. libico. io non ho molti rapporti con la FIAT, ma forse lei li ha, e allora può chiedere direttamente! quanto al governo siriano, ci ha risposto dichiarandosi estraneo a questa operazione che — dice — è un affare tra una parte e l' altra dei membri dell' Organizzazione per la liberazione della Palestina . la nostra ambasciata a Beirut ha delle notizie, che però non possono avere la consistenza e la serietà di notizie che io possa dare responsabilmente al Parlamento, al di fuori di quelle che sono le informazioni, dai margini molto più liberi, che possono fornire le agenzie di stampa. stamane, quando abbiamo avuto le prime notizie, abbiamo inviato dal ministero un messaggio personale anche al ministro degli Esteri della Siria, invocando la sua diretta azione per evitare, per quello che è possibile, questa tremenda nuova pagina. questo non è un campionato, onorevole Pajetta, e credo che saremmo tutti molto lieti di poter misurare tempi e tempestività in cose molto più gradevoli di questa. dicevo che, facendo in questo caso fede alle notizie di agenzia, avendo letto di questo appello di Arafat, noi abbiamo fatto un passo formale presso il ministro degli Esteri Kaddam, motivandolo anche con una interpretazione politica; che noi cioè non intendiamo in maniera assoluta che i disegni e le eventuali spinte per una politica più ravvicinata o addirittura congiunta di Arafat e della Giordania possano essere considerati come atti ostili alla Siria. tanto è vero che noi ci battiamo da settimane proprio per il coinvolgimento della Siria e il riconoscimento che senza questo suo coinvolgimento una soluzione non è assolutamente possibile. a questo riguardo, dobbiamo dire (ed è l' ultima mia considerazione) che si possono avere retrospettivamente tutte le opinioni che si vuole ma io continuo a ritenere che se l' anno scorso , al momento della riunione di Fez e del piano Reagan, con quella certa disponibilità (forse legata anche all' indebolimento militare) che si era dimostrata da parte di Arafat, vi fosse stata una maggiore intelligenza e lungimiranza da parte di molti, anche per non caricare solo sugli occidentali quella che è la crisi dell' Olp, che probabilmente anche paesi che non sono occidentali (e mi riferisco a paesi arabi) dimostrano indubbiamente di non vedere con un' estrema posizione di condanna (il popolo palestinese deve trovare una sua sistemazione, che certo turba alcuni equilibri, ma credo che sia passata quella congiuntura, in un' eccessiva disattenzione ed in un senso anche, da parte di alcuni paesi, a mio parere, di irresponsabilità); quando non vi era come interlocutore isolatamente Arafat, ma c' era il gruppo di Fez, l' aver chiuso la porta in fondo ha significato porre Arafat nella condizione di essere considerato non gradito da quelli che possiamo chiamare i moderati, e di venir considerato più o meno un traditore da parte di coloro che invece sollecitavano tutta una politica di continuazione e di ripresa del terrorismo. in conclusione, siamo qui di fronte ad una serie di strumenti parlamentari: naturalmente, il Governo accetta la risoluzione di maggioranza Rognoni e altri numero 6-00005, anche perché ha il grande dono di proporre puramente e semplicemente l' approvazione delle dichiarazioni del Governo . è quindi evidente che il Governo la accetta con estrema convinzione, senza che ciò significhi che negli altri documenti troviamo solo errori o cose inaccettabili; diciamo, solo ad esempio, ai firmatari della risoluzione comunista che io lascerei stare le interpretazioni di Reagan, vere o non vere che siano, sul ruolo della Forza multinazionale . veniamo alle nostre interpretazioni! quando abbiamo parlato di una posizione neutrale dell' Italia, nei confronti della questione del Libano, intendiamo dire che non siamo neutrali nell' accezione ordinaria del termine. è chiaro che siamo un paese allineato (anche se pur tra i « non allineati » ve ne sono alcuni in realtà allineati); ma sullo specifico problema, non siamo lì per difendere una parte o l' altra, i cristiani falangisti, non falangisti, gli sciiti, i sunniti, i drusi e qualsivoglia altri; siamo lì per spingere verso la riconciliazione nazionale un paese che (se la natura lo avesse creato diverso, forse sarebbe stato meglio) presenta questa composizione che si può spiegare con la teoria evoluzionista sulla distribuzione delle popolazioni sulla terra; comunque presenta questa realtà e, senza questo sacrificio da parte di tutti, senza questo senso del compromesso, la situazione certo non può essere risolta. faccio un esempio che a qualcuno può sembrare non pertinente, ma per me lo è: quando si tratta di essere neutrali quel porre in essere uno stato di vigilanza o di osservazione, di compartecipazione ad una situazione che evitando mali peggiori difenda la pace, possono esservi paesi normalmente non neutrali che sono schierati, e mi riferisco al 380 parallelo. nei confronti delle due Coree e soprattutto di quella del nord (che, nella pluralità del mondo comunista, ha una sua posizione), gli osservatori sono svizzeri e svedesi da una parte, e cecoslovacchi e polacchi dall' altra: questi ultimi, normalmente, non sono considerati neutrali nella terminologia corrente, ma in quella posizione a me sembra logicamente che in effetti lo siano. nessuno può dire che il governo Gemayel non esiste: così facendo cadrebbe una base giuridica del contraente con il quale abbiamo pattuito la nostra presenza in Libano. esiste però una necessità altrettanto viva e cioè che per avere una soluzione del problema Libano occorre una convergenza nelle forme possibili, cioè una convergenza di allargamento del Governo, di adesione ad una maggioranza, di non sfiducia al Governo stesso che noi reputiamo essere indispensabile. la nostra conclusione è pertanto quella di invitare la Camera a votare a favore della risoluzione della maggioranza Rognoni e altri numero 6-00005 e contro tutte le altre risoluzioni presentate. il discorso sul Libano certamente continuerà. noi abbiamo sentito — forse è necessario fare questa piccola aggiunta — criticare, lo abbiamo addirittura letto in una risoluzione, l' ipotesi dell' invio degli osservatori. oggi non siamo in condizione di avere il quadro preciso di tale questione. ritengo — non dispiacerà alla Camera di occupare un altro momento ancora su un tema così essenziale — che allorquando saremo in condizione di avere formalizzato una proposta (conoscendo perciò oneri, rischi e quantità, natura civile o militare degli osservatori) noi ritorneremo dinanzi a voi perché questo problema non dev' essere gestito tra le quinte. posso assicurare l' onorevole Mellini, che, in modo particolare per questo argomento, tutto può essere utile salvo la doppiezza e la furbizia.