Bettino CRAXI - Deputato Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 369 - seduta del 17-10-1985
Sfiducia al Governo
1985 - Governo III Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 475
  • Comunicazioni del governo

onorevole presidente , onorevoli colleghi , prima di comunicare le decisioni che ritengo necessario e doveroso prendere, vista la grave situazione politica che si è determinata nella coalizione di Governo, ho sentito l' obbligo di esporre alla Camera, nell' assoluto rispetto della verità, la sequenza di avvenimenti riferiti alla vicenda dell' Achille Lauro che il paese ha vissuto con trepidazione in questi giorni e che il Governo sin dall' inizio ha fronteggiato con una linea di condotta sempre ispirata allo obiettivo primario di evitare una tragedia e agendo in modo che le nostre decisioni in nessun momento fossero tali da comportare pregiudizio alla dignità della nazione e alla sovranità del paese. ed ecco i fatti. lunedì 7 ottobre, a Göteborg, veniva intercettato un messaggio radio di Sos proveniente da una motonave italiana che si trovava al largo del tratto di mare tra Alessandria e Porto Said . le autorità italiane, informate dell' Sos, avviavano immediatamente accertamenti attraverso il governo egiziano. nella serata di lunedì risultò chiaro che la turbonave da crociera Achille Lauro era stata effettivamente posta sotto sequestro da un gruppo terroristico. su richiesta del governo italiano , scattava un piano di emergenza in Egitto: veniva costituito un centro operativo a Porto Said , sotto la responsabilità diretta del Primo Ministro Lufti e sotto il controllo dello stesso presidente Mubarak. il governo italiano si è subito preoccupato di definire le necessarie iniziative politico-diplomatiche, avviando tutti i contatti utili per poter identificate gli autori del dirottamento, le loro intenzioni, per accertare l' esatta posizione della nave, nonché l' identità e la nazionalità delle persone che al momento del sequestro erano a bordo. risultavano a bordo della Lauro 344 uomini di equipaggio, tra cui 215 italiani e 78 portoghesi, 201 passeggeri tra i quali 52 svizzeri, 29 austriaci, 28 italiani, 16 statunitensi e 11 tedeschi. venivano perciò sollecitati i governi di tutti i paesi in grado di adoperarsi utilmente. in particolare, oltre all' Egitto, venivano presi contatti con gli USA, la Giordania, la Siria, Israele, la Tunisia, nonché l' Olp, per meglio dirigere gli sforzi diplomatici verso una soluzione incruenta del caso che si presentava in tutta la sua drammaticità. veniva innanzitutto verificata la richiesta, attribuita al leader del commando a bordo che si qualificava come palestinese, di liberare 50 palestinesi detenuti in Israele, in cambio del rilascio della Achille Lauro e delle persone a bordo. da un nome che filtrò sulla identità dei palestinesi di cui veniva chiesta la liberazione, si ritenne probabile che il gruppo responsabile del sequestro potesse appartenere ad una formazione denominata Fronte della liberazione della Palestina, a sua volta divisa in tre distinte e opposte frazioni. nel frattempo, da Tunisi, l' Olp dichiarava la sua totale estraneità e si dissociava dal dirottamento, condannandolo come atto di sabotaggio agli sforzi di pace. le stesse autorità americane, dal canto loro, nella notte di lunedì 7 ottobre, chiedevano espressamente al governo italiano di rivolgersi ad Arafat, perché egli rilasciasse una dichiarazione pubblica per affermare di non avere nessuna responsabilità nell' impresa terroristica. in quella stessa notte convocavo alla Presidenza del Consiglio una riunione di emergenza per mettere a punto anche le misure militari necessarie per la liberazione dei passeggeri e della nave, nella deprecabilissima ipotesi di una situazione di estrema necessità. quella notte stessa, per disposizione del ministro Spadolini, unità militari, composte da specialisti, lasciavano l' Italia dirette verso la zona di operazione. nelle prime ore della mattina di martedì 8, Yasser Arafat confermava la condanna del sequestro della Achille Lauro ed offriva la sua piena disponibilità per giungere ad una soluzione incruenta, salvaguardando cioè l' incolumità fisica di tutti gli ostaggi. ancora nelle prime ore della mattina di martedì 8 ottobre, venivano intensificati i collegamenti con il governo del Cairo e con le autorità degli USA, per stabilire l' esatta posizione della nave e la rotta e per accertare la possibilità di un collegamento con i dirottatori. la nave non rispondeva alle chiamate. chiedemmo al governo degli USA se era disposto al semplice contatto con i dirottatori, esprimendo una posizione di estrema prudenza rispetto ad una ipotesi di negoziato, tanto più che i termini ricavati dai radiomessaggi lanciati dai dirottatori concernevano palestinesi detenuti in Israele. in quelle ore, poi, i dirottatori interruppero i loro segnali radio, rendendo ancora più drammatica la situazione, in cui perduravano difficoltà di individuare la nave e la sua rotta. alle ore 12 di quel giorno l' ambasciatore degli USA Rabb ci esprimeva la grande preoccupazione del suo Governo per gli sviluppi della vicenda e ci confermava la piena solidarietà degli USA, il cui Governo si dichiara « pronto a fornire tutta l' assistenza che venisse richiesta dall' Italia » . questa grande preoccupazione era posta in relazione alle intenzioni dei dirottatori, trasmesse per via radio prima della interruzione dei collegamenti, di uccidere innanzitutto i passeggeri di nazionalità americana, qualora le loro richieste non fossero state accolte. alle ore 13, mentre era in corso una nostra riunione a Palazzo Chigi , presenti i ministri degli Esteri e della Difesa, giungeva la notizia che gli aerei di ricognizione avevano avvistato la nave che si stava dirigendo verso est: presumibilmente verso la Siria. successivamente apprendemmo che i dirottatori stavano chiedendo alle autorità siriane di poter attraccare nel porto di Tartus. il governo di Damasco si riservava ogni decisione in merito alla richiesta, in attesa di conoscere se l' Italia e gli USA fossero disponibili ad intavolare con i dirottatori le trattative. d' intesa con Washington convenimmo sulla opportunità di non aderire e di chiedere al governo siriano di rifiutare l' attracco. contemporaneamente, il Governo predisponeva nuovi contatti per incoraggiare la condanna dell' atto criminoso da parte anche dei gruppi palestinesi in Siria. trovammo in ciò la piena collaborazione del governo siriano, poi confermata personalmente al ministro Andreotti dallo stesso presidente Assad. di lì a poco le agenzie diffondevano la dura riprovazione del governo siriano e anche di taluni gruppi e frazioni della dissidenza palestinese. considerata l' analoga condanna espressa dai paesi arabi, il Governo aveva così ottenuto almeno il primo obiettivo che si era prefisso nell' ambito della sua azione diplomatica, e cioè l' assoluto isolamento politico dei terroristi. nel frattempo, però, si diffusero notizie gravi, anche se incontrollate, circa la uccisione di due cittadini americani. ci venne allora comunicato che era stata indetta per le ore 13 locali di Washington una riunione di emergenza alla casa bianca, con la richiesta contemporanea di fissare per quel momento un nuovo concerto al massimo livello politico con il nostro paese. è allora che io convoco alla Presidenza del Consiglio una nuova riunione, cui partecipa il vicepresidente Forlani oltre ai ministri Andreotti e Spadolini. mentre questa riunione è in corso , l' ambasciatore Rabb chiede di essere ricevuto con urgenza. il diplomatico americano parla su istruzioni del presidente Reagan. esprime innanzi tutto il grande apprezzamento del governo americano per l' efficace coordinamento che si sta realizzando tra i due paesi. affronta poi la questione delle misure militari. informa che la situazione, a giudizio del suo Governo, è insostenibile. dice che Washington ritiene attendibili le notizie relative all' uccisione di due cittadini americani e che dai messaggi radio intercettati risulterebbe l' intenzione dei dirottatori di uccidere, a far tempo dall' indomani, un cittadino americano ogni ora, e ciò fino al punto in cui non venissero accolte le loro richieste. conferma l' assoluta indisponibilità del governo di Washington ad intraprendere un negoziato e mi informa della decisione di avviare l' azione militare, per il cui inizio gli americani hanno fissato un termine per la notte di mercoledì, dichiarandomi che i loro preparativi sarebbero stati ultimati per quel momento. chiedono di poterla eventualmente compiere da soli, in caso di divergenza sulla sua necessità. osservo, da parte mia, che la nave è una nave italiana e lo informo che il governo italiano aveva sin dal primo momento considerato la possibilità di un intervento militare in caso di assoluta necessità, e che allo scopo aveva già predisposto gli uomini ed i mezzi. informavo tuttavia l' ambasciatore Rabb del fatto che non avevamo le sue stesse informazioni sul precipitare degli eventi. ritenevo che si dovessero ancora ricercare vie d' uscita non cruente. invitavo dunque alla prudenza, confermando tuttavia che, a mio giudizio, il governo italiano era pronto a far ricorso all' opzione militare, anche d' intesa, dichiarando che, in questo caso estremo, avrei sottoposto il problema alla decisione del Governo. nulla, tuttavia, doveva avvenire senza una stretta consultazione e concertazione. suggerii pertanto all' ambasciatore di trasmettere un messaggio di prudenza al governo di Washington, tenendo anche conto dell' alto coefficiente di rischio, in termini di vite umane , che avrebbe potuto comportare un' azione militare. convenimmo, quindi, di aggiornare le valutazioni per l' indomani mattina, per capire in quale direzione si sarebbero mossi gli eventi e per definire i comportamenti da assumere. nella riunione di Governo, decidemmo di prendere in considerazione le modalità e le condizioni che avrebbero meglio garantito le massime prospettive di successo di un' azione militare con il più basso possibile livello di rischio. ma, anche in tale ottica, pensammo che rimanesse la necessità di avviare appena possibile un dialogo con i dirottatori, anche per guadagnare tempo e portare, se possibile, la nave ferma in una posizione di sicurezza. accogliemmo perciò con sollievo la notizia, che ci venne fornita dal ministro degli Affari esteri egiziano Meguid, circa un possibile ritorno della nave Achille Lauro nelle acque antistanti Porto Said . contemporaneamente, ci viene chiesto quale sarebbe stato il nostro atteggiamento in ordine all' avvio di possibili contatti con i dirottatori per il rilascio dei passeggeri. il governo egiziano, che era pronto ad autorizzare l' entrata in rada dell' Achille Lauro, nonostante l' opposizione americana, contraria a dare comunque rifugio ai dirottatori, ci conferma la sua massima disponibilità ad esercitare ogni utile e possibile influenza, animato dal proposito di evitare perdite di vite umane . da parte nostra, esprimiamo subito il vivo apprezzamento dell' Italia al governo egiziano, convenendo su una linea pragmatica di approccio con i dirottatori che evitasse inutili tragedie. ci confortava la consapevolezza circa l' isolamento politico in cui si trovavano ormai i dirottatori, nonché la possibilità di convenire con gli egiziani formule discrete di accerchiamento non appena l' Achille Lauro fosse entrata nelle acque libere in prossimità dell' Egitto. sugli sviluppi della situazione giocavano a questo punto due fattori: la piena, sagace collaborazione dell' Egitto ed il ruolo di buoni uffici svolto dagli emissari inviati al centro operativo di Porto Said dall' Olp. sono due fattori risultati essenziali per la riuscita dell' azione politico-diplomatica. essi hanno posto le basi per conseguire l' obiettivo che tutti fortemente auspicavamo: noi certamente, ma anche gli altri paesi che, come l' Italia, avevano propri connazionali a bordo della nave e chiedevano al governo italiano di adoperarsi al meglio per scongiurare una tragedia. convenimmo con le autorità egiziane di proseguire così la nostra strategia di contatto, informando costantemente gli USA. dal Cairo perveniva la notizia che la motonave Achille Lauro era ormai in prossimità delle acque territoriali antistanti Porto Said da dove gli emissari di Arafat si riteneva ormai fossero in collegamento con i dirottatori. di lì a poco, la mattina di mercoledì, giungeva una conferma direttamente da Yasser Arafat. con un messaggio, il leader palestinese mi informava (cito testualmente): « dopo i nostri sforzi compiuti durante l' intera nottata, abbiamo potuto far rientrare in acque antistanti l' Egitto la nave; le posso anticipare che abbiamo una elevata fiducia circa una positiva conclusione della vicenda entro la giornata di oggi » . egli tuttavia, nello stesso messaggio, invitava a compiere alcune azioni di persuasione per ottenere almeno qualche gesto simbolico da parte di Israele. ritenni che questa parte del messaggio non poteva essere accolta, dal momento che non ricorrevano le condizioni per avviare i relativi sondaggi. poco più tardi, il Governo veniva informato, invece, da parte di Arafat, che il rilascio della nave « con tutti i passeggeri sani e salvi » sarebbe avvenuto senza alcuna contropartita di liberazione di prigionieri. dalle autorità egiziane, intorno alle 15,30 di mercoledì, arrivava infine la notizia che la nave veniva effettivamente rilasciata e che tutte le persone a bordo erano in buone condizioni di salute. in precedenza avevamo da parte nostra informato le autorità egiziane che, per quanto ci riguardava, potevano disporre di un margine di flessibilità da utilizzare qualora le circostanze lo avessero reso necessario, che comportava l' autorizzazione a concedere un salvacondotto ai dirottatori a condizione che non fossero stati compiuti a bordo atti di violenza perseguibili sulla base della legge penale italiana. alle 16,20 il ministero degli affari esteri riesce finalmente a mettersi in contatto diretto radio-telefonico con il comandante De Rosa , il quale conferma di aver recuperato il pieno controllo della nave, che si trova alla fonda a 15 miglia da Porto Said e che tutti i passeggeri ed i membri dell' equipaggio stanno bene, tranne un marinaio leggermente ferito. solo successivamente, precisamente alle 18,10 del medesimo giorno e su mia diretta iniziativa, apprendo da un contatto radio-telefonico diretto con il comandante dell' Achille Lauro notizie della avvenuta scomparsa a bordo della nave di un cittadino americano di nome Leon Klinghoffer . il comandante non mi dà l' assoluta certezza, ma dalle indicazioni che trasmette emerge chiaramente il fatto che il cittadino americano è stato drammaticamente ucciso e gettato in mare. facevo subito pervenire al presidente Reagan il cordoglio del governo italiano e mio personale per la morte del cittadino americano. questa notizia ci riempiva di profonda tristezza proprio nel momento in cui si rasserenava l' animo per una tragedia evitata a tutti noi, a tutti coloro che hanno vissuto questa drammatica avventura e alle loro famiglie. da parte mia provvedevo ad annunciare subito l' intendimento dell' Italia di richiedere all' Egitto l' estradizione dei quattro dirottatori perché essi potessero essere sottoposti ad un regolare processo in Italia. nel dubbio che i dirottatori avessero potuto essere nel frattempo trasferiti nella custodia dell' Olp, facevo pervenire a Yasser Arafat la richiesta di una loro consegna all' Italia. comunicavo espressamente questi propositi del governo italiano al presidente degli USA Reagan, assicurando che nulla sarebbe stato lasciato intentato, sempre nell' ambito di tutte le concrete possibilità dell' Italia, perché i colpevoli fossero individuati e puniti. onorevoli colleghi , espongo ora i fatti della vicenda del dirottamento sul suolo italiano del Boeing 737 dell' Egypt Air . intorno alla mezzanotte, ora italiana di giovedì 10, ricevo dalla casa bianca una telefonata in cui mi si informa che aerei militari americani avevano intercettato un aereo civile egiziano, a bordo del quale il governo americano riteneva con ragionevole certezza che vi fossero i quattro palestinesi responsabili del dirottamento della Achille Lauro. il presidente degli USA chiedeva al governo italiano il consenso per poter procedere all' atterraggio a Sigonella, che fino a quel momento non era stato concesso dalle autorità dell' aereoporto, dell' aereo civile e degli aerei militari americani. in considerazione della situazione particolarmente eccezionale e, cioè, dovendosi perseguire il fine principale di una probabile cattura dei responsabili del gravissimo episodio dei giorni precedenti e dei gravi misfatti, ivi compreso il pressoché certo assassinio di un passeggero a bordo della Achille Lauro, ho ritenuto di dare il consenso all' atterraggio degli aerei in questione alla base di Sigonella: il Boeing 737 egiziano, e gli aerei americani, risultati poi essere non i caccia intercettatori ma due velivoli da trasporto C141. appena atterrato, il Boeing egiziano è stato posto sotto il controllo di 50 militari italiani che lo hanno circondato. dai C141 sono discesi 50 militari americani in assetto di guerra che hanno a loro volta circondato i militari italiani. appartenevano alla Forza delta ed erano comandati da un generale in collegamento radio con Washington; un commando era pronto ad intervenire per prelevare i passeggeri del Boeing. l' ordine proveniva direttamente dalla casa bianca ed era, come ci fu comunicato, di « prelevare i terroristi » . si intrecciavano nel frattempo altre telefonate. il segretario di Stato Schultz si metteva in contatto con il ministro degli Esteri Andreotti, mentre il segretario della difesa Weinberger contattava il ministro della Difesa Spadolini. alcune ore dopo, nel corso della notte, lo stesso presidente Reagan mi telefonava nuovamente prospettandomi il desiderio del governo di Washington di poter trasferire sul territorio americano i responsabili dell' assassinio di Leon Klinghoffer per sottoporli a regolare processo. a mia volta presentavo la nostra posizione in diritto, e cioè che i reati erano stati commessi in acque internazionali, su una nave italiana, e pertanto dovevano essere configurati come atti criminosi perpetrati in territorio italiano. aggiungevo che il governo italiano non avrebbe potuto sottrarre, con proprie decisioni, alla competenza dei tribunali italiani i responsabili del dirottamento dell' Achille Lauro e degli atti di violenza commessi a bordo. il presidente degli USA Reagan prendeva atto di questa mia posizione, preannunciandomi l' intenzione del governo degli USA di chiedere l' estradizione dei quattro terroristi, sulla base del trattato vigente in materia tra USA ed Italia. alla successiva richiesta del presidente Reagan di arrestare anche i due dirigenti palestinesi segnalati a bordo del medesimo aereo dissi che, in questo caso, noi avremmo potuto fare accertamenti. subito dopo impartivo disposizioni perché i quattro dirottatori fossero presi in custodia, mentre i due dirigenti palestinesi avrebbero dovuto essere trattenuti solo come testimoni, per poter acquisire elementi utili ai fini del procedimento giudiziario sul dirottamento relativo all' Achille Lauro. in relazione al particolare status dell' aeromobile egiziano, che era in missione speciale del governo egiziano e che pertanto godeva della extraterritorialità, abbiamo avvertito le autorità egiziane a bordo dell' aereo dell' intendimento italiano di prendere in custodia a fini giudiziari i quattro dirottatori. tale richiesta veniva subito accolta. comunicavamo altresì che i due dirigenti palestinesi segnalati a bordo sarebbero stati fatti scendere dall' aereo e trattati dal governo italiano come ospiti a scopo testimoniale. ci veniva replicato che i due dirigenti palestinesi, che si trovavano in Italia contro la loro volontà, rifiutavano di lasciare l' aereo e che in queste condizioni le autorità egiziane non ritenevano di poter accogliere la nostra richiesta. ci veniva suggerito di concordare con loro una procedura al fine di rendere possibile il colloquio di un rappresentante del Governo con le predette personalità palestinesi. in particolare, l' ambasciatore egiziano a Roma comunicava formalmente al riguardo che i due palestinesi a bordo dell' aereo dirottato sul territorio italiano dovevano essere considerati ospiti del governo egiziano che, a tale titolo, si riteneva responsabile della loro sicurezza. la mattina del giorno dopo, e cioè venerdì 11, il Governo ha poi appreso dell' esigenza manifestata dalla procura della Repubblica di Siracusa di poter procedere all' esatta identificazione dei quattro dirottatori dell' Achille Lauro. la richiesta veniva avanzata nello stesso momento in cui il governo egiziano compiva un passo ufficiale per il rilascio immediato dell' aereo con tutti i suoi passeggeri, ad esclusione dei responsabili del dirottamento. le competenti autorità diplomatiche egiziane, manifestando comprensione per questa legittima esigenza della magistratura italiana, acconsentivano a che l' aeromobile Boeing 737 venisse trattenuto per il tempo strettamente necessario perché fossero completate le procedure d' identificazione, nelle modalità ritenute appropriate dalla magistratura italiana. devo tuttavia ricordare che la motonave Achille Lauro era ancora bloccata a Port Said dal governo egiziano. nel frattempo, in attesa che la procura della Repubblica di Siracusa procedesse all' esatta identificazione dei dirottatori, il governo italiano disponeva, con le autorità diplomatiche egiziane in Roma, la procedura per acquisire da Abu Abbas alcune sue dichiarazioni concernenti la vicenda del dirottamento e del successivo rilascio dell' Achille Lauro. era così possibile che un diplomatico italiano, da me incaricato, avesse un colloquio con Abu Abbas a bordo del velivolo egiziano durante la sua sosta a Sigonella. nel corso del colloquio è stata raccolta una testimonianza che potrà essere messa a disposizione. alle 20,15 di venerdì, terminata la procedura di identificazione dei dirottatori, il procuratore della Repubblica di Siracusa riteneva esaurite le esigenze della magistratura e dichiarava che l' aereo era libero di lasciare Sigonella. da quel momento veniva a mancare la necessaria base legale per trattenere ulteriormente il velivolo dell' Egypt Air e i suoi passeggeri, ad eccezione naturalmente dei terroristi già assicurati alla custodia italiana. tuttavia il governo italiano chiedeva all' ambasciatore egiziano lo spostamento del Boeing 737 dalla base di Sigonella all' aeroporto di Ciampino di Roma, allo scopo di poter esplorare le possibilità di compiere ulteriori accertamenti. costituiva, questo, un atteggiamento del Governo rispondente all' impegno che io avevo assunto con Reagan di concedere il tempo necessario affinché potessimo disporre di elementi o evidenze che dimostrassero, come si assumeva, il coinvolgimento dei due dirigenti palestinesi nella vicenda del dirottamento dell' Achille Lauro. alle 22,01 del giorno 11 ottobre il Boeing dell' Egypt Air decollava da Sigonella per Ciampino. quattro nostri caccia partivano contemporaneamente da Gioia del colle per assicurare la protezione durante il volo. alle 22,04 un aereo americano partiva da Sigonella non autorizzato e seguiva il Boeing egiziano. il pilota non rispondeva alle domande di identificazione avanzate dai nostri caccia ed anzi ha chiesto a questi di allontanarsi. i piloti dei nostri caccia ritengono si trattasse di un f14. a 40 chilometri da Ciampino l' aereo americano scompariva dai radar volando molto basso. alle ore 23 circa atterrava a Ciampino il Boeing 737 e pochi istanti dopo un aereo militare statunitense T39 atterrava a qualche decina di metri di distanza dichiarando una situazione di emergenza. il governo italiano sta disponendo un' inchiesta su tali episodi ed una protesta è stata immediatamente rivolta al governo di Washington. alle 5,30 del mattino, ora italiana, di sabato 12, l' ambasciatore americano Rabb presentava formale richiesta, sia al ministro di grazia e Giustizia, sia a Palazzo Chigi , di arresto provvisorio di Abu Abbas ai fini estradizionali, in applicazione del vigente trattato in materia tra Italia e USA. veniva subito avviato il prescritto esame da parte italiana che non dava esito positivo. la richiesta di arresto provvisorio, infatti, ancorché formalmente corretta, non presentava, a giudizio del competente ministero di Grazia e Giustizia , gli elementi di merito e di sostanza adeguati ai criteri imposti dalla legislazione italiana in materia di acquisizione e presentazione delle prove ai fini dell' arresto stesso. in queste condizioni veniva a mancare la base giuridica perché il Governo potesse valutare la situazione politico-diplomatica in ordine ad un' azione mirante a trattenere ulteriormente Abu Abbas , tenendo conto che in quel momento egli risultava essere a bordo di un aereo che godeva di status di extraterritorialità e che era inoltre protetto da immunità diplomatica estesagli dalla Repubblica irachena. devo inoltre ricordare la ferma intenzione che ci venne comunicata da parte egiziana, di difendere, se necessario, l' inviolabilità dell' aereo con le armi. al riguardo veniva segnalata la presenza a bordo dell' aereo di 10 guardie egiziane armate, presenza che era stata direttamente verificata. nella mattinata di sabato 12, il ministro di grazia e Giustizia confermava la non accoglibilità della richiesta di arresto provvisorio. d' altra parte, la magistratura italiana, che era a conoscenza di tutti gli elementi in possesso del Governo forniti dagli USA, non aveva ritenuto di dover chiedere il fermo né dell' aereo né di alcuno dei suoi passeggeri. questo stato di cose si protrasse per tutta la giornata di sabato, giacché Abu Abbas lasciò il territorio italiano solo alle 19,02. in precedenza, alle 15 dello stesso giorno, era stato notificato agli ambasciatori d' Egitto e degli USA che non esisteva motivazione per trattenere ulteriormente l' aereo ed i suoi passeggeri. successivamente l' ambasciatore egiziano comunicava al governo italiano che i due dirigenti palestinesi, per ragioni di sicurezza, avrebbero lasciato il territorio italiano a bordo di un aereo di linea jugoslavo. dopo la partenza dell' aereo egiziano da Fiumicino, la nave italiana Achille Lauro ha avuto l' autorizzazione a lasciare l' Egitto, e ieri sera è rientrata in patria sana e salva. onorevoli colleghi , prima che venisse adottata la decisione che fu comunicata ai due ambasciatori alle 15, mi ero premurato di svolgere una consultazione con i ministri che rappresentavano nel Governo le forze della coalizione, ai quali ho pienamente rappresentato la situazione nella quale ci trovavamo e le decisioni che si prospettavano. il ministro Altissimo ne prese atto, ribadendo nel contempo la sua insoddisfazione per una insufficiente gestione collegiale dell' intera vicenda. il ministro Nicolazzi ne prese atto, avanzando a sua volta riserve e critiche di metodo in relazione alla condotta seguita. il ministro Spadolini mi disse che conveniva, ma ad una condizione. la condizione era che, prima di consentire all' aereo di ripartire, risultasse accertata l' identità dei quattro terroristi, anche attraverso il riconoscimento effettuato dai passeggeri dell' Achille Lauro appositamente fatti giungere a Siracusa. informai immediatamente il ministro Andreotti dei risultati della mia consultazione, perché potesse procedere nelle decisioni, nonché della condizione posta dal ministro Spadolini. il ministro Andreotti mi rispose che se ne sarebbe immediatamente interessato. onorevole presidente , onorevoli colleghi della Camera, questi i fatti. fatti noti nelle loro linee generali, che ci hanno fatto giungere ringraziamenti dagli Stati che avevano loro cittadini a bordo dell' Achille Lauro, per la prudenza e, penso, anche per la saggezza con cui ci siamo mossi, al fine di salvaguardare tante vite umane . il tono polemico delle prime reazioni del governo americano non poteva non suscitare la più viva e dispiaciuta sorpresi ed anche un sentimento di amarezza per il disconoscimento da parte di un governo amico di tutto quello che il governo italiano aveva fatto per superare con successo una situazione particolarmente critica e difficile, e dei risultati che si erano conseguiti. sono state pronunciate parole che debbo ritenere derivino solo da una incompleta valutazione dei fatti e delle circostanze nelle quali si è mossa la linea di condotta del governo italiano . desidero perciò fare, anche a questo proposito, alcune riflessioni conclusive, che sono le seguenti. il dirottamento di una nave, primo del genere da parte di un gruppo di terroristi armati anche di esplosivi, si è risolto in meno di quarantotto ore con la resa dei dirottatori e la liberazione e il salvataggio, senza colpo ferire , dei passeggeri e dell' equipaggio. un bilancio positivo che sarebbe stato un vero successo se non fosse stato purtroppo rattristato dalla constatazione che durante l' impresa terroristica un cittadino americano aveva perso la vita. tuttavia, la conclusione non cruenta della vicenda, senza gli ulteriori spargimenti di sangue che si potevano temere, è stata un grande risultato, dovuto alle iniziative e agli impulsi messi in atto dal governo italiano e dal concorso delle collaborazioni che esso ha potuto ottenere. la seconda riflessione che faccio è questa. le autorità americane erano state informate che, ove l' azione politico-diplomatica messa in atto fosse fallita, quindi in caso estremo, l' Italia era già pronta, sia dalle prime ore dopo il dirottamento, per un intervento militare volto a liberare la nave, che avrebbe potuto compiere da solo o in collaborazione con i governi alleati e interessati. era stato reso perfettamente chiaro che, in caso di assoluta necessità, l' Italia era pronta a rischiare la vita dei suoi soldati per salvare i passeggeri della nave e soprattutto quelli che apparivano i più direttamente minacciati e cioè i cittadini americani. in presenza di un' azione così anomala, diciamo così, quale il dirottamento di un aereo egiziano da parte dell' aviazione americana; e pur sapendo che non sarebbero mancate gravi reazioni da parte di una nazione amica come l' Egitto, il governo italiano si è assunto la responsabilità di favorire l' esito positivo di questa azione, condividendo il superiore fine di giungere alla cattura del gruppo terroristico. il governo italiano , per il rispetto dovuto alla sovranità della Repubblica, si è assunto la responsabilità di richiedere i quattro terroristi, che sono stati messi a disposizione della magistratura italiana: un tribunale italiano giudicherà i responsabili dei crimini commessi su una nave italiana, fatto salvo l' esame che gli organi competenti faranno delle richieste di estradizione avanzate dal governo americano . è ben vero che, in un contatto con il presidente degli USA, io ho dichiarato che avremmo compiuto accertamenti sui due dirigenti palestinesi segnalati a bordo dell' aereo dirottato. in quella stessa circostanza, il presidente Reagan mi preannunciò una richiesta di estradizione per i quattro terroristi e non per altri. la situazione che successivamente si presentò al governo italiano fu quella che ho già descritto e cioè di un aereo che, per le sue caratteristiche di aereo incaricato di missione speciale dal governo egiziano, godeva dello status di extraterritorialità; della presenza a bordo di dieci agenti egiziani incaricati della protezione dell' aereo e dei suoi passeggeri; e di passeggeri muniti di passaporti diplomatici. da parte sua la magistratura italiana, investita da una iniziativa giudiziaria americana, non aveva ritenuto di disporre iniziative di fermo dell' aereo e di arresto dei suoi passeggeri. a parte ogni altra considerazione, che, tuttavia, potrebbe essere utilmente svolta in relazione al fatto che si trattava per altro di una delle persone che avevano condotto la mediazione per la liberazione della nave, il governo italiano non poteva compiere atti in violazione della legalità internazionale e della stessa legge italiana. il Governo ha sempre condotto con la massima intransigenza la lotta al terrorismo libero ed i risultati sin qui conseguiti lo dimostrano. nessun governo libero al mondo ha saputo conseguire risultati decisivi nella lotta al terrorismo senza distruggere i principi e le regole dello stato di diritto , così come hanno saputo fare i governi della Repubblica italiana . non c' è un caso di cedimento o di debolezza che possa essere imputato a questo Governo nella lotta al terrorismo. la Camera conosce bene le posizioni e le iniziative, sovente illustrate e discusse, che il governo italiano ha sviluppato per schiudere le vie ad una prospettiva di pace nella tormentata regione mediorientale. ancora recentemente il governo italiano aveva raccolto l' espressione dell' interesse e dell' apprezzamento anche del governo degli USA per il ruolo che l' Italia svolgeva nella regione e nell' ambito delle sue relazioni nel Medio Oriente . esse si sono sempre mantenute nel quadro di una fondamentale esigenza di riconoscimento dei diritti del popolo palestinese e di rispetto dei diritti dello Stato di Israele , e si sono alimentate nella speranza che una stagione di dialogo e di negoziato potesse prendere il posto della lunga stagione della contrapposizione radicale e della violenza. per quanto riguarda i rapporti tra Roma e Washington, io non posso che augurarmi che i chiarimenti intercorsie quelli che potranno ancora intercorrere siano di natura tale da ristabilire definitivamente la piena armonia tra l' Italia e gli USA, che sono paesi amici ed alleati, per la continuità e lo sviluppo di un rapporto di comuni responsabilità e di intensa collaborazione, in un clima di attenta considerazione, di amicizia e di rispetto della dignità e della sovranità nazionale dei rispettivi paesi. mi sembra doveroso concludere questa mia esposizione rinnovando il ringraziamento a tutti coloro che ci hanno aiutato in questa dolorosa vicenda; a tutti coloro che hanno collaborato, che hanno cooperato, che hanno solidarizzato con i nostri sforzi, intesi unicamente a salvare centinaia di vite in quel momento esposte ad un rischio gravissimo. abbiamo agito secondo la nostra coscienza, secondo la nostra politica e secondo le nostre leggi. la coscienza ci ha dettato il dovere di tentare le vie incruente; la politica ci ha offerto l' occasione di utilizzare i buoni rapporti dell' Italia; le nostre leggi, le leggi italiane, ci hanno indicato la via da seguire. onorevole presidente , onorevoli colleghi , questi i fatti, questa la verità dei fatti. questo non significa che non possano esserci state carenze meritevoli di critica, e mi dispiace molto che i dissensi non siano stati ritenuti ricomponibili da parte degli amici repubblicani. ieri, ho ricevuto infatti le dimissioni dei ministri Mammì, Spadolini e Visentini a seguito di una decisione della direzione repubblicana, che ha determinato una crisi nei rapporti della coalizione e comporta quindi le dimissioni del Governo . informo la Camera che mi accingo ai conseguenti adempimenti. ringrazio tuttavia prima tutte le forze politiche che, sia pure con motivazioni in taluni casi diverse o avanzando per certi aspetti critiche e riserve, hanno sostenuto nel fondo gli sforzi che il Governo ha compiuto in una circostanza di particolare difficoltà. comunico alla Presidenza della Camera che ho chiesto udienza al presidente della Repubblica , al quale rassegnerò le dimissioni del Governo .