Ciriaco DE MITA - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 372 - seduta del 05-11-1985
Sul Vertice Capi di Stato e di Governo paesi G8 e sulla ratifica Protocollo di Kyoto
1985 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 9
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , nel rinnovare la fiducia della Dc al Governo ritengo utile svolgere alcune considerazioni per illustrare la posizione della Democrazia Cristiana in ordine alla vicenda apertasi dopo il drammatico episodio della motonave Achille Lauro . per quanto ci riguarda, abbiamo subito espresso, ed intendiamo ribadire oggi, il nostro apprezzamento per l' iniziativa del Governo, volta a liberare nave, passeggeri ed ostaggi, evitando la tragedia che si poteva temere, soprattutto dopo il vile assassinio di un cittadino americano. nello svolgimento di questi fatti è venuto crescendo un malessere interno alla maggioranza, basato anche su reali diversità di giudizio, di cui abbiamo avuto ed abbiamo rispetto, delle cui ragioni era non solo utile, ma necessario farsi in qualche modo carico; e tuttavia tali, a nostro avviso, da non portare necessariamente alla rottura insuperabile del quadro politico della maggioranza. per questo fin dall' inizio ci siamo adoperati perché intervenisse un opportuno chiarimento, capace di ricostituire presto l' alleanza pentapartita. ora questo chiarimento c' è stato, e ci sembra doveroso dare atto al senso di responsabilità dei partiti che compongono la maggioranza ed ai protagonisti di questa complessa vicenda, che hanno saputo far prevalere la ricerca dell' interesse generale su pur legittime e comprensibili valutazioni particolari. sono convinto che, al di là del nostro stesso giudizio politico, c' è l' apprezzamento della gente, che sa riconoscere, forse più di quanto noi immaginiamo, quanto è reale, e prevale su tutto, il senso di responsabilità , di equilibrio e di misura della sua classe dirigente . anche per questo voglio dire al presidente del Consiglio ed ai suoi ministri che si rafforza oggi in noi la determinazione di un sostegno convinto e reale all' azione del governo . di questo sostegno ritengo giusto esprimere brevemente le ragioni più propriamente politiche, anche in relazione a tutta una serie di illazioni (Natta in un certo senso le ha ripetute) e polemiche che si sono sviluppate intorno alle varie fasi della crisi, specie in riferimento al mancato dibattito parlamentare sulle comunicazioni che il presidente del Consiglio ha svolto in Parlamento. è stato infatti detto che si è voluto ridurre il Parlamento a semplice organo di ascolto. e si è affermato con pretestuosità che la contrarietà della Democrazia Cristiana a quel dibattito fosse motivata da un modesto calcolo di partito. l' onorevole Napolitano ha scritto che noi avremmo fatto malissimo (cito testualmente) « a premere in tal senso » , con l' argomento, da lui definito « indecoroso » , dell' effetto lacerante che poteva avere, portato in Parlamento, il dissenso scoppiato nella maggioranza. ma poi, nel corso dello stesso articolo apparso su La Repubblica , ha affermato che « per il partito comunista è stato sempre perfettamente chiaro che il ritiro di uno dei partiti della coalizione di Governo, di cui è parte costitutiva ed essenziale, comporta le dimissioni del Governo » . se questo è vero, onorevole Napolitano (ed è senz' altro vero e corretto), bisogna allora riconoscere che, essendo intervenuta la dissociazione del partito repubblicano , si era già in presenza della crisi; e quando si è in presenza di una crisi, il dibattito parlamentare è una via possibile, ma non è certo una via costituzionalmente obbligata. la verità è che ci siamo mossi sempre, onorevole Natta, fin dall' inizio, non per calcolo meschino o interesse di parte ma perché abbiamo valutato e valutiamo, per la responsabilità che ci è propria e per la moderazione che ci è imposta dalla nostra forza di rappresentanza, che una coalizione ha sempre problemi che possono insorgere ma può e deve risolverli al proprio interno se, come noi pensiamo, non esistono strade alternative da percorrere. a nostro parere, può parlare alle Camere, quando vuole e su tutto quello che vuole, aprendo una discussione parlamentare, solo un Governo che sia politicamente in piedi, nella pienezza della sua funzione e del suo ruolo politico. ma così non era perché, come ha riconosciuto lei stesso, onorevole Napolitano, il Governo era già in crisi per l' intervenuta dissociazione di un partito della maggioranza. è vero che anche un Governo in crisi può andare in Parlamento per aprire una discussione sulla crisi stessa, ma la discussione ha ragione di essere ed ha reale utilità e significato quando le diversità emerse nella maggioranza si manifestano in termini di proposte alternative, che preludono a scelte diverse, cioè a diverse soluzioni di Governo. ora, noi sapevamo e sappiamo che la dissociazione di un partito della maggioranza, anche se originata da un episodio sul quale sono state manifestate e restano opinioni differenti, coinvolgeva altre questioni, soprattutto attinenti alla collegialità. e tuttavia, a nostro avviso, nessuna di queste era lacerante e tutte invece erano, come del resto i fatti hanno rapidamente dimostrato, ricomponibili attraverso un chiarimento. il problema allora non era e non è formale, legato a maggiore o minore correttezza nelle procedure. il problema era ed è di sostanza politica, perché il dibattito parlamentare di fronte ad un Governo in crisi, ha, lo ripeto, significato e reale utilità se chiarisce le condizioni di una alternativa e se queste condizioni esistono. altrimenti, esso costituisce solo un pretesto per tentare di inserirsi comunque e artificiosamente in un qualsiasi spazio creatosi episodicamente all' interno della maggioranza, forse dissolvendo ciò che esiste senza però che sussistano oggettivamente le condizioni per costruire qualcosa di diverso. la nostra convinzione era ed è che questa maggioranza non ha alternative. per certi aspetti, potremmo dire che nemmeno le elezioni anticipate costituirebbero una vera alternativa, in un paese in cui solo qualche mese fa la verifica elettorale ha fortemente consolidato la linea della maggioranza, non solo e forse non tanto nel risultato delle elezioni amministrative quanto in quello del referendum sul decreto antinflazione. questo non significa che la maggioranza da sola copra tutta l' area della democrazia (come Natta erroneamente interpreta la nostra posizione) non avendo in questo senso alcuna alternativa. la nostra analisi ci porta, sia chiaro, a formulare un giudizio politico e non già ideologico: abbiamo infatti sempre riconosciuto valido il rilievo che l' attuale maggioranza non è riconducibile negli schemi del centrismo e nemmeno in quelli del centrosinistra. e questo è un rilievo giusto, ma non pertinente, perché l' alternativa è astrattamente possibile ma acquista concretezza solo se sussistono davvero le condizioni e se ne costruisce faticosamente il disegno. mancando questo dato, l' unica strategia politica concreta e definita, è quella di questa maggioranza. e la sua esistenza non è un limite, ma una condizione necessaria, perché non si può immaginare che più partiti stiano insieme senza una comune ragione che li collega. certo, sappiamo che può essersi diffusa, anche se mai spiegata, la tentazione di chi ritiene questa alleanza come un semplice passaggio, in qualche modo provvisorio, in vista di un' eventuale sostituzione della Dc nel suo ruolo, in tutto od in parte: è un' aspirazione, questa, onorevoli colleghi , del tutto legittima, ma a quali condizioni potrebbe realizzarsi? forse, immaginando un fatale declino della Democrazia Cristiana per senilità, o guardando al futuro con una visione onirica della politica, ma priva di plausibilità e di riscontro nei fatti? noi pensiamo, senza iattanza e senza presunzione, che questa sarebbe una scommessa perduta sul nascere, un desiderio in fondo astratto ed abbastanza velleitario, che ignora il profondo radicamento che la Democrazia Cristiana ha nella realtà popolare del paese, nella sua storia e nella forza dei suoi valori e delle sue tradizioni! del resto, più in generale, velleitaria ed astratta ci è sempre apparsa la previsione di chi punta ad una sorta di decadenze inarrestabili delle grandi forze popolari (ivi compreso il Pci), quasi si trattasse di esperienze che veramente possano esser ricondotte ad una specie di parentesi nella storia nazionale, come vorrebbe una certa superba (e, questa sì, veramente arrogante) visione illuministica che, tuttavia, non appartiene, ne siamo convinti, alle espressioni qualificate e responsabili delle forze politiche di democrazia laica e socialista. d' altra parte, anche al di là di questo, la pretesa di sostituirci meccanicamente nel ruolo che abbiamo esercitato ed esercitiamo rischia di confondere i problemi della politica, con i quali bisogna invece misurarsi, con la questione di un partito, come se bastasse veramente sostituire questo, per risolvere quelli! ma c' è un' altra suggestione che può sostenere quella aspirazione: una suggestione che fa leva essenzialmente su un' ipotesi di schieramento alternativo (i giornali di stamane, per qualche verso, ne sono uno specchio), anche qui, senza essersi prima misurati con i problemi reali ed avere, sulle soluzioni indicate, costruita una concreta proposta di Governo. io penso che una linea di questo tipo, sarebbe funzionale solo a frantumare il centro dell' area di Governo, senza riuscire a costruire un equilibrio diverso e più saldo, e creando invece condizioni da quarta Repubblica francese . lo schema, abbastanza artificiosamente sovrapposto alla realtà delle cose, è fondato su un pregiudizio laico-marxista: non ci sembra infatti costituire un riferimento di per sé valido, per costruire una linea politica unificante di rinnovamento; per acquistare significato, esso esigerebbe uno sforzo straordinario ma tutto a ritroso nella storia del nostro paese, ed organizzato su una convergenza tutta in negativo, una sorta di cartello dove la somma aritmetica contrasta con quella politica. del resto, in ogni caso, l' idea che puntando solo ad equilibri diversi di potere si rinnovi la politica c' è sempre apparsa illusoria e senza prospettive. le vicende di queste crisi sono a tal fine illuminanti e dovrebbero servire, io penso, particolarmente al partito comunista per un' attenta riflessione; perché in realtà è sembrata prevalere nel partito comunista una linea che, su un terreno per altro il più difficile, quello della politica estera , ha cercato di cogliere un giudizio di convergenza su un episodio occasionale, per poi dilatare fino alla spaccatura qualche diversificazione nella maggioranza e costruire così, su questo dato tutto sommato modesto, ed, ai fini strategici complessivi, effimero, la base per un' ipotetica alternativa. pare comprensibile perché, nel perseguimento di questa abbagliante illusione, si ritenesse indispensabile ed utile un dibattito parlamentare , che in realtà doveva servire solo a rompere e non certo a ricomporre, ma si dovrebbe allora avere l' onestà intellettuale di riconoscere che si è preso appunto un abbaglio, invece di arrampicarsi sugli specchi, sollevando questioni di presunta irritualità istituzionale o tentando di accreditare una pretesa e mai esistita difficoltà interna della Democrazia Cristiana , onorevole Natta — credo che qualche difficoltà oggi esista soprattutto nel partito comunista italiano, trasferita sulle istituzioni e sul Governo — o, ancora, con evidente contraddizione in termini, la proposta di una Democrazia Cristiana forte, che impone agli alleati il proprio disegno. insomma, siamo uniti e forti o divisi e in difficoltà? credo di dover ribadire, invece, soltanto quello che ho già detto: che siamo una forza responsabile, mossa da uno spirito di grande moderazione, quale ci è dettato dal ruolo che dobbiamo svolgere in questo paese ed in questo sistema, dalla consistenza rappresentativa che abbiamo, dalla realtà popolare e democratica di cui ci sentiamo espressione e ci sforziamo di essere interpreti. a questo nostro naturale modo di porci nella politica italiana si rifà la consapevolezza che, per le scelte che i partiti hanno fatto, per il modo e le proposte con cui si sono collegati alla pubblica opinione , oggi la coalizione possibile è tra le forze politiche che compongono questa maggioranza; e ciò sia per somma di voti che per convergenze politiche. è per questo che non ci siamo mai stancati, anche in quest' ultima circostanza, né ci stancheremo di sostenere che, come in ogni coalizione, ai cinque partiti è fatto carico di trovare la ragione di un disegno che vada oltre l' interesse di ogni singolo partito, se non si vuole concorrere alla liquidazione di un minimo di equilibrio. in questo senso, la coalizione non è e non può essere la conseguenza di uno stato di necessità, che, oltre tutto, costituirebbe una forzatura, quando si è in presenza , come lo si è, di una libera adesione. in tal senso, quello della collegialità è un problema reale, in quanto vuole significare appunto il prevalere dello spirito proprio di un governo di coalizione e del disegno comune che tutti coinvolge sul ruolo particolare di ciascuno. l' alternativa al pentapartito è certo possibile, ma è una scelta diversa, che andrebbe prima elaborata, definita nei suoi contenuti, precisata nei suoi obiettivi e nelle alleanze e sottoposta, comunque, preventivamente all' approvazione dell' elettorato. quando ciò accadesse, la Democrazia Cristiana , forte delle sue idee e delle sue proposte, non avrebbe certo alcun timore di misurarsi con disegni alternativi di fronte agli italiani. quello che ci preoccupa, onorevole Natta, quello che denunciamo come insieme velleitario e pericoloso è la tendenza a voler utilizzare tutti gli spazi occasionali che possano crearsi per distruggere l' esistente, senza aver costruito nulla che possa sostituirlo. la verità è che, anziché impegnarsi nel processo necessario alla costruzione di un' alternativa possibile, troppe volte emerge, per disinvoltura o per miopia, la tendenza a coniugare il desiderio di essa con logiche non sempre limpide di schieramento. si crea in tal modo una grande confusione, perché certo la questione delle alleanze è questione vera, in quanto condizione per la formazione di un Governo, ma il modo per realizzare un sistema alternativo di alleanze, che abbia valenza politica, non è dato solo dalla quantità dei numeri o del potere, ma dalla proposta politica complessiva che consente di realizzare e tenere insieme l' alleanza stessa. oggi, nell' attuale quadro politico , di tutto ciò non c' è alcun segno concreto. sussurri e grida, niente di più! non c' è la proposta, non c' è l' obiettivo, non ci sono le alleanze, non ci sono in una parola le condizioni. quindi questa maggioranza il quadro reale dell' operatività politica. altro che calcolo di parte o coperture di interne difficoltà o arroganza verso chicchessia! è la consapevolezza dell' equilibrio possibile e dell' unica strategia politica praticabile che ci ha spinto a far prevalere in noi la razionalità sull' attività, a sollecitare i necessari ed opportuni ma rapidi chiarimenti, al di là delle pur legittime esigenze di parte, per riprendere un cammino che non può conoscere scorciatoie artificiose e pericolose e che invece va con determinazione, anche se con fatica, percorso fino in fondo, guardando ai problemi del paese che richiedono risposte pronte ed efficaci. ciò vale innanzitutto per i problemi attinenti alla vita ed al funzionamento del nostro sistema istituzionale. da tempo avvertiamo un po' tutti l' esigenza di un ripensamento delle regole e dei meccanismi che presiedono al funzionamento delle nostre istituzioni. di recente l' onorevole Ingrao ha giustamente riproposto la necessaria attenzione su questa fondamentale questione. qui è infatti il terreno sul quale non solo è opportuno ma necessario un ampio confronto ed una convergenza unitaria di sforzi di tutte le forze democratiche, per costruire un processo che rinsaldi nello sviluppo i valori di fondo della Costituzione e dal quale, io penso, possono derivare le condizioni per una democrazia compiuta. il problema non è parlare, anche se parlare serve, onorevole Tortorella. ricordo Pavese: parlare è come cercare qualcosa, è come chiedere permessi per avere certificazioni particolari. noi abbiamo sempre parlato e discusso in piena libertà, dando ad alta voce le motivazioni delle nostre indicazioni politiche. il problema vero è un altro, è quello di sfuggire ad un pericolo ed a una tentazione, quella cioè di evadere dalla realtà, di sottrarsi alla necessità di capirla per dominarla con intelligenza (questa è l' alternativa; essa non è la riproduzione di un gioco vecchio all' interno di uno scenario nuovo) ma con la nostalgia e lo sguardo rivolti costantemente al passato. la sfida per le forze politiche riguarda il Governo del futuro e le alleanze, che sono un problema vero in quanto rappresentano il riflesso della complessità degli interessi che si scelgono e si determinano in virtù della capacità di proposte che i partiti sono in grado di elaborare per governare e padroneggiare le situazioni e gli avvenimenti. ma uno dei risultati fondamentali di questo processo è in qualche modo anche il rinnovamento dei partiti politici italiani. rinnovamento, questo, che deve comportare la loro capacità di abbandonare ogni pretesa totalizzante per porsi come puri strumenti di lotta politica, per stare dentro alla società senza sovrapporsi ad essa in nome di una soluzione ideologica precostituita. espressione e sintesi cioè di una cultura politica che si rinnova, di una ricerca mai dimessa, di uno sforzo costante di interpretazione delle domande, dei bisogni, degli interessi e delle domande della gente come via via vanno manifestandosi alla luce dei principi e degli ideali propri che definiscono l' identità peculiare di ciascuna forza, sin da elaborare di continuo risposte e soluzioni che costruiscono una proposta reale di Governo su cui misurarsi ed organizzare il consenso. in questo senso si tratta di superare la prassi della delega in bianco ai partiti, di riportare chiarezza e capacità di controllo democratico nel rapporto tra cittadini e partiti politici , indicando tra l' altro, prima del voto, agli elettori la proposta di Governo, cioè l' insieme di programmi e di alleanze su cui si chiede il consenso e per il quale ci si vincola nell' impegno successivo. questo è stato sempre il senso della nostra indicazione sui patti preventivi di Governo. certo, un processo così, fatto di vero rinnovamento nel modo di essere della politica, implica e per molti aspetti impone revisione di regole, di meccanismi, che tuttavia rappresentano più un dato del processo stesso che non la sua condizione anticipatrice; ed in ogni caso la ristrutturazione è possibile solo in quanto cresca in tutte le forze politiche questa autentica volontà di rinnovamento istituzionale. perciò quello del funzionamento del sistema è il vero terreno dell' unità nazionale , senza equivoci, senza ambiguità, senza confusione di ruoli tra Governo e opposizione, tra maggioranza e minoranza. non si può quindi procedere, per costruire ragioni di chiarezza e trasparenza nel sistema politico italiano, cominciando con la confusione. il processo porta alla chiarezza se inizia con posizioni lineari; e su queste basi, certo, può svilupparsi in un confronto ampio su tutti i grandi problemi del paese, anche quelli economici che hanno sempre un rilievo istituzionale. infatti, l' ampiezza dei problemi che abbiano dinanzi investe essenzialmente alcuni aspetti istituzionali, che riguardano in particolare i meccanismi e l' assetto del centro di spesa. la stessa discussione sul disegno di legge finanziaria, di cui giustamente la Banca d'Italia ha di recente sollecitato la rapida approvazione, se non venisse assunta da tutti all' interno di una visione più ampia e articolata, come l' avvio cioè di un processo di risanamento, fatalmente rischierebbe di veder prevalere rilievi particolari, mossi contraddittoriamente dalla reazione degli interessi che ogni politica di risanamento inevitabilmente tocca, e viceversa dalla politica di chi vorrebbe soluzioni più drastiche (e l' onorevole Natta ce ne ha dato un saggio recente). bisogna invece avere chiara in mente l' esigenza di un disegno complessivo che accompagni la legge finanziaria con i necessari interventi nella politica dei trasferimenti, nella definizione organica dell' autonomia impositiva degli enti locali , nell' assetto del nostro sistema sanitario , assistenziale e previdenziale. l' esigenza di intervenire sui meccanismi di spesa si rivela pertanto sempre più urgente per completare il quadro di una politica di risanamento e di ripresa, che ha nella legge finanziaria un suo primo ineludibile momento. dobbiamo essere consapevoli della necessità di raccordare i tempi della politica con i tempi dell' economia, ma soprattutto dobbiamo avvertire il dovere di essere efficaci nel perseguire l' obiettivo che tutti consideriamo prioritario: la crescita dell' occupazione ed il riscatto delle aree più deboli del paese. non basta però desiderare qualcosa; per ottenere risultati, soprattutto se difficili, occorre lavorare duro, avere idee chiare, non lasciarsi sopraffare dagli interessi contrari. creare le condizioni perché i posti di lavoro nel nostro paese riprendano a crescere con più forza significa non solo e non tanto tenere alta la domanda globale interna, quanto soddisfarla con il lavoro italiano, cogliendo inoltre tutte le opportunità che il mercato mondiale può offrire. questo implica la necessità di rendere più competitivo il sistema e realizzare un tasso di sviluppo più elevato di quello conseguito nell' ultimo biennio. perciò è necessaria una ulteriore consistente diminuzione del tasso d' inflazione, nonché un forte impegno per le riduzioni del vincolo estero. in un contesto internazionale, che prevedibilmente potrà non essere sfavorevole, la manovra di politica economica deve svolgersi su più fronti: politica del bilancio, politica dei redditi , politica monetaria , politica industriale , politica attiva del lavoro, sostegno alle esportazioni nonché agli investimenti privati e pubblici, specie nel Mezzogiorno. tutto ciò che concorre ad accrescere la nostra competitività è capace di produrre occupazione; tutto ciò che l' ostacola produce disoccupazione. ma a determinare la competitività contribuiscono fattori interni e fattori esterni alle imprese, questioni congiunturali e questioni strutturali. certo, fra i fattori interni in primo luogo emerge l' intelligenza, il coraggio, la professionalità degli imprenditori, e ciò richiama il ruolo e la grande responsabilità che ricade sull' imprenditoria privata e pubblica del paese. ma fattore interno è anche il costo del lavoro e la sua flessibilità dei lavoratori e delle loro rappresentanze nel determinare l' avvenire di quanti non hanno né lavoro né rappresentanti. dobbiamo riconoscere che grazie all' impegno di tutti oggi la situazione è mutata rispetto a qualche tempo fa ed è migliore. la ripresa del negoziato fra le parti sociali riaccende utili prospettive, ripristina i ruoli, chiarisce meglio le responsabilità, ma non possiamo negare di avere ancora di fronte una fase difficile, perché gli interessi degli occupati e quelli dei disoccupati non sono sempre del tutto coincidenti. ne deriva la necessaria ricerca di un equilibrio delicato, che impone soprattutto alla classe politica , cui principalmente fa carico il dovere di tutelare gli interessi scoperti, un ruolo di indirizzo e di guida. tra i fattori esterni all' impresa, e tuttavia sicuramente incidenti sulla competitività del sistema, emergono in primo luogo i problemi attinenti agli equilibri finanziari e all' efficienza della Pubblica Amministrazione . il tema della finanza pubblica è perciò centrale ed appare urgente, fuori da inesistenti scorciatoie, trovare equilibri sostenibili e qualità migliori. la legge finanziaria proposta dal Governo, che può essere migliorata anche nella direzione del contenimento del fabbisogno, deve perciò essere approvata il più rapidamente possibile e va vista, come ho già detto, come parte di un disegno più complessivo, che nell' arco di qualche anno garantisca, a fronte dei sacrifici richiesti, un risultato importante, quale è il reale risanamento della finanza pubblica . del resto il programma di risanamento, come giustamente indicato dal ministro del Tesoro , non può che essere un programma di medio termine, costruito su obiettive regole ed indirizzi, nei quali le forze politiche e le istituzioni possano trovare fondamento di impegni chiari e rigorosi. in questo senso bisogna mettere mano a definire una precisa responsabilità dei centri periferici di spesa, dalle autonomie locali alle Usl, riferita all' efficienza del loro agire, all' autonomia nel determinare le prestazioni ed all' onere di procurarsi direttamente almeno una parte delle risorse necessarie e, in ogni caso, all' obbligo del pareggio di bilancio . bisogna por mano ad una più corretta interpretazione di ciò che, come la previdenza, deve essere autogestito in condizioni di equilibrio finanziario e di ciò che, come l' assistenza, deve essere selezionato sulla base delle reali condizioni dei beneficiari. bisogna inoltre ricreare nella gestione dei servizi le condizioni di un' efficienza che, a mio avviso, reclama concorrenza fra i centri erogatori dei servizi stessi ed il ripristino di una dialettica fra le istituzioni che pagano il servizio e quelle che lo prestano. bisogna infine realizzare una nuova flessibilità della Pubblica Amministrazione , al fine di renderla capace di espandersi, ma anche di contrarsi, a seconda della domanda e del mutare delle esigenze. portiamo, forse, tutti le colpe di un procedere insufficiente e disordinato in questi campi e tocca a tutti insieme, allora, recuperare efficienza ed ordine. ciò che sta davanti a noi, onorevoli colleghi , è una scommessa difficile, che richiede a ciascuno di essere all' altezza del proprio compito ed esige di affrontare e risolvere con determinazione problemi importanti e complessi. una delle ragioni fondamentali che legano questa maggioranza e danno giustificazione a questo Governo sta proprio qui: nell' impegno su queste cose, nella realizzazione di questo compito. dobbiamo saper guardare ai problemi del paese, e ciò che la gente ci chiede: la certezza di un itinerario, la speranza di un cammino in ripresa, anche se faticoso e non privo di difficoltà. nel passato non lontano questo stesso Governo ha potuto constatare che la gente vuole questo, capisce ed accetta anche i sacrifici necessari se ha la consapevolezza di una prospettiva che si percorre con determinazione e con coraggio. la gente vuole avere fiducia e ci ha dato fiducia: non possiamo e non dobbiamo deluderla, non possiamo e non dobbiamo perdere l' occasione offerta da una condizione di stabilità politica che non ha alternative, in questa fase centrale della legislatura, per portare avanti la politica necessaria a ridare speranza e prospettiva di rinnovato sviluppo al nostro paese, di lavoro ai nostri giovani. tutte le questioni, pur sacrosante e pur legittime, di prestigio, di tutela della propria parte devono cedere il passo a questa esigenza primaria. e per questo, è soprattutto per questo che abbiamo lavorato e lavoriamo per rinsaldare questa maggioranza e saremo vigili e, insieme, sollecitatori soprattutto di questo impegno di risanamento e di ripresa. onorevoli colleghi , nell' avviarmi alla conclusione di questo mio intervento, non posso esimermi dal riaffermare le nostre posizioni per quanto riguarda la politica estera dell' Italia, soprattutto al termine di una vicenda che ha in qualche modo riproposto i temi fondamentali attinenti alla collocazione ed al ruolo del nostro paese nel quadro internazionale. le direttive della politica estera italiana si sono sviluppate e consolidate dal dopoguerra in poi secondo linee di grande coerenza, cui la Democrazia Cristiana ha dato il suo apporto determinante e, credo di poter dire, decisivo. tali linee principali e qualificanti si articolano in tre direzioni e costituiscono, per così dire, tre cerchi concentrici che si armonizzano e si integrano a vicenda : scelta atlantica, scelta europea, politica attenta ed attiva nei rapporti con tutti i paesi e rispetto a tutti i fatti internazionali, con particolare riferimento al Mediterraneo. in un documento sulla politica estera approvato durante il nostro ultimo congresso queste direttive fondamentali sono state riconosciute e quasi codificate in una sintesi articolata della posizione della Democrazia Cristiana in merito ai principali problemi internazionali. mi sia consentito di richiamare il primo punto di tale documento: « la Democrazia Cristiana » — vi si afferma — « Partito Popolare di ispirazione cristiana, sceglie la pace come l' elemento centrale ed il punto di riferimento essenziale nella sua visione degli affari mondiali. il partito deve riconoscervi la propria identità come bene unico ed indivisibile al centro della sua azione politica » . nel quadro di questa chiara premessa, il nostro documento sottolinea la fondamentale scelta atlantica dell' Italia come libera ed organica associazione con paesi aventi con noi analoghe radici storiche e culturali e comuni strutture democratiche e come scelta di pace e di sicurezza nel reciproco e solidale impegno di difesa tra i suoi membri. certo, l' alleanza si basa sul pieno rispetto delle proprie sovranità. questa è, anzi, una sua caratteristica essenziale. non esiste tra i paesi della NATO nulla che possa compararsi al principio della sovranità limitata teorizzato tra i paesi dell'est . se così non fosse, la NATO avrebbe perduto o perderebbe una delle sue fondamentali ragioni di essere, dato che pilastri essenziali sono la libertà, la democrazia e la sovrana uguaglianza tra i suoi membri. tutto questo è per noi ovvio, come certamente è ovvio per tutti paesi che hanno contratto l' alleanza. perciò è apparsa, per certi aspetti, sorprendente e, per altri, puramente pretestuosa l' enfasi che, soprattutto dalle opposizioni di sinistra e, in particolare, dal partito comunista si è voluta dare, in occasione dell' episodio dell' Achille Lauro, al tema della sovranità nazionale e della autonomia, quasi a coglierne...,... quasi a coglierne, onorevole Pajetta, una fatale contrapposizione alla politica dell' alleanza. voglio dire allora con chiarezza che per noi l' autonomia c' è e non è stata mai in discussione, ma è vissuta in adesione all' Alleanza Atlantica , senza, cioè, subordinazione né contraddizione. possono certo insorgere singoli episodi particolari che tuttavia esigono anche qui, nel rapporto fra alleati, rapidi e convenienti chiarimenti, che sono possibili, che vanno con pazienza perseguiti, rinsaldando e non indebolendo l' alleanza stessa. nona caso questo è avvenuto, come era logico che avvenisse e come solo un altro abbaglio del Pci poteva immaginare che non accadesse. resta però preoccupante il tentativo, sia pure maldestro, di crearsi uno spazio di manovra sul terreno, pericolosamente involutivo e meramente emotivo, di un malinteso nazionalismo che, forse, è parte tuttora influente nella memoria storica di certa sinistra italiana, culturale e politica. non è casuale né insignificante che siano riemersi in questa circostanza, perfino ospitati dal giornale ufficiale del partito comunista , toni nostalgici di antiche suggestioni che non possono essere cancellate dalle pure apprezzabili polemiche e correzioni successive. di fronte a queste cose, riteniamo di poter affermare che il rispetto, il prestigio, il ruolo e la dignità dell' Italia, nel contesto delle nazioni moderne, è stato sempre garantito ed assicurato dai governi del nostro paese, e, mi sia consentito, particolarmente dagli uomini della Democrazia Cristiana , da De Gasperi a Moro, da Fanfani ad Andreotti. ma per noi come, ne siamo certi, per gli alleati di Governo l' orgoglio di essere e di sentirci una grande forza nazionale, tutrice e garante dell' autonomia italiana, non può essere confuso né può minimamente collegarsi con i rigurgiti di un torbido nazionalismo, dissolutore delle grandi scelte moderne di collocazione dell' Italia all' interno dell' Occidente libero, che abbiamo voluto, che sono state confortate dal consenso del popolo ed alle quali restiamo coerentemente fedeli. certo, la scelta atlantica è stata una scelta di sicurezza ed insieme anche di pace e di negoziato. si tratta per noi di un binomio inscindibile, verso il quale confermiamo il nostro impegno e il nostro apporto. è questo il senso della nostra partecipazione costruttiva, in tutte le sue forme, al processo per la sicurezza e la cooperazione in Europa. è questo il senso e l' obiettivo della nostra partecipazione alle concertazioni tra i paesi occidentali, in vista delle prossime importanti scadenze tra le due superpotenze, i cui risultati sono attesi dai nostri popoli con speranza e, vorrei dire, con fiducia, nella convinzione che non vi è alternativa al fondamentale metodo del negoziato. ritengo inoltre giusto ricordare che la decisione della NATO del dicembre 1979, sugli euromissili, tendente a riequilibrare le forze nucleari in Europa, è stata anch' essa una duplice decisione di sicurezza e di negoziato. il secondo pilastro della nostra politica estera è la scelta europeista, tenacemente e coerentemente perseguita dalla Democrazia Cristiana . tale scelta è motivata per noi dalla chiara consapevolezza che l' Europa potrà tanto più contare sulla scena mondiale quanto più sarà in condizione , con voce unitaria, di esprimere i suoi grandi valori storici e culturali. perciò abbiamo sollecitato e sollecitiamo la formalizzazione della cooperazione politica, unita ad un programma di rafforzamento progressivo delle sue strutture ed alla sua estensione alla sicurezza, con misure quali l' impegno a consultazioni preventive obbligatorie, la creazione di un segretariato permanente ed il rafforzamento del ruolo e delle prerogative della presidenza, anche sotto il profilo della rappresentanza dei dodici. l' obiettivo di fondo è di avviare una vera politica estera comune, che possa tener conto degli aspetti di sicurezza che tutti i principali problemi presentano. per realizzarla occorre fare un salto di qualità verso l' Unione Europea . la terza direttiva della politica estera italiana è rappresentata dall' attenzione e dall' iniziativa rispetto a tutti i fatti che muovono il quadro internazionale e particolarmente lo scacchiere mediterraneo. c' è qui per l' Italia un dato ineludibile che discende dalla storia e dalla geografia, nonché dalla nostra millenaria associazione con i destini del popolo del Mediterraneo, che ci impone di coltivare lo sviluppo dei nostri rapporti bilaterali con tutti i popoli che su questo mare si affacciano. bisogna dare atto che questa linea viene perseguita dal Governo con attenzione e senza esitazioni, con soddisfacenti ed ampi risultati, tenendo conto delle esigenze della nostra sicurezza, nel pieno e reciproco rispetto e senza compromissioni con i nostri principi e con le direttive della nostra politica generale. in quest' area, la situazione più rilevante ed anzi allarmante è oggi certamente rappresentata dal conflitto del Medio Oriente . siamo stati sempre convinti che i conflitti e le crisi aventi carattere regionale debbano poter trovare la loro soluzione tenendo conto essenzialmente dei fattori storico-politici locali e regionali che li hanno determinati. coerentemente con tale impostazione, la Democrazia Cristiana ha sostenuto quella linea che poi si è espressa e concretata nella dichiarazione comunitaria di Venezia del 1980 e che si basa su un profondo e serio rispetto delle esigenze di tutti i paesi interessati, tra i quali, non secondo a nessuno, Israele, di cui deve venire riconosciuto il diritto a vivere in pace, entro validi ed accettabili confini. al tempo stesso vanno considerati e rispettati i diritti e le legittime aspirazioni del popolo palestinese a veder tutelata la propria identità nazionale, nel quadro di un negoziato internazionale. tutti i governi italiani, d' altra parte hanno riconosciuto all' Olp, fin dal 1974, nel quadro palestinese, la caratteristica essenziale di interlocutore qualificato, anche se non unico, in rappresentanza di quel popolo. ci siamo sempre mossi in piena coerenza con questa impostazione e riteniamo che in questa fase l' Italia e l' Europa, in necessario raccordo con gli USA, possano e debbano seguire con speciale attenzione gli eventi in Medio Oriente , cercare di capire quello che accade, esplorare le possibili vie di soluzione ed incoraggiare ogni realistica apertura negoziale, ma tenendo aperti, nelle forme appropriate, tutti i canali con tutte le principali componenti del negoziato, quali la Giordania, Israele, l' Egitto, la Siria, nonché l' Olp. a quest' ultima organizzazione chiediamo tuttavia di imboccare con decisione la via del negoziato, rinunziando alla violenza in tutte le sue forme. si è molto parlato di terrorismo internazionale, in questi ultimi tempi, di fronte ai gravi episodi che si sono sviluppati sotto i nostri occhi e che tanto hanno colpito la pubblica opinione . riteniamo di dover ribadire che in nessun caso deve venir meno la necessaria fermezza verso il terrorismo, da combattersi anche attraverso una essenziale ed efficace collaborazione con i nostri partner. riaffermando il nostro impegno nella lotta contro il terrorismo internazionale, non dobbiamo dimenticare per altro che, da parte nostra, tale lotta è stata sempre condotta nel pieno rispetto delle leggi e della legalità internazionale. siamo convinti che questo sia stato e sia il metodo migliore. la crisi nel Medio Oriente , se pure appare oggi la principale e la più minacciosa, non esaurisce il quadro delle crisi regionali esistenti in vari continenti, alcune delle quali anche gravi ed urgenti, che, con il loro aggravarsi, potrebbero anche compromettere la stabilità internazionale, con ripercussioni di carattere generale . anche nei loro riguardi, l' opzione del negoziato è l' unica possibile e rappresenta l' obiettivo principale verso il quale si appuntano le speranze dei popoli. la nostra posizione, onorevoli colleghi , è chiara e semplice e non ha niente a che fare con il tentativo ripetuto, nelle cronache di questi giorni, di accreditare una spiegazione dei fatti tutta incentrata su una interpretazione, forse, a far dire all' onorevole Occhetto che « De Mita ha vinto, ma è una vittoria di Pirro » . no, onorevole Occhetto, non è una vittoria di Pirro , per la semplice ragione che questo scontro non c' è, non c' è stato. per quanto ci riguarda, concepiamo la politica in maniera diversa, come lo sforzo continuo e difficile di rispondere agli interrogativi che muovono la gente di questo paese, alla domanda di speranza che cresce nell' animo del popolo, che con la politica, solo con la politica, può appagare l' aspirazione a trasformare quella speranza in diritti. per questo riteniamo, lo ripetiamo, che la politica non può essere mera contesa per il potere e perciò oggi il nostro impegno è di fare ogni sforzo per il rinnovamento. non abbiamo mai nascosto i nostri problemi ed anche le nostre interne difficoltà, ma oggi vi è una difficoltà non della Democrazia Cristiana , bensì della politica ad essere punto di riferimento unificante della complessità degli interessi. in assenza di un momento di sintesi, gli interessi insorgono e prevalgono nella loro immediatezza corporativa e questo è il segno della crisi della politica, di fronte alla quale siamo tutti in qualche modo fermi, mentre tutti dobbiamo misurarci con serenità di analisi ed umiltà di proposte. le difficoltà — ormai è provato — non si superano con le impazienze, il desiderio, la demonizzazione dell' avversario e qualche volta la disinvolta improvvisazione. siamo tutti coinvolti e tutti insieme in qualche modo in una condizione difficile di fronte a tali problemi. vincerà, e solo allora si potrà parlare di vincitori, chi concorrerà meglio e di più ad elaborare ed indicare la soluzione possibile. e qui la partita reale della alternativa nel nostro paese, onorevole Natta, che non è un semplice gioco tutto ripiegato su quella occupazione delle istituzioni, di cui per altro tutti denunciamo la inadeguatezza. il vero terreno di confronto è un altro. e il già richiamato processo ricostituente delle regole che presiedono al funzionamento del nostro sistema politico ed al rinnovamento del modo di essere della politica. perciò andiamo al nostro prossimo congresso a maggio non già ponendoci problemi e traguardi di vecchio tipo, coltivando ambizioni di mediocre respiro o facendo calcoli del tutto inadeguati e distanti rispetto ai problemi del paese. al congresso andremo con la preoccupazione prevalente di cogliere ciò che nella società emerge e si muove, di prestare ascolto alle domande della gente ed in modo del tutto particolare ai giovani che in questi giorni sollecitano una rinnovata considerazione non astratta, non ripetitiva e più penetrante. questo è il nostro impegno e, se si vuole, la nostra più vera ambizione. onorevoli colleghi , ho cercato così di esprimere la nostra posizione sui temi che hanno in qualche modo fatto da sfondo alla crisi di Governo e sono ragione della sua riproposizione in Parlamento e della ripresa del suo impegno e della sua iniziativa. tale impegno ha registrato una interruzione, una pausa che forse non è stata inutile, se è servita ad un opportuno chiarimento ed a rinsaldare i vincoli della alleanza. rompere la coalizione senza prospettive, senza alternative, con il rischio forse inevitabile di elezioni anticipate , sarebbe stato un grave danno per il paese e per la sua economia. una risposta incomprensibile e deludente alle attese ed alle speranze degli italiani. una incrinatura pericolosa nei rapporti e negli equilibri politici, un dato di destabilizzazione ed in ogni, caso di inaccettabile ritardo e rinvio nell' affrontare i gravi problemi che abbiamo dinanzi. sono convinto perciò che tutti i partiti della maggioranza, tutti insieme, hanno fatto il loro dovere ricreando rapidamente le condizioni per riprendere il cammino ed andare avanti. per questo ci siamo particolarmente impegnati e per questo, onorevole presidente del Consiglio , riconfermiamo a lei ed al Governo la nostra fiducia.