Giuliano AMATO - Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 258 - seduta del 06-02-1985
Concernenti la città di Roma
1985 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 258
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli Deputati , la discussione che ha cominciato a svolgersi sul tema di Roma Capitale attraverso l' illustrazione delle mozioni presentate dai diversi gruppi parlamentari ha posto il problema della città capitale d' Italia nel modo corretto. questa è una valutazione complessiva, al di là dei giudizi sulle singole parti delle mozioni, che il Governo intende dare già in apertura. c' è stata, fra l' altro, pur con talune diversità, una notevole convergenza di posizioni tra i diversi gruppi parlamentari , che deve essere valutata positivamente proprio in relazione al tema del quale si discute. e un tema non facile, direi, per l' Italia come per qualunque altro paese, quello delle modalità per identificare, affrontare e risolvere i problemi della città capitale. ci sono a questo riguardo, e sono note, soluzioni diverse in diversi paesi... mi è difficile, presidente, parlare con questa confusione. mi dispiace. la ringrazio, presidente. dicevo che esistono riguardo a questo tema della città capitale soluzioni diverse, che ci vengono offerte dalla esperienza di vari paesi. ed anche se queste soluzioni si trovano canonizzate nei libri, è abbastanza evidente che ciascuna di esse è strettamente legata alle tradizioni storiche del paese in cui è maturata. non c' è dubbio che i problemi della città capitale non sono risolvibili mediante soluzioni istituzionali, finanziarie e politiche che li facciano gravare sulla città, sulla municipalità interessata. d' altra parte, sembra anche difficile — ed ha dimostrato di essere tale — adottare un tipo di soluzione che di questi problemi fa carico interamente sullo Stato, eliminando, cioè, la responsabilità della comunità locale. anche stati che hanno sperimentato e utilizzato a lungo questa soluzione hanno finito, poi, per abbandonarla. tipico e, forse, il più noto è il caso del distretto di Columbia negli Stati Uniti d'America , che ha iniziato a vivere come struttura del governo federale ed è progressivamente scivolato verso la forma elettiva tipica del comune, che ha tuttavia rapporti speciali con l' autorità federale. ci possono essere delle situazioni, sicuramente diverse da quella italiana, nelle quali il problema della capitale è avvertito in maniera prevalente come un problema nazionale. probabilmente il caso francese — che è spesso citato, essendo forse molto vicino da un punto di vista geografico — è di questo genere, nonostante sia stata adottata una soluzione mista, che prevede però una responsabilità, particolarmente accentuata degli organi nazionali, perché Parigi rappresenta per la Francia qualche cosa di diverso da ciò che, ad esempio, Roma rappresenta per l' Italia. Parigi è la città di tutti i francesi, assai più di quanto Roma sia la città di tutti gli italiani e questo in ragione di una tradizione bella e positiva del nostro paese, che ha sì una capitale, ma anche tante numerose città; che non identifica né la sua vita economica, né la sua vita culturale e sociale interamente con l' area della capitale; che è un paese articolato, il quale, forse, non ha più capitali, ma sicuramente ha più città, in ciascuna delle quali gli italiani si riconoscono, pur riconoscendo ormai, storicamente, il ruolo di questa Roma come loro capitale. certo è che, rispetto ad una gamma di soluzioni estreme quella del problema Roma deve partire dalla specificità del problema stesso, la quale deriva dalla collocazione della città rispetto al paese e da alcune problematiche che sono tipicamente nostre, non derivando solo da una tradizione antica, ma anche da fatti di cui è responsabile la politica contemporanea. sicuramente pesa sui problemi romani il fatto che da troppi anni discutiamo di una riforma delle autonomie locali, che identifichi per le aree metropolitane un' autorità locale adeguata alla dimensione metropolitana. questo di per sé aggrava i problemi di Roma, perché aggrava i problemi di chi la amministra, chiunque esso sia. nel momento in cui ci poniamo il problema delle interazioni tra lo Stato che vive a Roma e la comunità romana, non possiamo certo dimenticare le interazioni esistenti tra il comune di Roma e quelli circostanti, tutti partecipi di un' unica realtà urbana. si tratta di un problema che ancora non abbiamo risolto e che pesa. sicuramente, inoltre, pesa su Roma una circostanza, che è stata — tocca al Governo prenderne atto — giustamente posta in rilievo dai rappresentanti di più gruppi, durante la discussione delle mozioni, e che ispira i testi delle mozioni stesse e cioè che questo Stato che vive a Roma, non è uno Stato ma tanti Stati. in altri termini sono tante amministrazioni le quali si modificano, operano interventi, a volte anche di tipo edilizio, prescindendo l' una dall' altra e mancando pure ciò che giustamente viene auspicato, cioè un reciproco coordinamento tenendo conto dell' impatto che ha la città in relazione a ciò che lo Stato compie. sicuramente ha pesato e pesa un modulo che spesso risulta utilizzato nei rapporti che intervengono tra lo Stato e gli enti locali — per esempio il comune di Roma che ha rapporti particolari con lo Stato — e cioè un modulo rivendicativo, per cui i problemi comuni sono addossati solo all' una o all' altra parte. non dico necessariamente che sia l' ente locale a rivendicare tutto dallo Stato, anche se spesso accade questo, in quanto a volte è quest' ultimo che dimentica di essere anch' esso parte di un problema che invece vuole sia risolto esclusivamente a livello di ente locale. questo modulo rivendicativo non ha certamente contribuito a risolvere le questioni sul tappeto. rispetto a questa realtà non vi è dubbio che sia giusto il filo conduttore comune alle mozioni che sono state presentate, al di là delle pur ovvie differenze, in quanto occorre trovare uno schema di collaborazione che non sovrapponga le responsabilità, né pretenda di unificarle ma che parta dalla premessa che lo Stato e le comunità locali della capitale, nell' esercizio delle rispettive responsabilità, producono degli effetti indotti sull' altra parte. quindi in relazione a questi effetti sorge l' esigenza irrinunciabile di un coordinamento preventivo. non vi è dubbio che il problema può essere posto correttamente soltanto se si evita, da parte della comunità locale, di assumere, nei confronti dello Stato — e quindi delle aspettative che è legittimo avere dallo Stato — l' atteggiamento di chi parte dalla premessa che lo Stato debba indennizzare Roma perché esso è presente in questa città. lo Stato non deve indennizzare Roma perché crea alla città alcuni problemi, in quanto esso è parte della città. quest' ultima storicamente deve il suo modo d' essere — quindi parte della sua prosperità, come parte dei suoi programmi — al fatto che è la capitale d' Italia. d' altra parte lo Stato non può ignorare che una serie di questioni sorgono proprio per il fatto che esso è presente a Roma. certamente è vero che lo Stato dovrebbe avere un maggiore interesse per una capitale che sia più efficiente e migliore sotto tanti profili qualitativi, perché essa è parte dello Stato. se qualcuno tra duecento anni indagherà, sulla base dei reperti storici, di che cosa è stata capitale Roma, avrà facilmente la possibilità di dire che è stata capitale dell' impero romano, del Regno d' Italia , ciascuno dei quali ha lasciato delle tracce meritevoli di essere considerate. di questa nostra storia più recente che cosa c' è che sia meritevole di essere considerato? questo è un problema che oggettivamente bisogna porsi, perché non vi è stata un' adeguata attenzione, in questi anni da parte dello Stato nei confronti della sua capitale. non c' è dubbio che Roma, per essere capitale, ha bisogno di infrastrutture migliori di quelle attuali. rispetto alle esigenze della civiltà del nostro tempo è giusto quanto qui è stato scritto e detto, cioè che occorre che questa città — nella quale si ammassano milioni di abitanti — offra ad essi la possibilità di comunicare tra loro in tempi ragionevoli, e non soltanto attraverso la telematica, ma anche attraverso le strade! questo è un interesse dello Stato, le cui tante presenze nella città hanno bisogno di essere organizzate in modo tale da connettersi. Roma ha bisogno di istituzioni culturali degne di una capitale. non c' è dubbio! anche questo è stato detto da alcuni colleghi. è giusto che sia così: non perché Roma sia Parigi, non perché tutta la cultura italiana si faccia a Roma (questo nessuno lo può pretendere e sarebbe sbagliato pretenderlo) ma perché esistono potenzialmente degli ambiti culturali che sono molto meno vivi di quanto potrebbero essere. si deve alla buona volontà di qualche privato se si sta cercando di fare della Accademia di santa Cecilia qualcosa che sia all' altezza delle capacità tecniche di chi vi lavora. sarebbe interesse dello Stato, in relazione alle presenze nazionali ed internazionali nella città, avere istituzioni culturali adeguate. Roma, per essere capitale, ha bisogno di una università che non sia una casbah, come quella vecchia, e non sia un motel, come quella nuova. forse — come è già stato detto — ha bisogno di più università, sicuramente meno gracili dell' ultima arrivata e meno boscose di quella che ormai ha superato qualunque limite di tolleranza, pur rimanendo la prima università di Roma. e così via ! tutto questo a chi tocca? secondo la risposta che viene dal l' insieme dei gruppi parlamentari , la responsabilità (che dovrà essere divisa proquota distinta) nell' ambito di una visione comune compete allo Stato, al comune stesso ed anche alle regioni, in qualche modo. su questa impostazione il Governo concorda profondamente, trattandosi di una impostazione corretta per affrontare il problema. occorre — ed il Governo si impegna in questo senso — un maggiore coordinamento interno delle varie amministrazioni dello Stato; e tra questo e ciò che l' amministrazione locale fa o propone. quindi, quello che in una delle mozioni è stato definito il « progetto Roma » , non è a priori identificabile in questa o quella opera che, sommate insieme, faranno Roma definitivamente bella o migliore: il « progetto Roma » riguarda soprattutto l' assetto istituzionale, costituito da momenti di coordinamento che facciano nascere un disegno comune e che diano luogo ad un lavoro altrettanto comune, identificando, con questo metodo, le cose da fare, quelle che ricadono nella responsabilità dell' uno o dell' altro, nonché i modi per finanziarle. debbo dire (anche questo appare corretto) che si esce giustamente dalla diatriba sulla scelta di chi debba pagare (il comune o lo Stato), introducendo un terzo soggetto: i privati. e possibile, in fatto di interventi infrastrutturali di cui questa (come altre città) ha bisogno, coinvolgere il capitale privato. potranno essere le parti a trovare insieme i modi e le forme per attuare questo coinvolgimento. se questo è, posso evitare — e credo anzi che sia opportuno — di esprimere, a nome del Governo, una posizione precisa su ciascuno dei problemi di merito che vengono sollevati nelle mozioni (la città giudiziaria: come? i trasporti: come? quel quartiere: come? l' asse attrezzato: come? e quest' altro), e dichiarare fin d' ora che è intenzione del Governo dare il via alla costituzione di un organismo misto, di una commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio cui partecipino rappresentanti dello Stato e degli enti locali . ciò non per gonfiare la Presidenza del Consiglio di competenze operative che è bene non abbia, ma per quell' esigenza, di cui parlavo prima, di identificare una sede per il coordinamento di tutte le amministrazioni e per evitare, quindi, che sia un momento settoriale rispetto allo Stato; avviando — in quanto questo risulti approvato dall' Assemblea — le necessarie consultazioni per rendere operativa la commissione. sarà poi quella la sede nella quale sui vari problemi, che qui vengono sollevati, saranno appunto lo Stato e gli enti interessati a trovare insieme le soluzioni che parranno più adeguate.