Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 38 - seduta del 03-11-1983
Sulla situazione nel Libano
1983 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 38
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , il problema libanese continua ad essere al centro dell' attenzione mondiale. su tale situazione il Governo ha tenuto costantemente informata la Camera. le responsabilità politiche assunte dal nostro paese, i seri rischi assunti per la sicurezza dei nostri militari a Beirut, le responsabilità che l' Italia potrebbe ancora essere destinata ad assumere per contribuire ulteriormente al processo di riconciliazione nazionale libanese rendono più che comprensibile la speciale attenzione che le forze politiche e l' opinione pubblica italiana dedicano alle vicende libanesi. per questo ci sembra molto utile l' odierna verifica circa l' esistenza di un pieno allineamento dell' azione del governo con gli orientamenti politici espressi dal Parlamento, verifica necessaria soprattutto quando si affrontano problemi come quello libanese che, alla grande rilevanza per la pace nel mondo, unisce fattori di una estrema complessità sul piano locale, rispetto ai quali vi è un nostro forte e diretto impegno nazionale. in questo momento, in cui il quadro politico internazionale continua ad oscurarsi per la mancanza di adeguate soluzioni ai principali problemi mondiali e per il sopraggiungere di nuove improvvise crisi e stati di tensione, mentre i meccanismi di riconciliazione politica a livello globale e regionale trovano sempre maggiori difficoltà a riassorbire le conflittualità e a risolvere i contrasti, non è certamente agevole per nessuno indicare strade facili da percorrere, immuni da rischi e da minacce e sicure quanto al raggiungimento degli obiettivi prefissati. la situazione del Libano è ad una delicatissima svolta che, oltre tutto, può avere ripercussioni incredibili e gravi su tutti gli altri problemi mediorientali. credo che dobbiamo guardare ad essa con lucidità, senza cullarci nelle illusioni. se quel piccolo e nobile paese, travagliato da anni dai propri dissidi interni e dalle invadenze dei propri più potenti vicini, non riesce a ritrovare la forza di credere in sé e quindi in una sia pur graduale ripresa della coesione nazionale, è impressione di tutti gli osservatori più competenti che una deprecata partizione diverrebbe inevitabile. per essere più esatti, diverrebbe irreversibile — e probabilmente si complicherebbe — la partizione di fatto già esistente, salvo a manifestarsi la tendenza ad una partizione anche sul piano del diritto. quale paese mediterraneo, con una vasta esperienza del mondo arabo e medio orientale , amico del mondo arabo ed amico del popolo di Israele, sempre desideroso di dare un contributo al superamento dei gravi problemi di quella regione, noi guardiamo a questa prospettiva in modo molto negativo e riteniamo di dover fare il possibile per scongiurarla. certo, ho detto, dobbiamo fare ciò che è possibile. né all' Italia, né ad altri paesi estranei al Medio Oriente , si può chiedere l' impossibile, cioè di sostituirsi al consenso che deve rinascere tra le diverse etnie e frazioni libanesi, verso un processo di ricostruzione dell' unità nazionale . questo è stato il giudizio politico che è emerso dalla molto utile riunione tenuta, con i colleghi americano, francese e britannico, giovedì 27 ottobre a La Celle Saint Cloud . e questo messaggio politico è stato chiaramente manifestato da La Celle Saint Cloud in direzione della conferenza di Ginevra sulla riconciliazione nazionale fra libanesi, finalmente apertasi, dopo alcune ultime dispute, nel pomeriggio di lunedì scorso. va subito ricordato che la conferenza di Ginevra è il punto di arrivo di un lungo periodo di ininterrotte violenze, iniziatosi con la guerra civile del 1975-1976, che ha registrato, nel giugno del 1976, l' ingresso delle truppe siriane in Libano, allora concretatosi in un sostanziale appoggio al campo conservatore cristiano; che ha registrato nel marzo del 1978 una massiccia operazione militare israeliana nel sud del Libano, al fine dichiarato di eliminare le basi della guerriglia palestinese, nonché il successivo intervento dei « caschi blu » dell' Unifil; che ha visto nel giugno del 1982 l' invasione israeliana, seguita dal debellamento militare dell' Olp e dal massacro di Sabra e Chatila . giungiamo, così, ai nostri giorni caratterizzati dai combattimenti dello Chouf e dai criminali attentati di Beirut contro i soldati americani e francesi della Forza multinazionale di pace. tutto questo spiega perché sia così difficile ritrovare la concordia e la pace nel Libano. ma la riunione di Ginevra può e deve rappresentare un momento di speranza per la rinascita del paese: di fronte alla prospettiva di un prolungarsi e dell' inasprirsi dei contrasti nonché del diffondersi della violenza, rinnoviamo in questa sede un appello vivo e partecipe a tutte le parti libanesi, affinché sappiano ricomporre le loro fratture e superare i loro dissidi. questo nella prospettiva di un futuro su basi nuove e con una visione chiara delle responsabilità storiche ed irrinunciabili loro demandate. le parti libanesi devono finalmente comprendere che il futuro del loro paese è nelle loro mani; operino, quindi, nella loro unica veste di rappresentanti di una comunità di antica civiltà che comprende sì una eccezionale varietà di genti diverse, per razza e per religione, ma che ha interesse a trovare una unità nella sua espressione nazionale. non credo tuttavia che bastino al Libano ed alle parti che si sono ritrovate a Ginevra gli appelli, gli inviti e gli incitamenti a riprendere la strada della ragionevolezza. credo che i paesi che hanno a cuore la soluzione, sia pure graduale, di almeno uno dei problemi mediorientali debbano e possano, anche in questa fase, fornire un loro contributo concreto. è così che in questi giorni siamo andati ulteriormente precisando l' idea da noi lanciata a Washington, in occasione del viaggio del presidente del Consiglio Craxi e mio, di offrire al comitato per la conciliazione libanese un piano di ricostruzione delle aree del paese più colpite dalle ultime azioni di guerra nello Chouf. come è noto, l' accoglienza americana e dello stesso presidente Reagan alla nostra proposta è stata molto favorevole. tra Roma e Washington siamo andati così precisandola per le vie diplomatiche e l' abbiamo poi sottoposta, su iniziativa del segretario di Stato Schultz, ai britannici ed ai francesi nella riunione a quattro. il lavoro è ancora in corso ; stiamo altresì consultando altre capitali, da Bonn a Riad. penso che potremo comunicare nei prossimi giorni alla conferenza sulla conciliazione il risultato dei nostri sforzi; e penso che i libanesi, diversi tra loro per tanti aspetti, culturali, religiosi e ideologici, ma uniti da una comune caratteristica di tenacia e di laboriosità, dovrebbero essere da essa positivamente sollecitati se tra loro, indipendentemente dalla parte cui appartengono, alberga ancora, come affermano tutti, un fondo di affezione per la patria comune. per facilitare tale risultato, non abbiamo mancato di rappresentare per via diplomatica al governo di Beirut la nostra vivissima attesa per un esito favorevole della conferenza, facendo presente che, se essa dovesse fallire, sentimenti di grande delusione potrebbero subentrare e diffondersi tra gli stessi paesi che con maggiore impegno e disinteresse hanno in Occidente sostenuto il disegno del ripristino dell' unità, sovranità e indipendenza politica di un Libano completamente affrancato dalle gravose servitù militari straniere. come gli altri paesi partecipanti alla Forza multinazionale , anche l' Italia ha voluto marcare il proprio interesse per le conversazioni libanesi di Ginevra mandando sul posto uno speciale inviato. ho scelto a tal fine un alto diplomatico, attualmente nostro rappresentante in Danimarca ma che ha trascorso lunghi anni a Beirut come nostro rappresentante e che quindi ha vaste e buone conoscenze nel mondo politico libanese, senza distinzioni di parte politica . l' ambasciatore D'Andrea è in continuo contatto con il ministero per riferire sul clima e sui lavori di Ginevra. siamo poi anche entrati in contatto con il governo elvetico, che nella sua qualità di ospitante ha certo sulla riunione una sua influenza, che eserciterà ancora una volta nel senso della pace. infine, sempre per stimolare la difficile riconciliazione libanese, intendo — come già annunziato — recarmi domenica a Damasco, dove incontrerò quei massimi dirigenti, cioè il presidente Assad e il ministro degli Esteri Khaddam. certo, la Siria non è e non vuole essere direttamente parte nelle discussioni tra libanesi. essa però non nasconde il suo vivo interesse al loro esito, tanto è vero che il ministro degli Esteri Khaddam si è recato di persona a Ginevra. quindi la Siria è un interlocutore da tenere in decisivo conto per quanto riguarda la questione libanese, anche se. ovviamente, le conversazioni a Damasco toccheranno anche altri aspetti del problema mediorientale, in ordine ai quali la Siria ha un suo ruolo e sue responsabilità, a cominciare dal problema centrale dei rapporti del mondo arabo con Israele. « la buia notte del Libano è durata ormai abbastanza » ha dichiarato il presidente Gemayel nel discorso di apertura dei lavori di Ginevra, discorso improntato all' insegna della riconciliazione. questo appello può e deve trovare rispondenza. il fatto stesso che alla conferenza siano presenti tutte le parti libanesi impegnate politicamente e militarmente e che le stesse abbiano deciso di partecipare ai lavori senza dettare precondizioni inaccettabili ci sembra un elemento incoraggiante. la presenza in una stessa sala, pur se a tavoli diversi, accanto al presidente Gemayel che esprime l' attuale legalità interna ed internazionale del Libano, dei leader cristiani Chamoun e Pierre Gemayel, degli esponenti di entrambe le comunità musulmane di osservanza sunnita e sciita Salam e Osseiran, dei rappresentanti del Fronte di salvezza nazionale Frangie, Karame e Jumblat, rappresenta un' occasione difficilmente ripetibile per la salvezza del Libano. a nostro giudizio, occorre che a Ginevra la buona volontà sia di appoggio ad atteggiamenti ispirati a saggezza e lungimiranza politica. occorre, cioè, che il dialogo di riconciliazione abbia come contenuto centrale il problema della ricostruzione politica del Libano, degli equilibri interni, della cooperazione tra le varie componenti del paese, del risorgere della fiducia e della speranza tra il suo popolo. ciò non significa ignorare le difficoltà di fondo, bensì sottolineare l' esigenza di preservare l' avvio del dialogo politico interlibanese da scogli a prima vista non sormontabili immediatamente, quali il problema del futuro dell' accordo israelolibanese del 17 maggio e quello della presenza militare siriana nel paese. se le questioni interne libanesi dovessero essere direttamente legate a queste due problematiche, il dialogo di riconciliazione rischierebbe — a nostro avviso — di arrestarsi. da quanto sono venuto dicendo, mi pare si possa desumere che sarebbe profondamente contraddittorio in questo momento da un lato auspicare ed operare per una soluzione negoziale dei problemi di fondo del Libano avendo in mente la riconciliazione tra tutte le forze nazionali libanesi e dall' altro togliere con un brusco ritiro della Forza multinazionale ogni base ed ogni speranza a questa difficile opera. si è detto che la Forza multinazionale ha assolto una sua funzione umanitaria, ma che ha fallito rispetto al proposito di favorire l' unità nazionale ed il ritiro delle forze straniere dal Libano. ebbene, mi sembra che le conversazioni apertesi e che sono in corso a Ginevra mostrino che, per quanto arduo, l' obiettivo di riconciliazione nazionale è ancora perseguito da tutte le forze libanesi. il contingente italiano e gli altri contingenti visibilmente assicurano a Beirut quel tanto di controllo che vale a mantenere le condizioni minime di sicurezza. i contingenti in questo momento non sono sostituibili. senza di essi — credo che tutti ne converranno — forse in poche ore la situazione della capitale libanese ridiventerebbe drammatica: sono immaginabili le ripercussioni che un loro ritiro potrebbe avere anche sulla presenza e sul comportamento in Libano degli eserciti stranieri che tutt' ora vi stazionano. d' altronde a questo stesso ordine di idee si uniformano le Nazioni Unite per quanto attiene non solo agli osservatori dell' Onu di Beirut, ma altresì alla forza di pace internazionale presente dal 1978 nel Libano meridionale. infatti, il 18 ottobre scorso il Consiglio di sicurezza , su richiesta del governo di Beirut, quale testimonianza di un apprezzamento universale dell' importanza del ruolo delle Nazioni Unite in Medio Oriente , ha approvato a larga maggioranza il rinnovo per altri sei mesi del mandato dell' Unifil. noi crediamo che tale rinnovo, che costituisce un visibile ancoraggio alla legalità internazionale in una zona del Libano soggetta all' occupazione israeliana, rispetti l' opportunità di mantenere aperta la via per una più ampia utilizzazione dell' Unifil nei futuri disegni di stabilizzazione del paese. questo è il ragionamento fatto proprio dai nove paesi che con l' Italia partecipano all' Unifil, segnatamente Figi, Finlandia, Francia, Ghana, Irlanda, Paesi Bassi , Norvegia, Senegal e Svezia che mantengono una forza di pace di circa 5.800 uomini, la quale si avvale di un contingente elicotteristico fornito dal nostro paese. la situazione in Libano si regge sulle intese per il cessate-il-fuoco del 26 settembre scorso, che costituiscono la chiave di volta per il determinarsi di una positiva evoluzione, a condizione però che gli strumenti previsti da dette intese vengano preservati dalle insidie della discordia ed attivati da una convergente volontà politica. esse prevedono una componente militare ed una politica. la prima ha finora agito in maniera nel complesso soddisfacente, avendo garantito la tenuta del « cessate-il-fuoco » . il comitato quadripartito militare ha potuto riunirsi periodicamente, per l' adozione delle decisioni necessarie al rispetto della tregua, nella fase che ha precorso l' avvio del dialogo politico interlibanese. lo stesso comitato quadripartito militare si è inoltre pronunciato per la designazione dell' Italia e della Grecia quali paesi chiamati a costituire un gruppo di osservatori per la supervisione della tregua in Libano. come ho già ricordato in Commissione, il governo del Libano ha avanzato il 15 ottobre scorso una richiesta ufficiale per l' invio di osservatori italiani. a tale richiesta è stato risposto manifestando una disponibilità di principio, purché si realizzino le necessarie condizioni. occorrono precise garanzie per la sicurezza del personale chiamato a svolgere compiti di osservazione e sorveglianza della tregua, ed occorre mantenere un collegamento con l' Onu tale da inquadrare chiaramente i compiti svolti dagli osservatori nelle finalità delle Nazioni Unite . i numerosi contatti avuti con il segretario generale delle Nazioni Unite — tra i quali la visita che gli ha reso il presidente del Consiglio durante il suo recente viaggio americano — ci consentono di valutare che a quest' ultimo punto di grande rilievo politico una soluzione conveniente, pur se non perfetta, potrebbe essere trovata; ma le altre citate esigenze a tutt' oggi non sembrano assolte, in quanto il comitato quadripartito militare non è stato ancora in grado di precisare lo status degli osservatori, i compiti dei medesimi e le modalità di assolvimento delle funzioni che verrebbero ad essi affidate. indicazioni precedentemente ottenute riflettevano infatti soltanto la posizione del governo di Beirut, e non quelle di tutte le parti rappresentative libanesi. resta peraltro fermo che, nella visione italiana, il compito degli osservatori sarà eventualmente limitato ad un' attività continuativa di sorveglianza, con l' esclusione di qualunque azione intesa a prevenire, impedire o reprimere eventuali violazioni della tregua, fatte salve tutte le azioni relative all' autodifesa. se tutti i problemi relativi all' eventuale formazione di un gruppo di osservatori potranno essere risolti — e noi su questo ci manteniamo opportunamente in contatto con l' altro paese interessato, la Grecia, che segue orientamenti molto analoghi ai nostri — ci riserviamo di fare le dovute comunicazioni. non è possibile parlare degli sviluppi libanesi senza ricordare l' esecrando attentato del 23 ottobre agli acquartieramenti dei contingenti americano e francese della Forza multinazionale , che ha comportato un bilancio gravissimo di vittime e appesantito la prospettiva di soluzione della crisi. ripeto l' omaggio del governo italiano per quei morti, che svolgevano un compito di pace, la nostra solidarietà alle famiglie e la condanna del gesto terroristico. di fronte a questi eventi la reazione dei governi di Washington e di Parigi è stata quella di riconfermare il comune impegno in favore della ricostruzione politica del Libano, nella convinzione che non si dovesse cedere alla legge del terrore e della violenza. all' immediato ulteriore rafforzamento delle misure di sicurezza di contingenti ha fatto seguito il 27 ottobre, su proposta del presidente Reagan, la riunione di La Celle Saint Cloud tra i ministri degli Esteri dei quattro paesi che partecipano alla Forza multinazionale . nel corso dell' incontro è stato affrontato in maniera globale ed approfondita l' insieme delle questioni connesse alla presenza della Forza multinazionale in Libano ed il ruolo che essa è chiamata a svolgere nell' ambito del processo di riconciliazione nazionale libanese. vi è stata un' unanimità di vedute nel constatare che la sicurezza dei contingenti potrà essere raggiunta e garantita, più che dalle misure adottate sul terreno, dal dialogo politico interlibanese che i quattro governi dei paesi della Forza multinazionale intendono incoraggiare e sostenere. da parte italiana abbiamo sottolineato l' esigenza che il Libano venga restituito ai libanesi. questo comporta la necessità della evacuazione delle truppe di Israele e della Siria, senza che tali paesi subordinino il loro ritiro alla formulazione di condizioni non simultanee che finiscono per bloccare la situazione. riconosciamo d' altra parte che occorre mantenere un dialogo aperto con la Siria, perché senza il suo accordo non vi è soluzione per il problema libanese. la notizia della visita che compirò il 6 e 7 novembre a Damasco su invito di quelle autorità è stata accolta con molto favore dai miei tre colleghi a La Celle Saint Cloud , che l' hanno giudicata un gesto diplomatico in questo momento opportuno. sulla crisi libanese, sugli sforzi per pervenire ad una intesa di conciliazione nazionale sul ruolo della Forza multinazionale avevo avuto, nella seconda metà del settembre scorso, la possibilità di raffrontare la posizione italiana con quella americana, ravvisandovi una notevole convergenza attraverso uno scambio di messaggi intercorso con il segretario di Stato americano Schultz. da parte mia, avevo tra l' altro espresso la convinzione che la Forza multinazionale rappresentasse in maniera concreta il segno più convincente del comune appoggio all' ideale di un Libano basato sui principi di libertà e di democrazia, e che in questo senso essa dovesse essere intesa dal Governo del presidente Gemayel. ho parlato del Libano, del problema che ci riguarda direttamente, relativo al significato della permanenza di un nostro contingente in quel paese. ci siamo domandati e ci domandiamo tutti quali siano le possibilità di conclusione positiva della conferenza per la conciliazione apertasi tra le componenti libanesi a Ginevra. ma io credo che siamo tutti convinti che il problema del Libano, pur nella sua complessità e con i suoi aspetti anche umanitari tanto coinvolgenti, non possa essere trattato a sé. nel microcosmo libanese si riflettono da tempo, e soprattutto nelle vicende dell' ultimo periodo, tutte le contraddizioni ed i rischi della questione mediorientale. noi siamo consapevoli di tutto ciò e la linea italiana è stata sempre quella di occuparsi in maniera tanto impegnativa della pacificazione in Libano, senza mai dimenticare che esiste un problema più centrale improrogabile: in prospettiva, quello di riuscire a consentire una pacifica convivenza in Medio Oriente tra Israele e il mondo arabo , dando una patria ai palestinesi. e nota quale fosse e sia al riguardo la posizione del Governo, numerose volte manifestata da noi unilateralmente, quale attivo membro della cooperazione politica tra i Dieci della Comunità Europea . noi siamo per la sicurezza definitiva dello Stato di Israele ; noi siamo in pari tempo favorevoli alla libera scelta del proprio destino da parte del popolo palestinese . queste erano le posizioni affermate in un contesto costruttivo e ormai celebre (mi riferisco alla dichiarazione di Venezia del giugno 1980), molte volte ripreso e aggiornato da parte delle istanze politiche dei Dieci della Comunità. l' accentuarsi del dramma libanese che all' inizio, tra l' agosto e il settembre dello scorso anno , concerneva da vicino i palestinesi, per quanto riguarda sia lo sgombero da Beirut delle loro forze armate sia l' urgente questione umanitaria della protezione dei loro civili così atrocemente colpiti a Sabra e Chatila , condusse i Dieci della Comunità Europea a pensare che, attraverso una soluzione per il Libano, ci si potesse avvicinare ad una soluzione per il popolo palestinese . non era una impressione gratuita: vi era stato nel settembre 1982 il piano Reagan; subito dopo vi era stata una rispondenza araba partita dal vertice di Fez, cui avevano aderito non solo i moderati, ma anche i paesi su posizioni differenti, ed in ogni caso significativi, come la Siria. la lunghezza degli estenuanti ritardi nel negoziato con il governo di Beirut per lo sgombero dal Libano, conclusosi soltanto il 17 maggio, hanno in buona parte fatto passare quell' attimo favorevole. però il problema sarebbe ancora più acuto, se nemmeno si riuscisse ad innescare in Libano il problema della pacificazione. posso dire che vi è una consapevolezza di ciò presso tutti i governi che seguono con diverse responsabilità la situazione libanese e quella mediorientale. i Dieci della Comunità si preparano di nuovo a fare il punto politico del loro atteggiamento sul rapporto Israele-mondo arabo. anche gli americani sono consapevoli di questa situazione. il mondo arabo a noi più vicino, un paese centrale come l' Egitto, la Giordania con le sue dirette responsabilità, premono in questa direzione. il presidente egiziano Mubarak ha inviato un messaggio in questo senso al presidente del Consiglio Craxi. per quanto riguarda la Giordania, alla fine di questo mese si recherà in quel paese il presidente Pertini, che io accompagnerò. vi sarà, quindi, la possibilità di constatare la linea politica di quel paese al massimo livello. in questo quadro così complesso si colloca la vicenda della crisi dell' Olp. sia come giudizio puramente italiano, sia come giudizio dell' Italia quale attiva partecipante alla cooperazione politica europea , abbiamo sempre considerato e consideriamo tuttora l' Olp come un fattore potenziale di stabilità politica in Medio Oriente , pur senza ignorare tutte le contraddizioni e le tentazioni militariste insite in quel movimento. questa dispersione dell' Olp, la contestazione che viene fatta del suo nucleo centrale rappresentato da Arafat a favore di posizioni più estremiste, non ci sembra però che porti a nulla di positivo. sono problemi che riguardano il mondo arabo , ma con franchezza sentiamo di dover esprimere la nostra opinione. nell' incontro di La Celle Saint Cloud , nonostante che esso fosse specificamente dedicato al Libano, mi pare un fatto politico positivo di grande rilievo che sia emersa con molta nettezza la connessione tra la questione libanese ed il problema centrale mediorientale. questo punto è stato chiaro negli interventi del segretario di Stato americano, in quelli dei miei colleghi francesi ed inglesi e nel mio. vi erano e vi sono differenze tra la valutazione americana e quella europea. tali differenze, come da tempo è noto, riguardano l' approccio con chi rappresenti il popolo palestinese . certo, la profonda crisi dell' Olp non aiuta a chiarire questo punto. tra l' approccio americano e quello europeo non vi sono invece differenze su un altro punta centrale, quello secondo cui ad Israele in ogni caso deve poter essere garantita una sicurezza definitiva. la soluzione o anche soltanto un avvio di soluzione del problema libanese consentirebbe di dedicare rinnovate energie alla ricerca di uno sblocco politico per il problema nazionale palestinese e per quello della sicurezza di Israele. perciò il nostro compito in Libano lo abbiamo condotto politicamente e sul terreno con grande impegno e con la profonda convinzione che esso sia indirizzato verso un obiettivo giusto, umano e politicamente realizzabile: quello di garantire la sicurezza delle popolazioni, di facilitare la ricostruzione politica del Libano e di attenuare quanto meno una delle gravi crisi che travagliano il Medio Oriente ; crediamo che questi fini conservino tutta la loro validità. in questa ottica il presidente della Repubblica , con grande sensibilità e generosità, si recherà domani a Beirut nella giornata delle forze armate . si tratta di un gesto di grande significato che sottolinea il nostro impegno per la pace in Libano come altrove e risponde a quella domanda di un mondo migliore e più giusto che sentiamo rivolgerci soprattutto nei momenti difficili, come quello attuale, dalla nostra opinione pubblica . per la realizzazione di questo traguardo di pace e di concordia il Governo chiede la conferma di uno specifico appoggio del Parlamento.