Bettino CRAXI - Deputato Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 373 - seduta del 06-11-1985
Sfiducia al Governo
1985 - Governo IV Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 775
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , al termine del dibattito di questi giorni io torno a ringraziare tutti coloro i quali hanno espresso il loro apprezzamento, in tutto o in parte, per la linea di condotta che il Governo ha seguito nella difficile vicenda della nave italiana Achille Lauro. desidero esprimere il mio ringraziamento anche a tutti coloro che pur avanzando riserve, formulando consigli, esprimendo contestazioni ed individuando lacune nella condotta di politica estera del Governo, tuttavia mostrano di condividerne e di apprezzarne gli obiettivi fondamentali, che sono pacifici, e che perseguiamo sviluppando il ruolo internazionale dell' Italia. naturalmente quando si affronta un dibattito di politica estera , viene sempre avanzata una questione di principio e di equilibrio generale sul modo migliore di stare all' interno delle alleanze, che nessuno nel nostro Parlamento contesta, sia che si tratti della Comunità Europea , sia che si tratti dell' Alleanza Atlantica . ogni alleanza ed ogni trattato così impegnativo, come quelli comunitari, ad esempio, comportano diritti e doveri e non c' è dubbio che noi ci sforziamo di far fronte agli uni e agli altri, assolvendo ai doveri e facendo valere i nostri diritti, nell' ambito di alleanze che comportano dei vincoli, ma all' interno delle quali è necessario che tutti i membri si comportino osservando un rapporto di reciproco rispetto e di salvaguardia della reciproca dignità. non è un caso che presentando comunicazioni al Parlamento, che pur non potevano non incentrarsi sui termini del chiarimento intervenuto fra i partiti al fine di superare lo stato di crisi che si era creato, io ho posto all' inizio una trattazione, sia pure ancora limitata, delle questioni che riguardano il disarmo e di una questione spinosa, che all' interno di esse esiste, e che è il problema dell' Iniziativa di difesa strategica americana. vorrei ritornare rapidamente su questo punto, premettendo che il Governo non ha inteso e non intende nascondere nulla al Parlamento, che il Governo è pronto ad affrontare le riunioni che si ritenesse di dover organizzare per fornire tutte le informazioni sulla situazione così come si presenta a questo punto. e una situazione in movimento, ma comunque ho già dichiarato, e confermo, che prima di assumere decisioni impegnative per il nostro paese la materia sarà sottoposta all' esame ed al giudizio del Parlamento. noi abbiamo affrontato tale questione partendo da una considerazione che ho già fatto nelle mie comunicazioni iniziali e che ribadisco, cioè che noi avevamo constatato che i due maggiori interlocutori, gli americani ed i sovietici, avevano deciso consensualmente di inserire in uno dei tre cesti posti alla base del negoziato di Ginevra la materia relativa alle ricerche spaziali, comprendente quindi anche questo imponente programma statunitense. e da ciò avevamo dedotto una disponibilità di entrambi a negoziare la materia. e quanto dicemmo ai dirigenti sovietici a Mosca quando affrontammo la questione e ci trovammo di fronte ad una posizione che appariva pregiudiziale, cioè o l' America rinuncia a questo programma o tutto torna inevitabilmente in alto mare. noi insistemmo nel dire che tutto questo rompeva il filo logico dell' accordo relativo ai tre cesti, in quanto anche loro avrebbero dovuto dichiararsi disposti a negoziare la materia, avendola accettata come base di discussione del negoziato di Ginevra. parlando con gli americani, fin dall' inizio abbiamo fatto un ragionamento che, a mio giudizio, è quello centrale di questo contrasto. non si può, cioè, immaginare che gli USA possano, attraverso una loro ricerca (sempre che tale ricerca ottenga il risultato che si propone di ottenere, il che non è certo), ottenere un risultato di impiego militare che porti a realizzare un sistema difensivo di tale portata e capacità da annullare il potenziale nucleare della controparte, lasciando intatto il proprio potenziale nucleare. questo significherebbe uno sconvolgimento degli equilibri strategici generali e significherebbe puntare alla conquista di una posizione di supremazia militare che la controparte non potrebbe accettare. quindi, scatterebbe inevitabilmente la corsa alle contromisure possibili o immaginabili, che del resto erano già minacciate dall' Unione Sovietica . la risposta americana è giunta a più riprese. ma io voglio citare soltanto la sintesi che ho colto nelle parole del presidente degli USA nel corso della riunione di New York e che mi sembra abbastanza espressiva. nella riunione collegiale ci sono stati fatti due ragionamenti semplici: gli USA ritengono che, se la ricerca dovesse effettivamente raggiungere risultati che consentissero la costruzione di uno scudo spaziale antiatomico, di tale scudo spaziale antiatomico dovrebbero disporre tutti. una parte non può avere il monopolio di esso. Reagan mi ha fatto l' esempio della maschera antigas . ha ricordato che nella prima guerra mondiale furono inventate le bombe a gas, e fu trovata la maschera antigas . tutti hanno la maschera antigas . in questa era abbiamo inventato la bomba atomica , è l' era nucleare: se si trovasse un dispositivo difensivo in grado di annullare il potenziale distruttivo della bomba atomica , di esso dovrebbero disporre tutti. Reagan ha fatto, poi, un altro ragionamento, che sembra ancora più convincente. ha detto che, se qualcuno pensasse di poter avere il monopolio di un siffatto eventuale strumento difensivo, creerebbe una situazione pericolosa per la pace nel mondo, perché rischierebbe di provocare una guerra atomica anticipata. egli ha cioè espresso la convinzione che nessuno potrebbe assistere passivamente ad un tentativo degli USA di conquistare una posizione di supremazia in Italia. la mia risposta, in quella occasione, fu che io potevo risultare convinto di quelle argomentazioni che apparivano limpide, ma che il problema era di convincere i sovietici, e non noi, della possibilità che la materia in questione possa essere negoziata in un sistema di garanzie tali da raggiungere effettivamente il risultato voluto, cioè un complesso di sistemi difensivi che modificherebbe radicalmente il rapporto mezzi offensivi-mezzi difensivi , in un equilibrio strategico generale garantito. per quanto riguarda, invece, i problemi che da qui a qualche giorno saranno oggetto del negoziato a Ginevra, nel corso degli incontri tra il presidente degli USA ed il segretario generale sovietico Gorbaciov, vorrei dare al Parlamento qualche ulteriore informazione, nel senso che ricordo che il governo italiano aveva accolto con favore le ultime iniziative sovietiche e ne aveva individuato l' aspetto più qualificante nelle proposte riduzioni, in misura certamente superiore al passato, degli armamenti nucleari. quando il 10 ottobre, a Roma, incontrammo il consigliere speciale della casa bianca, Nitze, per parte nostra rappresentammo l' opportunità di recepire i fattori dinamici di una parte almeno delle proposte del segretario generale Gorbaciov e sollecitammo la presentazione di valide controproposte. questo giudizio lo riaffermammo direttamente al presidente Reagan il 25 ottobre scorso a New York e già nel corso di quella consultazione egli stesso preannunciò tali controproposte. senza rivelare il contenuto e l' articolazione completa delle proposte avanzate dagli USA a Ginevra, di cui il presidente Reagan mi ha informato con un messaggio personale (credo di non poterle rivelare, salvo trovarle scritte domani mattina su qualche giornale americano), e attenendomi ad una loro valutazione preliminare, penso di poter tuttavia evidenziare alcuni punti significativi. mi sembra, innanzitutto, importante sottolineare che queste proposte hanno accolto nei loro coefficienti quantitativi le proposte di riduzione prospettate dai sovietici in materia di armamenti strategici. ciò vale sia per la riduzione dei complessivi sistemi di lancio, pari al 50 per cento , sia per la limitazione delle testate nucleari, che entrambi i paesi propongono di collocare ad un livello massimo di sei mila unità, con dei « sottotetti » per le diverse componenti missilistiche sui quali permangono difformità di valutazione. da parte americana, a fronte della richiesta dell' Unione Sovietica di ridurre il numero e la potenza degli ICBM terrestri, è stato offerto di ridimensionare il proprio programma di spiegamento degli ALCM (cioè i Cruise lanciati dagli aerei), che è molto più avanzato di quello sovietico. mi sembra che la disponibilità da parte americana a compiere riduzioni in questo settore sia molto significativa. vi è anche, come contropartita, l' offerta degli USA di limitare il numero dei bombardieri strategici, in misura superiore a quanto era stato proposto in sede di negoziato START. sulle armi nucleari intermedie, le ultime proposte americane chiariscono e definiscono la posizione che era stata già annunciata in precedenza, proponendo una limitazione concordata regionale per l' Europa e lasciando indefinito il tetto da concordare a livello globale. vi sono le premesse perché l' incontro di Ginevra non fallisca. io formulo previsioni prudenti. non do affatto per scontato un accordo. considererei deleteria una rottura, questo sì. penso che l' incontro otterrebbe già un grande risultato se aprisse effettivamente il periodo del dialogo, se creasse una atmosfera diversa, di maggiore fiducia, di maggiore fiducia reciproca, ed iniziasse ad influenzare in modo benefico lo sviluppo delle relazioni internazionali. tutto questo, anche sei risultati concreti fossero poi, come è probabile, molto limitati. insomma, io mi auguro che ai tanti « falchi » e « falchetti » , che pure sono disseminati negli schieramenti contrapposti, atlantici e sovietici, si trovi il modo di mettere il cappuccio. la nostra posizione non può non essere molto aperta, molto tesa ad incoraggiare decisamente il dialogo. quando l' Unione Sovietica , come è avvenuto in passato, assume una posizione aggressiva, chiusa e dura, che tende a dividere l' Occidente e gli europei ed a creare effetti destabilizzanti, ad essa va opposta una posizione di grande fermezza. se l' Unione Sovietica si apre al dialogo e ad esso mostra di essere interessata, questo dialogo deve essere incoraggiato. forse, merita di fare qualche riflessione: non c' è nulla di immobile al mondo. all' interno di una sistema chiuso, storicamente considerato monolitico e per sua natura burocratico, come è quello sovietico, arriva alla direzione ed al potere una nuova generazione, che probabilmente ha intenzioni riformatrici ed ha volontà di cambiamento (e, del resto, lo dichiara) all' interno. in quale direzione e come, è difficile dire; certo, ha bisogno e non può non essere fortemente interessata ad un lungo periodo di pace. se è vero che esiste tale interesse, esso è anche il nostro, è anche un interesse dell' Occidente: quello di organizzare meglio la pace, di garantirla meglio ed assicurarla per un periodo indefinito. in questo senso, noi ci auguriamo che l' occasione di Ginevra non sia banalmente sprecata e non scivoli neppure sulla buccia di banana di qualche guerricciola di spie. bene, si è chiarito, credo, qual è il ruolo che l' Italia intende svolgere nell' ambito della regione mediterranea. uno dei temi trattati a New York ha riguardato la gestione della crisi nel mondo. è vero che il presidente Reagan ha fatto un elenco delle crisi, un po' diverso da quello che potremmo fare noi: le crisi, nel mondo, sono, ahimè, molto più numerose di quelle che sono state elencate dal presidente degli USA a New York . e tuttavia è importante stabilire che di ciò si tornerà o si comincerà a parlare tra le due maggiori potenze. questo non perché da parte nostra si immagini un mondo sottoposto ad un duplice, consensuale dominio: riteniamo infatti che uno schema bipolare di governo del mondo sia inaccettabile per gran parte dei paesi, a cominciare da quelli europei. è però molto importante che si intavoli un dialogo diretto su alcuni dei punti di crisi più delicati e difficili. noi, e non solo noi, abbiamo insistito per ricordare che nelle crisi regionali altri paesi hanno un ruolo da esercitare, hanno specifici interessi da difendere, hanno relazioni importanti da far valere, hanno un' influenza da esercitare. ciò vale anche per l' Italia nella regione mediterranea, dove abbiamo una presenza, interessi da difendere ed una prospettiva futura, quindi una voce da far valere. noi collochiamo questo ruolo dell' Italia nel Mediterraneo lungo l' asse di una più generale politica che deve essere euro-arabo-africana. non solo l' Italia ha dei doveri verso queste aree del mondo, ma l' intera Europa. ho letto a questo proposito delle affermazioni francamente stravaganti. mi sono sentito chiedere perentoriamente per quale ragione ci occupiamo dei paesi arabi ed abbiamo una così grande attenzione nei loro confronti. che cosa abbiamo da dirci? ha chiesto questo illustre intellettuale dei miei stivali. che cosa abbiamo da dirci? il petrolio è più difficile da vendere che da comprare. e questo un vecchio modo di dire , non ancora cancellato, che credo risalga a qualche secolo addietro. in questo modo, se vogliamo considerare anche solo l' aspetto mercantilistico del problema, ci si dimentica che ben il 14 per cento delle nostre esportazioni si dirige verso l' insieme degli Stati arabi . si tratta, in altri termini, di un volume di esportazioni nettamente superiore a quello che si dirige verso gli USA e che rappresenta ormai un terzo delle nostre esportazioni verso la Comunità Europea . in un paese esportatore, come il nostro, una percentuale del 14 per cento rappresenta già un fattore essenziale per il sistema di relazioni economiche e commerciali. di questo non possiamo non tener conto, come anche del fatto che ciò avviene in una fase calante dei rapporti commerciali ed in una situazione del Medio Oriente che vede mercati chiusi o semichiusi per condizioni di conflitto o di guerra. vi è, quindi, un interesse importante e reale, non più teorico, ad una situazione di pace, in modo da sviluppare meglio la cooperazione con questi paesi, le relazioni economiche e commerciali, il loro sviluppo ed il nostro. l' Italia, grande paese di esportazione, è fondamentalmente radicato nella realtà economica europea, ma senza le sue proiezioni in queste diverse aree del mondo non sarebbe assolutamente in condizione di garantire equilibri di sviluppo alla propria economia e prospettive per il futuro. non parliamo, quindi, di capricci ideologici o di simpatie più o meno dettate da ragioni, diciamo, faziose. ebbene, in tale regione abbiamo lavorato e cerchiamo di lavorare per la pace e la crisi più delicata, più antica, più vecchia, più faticosa e più pericolosa che resta in questo settore quella medioorientale, la crisi arabo-israelitica. ho ascoltato attentamente il dibattito che si è svolto, così come ne abbiamo ascoltato altri. in qualche modo dobbiamo riuscire a venire in chiaro sui principi di tale discussione, tra di noi e tra le forze politiche , perché diversamente le polemiche ritorneranno. ogni fatto ed ogni interpretazione di esso potrà suscitare una polemica se, ripeto, in qualche modo non riusciamo a venire in chiaro sui principi. se una difficoltà, diciamo, di interpretazione di un fatto ed una condotta di politica estera sul tema medio orientale ha suscitato perplessità all' interno della maggioranza ed ha provocato una crisi, diciamo così, di chiarimento ciò significa che, se non veniamo in chiaro sui principi, il pericolo della crisi rimane dietro l' angolo una volta al mese su un tema così spinoso e su vicende così intricate, tumultuose e difficili, dalle quali poi è difficile stare alla larga. sui principi, dunque, occorre venire in chiaro. le decisioni relative ad una soluzione della questione medio orientale non passano da Roma. abbiamo, però, chiarito che nel corso di quest' anno abbiamo avuto una responsabilità speciale, in quanto l' Italia aveva la Presidenza di turno della Comunità Europea e a Roma ci si rivolgeva perché in quel momento Roma rappresentava l' Europa; ed ad essa si sono rivolti molti dei protagonisti di questa vicenda. ma noi dobbiamo, ripeto, venire in chiaro sui principi. esiste questo popolo palestinese o non esiste? esiste una questione nazionale palestinese o non esiste? si dà il caso, nella realtà del mondo, che popoli di nazionalità diversa si raggruppino e si organizzino in un medesimo Stato. Stati che rappresentano molte nazionalità si sono avuti nel corso dei secoli e anche nell' attuale. può essere risolta se esiste, come esiste, una questione nazionale palestinese nel contesto dello Stato ebraico ? non sembra possibile, non sembra accettabile da nessuno. quindi, esiste detta questione nazionale, cioè l' aspirazione di un popolo ad avere una patria, una terra e delle istituzioni. allora, rispetto ad una questione nazionale e al problema di una rivendicazione nazionale, l' Italia, che è la più giovane nazione dell' Europa, ha una sua posizione; posizione che è favorevole o contraria alla rivendicazione nazionale di un popolo che esiste benché disperso? ha una posizione favorevole o contraria? ha una posizione favorevole. naturalmente ci sono i diritti legittimi di Israele, che è uno Stato sovrano; diritti che vanno garantiti. diritti legittimi che vanno garantiti. bisogna poi stabilire quali sono le posizioni illegittime che vanno rimosse. onorevoli colleghi , quando Israele anni addietro fu minacciata nella sua esistenza da una guerra che gli veniva mossa dagli Stati arabi suoi vicini, tutti insieme, noi fummo per Israele, per difendere il diritto alla esistenza. Israele vinse quella guerra e oggi è nella regione la potenza militare egemone, gode di una supremazia militare che tutti gli Stati che la circondano riconoscono come esistente. nessuno la minaccia, nessuno potrebbe avere la forza militare di minacciare l' esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele . ebbene, Israele occupa da 18 anni territori arabi, abitati da popolazioni arabe. bene, occupa da 18 anni territori arabi, abitati da popolazioni arabe. noi pensiamo che debba restituire questi territori in cambio della pace, negoziando tale restituzione. questo è il passaggio essenziale; tutto il resto è proprio contorno, tutto il resto è proprio secondario. il passaggio essenziale è questo: è un fiume che deve essere varcato. ebbene, se la questione nazionale palestinese esiste, se ha un fondamento, e se i palestinesi hanno diritto ad una rivendicazione nazionale, anche l' azione dell' Olp deve essere valutata con un certo metro, che è il metro della storia. vedete, io contesto all' Olp l' uso della lotta armata non perché ritenga che non ne abbia diritto, ma perché sono convinto che la lotta armata non porterà a nessuna soluzione. sono convinto che lotta armata e terrorismo non risolveranno il problema della questione palestinese . l' esame del contesto mostra che lotta armata e terrorismo faranno solo vittime innocenti, ma non risolveranno il problema palestinese. non contesto però la legittimità del ricorso alla lotta armata che è cosa diversa. quando Giuseppe Mazzini, nella sua solitudine, nel suo esilio, si macerava nell' ideale dell' unità ed era nella disperazione per come affrontare il potere, lui, un uomo così nobile, così religioso, così idealista, concepiva e disegnava e progettava gli assassini politici. questa è la verità della storia; e contestare ad un movimento che voglia liberare il proprio paese da un' occupazione straniera la legittimità del ricorso alle armi significa andare contro le leggi della storia. io dico una cosa, io dico che l' Olp... si contesta quello che non è contestato dalla Carta dei principi dell' Onu: che un movimento nazionale che difenda una causa nazionale possa ricorrere alla lotta armata . ma smettila! ma lasciami parlare! basta adesso! penso, ho sempre pensato ed a più riprese ho cercato di convincere i nostri interlocutori palestinesi... la vuoi smettere? adesso basta! basta! basta! a più riprese abbiamo cercato di convincere i nostri interlocutori palestinesi che la strada della violenza, del terrorismo e della lotta armata era un vicolo cieco ; che lungo tale strada non si sarebbe aperta nessuna soluzione per il problema palestinese. abbiamo insistito fino ad ottenere una risposta positiva. la ragione per la quale abbiamo inserito una sorta di monito nel documento concordato tra i partiti è che abbiamo visto riaffiorare, dopo il raid israeliano di Tunisi, in un certo senso anche comprensibilmente, la minaccia di una ripresa di una lotta armata che noi consideriamo contraddittoria con la possibilità di partecipare ad un processo negoziale. da qui il monito che abbiamo inserito, che è un giudizio, che è un consiglio, che è un modo di vedere realisticamente la situazione. se l' Olp riprenderà la lotta armata , sia pure solo nei territori occupati , sia pure solo verso obiettivi non civili, interromperà il processo di creazione di qualsiasi condizione possibile o eventuale di avvio della prospettiva negoziale. da ciò discende l' invito pressante a che con coerenza ci si attenga, nonostante tutto, al terreno pacifico e negoziale che, nel contesto della situazione mediorientale, è il solo che può consentire di trovare una soluzione. non credo alla possibilità di facili soluzioni; non ci credo affatto. mi auguro solo che non intervenga una fase che prepara il peggio, cioè una fase di ripresa del terrorismo e conseguentemente di accrescimento della tensione e delle rotture tra gli stati della regione. in ogni caso, quello che possiamo fare, cioè aiutare i processi di pace, lo faremo con equilibrio, cercando di capire il punto di vista e gli interessi di tutte le forze in campo; cercando di capire le diverse posizioni, anche quelle di coloro i quali hanno religioni, tradizioni e culture molto lontane da noi e che tante volte ci rendono difficile la comprensibilità dei loro comportamenti. tuttavia, dobbiamo cercare di capire la natura concreta delle differenti esigenze che sono sul tavolo. non capisco tanto accanimento verso la parte più debole della contesa, più esposta, quindi, agli errori. ma non si può pretendere che un' organizzazione politica, che assume la rappresentanza politica di questa causa, sia tolta di mezzo! con chi si tratta poi, con il farmacista del villaggio in Cisgiordania? le potenze poi con chi devono trattare? perché questo accanimento per indebolire o distruggere una rappresentanza politica , che pure ha commesso una lunga serie di errori, non c' è il minimo dubbio... certamente, anche delitti! ma ognuno ripercorra le storie proprie! le storie nostre, ripercorriamole, e giudicheremo con maggiore generosità gli altri! questo lo deve fare anche Israele. Israele, che è nostro amico, deve essere più generoso nei confronti dei palestinesi, perché Israele sa con quanta fatica e con quanto sacrificio ha dovuto percorrere la strada per conquistarsi uno Stato: deve essere ora generoso con i vinti. ed aiuti a risolvere la questione palestinese . noi chiediamo questo ad uno Stato amico: di essere lungimirante e generoso. comunque, non l' ho inventata io questa posizione italiana nei confronti dell' Olp, onorevoli colleghi , ma esiste fin dal 1974, quando una delegazione dell' Olp fu ricevuta alla Farnesina. quindi, i contatti si intensificarono con il IV Governo Moro, con la Presidenza di turno della Comunità Europea e con la Presidenza italiana dell' Onu, che accrebbero per l' Italia l' esigenza di più frequenti scambi di vedute. alla fine del 1975, ed all' inizio del 1976, il capo del dipartimento politico dell' Olp, Kaddoumi, fu ricevuto alla Farnesina; nel 1977 lo stesso Kaddoumi ebbe incontri a più alto livello al Cairo e a New York con l' allora ministro degli Esteri Forlani; seguirono altri incontri, sempre ad alto livello , e il 26 settembre 1979 il ministro degli Esteri Malfatti, intervenendo all' Assemblea generale dell' Onu, definì per la prima volta in modo specifico la posizione italiana sul problema palestinese e sul ruolo dell' Olp. egli disse in particolare: « l' auspicato regolamento di pace potrà aversi solo sei principi fondamentali contenuti nelle risoluzioni numero 242 e numero 238 del Consiglio di sicurezza saranno applicati da tutte le parti negoziali nelle trattative per il conseguimento di una soluzione globale. ciò si applica del pari all' Organizzazione per la liberazione della Palestina , che da tempo l' Italia riconosce essere una forza politica rilevante del popolo palestinese » . la posizione italiana fu presto recepita dai partners europei, sino alla dichiarazione di Venezia del 13 giugno 1980, che affermava: « il problema palestinese non è un semplice problema di rifugiati: deve infine trovare una soluzione. il popolo palestinese deve essere messo in grado, attraverso un processo appropriato, definito nel quadro del regolamento globale di pace, di esercitare pienamente il suo diritto all' autodeterminazione » . gli stessi concetti furono ribaditi nelle dichiarazioni programmatiche del II Governo Spadolini, pronunciate alla Camera il 30 agosto 1982, nelle quali inoltre si esprimeva l' impegno del governo italiano « ad assumere, anche in concerto con i partners comunitari, ogni opportuna iniziativa diretta a favorire il negoziato fra le parti in causa ed a favorire il reciproco, inequivoco e simultaneo riconoscimento dell' Olp e dello Stato di Israele , anche nella prospettiva del riconoscimento ufficiale italiano dell' Olp » . nel marzo dello stesso anno, Kaddoumi si è incontrato con l' allora ministro degli Esteri Colombo, e quindi Arafat con il presidente della Repubblica , il pontefice e quant' altri. questa è la storia dei rapporti tra Olp e Italia. come si vede, non una novità. noi cercheremo di lavorare con equilibrio per favorire l' azione di tutti coloro che , in tutti i campi, negli Stati arabi come in Israele come nel movimento palestinese (a sua volta fortemente diviso), intendano muoversi in direzione di soluzioni pacifiche, per la apertura di prospettive. perché il problema non è di arrivare a degli accordi, è di schiudere delle prospettive che col tempo possano essere percorse e condurre poi, con pazienza e prudenza, ad accordi definitivi duraturi e soddisfacenti per tutti. onorevoli colleghi , la maggioranza si è ripresentata dopo aver ricomposto le sue difficoltà. carta canta, villan dorme! evidentemente, non era una crisi di quelle definite irreversibili. la crisi è sempre un fatto di per sé negativo, ma in questo caso non è certo stata un male incurabile ma un male che è stato curato rapidamente, perché tutti avevano l' intenzione di arrivare ad un chiarimento. ci sono stati chiarimenti considerati sufficienti. questo non significa che si sia rinunciato a due punti di vista su fatti specifici o su circostanze che avevano determinato un dissenso. si è ritenuto di portare il dissenso alla sua massima evidenza, al suo massimo grado. io non discuto di questo, dico che, una volta poi valutate le cose, abbiamo ritrovato un punto di equilibrio, come avevamo il dovere di fare. non abbiamo seguito quello che era un buon consiglio e che i radicali avevano dato fin dall' inizio, prevedendo probabilmente ciò che sarebbe successo dopo. non saprei dirle, onorevole Natta, se si tratti di una sospensione della crisi. allo stato degli atti, direi di no, perché il contratto parla in modo diverso, la clausola è esplicita, la volontà che la sorregge anche. motivi di crisi si possono ripresentare, anche se io mi auguro non più su un tema come questo. io spero che non sia così, mi auguro che non sia così, penso che non sia così. e, comunque, i fatti ci diranno come stanno esattamente le cose. nel corso di questa vicenda, è poi riemerso il fantasma delle elezioni anticipate . l' ho preso subito io per le corna all' inizio, dicendo che ero decisamente contrario ad una prospettiva di questo genere, che in questa circostanza mi sarebbe sembrata, in un sistema politico come il nostro (che produce non poche irrazionalità), il massimo della irrazionalità: determinare una situazione che inconsapevolmente si fosse arrotolata fino a paralizzarsi, ad essere incapace di produrre una soluzione. e andare poi di fronte agli elettori a dire non so che cosa: a dire di cercare Abu Abbas ? non so proprio che cosa avremmo detto agli elettori! credo quindi che quella delle elezioni fosse francamente una prospettiva assurda. dovevamo invece fare quello che abbiamo fatto: una responsabile verifica. abbiamo tenuto conto tutti quanti con responsabilità del fatto che il paese vuole la responsabilità politica e non manca di segnalarlo, anche attraverso forme clamorose; un desiderio di stabilità politica ; l' opinione pubblica ha trovato il modo di dire , di segnalare al Governo il suo desiderio che il Governo continui vi è un' obiettiva difficoltà, in ogni caso, ad individuare alternative politiche complessive, e del resto l' ha ricordato ieri il segretario della Democrazia Cristiana , De Mita , consigliando di non distruggere l' esistente, quando le alternative non sono chiare. ha destato sorpresa ciò che io ho detto in coda alle comunicazioni fatte l' altro giorno, onorevoli colleghi : io sono molto sorpreso della sorpresa, perché già a luglio avevo fatto, di fronte alla Camera dei Deputati , una riflessione che ho ripetuto nel corso delle consultazioni, che non credo affatto sia inutile. ed è questa: può essere utilizzata meglio la fase centrale della legislatura (nella quale ci accingiamo ad entrare) prima che le tensioni, i nervosismi, la conflittualità democratica di un' elezione che si avvicini, si impadroniscano di tutti. concordo con il segretario della Democrazia Cristiana , quando ricorda che non deve esserci confusione di ruoli tra maggioranza ed opposizione e, su questo, mi pare che sia stato fermissimo (e giustamente) l' onorevole Natta, ed altri che dichiarano, da destra o da altre posizioni del Parlamento, la loro opposizione: alla maggioranza, le sue responsabilità, ed all' opposizione, le sue! tuttavia, io ponevo un altro problema: si è accumulato un grande ritardo, come voi sapete benissimo, per leggi fondamentali che sono attese dal paese, da settori interessati del paese, da tempo; sono leggi di particolare rilievo sociale, economico ed istituzionale, ed il ritardo è di mesi ed anni, non di due settimane... quanto al ritardo delle due settimane, io certo non metterò mai sul conto dell' opposizione un ritardo dovuto ad una crisi della maggioranza, che stringe ed ha stretto i tempi utili per evitare l' esercizio provvisorio. ma sul tavolo stanno appunto leggi in gran numero, importanti, sulle quali si è depositata la polvere. vi è poi una materia istituzionale che era stata, diciamo così, sgrossata, sulla quale bisognerà venirne ad una per decidere di non farne niente, o di farne poco o pochissimo, o di farne almeno quanto basta per essere rispettati e trattati con serietà, da un paese che vuole un sistema democratico più efficiente dell' attuale. c' è infine la questione urgente che riguarda la legge finanziaria ed il bilancio, e la prospettiva che si vada all' esercizio provvisorio. io non ho posto problemi diversi da quelli che ho detto; si prova sempre un certo fastidio a sentirsi attribuire intenzioni che uno non ha. non ho posto il problema di un rovesciamento delle alleanze. ho posto un problema alla responsabilità di un Parlamento che non vive a compartimenti stagni o non dovrebbe vivere a compartimenti stagni , e dove la dialettica e la contrattazione parlamentare appartengono alla logica della vita democratica . non ho chiesto al partito comunista di votare per la legge finanziaria ; me ne guardo bene. non ho chiesto di votare per la legge finanziaria . il problema che ho posto è di vedere se esista la possibilità, visto che tutti hanno manifestato negli anni precedenti un interesse istituzionale e hanno dato un rilievo istituzionale importante al fatto che si possano rispettare i tempi dell' approvazione della finanziaria e del bilancio, evitando l' esercizio provvisorio, di risolvere la questione ed in che modo, attraverso una più larga collaborazione parlamentare, che può appunto realizzarsi in una valutazione del possibile avvicinamento su punti di incontro che, allo stato delle cose , sono apparsi rigidamente discosti e lontani. se è possibile, bene; se non è possibile, ne prenderemo atto. il Governo è pronto ad esaminare le proposte di tutti, purché siano tali da non distorcere il corso di un risanamento che è necessario, non in omaggio ad un dogma ideologico, ma al più pratico, concreto ed evidente interesse del paese. mi sono rivolto è vero, in particolare, e lo rifaccio stamani, all' opposizione comunista, perché ha già apprezzato, nel 1983 e nel 1984, l' importanza della scadenza relativa all' approvazione del bilancio e poiché — io non ho la memoria corta — in passato ha dato altre prove di responsabilità, partecipando financo ad una maggioranza parlamentare di Governo. ciò che ho chiesto e ciò che ho offerto, naturalmente, è molto meno, e si inscrive semplicemente in una logica politica istituzionale che deve mettere in rilievo il grado di responsabilità delle forze politiche verso gli interessi generali. onorevoli colleghi , c' è un' immagine dell' Italia che è cresciuta nel prestigio e nella stima internazionale. è quanto si ricava da ciò che viene scritto sul nostro paese in tutto il mondo, tanto ad est quanto ad ovest. onorevoli colleghi , c' è una speranza ed un bisogno di progresso che animano soprattutto le nuove generazioni della scuola e del lavoro, che non devono rimanere delusi e possono non esserlo. il mondo politico democratico deve riuscire ad esercitare, nel modo più efficace, più costruttivo e più lungimirante, il suo ruolo di orientamento e di guida. alta è la responsabilità del Governo, ma altissima è la responsabilità del Parlamento, dal quale il Governo dipende ed al quale chiede una rinnovata fiducia onorevole Napolitano, non posso che ringraziarla per l' apprezzamento espresso in ordine all' operato del Governo svolto in occasione della vicenda dell' Achille Lauro. per quanto riguarda l' esigenza di approfondire ulteriormente i diversi aspetti di quella vicenda e di quell' operato, il Governo ha già dichiarato che è pronto a collaborare con le iniziative che i gruppi parlamentari riterranno di adottare al fine di ottenere ulteriori approfondimenti su questa vicenda. ringrazio i deputati radicali per il giudizio espresso in merito alla condotta tenuta dal Governo sulla vicenda dell' Achille Lauro. assicuro che il Governo presterà la massima attenzione alle proposte ed ai suggerimenti avanzati che saranno sicuramente esaminati, anche per esaudire la richiesta di un esame attento e puntuale dei principi e degli obiettivi generali della politica estera della Repubblica.