Bettino CRAXI - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 251 - seduta del 29-01-1985
politica estera
1985 - Governo II Segni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 210
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

onorevole presidente , onorevoli Deputati , drammatici fatti hanno riportato in primo piano il problema del terrorismo interno ed internazionale e, conseguentemente, hanno riproposto alla nostra attenzione quello della certezza e della efficienza dei servizi e degli apparati preposti alla sicurezza dello Stato. l' esame che oggi possiamo compiere si svolge nella cornice di uno Stato libero e democratico, che ha già saputo superare, come forse nessun' altro, prove difficilissime. esso ricava la sua forza da una solidarietà ben radicata tra i suoi cittadini e da una salda e generale adesione degli italiani agli istituti ed agli ordinamenti che ne regolano la vita. il contrasto di questa realtà con le attività terroristiche non potrebbe essere più netto: non c' è collegamento alcuno tra la vita dei cittadini, il loro costume, il loro modo di agire e di pensare, la loro cultura, i loro valori civili, le loro aspirazioni, e le azioni dei vari terrorismi che da questo contrasto acquistano caratteri di maggiore e più ingiustificata delittuosità, e sono sempre più confinati nell' isolamento e nella più generale condanna. non è dunque un caso che i confini fra terrorismo interno, terrorismo internazionale e criminalità comune tendano a confondersi ed in qualche circostanza — come vedremo — addirittura ad annullarsi. è la coscienza nazionale che relega il terrorismo fuori dei propri recinti e, tuttavia, dobbiamo riconoscere di ritrovarci di fronte a taluni aspetti di recrudescenza del fenomeno, che per il lungo periodo di stasi aveva indotto i più a ritenere che esso fosse definitivamente debellato, quando non addirittura totalmente estirpato dalla nostra vita collettiva. penso che noi possiamo continuare a credere che la sconfitta del terrorismo, quale progetto volto ad abbassare con l' uso della violenza le istituzioni democratiche del paese, resta un fatto sicuro ed ormai irreversibile. ne rendono, dal canto loro, diffusa testimonianza gli stessi ex terroristi, che sempre più numerosi sono andati a rinfoltire le file dei pentiti. ne rende ancor più testimonianza il fenomeno della dissociazione che, non dando luogo a vantaggi premiali, dimostra forse più efficacemente, che non il pentitismo, la presa di coscienza del fallimento di un percorso violento ripudiato dalla coscienza civile del paese. possiamo pensare, certo, che non tutti i pentimenti o tutte le dissociazioni siano autentici. il loro uso strumentale è possibile e in qualche caso non mancano elementi per sospettarlo. l' area dell' estremismo di destra, inoltre, non ha alimentato questi fenomeni nella stessa misura dell' area di opposto segno. ma, pur con le loro luci e le loro ombre, essi appaiono densi di significato e costituiscono il segno più chiaro della sconfitta politica del terrorismo. penso, quindi, che non vi siano ragioni sufficienti per mutare in questo momento opinione. la sconfitta del terrorismo resta. essa non è soltanto il frutto della vasta azione, degli sforzi, dell' impegno, dei sacrifici compiuti dalla magistratura e dalle forze dell'ordine ma è frutto anche, in grande misura, della mobilitazione della coscienza del paese, della solidarietà che ha saputo unire forze politiche e sociali, religiose e civili. il Governo aveva anche ripetutamente avvertito in molteplici circostanze e in più sedi — suscitando talvolta incomprensioni e polemiche, in qualche caso anche di grave ed ingiustificata portata — che non ci si doveva attendere che un fenomeno durato, tra alterne vicende, circa 15 anni potesse ad un tratto estinguersi. inducevano a tale opinione non soltanto i numerosi segnali che gli apparati di sicurezza andavano via via riscontrando, ma anche la semplice constatazione, da un lato, della persistenza nelle carceri di un numero ancora elevato di terroristi irriducibili, tornati nelle aule giudiziarie ad atteggiamenti di rifiuto dello Stato e della giustizia che sembravano abbandonati; dall' altro, dall' esistenza di un' ancor folta schiera di latitanti di sinistra e di destra, in Italia ed all' estero, che non hanno dichiaratamente né ripudiato né rinunciato all' azione eversiva e terroristica. il Governo non tacque, anzi dichiarò esplicitamente in quest' Aula che potevano ancora verificarsi atti gravi e crudeli, difficili da prevenire, data la grande varietà dei possibili obiettivi. e ne è un tragico esempio l' attentato dell' antivigilia di Natale. è ormai opinione diffusa e comunemente accettata che il contrasto delle attività criminali in genere, per le caratteristiche da esse assunte, si effettui più efficacemente attraverso azioni di prevenzione, che non attraverso i tradizionali sistemi di repressione. questo è vero per la criminalità organizzata , per la delittuosità legata alla diffusione della droga, ma è ancor più vero per le attività terroristiche, che possono combattersi quasi esclusivamente attraverso la penetrazione informativa negli ambienti di interesse, compito precipuo dei servizi di informazione e di sicurezza . posso testimoniare — e con me possono testimoniare il ministro dell'Interno e il ministro della Difesa — che in tale compito essi sono impegnati al limite delle loro possibilità, tenuto conto della dimensione del problema della sicurezza del paese nei confronti della minaccia esterna e di quella interna. questa azione non manca di conseguire successi anche rilevanti, pur se sconosciuti al pubblico, a causa della natura necessariamente riservata della materia. ma essa incontra anche, per una serie di ragioni sulle quali più avanti intendo soffermarmi, limiti e condizioni che bisogna adoperarsi a rimuovere. segnali di perdurante vitalità del terrorismo non mancavano, come ho detto, né da sinistra né da destra, come l' ultima relazione semestrale che viene presentata al Parlamento testimonia e conferma. ho detto, in questa occasione, che si segnalava in particolare ed in modo esplicito una mira dei terroristi, centrata sugli uomini del partito socialista , fatto non nuovo: a più riprese, numerosi uomini politici sono apparsi nel mirino dei terroristi e tra questi — desidero doverosamente ricordarlo, anche stamane — una particolare attenzione è stata riservata all' onorevole De Michelis , ministro del Lavoro . sull' attuale ministro del Lavoro si accentrò un progetto di sequestro che impegnò terroristi fra i più pericolosi, quali Savasta, Galati, Oliviero e Volinia, che non poté essere attuato a causa dello scompaginamento, ad opera delle forze dell'ordine , della colonna che doveva attuarlo. il suo nome è stato poi ripetutamente individuato in documenti delle Brigate Rosse , come nella risoluzione della direzione strategica del dicembre 1981, che lo indicava come il protagonista della multinazionalizzazione delle partecipazioni statali , nel quadro di edificazione dello Stato imperialista multinazionale, di cui il partito socialista — secondo quelle farneticazioni — sarebbe stato il soggetto traente; nell' opuscolo intestato « Alfa Romeo » del marzo 1981, che lo pone tra i capi delle grandi consorterie economiche; nei volantini diffusi durante il sequestro dell' ingegner Taliercio, che lo indicano responsabile dei licenziamenti e lo inseriscono nella « cricca imperialista craxiana » ; nel documento del marzo 1984 che lo cita ripetutamente, per attribuirgli la pretesa capitolazione dei lavoratori di fronte alle pressioni della Confindustria; nell' altro documento del febbraio 1984, firmato dai militaristi delle Br, che gli attribuisce di ufficializzare la situazione di crisi del bacino di Genova. sono indicazioni che, come tutti sanno, hanno peso ed un significato ben preciso, nel linguaggio delle Brigate Rosse . l' esistenza di un ampio dibattito sulla strategia che i gruppi superstiti del terrorismo di sinistra si propongono di seguire emerge con dovizia di particolari da una copiosa documentazione sequestrata in tre diverse occasioni: a Roma, nel febbraio marzo 1984, in occasione di arresti di militanti e fiancheggiatori della ricostituenda colonna romana delle Brigate Rosse ; a Prato, nell' agosto 1984, durante una perquisizione domiciliare nei confronti di due brigatisti; a Parigi, nel dicembre scorso, nella circostanza dell' arresto di militanti di Action directe e delle Brigate Rosse , insieme. questa documentazione mette in rilievo, soprattutto, il proposito di adottare, nell' ambito dell' organizzazione terroristica, rigidi criteri di compartimentazione, tali da ridurre al minimo la capacità di penetrazione informativa dell' avversario; è prova poi di contatti sempre intensi con organizzazioni terroristiche straniere di analoga estrazione, e di vasta ed articolata collaborazione tra di esse; lascia emergere, infine, un contrasto fra due distinte posizioni: quella di chi vorrebbe portare avanti un programma (così si esprimono) di guerra civile di lunga durata che, privilegiando il militare sul politico, punta sull' efficienza operativa senza rischiare collegamenti troppo aperti col referente di classe; e quella (che sembra minoritaria, ma che è più insidiosa) di coloro i quali vorrebbero collegarsi strategicamente con strati sociali interessati da tensioni di vario genere (disoccupati, cassintegrati, antinucleari e pacifisti), per dimostrare alle masse, con l' azione, che le Brigate Rosse sono un partito che fa politica con le armi. in sostanza, è la ripetizione con linguaggio talvolta più sciolto e più leggibile (forse perché meno ancorato a vecchi schemi ideologici) di un' antica diatriba che divide sin dall' origine la sinistra eversiva: la riproposizione di una tematica che, se da un lato dimostra l' incapacità di prendere atto della condanna e del rigetto, netto ed indiscutibile, di tutti gli strati sociali del paese, compresi i meno fortunati, dall' altro non consente di escluderne in tempi brevi la perdurante pericolosità. la rapina di Roma e, forse, quella di Bologna potrebbero ascriversi al tentativo di acquisire consensi attraverso la cosiddetta propaganda armata, o più semplicemente a quello di procurarsi i mezzi per sopravvivere nella clandestinità e finanziare la programmata attività terroristica. quanto alla destra eversiva resta sempre in piedi la vecchia guardia che non si è riusciti finora ad assicurare alla giustizia. un potenziale eversivo che, nella prolungata latitanza all' estero, è riuscito ad intrecciare un così ampio e saldo sistema di connivenze negli ambienti ospitanti da vanificare ancor oggi l' azione, che pur non è mancata, rivolta alla cattura dei superstiti. restano nel paese gli ambienti una volta identificabili nei movimenti del tipo Ordine nuovo ed Avanguardia nazionale , che, quando non ancora colpiti o soltanto sfiorati dalla giustizia, continuano a perseguire tenacemente i vecchi propositi eversivi, spesso permeati da cieca violenza, sotto varie forme aggregative di non facile identificazione, ma di cui si sono potute cogliere anche di recente tracce di contatti con i leader latitanti. resta, infine, qualche elemento delle più giovani generazioni, che si richiamano a movimenti come Terza Posizione e di NAR, interpreti da destra del terrorismo cosiddetto spontaneo. alla fase di ripiegamento, conseguita all' azione di scompaginamento operata dalle forze di sicurezza, sta seguendo l' intendimento di sviluppare forme di riaggregazione su tematiche finora proprie dell' organizzazione dell' estrema sinistra , come il carcerario, nel verosimile tentativo di uscire dall' emarginazione dando luogo ad un unico fronte antisistema. ed in effetti gli aspri contrasti fra le estreme, almeno nell' ambito carcerario, sembrano aver subito una sostanziale attenuazione, dando anche luogo a qualche forma di reciproca solidarietà. della destra eversiva non può tacersi, tra i mille volti che assume, quello che la vede coinvolta in una vasta gamma di posizioni e di ruoli insieme con la criminalità organizzata e, talvolta, semplicemente con la criminalità comune in operazioni meramente delittuose, come il traffico internazionale della droga. è un settore, quello della destra eversiva, che, come è stato scritto, non fa propaganda, non cerca il consenso delle masse, anzi lo disprezza, non preannuncia le proprie azioni e generalmente non le rivendica; si distingue per cieca ferocia, sopprime inflessibilmente coloro che considera traditori, assicurandosi così la più assoluta omertà; non si farebbe scrupolo di porsi al servizio di altri pur di realizzare i suoi disegni di morte. la sua perdurante pericolosità non è contestabile, come è dimostrato dal recente incendio nel cinema Adriano di Roma. non si deve dare poco peso agli attentati nei pubblici locali. a parte l' odiosità del sistema intimidatorio, diretto a turbare la vita democratica del paese nei luoghi dove essa si manifesta con maggiore esplicazione e con maggiore responsabilità, c' è da temere la pericolosità di questi attentati, che chiaramente manifestano il disprezzo della destra terroristica per la vita umana , che viene colpita indistintamente, senza alcun riguardo per le vittime, sempre assolutamente ignare e del tutto prive di responsabilità politiche o sociali dirette o indirette. questo tipo di attentati ha insanguinato l' Europa e purtroppo non vi sono motivi che facciano ritenere estinta la possibilità che essi si ripetano. ma i segni maggiori di rischio non pervenivano, in questo ultimo anno, dal terrorismo interno, né di destra né di sinistra, bensì, come più volte posto in rilievo, dal terrorismo internazionale, al quale il nostro paese si trova particolarmente esposto, sia a causa della sua posizione geografica, sia a causa della legislazione e della prassi estremamente liberali, secondo una tradizione ormai consolidata, in materia di accesso e di soggiorno di stranieri nel territorio della Repubblica. occorrerà rivedere forse questa legislazione e questa prassi, almeno per ciò che riguarda determinate aree che, più delle altre, costituiscono, per generale riconoscimento, focolai di terrorismo. sin dal novembre 1983, da parte di fonti dei servizi di sicurezza e da segnalazioni provenienti da fonti estere qualificate, si avevano notizie di una ripresa su vasta scala dell' attività terroristica internazionale, con accentuato riferimento all' Europa occidentale . si era stati informati di una riunione alla quale avrebbero partecipato esponenti di organizzazioni oltranziste arabo-palestinesi, che avrebbero posto le basi di una collaborazione operativa in Europa. contestualmente provenivano segnali secondo i quali i gruppi integralisti islamici — già distintisi per azioni omicide contro obiettivi americani e francesi — si apprestavano ad investire, oltre quello dei paesi di origine, anche lo scenario europeo. esplicite minacce ed esortazioni alla violenza terroristica venivano formulati nei confronti del nostro paese, ma quel che è peggio venivano raccolti elementi che lasciavano intendere la possibilità di iniziative terroristiche di rilevante portata. che non si trattasse soltanto di vane minacce o di segnali privi di significato, è dimostrato dal fatto che, realmente, a partire dalla fine del 1983 e con particolare accentuazione nell' ultimo trimestre dello scorso anno , numerosi attentati terroristici sono stati effettuati in Francia, in Spagna, in Portogallo, in Germania e soprattutto in Belgio, pressoché nuovo ad esperienze del genere. oltre quelli di chiara matrice islamico-integralista, molti di questi attentati sono accomunati dalla matrice antimilitarista ed anti-NATO e da una chiara finalità ideologico-propagandistica che si ispira a tematiche proprie delle Brigate Rosse . una rinnovata nota di allarme sulla ripresa e sulla pericolosità del terrorismo internazionale è venuta, proprio in queste ore, dagli USA, in forme particolarmente autorevoli. si tratta dunque di un allarme consapevole, che deve indurre tutti a sviluppare il massimo sforzo per prevenire episodi delittuosi nei quali rimangono molto spesso coinvolte vittime innocenti. l' insieme delle cose descritte mi impone qualche riflessione. infatti, se si pon mente che segni di collegamenti con organizzazioni terroristiche ed ambienti estremisti stranieri sono stati individuati, non solo per quanto riguarda l' area terroristica di sinistra, ma anche — sia pure più labilmente — per ciò che riguarda l' area terroristica di destra, se si riflette sulla simultaneità della ripresa del terrorismo di sinistra e di quello di destra, posto che l' attentato al treno sia da attribuire — come tutte le apparenze suggeriscono — proprio a quest' ultima area, tutto ciò non può sfuggire al sospetto che possa trattarsi di un fenomeno che obbedisce ad una antica logica ispiratrice che, pur avvalendosi di spinte multiformi della più varia natura ed assumendo in ciascun paese le caratteristiche proprie di esso, risponda alle esigenze di una strategia comune volta a turbare, in qualsiasi forma ed in un ampio contesto, l' ordinata convivenza civile e democratica in determinati paesi. in questo senso, le distinzioni tra destra e sinistra finirebbero con il perdere qualsiasi significato. è questo lo scenario interno ed internazionale in cui è maturato l' attentato al treno 904 nel tratto Firenze-Bologna — uno scenario vasto e composito che presenta rapporti assai complessi ed a volte anche aspetti contraddittori. è naturale che in tale situazione ci si attenga, nelle indagini, strettamente ai fatti, senza escludere alcuna ipotesi e tenendo in debito conto le indicazioni che scaturiscono dalla natura del reato e dalle circostanze di tempo e di luogo in cui esso si è verificato. la magistratura ha ben fatto dichiarando di volersi informare, nell' espletamento delle indagini, ad un metodo scevro da pregiudizi. auspichiamo che l' organo di autogoverno abbia modo di soddisfare rapidamente l' esigenza volta ad assicurare all' autorità procedente, nelle forme che risulteranno possibili, il contributo di quei magistrati che vantano solide esperienze nella lotta al terrorismo. alla magistratura rinnovo l' assicurazione, già fornita a nome del Governo dal ministro degli Interni , della più ampia ed incondizionata collaborazione da parte delle forze dell'ordine . l' indagine su questa strage dovrà avere la precedenza su qualsiasi altra esigenza e nulla dovrà essere lesinato, in uomini e mezzi, per giungere a far luce sul delitto ed a scoprirne gli autori. nei reati di strage mediante uso di esplosivi, le indagini si presentano sempre estremamente difficili per la scarsezza di prove materiali e per la scomparsa della maggior parte dei possibili testimoni dell' azione. per tali ragioni i risultati, non solo in Italia ma anche all' estero, sono assai spesso deludenti: né in Germania, né in Francia, né in Inghilterra si è mai riusciti ad individuare gli autori di stragi seguite ad attentati dinamitardi. ma è proprio per questo che desidero dare in Parlamento una indicazione di impegno netta e precisa, un segno del grande significato che il Governo assegna alla scoperta dei responsabili di un atto compiuto non solo a danno delle vittime innocenti, ma a danno dello Stato nel suo complesso. i servizi di sicurezza forniranno in maniera autonoma, secondo legge, il massimo contributo possibile e faranno pervenire agli inquirenti qualsiasi pertinente informazione che riuscissero a raccogliere per il tramite degli organi di polizia giudiziaria ai quali, esclusivamente, spetta di vagliare le notizie ricevute, verificare gli elementi di prova eventualmente raccolti e, se necessario, acquisirne di nuovi. non è mancata, onorevoli colleghi , neppure in quest' ultima dolorosa circostanza, l' accusa di collusioni, connivenze o complicità di apparati statali con i mandanti o gli autori del gravissimo delitto. essa è stata mossa soprattutto da settori extraparlamentari, non solo di sinistra, ma anche di destra, che, quando non appartengono direttamente alla eversione o addirittura al terrorismo, solidarizzano apertamente con essi. ma duole solo di dover constatare che l' accusa ha trovato qualche eco in Parlamento, dove assai più alta è la responsabilità delle parole che si pronunciano e dove assai più rigoroso è il dovere della serietà e dello scrupolo di obiettività. certo, c' è in Italia un sospetto antico sui servizi di sicurezza ; vi sono capitoli oscuri che tali sono restati e vicende inquietanti che non sono mai state interamente chiarite. non abbiamo avuto il bene di vedere accertati fatti e circostanze che hanno profondamente turbato la coscienza nazionale. tante vittime innocenti attendono una giustizia che non è stata fatta. sono intervenute, ancora negli ultimi anni, e di recente, rivelazioni. che hanno avallato e dimostrato la fondatezza di sospetti di inquinamento, di deviazioni, di attività e di iniziative che niente avevano a che fare con la sicurezza dello Stato, attuate e realizzate — va sottolineato — da chi tradiva, bene occultato, coloro che avevano la responsabilità politica del settore. gli interrogativi e le ansietà che questo insieme di fatti hanno proposto sono comprensibili e legittimi, ma l' importanza della questione che investe tutto il patrimonio dei nostri maggiori temi impone a noi tutti il dovere di guardare a questi fatti con la massima oggettività e con serietà, evitando ogni confusione ed ogni estensione arbitraria. noi dobbiamo avere la certezza dell' oggi e degli atti compiuti, e quelli che intendiamo compiere debbono darci certezza sui fini ai quali deve ispirarsi e si ispira l' opera dei nostri servizi di sicurezza . è mutato lo scenario internazionale che fu proprio degli anni 70, è mutato lo scenario europeo, sono scomparsi i governi ed i poteri autoritari che quello scenario offriva negli anni passati, è mutata la situazione dell' Italia che ha sconfitto il terrorismo, rafforzato i suoi istituti, consolidato i vincoli di solidarietà che legano i cittadini e che non offre più alcuno dei riferimenti ai quali si legavano le ipotesi della famigerata strategia della tensione . lo stesso attentato al treno 904 resta inchiodato nei limiti di un crudelissimo atto criminale: nessuno è riuscito a legarlo, con un minimo di fondatezza, ad ipotesi politiche o alla stessa vita istituzionale del paese. dunque, non hanno né senso né legittimazione, in mancanza di fatti concreti, collegamenti arbitrari tra episodi oscuri del passato e la realtà di oggi. insistervi in termini polemici, allusivi e privi di un fondamento visibile vuol dire dare un contributo non alla chiarezza ed alla ricerca della verità, ma al loro opposto: alla confusione ed alla incertezza. una delle ragioni su cui si fonda l' accusa ai servizi di aver favorito in passato l' eversione di destra è motivata con l' opposizione del segreto di Stato in processi per strage. e su questa medesima motivazione che si basa un progetto di legge attualmente all' esame del Senato, volta a sopprimere la facoltà di opporre il segreto di Stato in processi del genere. ho potuto verificare che in sole due circostanze, in occasione di processi per strage, i servizi hanno opposto il segreto a richieste della magistratura, intese ad ottenere l' esibizione di alcuni documenti: i processi erano quelli relativi alla strage di piazza Fontana e all' attentato al treno Italicus. i documenti negati all' autorità giudiziaria , dei quali ho personalmente preso visione, riguardavano materie assolutamente estranee all' oggetto del processo, cioè attività di controspionaggio che non poteva essere divulgata, e comunque tale da non offrire, se resa nota, alcun contributo alla scoperta della verità. in tutti gli altri casi, anche quando non sarebbero mancate ragioni per opporre il segreto, si è aderito alle numerosissime richieste della magistratura, nell' intento di offrire il massimo contributo all' individuazione dei responsabili dei delitti di strage e di dissipare qualsiasi ombra nei confronti dei servizi, fuorché in un caso, nel 1977, quando il presidente del Consiglio — non i servizi — ritenne correttamente di non poter fornire alla Corte di assise di Catanzaro delle indicazioni che riguardavano l' attività all' estero dei servizi stessi, perché esse avrebbero comportato la rivelazione dei quadri e la pubblicazione dei nominativi, delle foto, delle caratteristiche somatiche e del curriculum di gran parte degli agenti del servizio che operano all' estero, compromettendo irreparabilmente le operazioni relative alla sicurezza dello Stato allora in corso ed esponendo, in alcuni casi, a grave pericolo la vita stessa degli agenti. ma anche quella volta l' autorità giudiziaria fu invitata a fornire più precisi elementi rivolti a circoscrivere, se possibile, la portata della richiesta, al fine di potervi aderire per ragioni di giustizia. su questo argomento ho fornito la settimana scorsa più dettagliati riferimenti al comitato parlamentare per i servizi di sicurezza ; e, dopo aver ascoltato il parere dei suoi membri, sono giunto nella determinazione di disporre la declassificazione dei documenti sui quali fu opposto, nelle due circostanze citate, il segreto di Stato . si tratta, per l' esattezza, di tre documenti: di due rapporti informativi redatti da Giannettini e di un appunto informativo redatto da una struttura interna del servizio. il primo dei due rapporti contiene notizie relative ad un' operazione di controspionaggio, denominata « operazione Belville » , che non riguarda direttamente né il nostro paese né i nostri servizi, ma che aveva impegnato l' interessamento dei servizi americani, sovietici, francesi ed israeliani. il secondo è costituito da un insieme di dati relativi alla storia e alla struttura dei servizi speciali israeliani. il terzo documento, infine, riguarda iniziative informative assunte dal servizio italiano in direzione dell' ambiente degli esuli greci, e due operazioni nei confronti dell' ambasciata greca a Roma, denominate « palla » e « Morfeo » , all' epoca della dittatura dei colonnelli. in realtà, numerose insinuazioni sono state espresse e continuano ad essere espresse, a proposito dell' uso della facoltà di opporre il segreto di Stato da parte dei servizi di sicurezza . però, quando si vuol far credere che questo strumento può servire a coprire deviazioni ed attività illecite, si dimentica che il controllo del suo corretto uso è affidato dalla fine del 1977, per effetto della legge numero 801, al presidente del Consiglio dei ministri in armonia con le indicazioni della Corte costituzionale , e che il presidente del Consiglio , a sua volta, ne riferisce al comitato parlamentare e ne informa il Parlamento, di fronte al quale risponde. non vi è alcuna possibilità, nell' attuale sistema, di coprire illegalità attraverso l' opposizione del segreto. ed in effetti nessuno ha mai provato che il segreto sia stato opposto per scopi diversi da quelli istituzionali. e semmai vero il contrario: quando, nel recente caso che ha visto coinvolti il generale Musumeci e taluni funzionari del Sismi, si è posto il problema, obiettivamente esistente, del segreto di Stato in relazione ad alcune affermazioni di un inqualificabile personaggio, nessun segreto è stato opposto; il Sismi invece ha largamente contribuito, attraverso l' esibizione di atti e documenti e attraverso numerose testimonianze, alla attività istruttoria, favorendo in modo determinante la rapida conclusione dell' inchiesta con il rito sommario e consentendo alla magistratura di rinviare gli imputati a giudizio. il che dimostra che l' organismo, lungi dal coprire, manifesta chiari segni di rigetto nei confronti di chi è sospettato di essere venuto meno ai propri doveri di fedeltà verso lo Stato. è stata avanzata anche l' ipotesi che i nostri servizi potrebbero trovarsi in posizione di subalternità rispetto a quelli di altri paesi, a seguito di vincoli derivanti da accordi internazionali . la preoccupazione che sta alla base di questa ipotesi — che si ricollega all' indipendenza ed alla sovranità nazionale — è una rispettabile preoccupazione, ma ciò che si può e si deve dire, onestamente e chiaramente, è che, se mai in passato comportamenti specifici e singoli episodi possono aver determinato preoccupazioni e giudizi severi, tutto ciò non è certo accaduto a causa di vincoli di subalternità contenuti in accordi internazionali , giacché questi vincoli, come vedremo, non esistono. a parte, piuttosto, va esaminato il problema dell' efficienza dei nostri servizi di sicurezza , e di questo parlerò più innanzi. tornando perciò all' ipotesi di una subalternità istituzionale, desidero ricordare che il nostro paese, tanti anni fa, ha fatto una chiara scelta di campo, suffragata con il tempo dal consenso, ormai, della quasi totalità dei cittadini e delle forze politiche . ha aderito ad una alleanza difensiva di carattere militare e di ampiezza politico-militare; nell' ambito di essa, ciascuno dei paesi aderenti svolge un ruolo rapportato alla dimensione della sua responsabilità internazionale ed alla sua situazione geografica. i ruoli, per questo, sono naturalmente diversi, ma il sodalizio resta e deve restare un sodalizio tra liberi ed uguali. il Governo può affermare, con sicura cognizione di causa, che non esiste alcun accordo, né multilaterale, né bilaterale, che ponga i servizi di sicurezza italiani in posizione di subalternità rispetto a qualsivoglia servizio straniero e, ancora meno, rispetto alla NATO. può dirsi di più, e cioè che non esiste alcun accordo, multilaterale o bilaterale, pubblico o segreto, che obblighi in qualsiasi modo i servizi ad intrattenere rapporti con i servizi di altri paesi. vi è una vasta collaborazione internazionale, sul tema della lotta alla sovversione e al terrorismo e su quello del controspionaggio, tra i servizi di sicurezza di diversi paesi dell' ambito della NATO, nell' ambito della comunità economica europea ed anche fuori di questi ambiti. ma si tratta, in ogni caso, di collaborazioni assolutamente volontarie e su basi del tutto paritaria, determinate dal comune interesse. ciascun servizio vi aderisce in piena libertà e vi apporta liberamente il patrimonio di informazioni che riesce ad acquisire; valuta i livelli che la collaborazione deve raggiungere e la qualità dell' apporto fornito dall' altro servizio. se si riscontrassero disparità di comportamenti, nulla impedirebbe di trarne le debite conseguenze. i servizi italiani si trovano nell' identica posizione di libertà e di parità di qualsiasi altro; essi, nell' ambito delle rispettive competenze istituzionali, sono tenuti solo ad uniformarsi all' indirizzo politico ed ai poteri di coordinamento che in questa materia la legge attribuisce al presidente del Consiglio ed al CESIS. la loro autonomia funzionale, del resto, è completa. la struttura organizzativa è commisurata unicamente ai mezzi e al personale posti a loro disposizione, secondo le determinazioni assunte dalle competenti autorità di Governo. nella polemica di stampa, seguita su questo tema, si è finito con lo straripare in un argomento affatto diverso e cioè quello dei trattati, protocolli e convenzioni internazionali, multilaterali e bilaterali, in materia di sicurezza, tema che è del tutto estraneo ai servizi di informazione in quanto tali. accordi del genere sono numerosi e risultano stipulati in ambito NATO, in ambito Cee, in ambito ENAL e sul piano bilaterale. si tratta di accordi tra Stati e tra governi, non tra servizi, e riguardano la tutela reciproca del segreto per informazioni classificate che i paesi contraenti si scambiano in varie materie, tra le quali quella atomica. si ispirano al principio di sottoporre a determinare garanzie di riservatezza le predette informazioni che non devono, di regola, essere comunicate a governi terzi, salvo l' assenso del Governo che le ha rilasciate, e devono essere assoggettate allo stesso grado di protezione loro accordata dal Governo da cui provengono. anche in questa materia vi è perfetta parità tra gli Stati che hanno sottoscritto gli accordi, ciascuno avendo assunto con essi gli stessi diritti e gli stessi obblighi degli altri contraenti. gli accertamenti e le valutazioni che si rendono necessarie per la tutela della riservatezza spettano alla esclusiva competenza dello Stato che vi è interessato, senza alcuna sorta di ingerenza esterna. l' organizzazione che presiede a questa materia, sul piano interno, fa capo al presidente del Consiglio cui spetta, ai sensi dell'articolo 1 della legge numero 801 che gli affida la tutela del segreto, la veste di autorità nazionale per la sicurezza. queste funzioni sono delegate da tempo al direttore del Sismi, perché le notizie da tutelare riguardano in gran parte l' interesse militare, ma ciò fino al riordinamento della materia relativa al segreto di Stato . già da diversi mesi, infatti, è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una commissione tecnico-giuridica con l' incarico di predisporre un apposito schema di disegno di legge . anche su questa problematica ho fornito una dettagliata informazione al comitato parlamentare cui è attribuito il compito di vigilare sull' applicazione dei principi stabiliti dalla legge numero 801, per le valutazioni di sua competenza. nonostante gli episodi oscuri del passato, io non ho motivo oggi per dubitare dell' affidabilità democratica dei servizi di informazione e di sicurezza . è noto che, dopo lo scandalo della P2, non soltanto vennero integralmente rinnovati i vertici dei servizi ma, ancor prima che venissero acclarate delle precise responsabilità, furono allontanati dal settore, o se ne allontanarono spontaneamente, tutti coloro che figuravano negli elenchi, sulla base del principio desunto dall' articolo 8 della legge numero 801, che neppure il più piccolo dubbio sulla scrupolosa fedeltà ai valori della Costituzione debba sfiorare chi è preposto alla sicurezza dello Stato. i provvedimenti allora adottati vennero, in qualche caso, impugnati in sede giurisdizionale. siamo dell' avviso che i ricorsi siano destituiti di fondamento. comunque, è stata introdotta tra le norme che disciplinano il trattamento giuridico del personale dei servizi una disposizione che precisa il carattere pienamente discrezionale dei provvedimenti con i quali i dipendenti vengono trasferiti ad altre amministrazioni. questa disposizione, per certi aspetti anomala, è resa necessaria dal peculiare carattere di un settore nel quale la fiduciarietà del rapporto costituisce una condizione indispensabile. ciascuna delle due parti — il dipendente e l' amministrazione — deve essere assolutamente libera di rescindere il rapporto quando ritiene di farlo, senza dovere spiegazioni a chicchessia. un' ulteriore modifica è stata introdotta nel complesso delle norme riguardanti il personale, intesa a favorirne l' avvicendamento periodico, per evitare forme di sclerotizzazione e l' insorgenza di un malinteso spirito di corpo. il ricambio organico si pone come una necessità fisiologica, per organismi caratterizzati da compiti istituzionali particolarmente impegnativi, che comportano, specie nei settori operativi, un grado di logoramento psicofisico di peculiare intensità. il ricambio dovrà operare in maniera da assicurare una qualificazione sempre maggiore, favorendo l' accesso di personale ai più alti livelli attitudinali. ma il ricambio, che le nuove norme favoriranno ulteriormente, è già in atto da tempo. al Sisde restano solo poche decine di unità provenienti dal cessato servizio, mentre il Sismi, che ne ha ereditato la struttura, ha sostituito a mano a mano diverse centinaia di elementi, nei limiti consentiti dalla necessità di evitare un brusco calo di professionalità. resta fermo, per entrambi i servizi, il principio che il personale debba essere di assoluta affidabilità democratica ed a tal fine ogni arruolamento è preceduto da una approfondita istruttoria effettuata dagli organi di polizia, tramite l' ufficio centrale per la sicurezza, ai fini del rilascio del nulla osta di segretezza, che per i gradi più elevati deve risultare del massimo livello. gli accertamenti vengono periodicamente rinnovati. corollario di tale principio è quello secondo il quale vengono allontanati dal settore coloro nei cui confronti sopravvengono elementi, anche di solo dubbio, in ordine all' affidabilità democratica: corollario che ha trovato applicazione non soltanto nel caso della P2, ma anche in altri casi. i controlli interni, naturalmente propri di una struttura gerarchizzata, sono stati via via rafforzati, specie in materia di gestione di fondi di bilancio. i poteri decisionali sono accentrati nei vertici. è già in atto da tempo l' intensificazione della vigilanza politica, sia in via di fatto, sia attraverso l' adozione di una serie di direttive, emanate o in via di emanazione: sicché può dirsi che il sistema di controllo è costantemente spinto verso il livello massimo di garanzia circa l' aderenza dell' azione dei servizi alle proprie finalità istituzionali. certo, nulla è perfetto e tutto è perfettibile, ed in tal senso la vigilanza e l' azione saranno costanti. d' altro canto, non sarebbe serio escludere la possibilità di singoli episodi di devianza; ma essi sono stati resi più difficili e lo saranno ancor più, e non potranno comunque mai compromettere l' intera struttura dei servizi. se l' affidabilità democratica non può più essere messa in discussione, come noi pensiamo, altro è il discorso per quanto si riferisce all' efficienza del settore. nessuno può negarlo: gli stessi responsabili dei servizi hanno posto crudamente, da vario tempo, il problema. occorre innanzitutto ricordare che i servizi non sono organi di polizia giudiziaria e non hanno quindi istituzionalmente il compito di indagare sui reati e di scoprirne gli autori: questo è un compito che spetta alla polizia giudiziaria , sotto la direzione della magistratura. i servizi non sono attrezzati per svolgere indagini e non ne avrebbero neppure la possibilità giuridica. non possono disporre né eseguire arresti, effettuare interrogatori o promuovere confronti, effettuare o disporre perquisizioni, disporre intercettazioni telefoniche, perizie e così via : tutte cose che invece rientrano nei poteri della magistratura, che si avvale nell' esercizio di essi della polizia giudiziaria . ciò non significa che i servizi di sicurezza debbano estraniarsi dalle indagini relative a fatti delittuosi con finalità di terrorismo. tutt' altro. è loro dovere istituzionale occuparsene, se non altro in funzione di futuri pericoli; ma, al di là dell' opera di prevenzione, il contributo dei servizi alle indagini per un determinato reato potrà nascere solo dalle opportunità che scaturiscono dalle indagini stesse, ed a tal fine è necessario che ricevano dalla polizia giudiziaria , in conformità di quanto prevede l' articolo 9, ultimo comma, della legge numero 801, ogni possibile collaborazione, allo scopo di poter attivare su fatti concreti le proprie fonti. compito principale, quasi esclusivo, del servizio è quello di operare sul piano preventivo a tutela della sicurezza interna ed esterna dello Stato; essi svolgono, semplicemente per raggiungere l' obiettivo, una attività informativa, la quale nella sua forma classica consiste nel costituire una rete di informatori negli ambienti di interesse, in quegli ambienti, cioè, nei quali si ha motivo di ritenere che possano nascere insidie per la sicurezza. ma gli informatori, quali che siano i motivi per i quali si prestano a fornire informazioni — ve ne sono anche di nobili — hanno assoluto bisogno di segretezza sul loro nome e sul compito che svolgono. essi in fondo, in qualche maniera, tradiscono l' ambiente nel quale si trovano inseriti, rivelando all' esterno cose non destinate a venir fuori dall' ambiente stesso e corrono quindi sovente gravi rischi. ma nel nostro paese, a differenza di quanto accade anche in paesi di antica e sicura democrazia, non vi è riservatezza sui servizi di sicurezza , si rivelano i nomi degli informatori, quelli degli agenti, si disegnano le strutture, i modi di operare dei servizi e spesso proprio coloro i quali più si dolgono della loro inefficienza più contribuiscono a crearne le premesse. so bene come ciò avvenga e sia avvenuto, e quanto sia dovuto anche ai conflitti, alle rivalità, alle fazioni, alle deviazioni che si sono verificate in passato all' interno dei servizi stessi, ma con la stessa sincerità dobbiamo riconoscere che non esiste quel grado di riservatezza che invece è essenziale per la funzionalità dei servizi, e se non riusciamo a assicurare questa riservatezza, tanto varrà allora sopprimerli. ho ricordato poco fa che le Brigate Rosse , nei loro tentativi di riorganizzazione, hanno studiato forme associative dirette a rendere le loro strutture più impenetrabili rispetto all' azione informativa dello Stato. lo stesso sforzo compiono quotidianamente gli avversari esterni dello Stato, quelli che operano al servizio di altri Stati per lo spionaggio e le destabilizzazione delle nostre istituzioni. come è possibile contrastare efficacemente questi avversari, se non si fruisce di un grado di riservatezza, non dico pari a quello che essi si danno, ma almeno di livello accettabile? fino a quando ciò non diverrà patrimonio comune, provocando comportamenti conseguenti, l' azione dei servizi non potrà che essere asfittica e affannosa, rivolta sovente più a cercare modi di tutela del settore che a perseguire le finalità di istituto. non v' è modo migliore per garantire la rigorosa aderenza agli scopi istituzionali e dei servizi che quello di metterli in condizione di operare con serenità senza costringerli a cercare altrove quelle prestazioni che la legge non offre. ma vi è un altro aspetto del problema che non può essere sottaciuto. vi possono essere situazioni, specie nel settore del controspionaggio, nelle quali diviene necessario superare quella che suol definirsi la frontiera della legge comune. questo è quanto dicono gli esperti, di qualsiasi paese, i quali soggiungono, anzi, che proprio in ciò sta una delle principali caratteristiche che distinguono i servizi di sicurezza dalle forze di polizia . non è arbitrario supporre che fu proprio in vista di tale eventualità che la legge numero 801, di riforma dei servizi, privi gli agenti della qualità di organi della polizia giudiziaria , che li avrebbe posti nella condizione di dover riferire alla magistratura. una parte autorevole della dottrina riconosce apertamente questa necessità, che tuttavia non emerge con sufficiente chiarezza dalla disciplina legislativa in atto. non si tratta, beninteso, della licenza di uccidere, come taluno potrebbe essere indotto a ironizzare; il rilascio di un documento di copertura è l' ipotesi più comune, ma non mancano, specie in tempi di guerra, esempi di più gravi reati resi necessari per garantire la sicurezza del paese dalla minaccia esterna. orbene, in situazioni di questo genere, occorrerebbe espressamente riconoscere in via legislativa che l' operatore ha agito nell' adempimento del dovere, purché concorrano due condizioni, da accertare con il massimo rigore, nelle forme che si riterrà di prescegliere: che l' azione di omissione è stata compiuta in strettissima aderenza alle finalità istituzionali, cioè la difesa dei supremi interessi dello Stato e che esiste un' equa proporzione tra l' azione compiuta e il fine che con essa ci si proponeva di conseguire. questi sono nodi che occorre sciogliere per risolvere il problema della maggior efficienza dei servizi, per un loro vero, effettivo potenziamento, che non sia affidato solo ai numeri degli organici e delle dotazioni. già da tempo sono state poste allo studio le iniziative che occorrerà prendere a tal fine, sia sul piano legislativo che su quello semplicemente amministrativo. ho detto all' inizio di questa mia relazione, onorevoli colleghi , che la pericolosità di nuovi episodi di terrorismo è da collegarsi anche all' alto numero di latitanti, di destra e di sinistra, attivi nell' azione eversiva, per la maggior parte rifugiati all' estero. in considerazione di questo si è cercato e si cerca di portare al più alto livello possibile la collaborazione internazionale per le attività di prevenzione e di repressione dei reati; né si è mancato di sollecitare l' accoglimento delle richieste di estradizione già inoltrate ed il più rapido completamento delle procedure appena aperte. in Europa quest' opera di sollecito si rivolge verso paesi la maggior parte dei quali ha dolorose esperienze dirette in materia di terrorismo. non c' è dunque motivo di dubitare sulla loro collaborazione, tenendo conto della necessaria osservanza delle leggi interne e dello spirito di garanzia che viene richiamato. più complesse sono le operazioni che riguardano paesi extraeuropei, se si fa eccezione per gli USA, dove però i rapporti per assicurare l' estradizione di persone ricercate sono in fase di evoluzione e di miglioramento. particolare è l' impegno del governo italiano per promuovere e rafforzare la più efficace cooperazione giudiziaria internazionale, a cominciare dall' ampliamento della rete dei trattati di estradizione. di notevole rilievo è il trattato di estradizione con gli USA, entrato in vigore nel settembre scorso. uno degli strumenti più importanti da esso previsti è l' istituto della estradizione temporanea che, consentendo la consegna di persone ai soli fini processuali e per la durata del processo, opera efficacemente nella repressione dei reati con matrice internazionale. il trattato con gli USA si pone come modello di cooperazione per analoghi accordi con altri paesi di lingua inglese. egualmente significativo appare il trattato per il riconoscimento delle sentenze penali concluso fra l' Italia e la Thailandia. quanto ai prossimi impegni, saranno fra breve ripresi i negoziati con la Jugoslavia per la conclusione di un accordo di estradizione e di cooperazione giudiziaria in materia penale, mentre si sta valutando l' opportunità di riavviare con altri paesi dell' Europa orientale il negoziato volto a definire accordi di cooperazione giudiziaria. una difficoltà che appare per il momento difficile superare è la diversa concezione del reato politico. oltre agli aspetti istituzionali e formali, il Governo si avvale di canali di comunicazione e di contatti governativi per rendere sempre più rispondenti le intese alle specifiche esigenze, per approfondire ogni forma di raccordo per costanti e rapidi scambi di informazione e per lo snellimento delle procedure. sono stati posti, in particolare, i casi di Francesco Pazienza e Stefano Delle Chiaie . quanto all' estradizione di Pazienza, è noto che da parte dei servizi di sicurezza nulla si è lasciato di intentato per individuare i luoghi in cui si trova e provocare il suo arresto. ricordo tra questi le isole Seychelles e la Svizzera. i tentativi in quei casi non furono molto fortunati, ma non per questo si desisterà da una costante, attenta azione, volta a conseguire lo scopo di riportare il ricercato in Italia. lo stesso discorso vale per Delle Chiaie , al quale ho già fatto cenno quando mi riferivo alla solidarietà di cui godono gli estremisti di destra nei paesi in cui hanno trovato rifugio. devo poi una risposta particolare all' interrogazione presentata dai deputati Teodori ed altri. le notizie relative ai capitoli di bilancio dei servizi d' informazione e di sicurezza, comprese le spese riservate, compaiono nei rendiconti generali dello Stato, annualmente approvati dal Parlamento. le spese riservate non sono soggette a rendiconto, secondo quanto previsto dall' articolo 19 della legge numero 801. l' unica forma di controllo è quella spettante alle autorità politiche, da cui gli organismi dipendono. nella materia mi propongo di emanare un' apposita direttiva. l' UCIGOS è un organo del ministero dell'Interno e le spese relative fanno carico allo stato di previsione di quel dicastero. e già stato detto in passato che non risponde al vero che venga distrutta la documentazione di carattere operativo. questo riguarda soltanto la documentazione relativa alle spese di natura riservata, che, come ho ricordato, non sono soggette a rendicontazione. mai il comitato parlamentare ha rivolto richieste che travalicassero le linee essenziali della struttura e della attività dei servizi e mai, per conseguenza, il presidente del Consiglio ha avuto occasione di opporre il segreto, di cui al quarto comma dell' articolo 11 della legge numero 801. cosa diversa è il segreto di Stato opposto all' autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 352 del codice di procedura penale , ma tutte le volte che ciò è avvenuto le Camere sono state debitamente informate, come la legge prevede. il Governo non può che esprimere il suo apprezzamento al comitato parlamentare , con il quale i rapporti sono improntati al reciproco rispetto e piena collaborazione. onorevoli colleghi , ho detto prima che il terrorismo è stato respinto duramente dalla coscienza civile del paese, che ha risposto in maniera solidale all' attacco. ho detto e confermo che nessuno può illudersi, fin quando questa solidarietà istituzionale resterà salda, di riuscire, attraverso la pratica eversiva o terroristica, ad abbattere o soltanto indebolire le istituzioni democratiche. le spinte terroristiche odierne sembrano derivare da motivazioni diverse da quelle degli anni 70, nelle quali la strategia della tensione poteva proporsi obiettivi che nel quadro interno e internazionale di allora non erano privi di riferimenti. le spinte di oggi appaiono, se non del tutto almeno in parte, legate a quella sorta di guerra surrogata che da parecchi anni viene combattuta in varie parti del globo e che trova focolaio di alimentazione specie nelle regioni più travagliate da crisi e conflitti, con speciale riguardo, particolarmente negli ultimi tempi, all' Occidente dell' Europa. ma oggi, come allora, queste spinte non prevarranno se, al di fuori degli interessi particolari, il paese saprà ancora dare di sé quella immagine di unione e di forza che ha già saputo offrire in passato. si discute e si polemizza, nessun male potrà derivare da questo; ma si faccia in modo che la polemica non travalichi i limiti imposti dalla ragione di un costume civile, offrendo ai nemici della nostra libertà l' illusione che possa riuscire oggi ciò che non è riuscito sino ad ora. il nostro auspicio è che il rigetto delle attività terroristiche e criminali si levi sempre più forte dalla coscienza degli italiani. e il nostro dovere è di assicurare che lo Stato operi all' unisono con la volontà dei cittadini, che tutti i suoi comportamenti, le sue azioni, le sue finalità siano volte a migliorare le condizioni di libertà, di giustizia, di sicurezza che sono i beni fondamentali della nostra civile convivenza.