Bettino CRAXI - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 259 - seduta del 07-02-1985
1985 - Governo Tambroni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 271
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

presidente del Consiglio dei ministri . signor presidente , onorevoli colleghi , desidero innanzitutto rassicurare gli interpellanti, gli interroganti, le Camere e l' opinione pubblica sulla fermezza e sulla compattezza del Governo rispetto al fenomeno del terrorismo, che era, e resta, per i suoi scopi, i suoi progetti e le sue azioni criminose, nemico totale della nostra libertà, dei nostri istituti democratici, del modo di vivere che gli italiani hanno liberamente scelto e vogliono conservare. dovremmo considerare superflue queste dichiarazioni, mentre il terrorismo torna a scatenarsi su scala internazionale, mentre manifesta collegamenti ed intese sovranazionali che ne accentuano la pericolosità, mentre è ancora aperta la piaga di una strage ingiusta, che ha rinnovato dolori e ferite non sanati. tuttavia, poiché in questi giorni sono state dette e scritte cose che potevano mettere in dubbio la chiarezza dei comportamenti del Governo su tutti gli aspetti dei problemi connessi al fenomeno del terrorismo, non sarà inutile ribadire ancora una volta, e ancora più fermamente, la nostra volontà e le nostre convinzioni, che non possono, né debbono essere oggetto di interpretazioni e tanto meno di equivoci. di equivoci, sulle circostanze che sono oggetto di interpellanze e di interrogazioni, ne sono nati molti. per parte nostra li abbiamo chiariti, e li chiariremo ancora fino in fondo, se mai fosse necessario. non ne esistono, di certo, sul punto più importante della questione, che è la concordia di tutti gli istituti dello Stato, dell' intero popolo italiano , nella condanna, nel rigetto e nella volontà di lottare contro ogni forma di violenza ed ogni tentativo di ripresa terroristica. per la verità, non è la prima volta che da parte di qualche settore, e in specie di qualche giornale, non si hanno esitazioni a gettare nella polemica sul terrorismo il furore delle liti di famiglia. ma questa passionalità non può sconfinare — come è avvenuto — nella faziosità e in nessun caso giustifica che si passi il segno della verità e della oggettività, che indicano in tutte le forze politiche responsabili italiane posizioni di avversione e di lotta nei confronti del terrorismo. nessuna sottovalutazione, dunque, da nessuna parte: certamente nessuna da parte del Governo, che, dal canto suo, non ha mai cessato dall' ammonire sull' esistenza e sui pericoli di nuove ondate di terrorismo, anche quando era diffusa l' opinione che esso fosse ormai morto e sepolto , e anche quando la nostra denuncia andava incontro a incredibili diffidenze e ad ingiusti sospetti. il ministro De Michelis ha ripetutamente chiarito la sua posizione. lo ha fatto di fronte al presidente del Consiglio , di fronte al Consiglio dei ministri , al Capo dello Stato e all' opinione pubblica . ha confermato l' assoluta casualità dell' incontro che ha suscitato tante polemiche e tante accuse, ha spiegato il suo imbarazzo e il modo scelto di chiudere l' episodio in pochi minuti, in piedi, in luogo pubblico, alla presenza di testimoni; ha confermato la sua piena adesione all' atteggiamento di condanna e di netta contrapposizione che lo Stato democratico ha nei confronti del terrorismo; ha riconosciuto la legittimità delle diverse opinioni manifestate sull' atteggiamento da lui tenuto nell' occasione. mi sembra che tutto questo chiarisca ogni aspetto della vicenda. altri esponenti politici si sono trovati, in precedenza, in pressoché analoghe, casuali e imbarazzanti circostanze. a tutti potrebbe essere consigliato un comportamento diverso, nessuno avrebbe dovuto e dovrebbe per questo essere fatto oggetto di inquisizione e di condanna. il ministro De Michelis , dal canto suo, come ho già detto qualche giorno fa, è un uomo che è stato e sta nel mirino del terrorismo. nei suoi confronti era stato finanche progettato un attentato, giunto sino all' inizio della fase esecutiva, con due terroristi travestiti da spazzini appostati vicino alla sua casa. considerata l' assoluta insospettabilità del ministro De Michelis di qualsiasi condiscendenza verso il terrorismo; l' assoluta mancanza nei suoi atteggiamenti politici del più piccolo elemento che possa dimostrare insensibilità e sottovalutazione del pericolo terrorista; la sua condizione di uomo « mirato » dal terrorismo, sarebbe forse giusto sperare che nei suoi confronti si ponesse un limite ad un giudizio di opinabilità su un occasionale comportamento, in una circostanza non prevista né prevedibile. dal lato umano, l' atteggiamento del ministro De Michelis può essere comprensibile; diverso può essere il giudizio di chi guardi a quell' episodio con la memoria generale del terrorismo e di tutto ciò che con esso si mescolava, nella confusione torbida degli anni di piombo . ma i limiti del fatto sono questi e noi saremmo ingiusti se ci facessimo trascinare verso qualsiasi forma di eccesso. più in generale, desidero ricordare, onorevoli colleghi , che la forza della nostra democrazia è testimoniata dalla capacità di lottare contro la violenza e contro il terrorismo con le armi della giustizia, della civile obiettività, oltre che della legalità, senza scivolare sul terreno di un crudele imbarbarimento delle nostre reazioni. con le stesse armi vogliamo continuarla, senza illuderci di poter avere, al fine, un ruolo secondario rispetto agli altri paesi europei oggi investiti dalla nuova ondata terroristica, compresi quei paesi (come l' Olanda, il Portogallo, il Belgio e la Grecia) fino a ieri indenni da azioni eversive. dobbiamo infatti constatare — e la cosa non è priva né di significato né di prevedibili conseguenze — che è proprio il terrorismo italiano che sembra aver fatto scuola in Europa. le tematiche anti-NATO che ispirano il nuovo terrorismo sono presenti nell' eversione italiana già negli anni 1980 e 1981, quando le Brigate Rosse indicavano gli uomini e le strutture della Alleanza Atlantica come obiettivi primari della propria strategia. seguirono poi anche i fatti: il sequestro del generale Dozier nel dicembre del 1981, accompagnato dalla risoluzione strategica delle Brigate Rosse che attribuiva alla NATO « un ruolo primario nella guerra imperialista che l' Europa conduce in subordine agli USA » , e definiva l' Alleanza « il fulcro fondamentale del potenziamento e della ristrutturazione bellica nazionale » . poi, dopo la stasi del 1982, l' attentato al senatore Giugni, con una rivendicazione che riproponeva il progetto di rivoluzione armata e indicava tra gli obiettivi da colpire anche quelli della NATO. e, l' anno scorso , nel 1984, l' uccisione del diplomatico americano Learnon Hunt, omicidio che, rivendicato contestualmente dal « partito comunista combattente » , cioè l' ala militarista delle Brigate Rosse , e dalle « brigate rivoluzionarie libanesi » , è da ritenersi il risultato di un' azione programmata ed attuata dalle Brigate Rosse d' intesa con l' organizzazione araba oltranzista. tutti i recenti attentati che hanno investito i paesi dell' Alleanza Atlantica evidenziano una comune matrice antimilitarista e anti-NATO e finalità ideologico-propagandistiche decisamente ispirate a tematiche proprie delle Brigate Rosse italiane, trasferite nel quadro di un' azione internazionale, obbediente ad una logica ispiratrice diretta a turbare l' ordinata convivenza civile e democratica di determinati paesi. i comunicati con i quali le Cellule comuniste combattenti hanno rivendicato gli attentati compiuti in Belgio, presentano precise analogie con temi, slogan, lineamenti politico-ideologici, scritte di marca brigatista. prescindendo dall' utilizzazione della stella a cinque punte, come emblema del gruppo, e dalla esplicita ammissione di scelta delle Brigate Rosse come « modello di riferimento » , sono emersi dall' analisi dei testi concetti comuni alle due formazioni eversive. se poi si ricorda che nei documenti recentemente sequestrati in Toscana, viene ribadita la necessità di rilanciare la lotta armata in un contesto sovranazionale, se ne può facilmente dedurre che le analogie non sono casuali, ma sottintendono anche una potenziale disponibilità da parte delle Brigate Rosse a divenire partecipi della già avviata ripresa terroristica in Europa. si può ancora aggiungere che il 15 gennaio di quest' anno è pervenuto ad alcune agenzie di stampa francesi ed alla redazione del quotidiano Le Monde , un volantino in lingua francese e tedesca, redatto congiuntamente dalla formazione eversiva francese Action directe e dal gruppo terroristico tedesco Frazione armata rossa , centrato sulla « unità » dei rivoluzionari e sulla « necessità della guerriglia comunista » nell' Europa occidentale , in cui gli esponenti dei due gruppi eversivi, annunciando l' inizio di una nuova fase « della strategia rivoluzionaria » , ribadiscono che gli attentati sino ad ora compiuti contro basi e strutture NATO rientrano nel quadro di una « prima, grande mobilitazione del proletariato e di una comune strategia d' attacco » . secondo recenti valutazioni dei servizi, il diffuso estendersi dell' attività terroristica in Europa occidentale , induce a considerare possibile nel quadro dei rapporti esistenti tra i gruppi eversivi europei, un' azione da parte delle Brigate Rosse in Italia, con particolare riferimento alla capitale. le considerazioni ora svolte aumentano le nostre apprensioni per l' oggettivo pericolo costituito dalla presenza all' estero di un numero particolarmente rilevante di terroristi latitanti, appartenenti alle organizzazioni eversive dell' estrema sinistra e dell' estrema destra ; è stato ed è, pertanto, obiettivo prioritario delle forze di sicurezza pervenire alla loro localizzazione ed individuazione, anche con l' apporto fattivo dei servizi degli altri paesi interessati. in tal senso, i risultati sono obiettivamente lusinghieri, considerato che su 295 ricercati di estrema sinistra , 204 sono stati localizzati all' estero, mentre dei 68 ricercati dell' eversione di destra, ne sono stati individuati 35: questi risultati potrebbero essere determinanti, se poi non fossero in larga parte vanificati dalle difficoltà che si incontrano nel momento dell' estradizione. la ricerca dei latitanti all' estero non è soltanto tesa ad assicurare alla giustizia i responsabili di gravi reati, ma è essenziale anche per impedire il ricrearsi di solidarietà e d' intese sul piano internazionale, a livello non solo ideologico-politico, ma anche e soprattutto operativo. è dunque un problema complesso, che investe la sicurezza interna e, forse in misura non inferiore, quella internazionale, ed europea in particolare. la scelta dei rifugi all' estero coinvolge molti paesi e quasi tutti i continenti, anche se è evidente la tendenza a ricercare i paesi che possono offrire condizioni migliori. ad esempio, la possibilità di trovarsi in circostanze particolari che favoriscono la protezione: è il caso del Nicaragua per gli estremisti di sinistra e di alcuni paesi dell' America Latina o del Sudafrica per gli estremisti di destra; la possibilità di rinvenire uno scudo protettivo in legislazioni democratiche con radicate tradizioni di ospitalità nei confronti dei rifugiati politici , come è il caso della Francia; la possibilità infine di trovare sul posto, a prescindere dalla situazione governativa, protezioni e connivenze. la colonia — diciamo così — più decisamente numerosa di latitanti è quella che risiede in Francia dove è stata accertata la presenza di 117 soggetti; di altri 44 è stata segnalata la presenza; seguono il Nicaragua e il Costa Rica , che ospitano 13 latitanti e una ventina di estremisti, mentre tutto il resto è disperso nei vari paesi del mondo. ma non sono soltanto le cifre ad accomunare i tre paesi indicati. risulta infatti che quasi tutti i latitanti segnalati o domiciliati nei due Stati centro americani avevano in Francia il loro precedente domicilio. da molte fonti sono inoltre pervenute notizie secondo le quali gli itinerari utilizzati da questi latitanti per raggiungere il Nicaragua, passerebbero per Madrid e per Mosca. potrebbe dunque non essere del tutto infondata l' ipotesi del coinvolgimento di elementi italiani latitanti negli episodi di terrorismo degli ultimi tempi. e il caso di ricordare gli arresti effettuati nel dicembre scorso a Parigi nell' ambito di un' operazione contro militanti di Action directe , nella quale sono stati coinvolti ben 7 terroristi italiani, tutti latitanti e tutti pericolosi. già in precedenza, del resto, si erano registrati, sempre in Francia: l' arresto, in una villa di Tolone, dei brigatisti Pinna, Bianco e Marchionni (tutti latitanti) e l' arresto Di Vincenzo Spano, incriminato per una rapina durante la quale era stato ucciso un altro latitante italiano, Ciro Rizzato, entrambi appartenenti all' organizzazione detta COLP. sono, questi, obiettivi riscontri che non consentono in ogni caso la minima sottovalutazione del fenomeno. anche a voler chiudere gli occhi, si deve riconoscere che la colonia dei latitanti italiani di Parigi costituisce un centro di iniziative, di dibattiti, di manifestazioni; in una parola: un centro di propaganda politica che ha legami con l' eversione. mi corre l' obbligo, quindi, a questo punto, di informare la Camera sulle attuali condizioni della cooperazione giudiziaria tra l' Italia e la Francia, ancora regolata, per quanto riguarda le estradizioni, dal trattato di estradizione del 1870. come è noto nel corso di questi ultimi anni, la Francia ha assunto un atteggia mento piuttosto rigido, quando non apertamente negativo, nei confronti di nostre richieste di estradizione riguardanti connazionali colpiti da mandati di cattura emessi dalla magistratura per reati con nessi con attività eversive e terroristiche. le autorità francesi, in taluni casi, non hanno ancora risposto alle reiterate sollecitazioni dell' ambasciata italiana al Quai d' Orsay per la definizione delle richieste di estradizione; in altri casi hanno avanzato richieste di informazioni aggiuntive rispetto a quelle fornite dalle nostre autorità a corredo delle domande di estradizione. il governo francese dal canto suo, con una dichiarazione del novembre 1982, ha fissato quattro criteri in base ai quali le domande di estradizione verranno respinte e cioè: quando lo Stato richiedente non rispetti i diritti fondamentali della persona umana; quando il delitto per il quale l' estradizione è richiesta abbia caratteristiche politiche; quando l' obiettivo che viene perseguito con la richiesta di estradizione sia politico; quando sussista la possibilità che la pena irrogata per il reato nello Stato richiedente abbia caratteristiche di gravità in relazione alle opinioni, alla razza o alla religione della persona accusata. la Francia difende la sua grande tradizione morale e storico-politica del « diritto d' asilo » , ma su questa difesa non sarebbe giusto che si arenassero richieste da noi avanzate in modo assolutamente fondato, legittimo, rispondente ad esigenze di giustizia oltre che di sicurezza. sono 120 le richieste di estradizione che sono state inoltrate presso le autorità francesi. numerosi sono stati i nostri interventi anche in occasione dei viaggi in Francia dei ministri della giustizia e dell' Interno. continueremo a reiterare le richieste, ad inoltrare documentazioni, nella convinzione che sarà possibile trovare un punto di incontro tra l' osservanza di una gloriosa tradizione che noi rispettiamo e l' esigenza di contrastare un terrorismo che non è più un fatto prevalentemente italiano, ma che si scaglia oggi contro tutti i paesi liberi dell' Europa e contro il quale è certamente impegnato in massimo grado anche il governo di Parigi. non c' è pericolo per le istituzioni, che sono saldissime in Italia e nella grande maggioranza dei paesi occidentali. ma il dolore, il lutto, le vittime innocenti sono tutt' ora un pericolo incombente contro il quale è necessaria una grande mobilitazione di uomini, di mezzi e di volontà. per quanto riguarda invece i latitanti del Nicaragua, l' opposizione di Managua alle nostre richieste non poggia certo su questioni morali e tradizioni storiche. i latitanti colà segnalati sono noti e pericolosissimi: basti il nome della Balzarani. il governo sandinista non ha mancato di fare dichiarazioni dirette a negare una sua qualsiasi protezione a persone legate al terrorismo, ma in concreto non ci è stata ancora data la collaborazione richiesta. non mancheremo di rinnovare pressioni e di addurre ragioni e spiegazioni delle nostre richieste. il governo di Managua assicura di avere il massimo interesse a mantenere con l' Italia buone relazioni e non mancherà perciò occasione per poter pesare il valore di queste sue affermazioni. onorevoli colleghi , solo due parole sulla questione dell' amnistia. dirò semplicemente che il problema non si pone e che mancano le condizioni perché esso possa essere oggetto di valutazione da parte del Governo e, credo, da parte di tutte le forze politiche responsabili. certo, non possiamo dimenticare le dimensioni vaste che ha avuto da noi il fenomeno del terrorismo. non possiamo dimenticare l' ampiezza del territorio sociale che lo ha accolto, la quantità dei giovani che esso ha travolto con le sue suggestioni, creando casi umani sovente dolorosi ed angoscianti per loro e per le loro famiglie. non lo dimentichiamo; ma non si può né si deve fare altro nel momento in cui il terrorismo torna ad insanguinare le piazze e le strade dei paesi liberi; mentre ancora delitti gravissimi restano impuniti e altri delitti attendono il giudizio dei nostri magistrati; mentre il complesso dell' area del terrorismo, pur largamente attraversata da manifestazioni di pentimento e di dissociazione, verso i quali si è rivolta e si rivolge l' attenzione nostra e del Parlamento, non mostra ancora segnali certi di maturazione e di superamento delle convinzioni che hanno portato alla lotta armata . il compito di oggi è ancora quello di liquidare ogni possibile velleità di ripresa dell' azione terroristica, contrastandone l' azione delittuosa, smascherandone la falsa cultura, mettendone in risalto la disumanità. portiamo, dunque, avanti con coerenza questo nostro impegno per la difesa e la salute dei nostri istituti di democrazia e di libertà, nella convinzione che nessuna massa di dolore è mai paragonabile a quella degli uomini e dei popoli che hanno perduto il diritto di essere liberi.