Gianfranco FINI - Ministro degli Affari Esteri - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 268 - seduta del 26-02-1985
Misure di sostegno a favore delle imprese cooperative
1985 - Governo II Prodi - Legislatura n. 15 - Seduta n. 28
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole ministro, mi pare che, rispetto ad un anno fa, quando, proprio in questo periodo, ebbi modo di intervenire in occasione della discussione del decreto di proroga del trattamento economico provvisorio dei dirigenti dello Stato, il clima in cui si svolge la nostra discussione sia sostanzialmente cambiato. ciò non già perché l' Aula sia affollata di colleghi interessati a questo tema, quanto piuttosto per il fatto che il decreto presentato dal Governo per la conversione ha subito modifiche in Commissione (cosa che non accadde l' anno scorso ) e per il fatto che gli interventi di tutti i colleghi che mi hanno preceduto sono stati impostati su determinati argomenti di corretta polemica nei confronti del modo con cui si è giunti, per l' ennesima volta con una proroga, a dirimere la questione relativa al trattamento economico dei dirigenti dello Stato. tra l' altro (e questo è il terzo elemento non ancora emerso) questo dibattito si svolge a poche ore dalla conclusione dello sciopero indetto dai dirigenti dello Stato. a me non interessa, in questa sede, esprimere un parere sulla riuscita o meno dello sciopero, anche perché non avrei elementi sufficienti per farlo. ritengo però che si tratti di un elemento di cui dobbiamo tenere debita considerazione, non soltanto per la atipicità di questa manifestazione di dissenso nei confronti dell' operato governativo, ma anche e soprattutto per il fatto che, se uno sciopero ha ragione di essere, mi pare che quello che si è svolto ieri avesse tutte le ragioni per essere. la mia parte politica notoriamente non è apologetica dello sciopero, però mi pare che quello di ieri avesse a fondamento ragioni tali per cui si può definire un' astensione dal lavoro sacrosanta; sia per i motivi di carattere economico che l' hanno determinata, sia anche per l' evidente, esplicita accusa, nei confronti del Governo, che accompagnava quell' astensione dal lavoro. un' astensione che aveva come motivo principale il fatto che il decreto al nostro esame ritocca in modo insoddisfacente il trattamento economico dei dirigenti dello Stato, ma anche il fatto che per l' ennesima volta si ricorre ad un decreto di proroga senza dare attuazione all' impegno, più volte preso, di riordinare globalmente la dirigenza. mi auguro che l' « auspicio » — come è stato ironicamente chiamato — del presidente Labriola di arrivare quanto prima alla discussione in quest' Aula del disegno di legge di riordino della dirigenza si tramuti in realtà. fatto sta però che i tempi sembrano essere ancora abbastanza lunghi; ed auguriamoci davvero, signor ministro, che si innesti la, marcia giusta: speriamo soltanto che non sia la retromarcia. dicevo che sono motivate, a nostro modo di vedere , le ragioni per cui ieri si è fermato l' apparato dirigenziale dello Stato, a dimostrazione anche del fatto che il distacco tra il cosiddetto paese reale ed il cosiddetto paese legale sta assumendo ogni giorno di più caratteri e toni di estrema preoccupazione. perché, nel momento in cui arrivano alla determinazione di astenersi dal lavoro quelli che rappresentano, nella piramide della gerarchia dello Stato, il più alto dei gradi (in alcuni casi i diretti collaboratori del personale politico), è evidente che la frattura, la non comprensione, il distacco tra il paese legale ed il paese reale diviene un fatto concreto, e non più e soltanto un' occasione per discorsi comiziali. ci sembrano, quindi, fondati i motivi per cui si è giunti all' astensione dal lavoro, così come ci sembrano fondati i motivi per cui è stato aspramente criticato questo decreto da parte degli interessati e da parte di quelle forze politiche o dei rappresentanti di quelle forze politiche che hanno ritenuto, in seno alla Commissione affari costituzionali ed anche in quest' Aula, di farsi carico di quelle che erano le posizioni dei diversi interessati. sia il relatore — al quale voglio dare anch' io atto di una corretta ed esemplare esposizione — sia i colleghi che mi hanno preceduto, hanno messo in evidenza come appaia palmare il distacco che esiste tra l' attuale retribuzione dei dirigenti dello Stato, se raffrontata al 1972 e se raffrontata ad altre categorie. non voglio tediare ulteriormente i pochi che seguono questo dibattito e che del resto conoscono le cifre, ma il fatto che, dall' indice 100, nel 1972, si sia, oggi, per i dirigenti dello Stato, a 228, mentre l' inflazione è al 526, e la retribuzione dei magistrati a 512, quella degli uscieri a 489, dimostra in maniera evidente — e lo stesso Governo lo ammette — che siamo in presenza di una disparità di trattamento e di una sostanziale ingiustizia. il problema che si pone, e che responsabilmente dobbiamo porre anche noi, è se nell' ambito della manovra finanziaria esistano o meno i margini per riuscire a ritoccare in modo più sostanzioso di quel 4,5 per cento il trattamento economico dei dirigenti. il collega Ianniello ha preannunziato la presentazione di un emendamento, che reca anche la mia firma, che, tende sostanzialmente a maggiorare in misura più congrua e più cospicua il trattamento economico dei dirigenti dello Stato. poiché è stato detto in Commissione dal sottosegretario Ravaglia che i costi di un eventuale emendamento in tal senso erano tali da rendere impossibile l' assenso del Governo, ritengo che sia necessario ed opportuno ricordare in questa occasione, come ho avuto modo di fare in Commissione, che l' ammontare di questa operazione, sia per quanto riguarda l' aumento del 4,50 per cento , previsto dal decreto legge , sia per quanto riguarda l' aumento del 20 per cento previsto dall' emendamento Ianniello, si presta troppe volte a contrastanti interpretazioni. non si tratta di mettere in dubbio le valutazioni del ministero del Tesoro , però è evidente che in una materia come questa, ed avendo ognuno di noi a disposizione cifre, calcoli e rapporti, fatti il più delle volte — non è un mistero — dagli stessi funzionari che forse forniscono al ministero del Tesoro le cifre che il sottosegretario ci viene a proporre in Commissione, un minimo di dubbio è lecito. voglio allora ricordare che rispetto all' onere stimato pari a 63 miliardi per l' intero provvedimento, esiste il dubbio che si tratti di una sovrastima. tale dubbio è stato portato a conoscenza dei membri della Commissione affari costituzionali da fonte più che autorevole (da uno dei funzionari della Ragioneria generale dello Stato), ma in Commissione il sottosegretario non ci ha risposto, per cui ci auguriamo che ci risponda in sede di replica qui in Aula. ma per quale motivo esiste il dubbio — fondato — di una sovrastima del costo complessivo del decreto al nostro esame? perché se l' ammontare è previsto in 63 miliardi, ciò significa che per ogni punto — essendo 4,50 per cento i punti di aumento previsti — l' onere è di 14 miliardi. ora, se raffrontiamo questa cifra con quella che fu utilizzata dallo stesso ministero del Tesoro in occasione di un provvedimento che riguardava, più o meno, lo stesso numero di interessati (mi riferisco alla leggo 17 aprile 1984, numero 79) e per i quali era stato previsto un miglioramento che, tenuto conto degli aumenti tabellari, della riduzione delle classi di stipendio, della concessione alle otto classi ed ai professori di altri benefìci, ammontava sicuramente ad oltre il 13 per cento , vediamo che l' onere fu valutato allora in 95 miliardi, pari a 7 miliardi e 300 milioni per ogni punto percentuale. restando fermo il fatto che queste leggi si riferiscono, più o meno, allo stesso numero di interessati, come è spiegabile questa disparità? mi pare che questo sia un dubbio legittimo, per il quale chiediamo un chiarimento al rappresentante del Governo, che, anche in altre occasioni, nel corso della discussione in Commissione, ha fornito cifre — amichevolmente si potrebbe dire che ha dato i numeri — che risultano di evidente disparità, raffrontate alle cifre che gli interessati, indubbiamente autorevoli e capaci di esprimere valutazioni di tal fatta, avevano posto a disposizione di tutti i membri della Commissione affari costituzionali. mi riferisco, ad esempio, a quanto è stato detto dal sottosegretario Ravaglia in ordine all' emendamento approvato dalla Commissione e relativo all' incentivazione dei professori a tempo pieno , mediante il ripristino dell' assegno integrativo. tale emendamento, secondo il Governo, costerebbe allo Stato 135 miliardi, mentre ben altre sono le cifre portate a conoscenza della commissione. ancora più evidente è la disparità di cifre in relazione all' altro emendamento che la Commissione affari costituzionali ha approvato e che concerne il riconoscimento, per i dirigenti civili, del servizio prestato nell' amministrazione in carriere diverse da quella di appartenenza (articolo 3-bis). il sottosegretario ebbe modo di dire che tali misure sarebbero costate allo Stato 3 miliardi, mentre da altri calcoli, già citati dal collega Ianniello, risulta che l' onere sarebbe del tutto diverso ed assai minore. mi pare, quindi, che debba essere fatta un po' di chiarezza, o per lo meno che da parte del Governo sia doverosa, in sede di replica, una chiarificazione di questa disparità, in alcuni casi veramente evidente e profonda, tra i dati portati dal Governo per dimostrare una sostanziale impossibilità di accogliere gli emendamenti e i dati forniti invece dagli interessati, i quali — ripeto — in molti casi sono le stesse persone che forniscono le cifre al ministero del Tesoro . quest' ultimo elemento mi pare che debba essere preso in particolare considerazione. dunque, mi pare che una risposta sia necessaria e che una chiarificazione sia del tutto auspicabile. nel corso della discussione, sicuramente qualche miglioramento è stato apportato al testo originario del Governo, e non soltanto perché sono stati approvati due emendamenti nonostante il parere contrario del Governo. inserisco qui una considerazione tra parentesi: mi pare necessario notare che la commissione, in quell' occasione, si è espressa a larghissima maggioranza in modo difforme rispetto al parere del Governo. non dico questo per trarre conclusioni apocalittiche, perché non è certo per motivi come questi che il Governo dovrebbe prendere in considerazione l' ipotesi di raccordare meglio l' atteggiamento tenuto dalla maggioranza che lo sostiene durante l' iter parlamentare dei provvedimenti legislativi. ho fatto questa considerazione per sottolineare che non siamo in presenza di opposizioni preconcette da parte delle forze politiche di minoranza, ma siamo invece in presenza di ragionevolissime osservazioni che alcuni parlamentari, con la sensibilità maggiore o minore che li contraddistingue, fanno su un problema, che è tale a prescindere dagli occhi con cui lo si guarda e a prescindere dalla collocazione di ognuno nello schieramento parlamentare. dicevo che sono stati approvati alcuni emendamenti, di cui due relativi — come ho avuto modo di ricordare — ai professori universitari, uno relativo al riconoscimento ai dirigenti civili del servizio prestato nell' amministrazione in carriere diverse da quella di appartenenza, un altro ancora (di cui, del resto, hanno già parlato i colleghi che mi hanno preceduto) riguardante l' equiparazione del trattamento economico tra i dirigenti dello Stato e quelli del parastato. se ricordiamo quanto è accaduto l' anno passato in occasione della discussione del decreto gemello di questo (sostanziali differenze non ci sono: quello attuale è soltanto posteriore di un anno) e se ricordiamo che anche allora, in presenza di alcuni emendamenti, il Governo non ritenne di doverli accogliere, dobbiamo sicuramente riconoscere che oggi qualche cosa di positivo è stato fatto, che qualche passo avanti è stato compiuto e che il testo predisposto dalla commissione appare senz' altro migliore di quello del Governo. mi chiedo, tuttavia, se dovremo attendere un altro anno, quando dovremo discutere l' ennesima proroga, per riuscire a completare l' opera e per riuscire ad inserire nel disegno di legge di conversione la parte che oggi manca nel testo della Commissione e che, come è stato preannunciato, alcuni parlamentari ritengono di dover riproporre all' attenzione dell' Assemblea. mi riferisco al problema della estensione al personale della prima qualifica del ruolo professionale del trattamento economico del parastato. anche questo problema è più che noto e mi pare addirittura inopportuno ricordarlo per l' ennesima volta. non vorrei, però, che la maggioranza facesse, in questa occasione, la faccia feroce o che il Governo ponesse il Parlamento e tutti quanti hanno a cuore la questione di fronte ad una sorta di ricatto, in base al quale sarebbe necessario accettare quanto predisposto dalla commissione, senza appesantire lo Stato con le ulteriori spese che deriverebbero dalla approvazione di altri emendamenti, salvo poi riprendere in considerazione l' anno prossimo questi stessi emendamenti, considerandoli giusti, sacrosantamente giusti, ed inserirli nel testo del nuovo disegno di legge di conversione del futuro decreto, così come è accaduto in questa occasione per quanto attiene alla equiparazione del trattamento economico tra i dirigenti dello Stato e quelli del parastato. ritengo cioè che in questa occasione il Governo debba dare atto con i fatti, oltre che con gli impegni e con le parole, di quella disponibilità che è stata più volte annunciata nei confronti di queste categorie. ed allora, siccome la commissione, a larghissima maggioranza, ha obiettivamente migliorato il testo del decreto legge , ritengo che da parte del Governo vada fatto un ulteriore sforzo, non solo modificando il parere espresso in quella sede, quindi prendendo atto del fatto che la volontà del Parlamento, in questo caso, è difforme dalla sua, ma prendendo anche atto del fatto che occorre completare l' opera, sia pure in attesa della riforma, che anche noi ci auguriamo imminente. ciò nonostante, dobbiamo cercare di risolvere i vari aspetti del problema, accettando le ipotesi che i vari emendamenti prospettano, vale a dire quella di un ritocco degli aumenti previsti per i dirigenti dello Stato, per una maggiore giustizia, ed anche — problema di non minore importanza — quella dell' estensione del trattamento economico del parastato al personale della prima qualifica del ruolo professionale. ovviamente il giudizio che la mia parte politica darà sul disegno di legge dipende non soltanto da ciò che ci dirà il Governo in sede di replica, ma anche dalla disponibilità dello stesso Governo ad accogliere gli emendamenti che ho prospettato, nonché dall' atteggiamento che esso assumerà nei confronti degli emendamenti che si sono trasformati in articoli dopo l' approvazione da parte della Commissione affari costituzionali.