Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 147 - seduta del 06-06-1984
Sul progetto di trattato istitutivo dell'Unione europea
1984 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 147
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , poco più di venticinque anni ci separano dalla data di entrata in vigore dei trattati di Roma . sono pochi se pensiamo agli ostacoli che è stato necessario abbattere per cancellare tra i paesi europei le conseguenze, non soltanto materiali, di una guerra che li aveva visti, per la seconda volta in meno di mezzo secolo, l' un contro l' altro armati; e sono tanti se consideriamo le occasioni che non abbiamo saputo né cogliere né adeguatamente sfruttare per avanzare, più di quanto si sia fin qui fatto, sulla via dell' unità politica dell' Europa. la storia della Comunità Europea è una storia costellata di crisi; ove i moltissimi risultati positivi che abbiamo davanti a noi, e che sarebbe un errore sottovalutare, sono stati accompagnati da forti condizionamenti, in un intreccio di fughe in avanti e di fattori frenanti che denunciano tutto il travaglio di una costruzione, che, appunto, per essere ardita, ha necessitato e necessita di un' attenzione costante, di uno sforzo eccezionale di persuasione e, soprattutto, di un impegno politico forte e convinto. la crisi che questa nostra Europa attraversa attualmente è, di certo, la più grave e la più profonda della sua storia. e una crisi di cui occorre avere ben presenti le vere cause, cercando di non confonderle con pretesti o con motivazioni occasionali. a me sembra che, al di là dell' attuale oggetto del contendere, rappresentato dal rimborso al Regno Unito e dall' aumento del gettito dell' IVA, occorra metter l' accento sul venire meno del cosiddetto spirito comunitario o, se volete, il che è lo stesso, sul prevalere, tra i paesi membri , della difesa tenace degli interessi nazionali sulla ricerca costante dell' interesse comune; con la conseguenza che le decisioni a livello comunitario finiscono per essere giustapposizioni infelici di soluzioni nazionali, a discapito, quindi, di un' interpretazione fortemente politica delle funzioni delle istituzioni previste dal trattato di Roma . signor presidente , onorevoli colleghi , non sono mancati, nella storia della Comunità, né mancano attualmente, coloro che , nei momenti di crisi, hanno saputo e sanno « mirare alto » per uscire dalle difficoltà e per trasformare l' insieme delle relazioni dei paesi membri in quella che lo stesso trattato di Roma già chiamava Unione Europea . il progetto di trattato approvato dal Parlamento europeo nel marzo scorso, ed oggi all' esame della Camera, evidenzia l' esigenza di ridefinire gli obiettivi della costruzione europea attraverso un' azione di recupero dello spirito comunitario, ricreando quell' atmosfera di grande fiducia e di slancio verso gli ideali che molti di noi ricordano bene per averla vissuta intensamente negli anni 50. vorrei osservare che mi compiaccio vivamente che questo dibattito nell' Aula di Montecitorio abbia a svolgersi proprio alla vigilia delle seconde elezioni europee a suffragio universale . dal nostro dibattito potrà infatti venire all' opinione pubblica una indicazione sull' importanza fondamentale che tutte le forze politiche qui rappresentate senza eccezione attribuiscono ad una ripresa dello slancio europeo. si dice che l' elettorato, non solo nel nostro paese, sia disorientato ed incerto di fronte alla prossima votazione europea, proprio perché deluso e dalle interminabili diatribe comunitarie — che sembrano non riuscire a tenere conto dei problemi concreti di ciascuna delle nostre società — e dal ruolo marginale che il Parlamento europeo ha sinora avuto nel quadro istituzionale comunitario. mi sembra dunque fondamentale mettere in questo momento in luce quanto importante sia controproporre alle difficoltà comunitarie non lo scetticismo e il distacco, ma un nuovo slancio costruttivo; e insieme mettere in luce la grande intuizione politica con cui il primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale ha praticamente concluso il suo quadriennio di vita. al di là di questo dibattito, spetta alle forze politiche , ciascuna a sostegno delle scelte che propone, ma appunto tutte consapevoli del nodo ormai inscindibile che lega alla costruzione europea l' avvenire del nostro paese, di diffondere questo convincimento fra gli elettori al di fuori di questa Aula. la crisi attuale blocca il meccanismo decisionale previsto dai trattati e questo blocco dura ormai da più di cinque anni; l' ultima grande decisione, infatti, risale al luglio del 1978 allorché i capi di Stato e di governo della comunità decisero di dare vita al sistema monetario europeo . di fronte a questa incapacità del Consiglio, che è una incapacità esasperante, di prendere decisioni significative per l' Europa e per i suoi veri problemi può sembrare facile rimproverare i parlamentari europei di scarso senso della realtà e di mancanza di esperienza nei negoziati comunitari. ma noi tutti sappiamo che non vi è accusa più ingenerosa e più ingiusta di questa: perché, dando prova di realismo, ed anche di prudenza, l' iniziativa che il Parlamento europeo ci propone ha contribuito, anzitutto, a mettere il dito sulla piaga, ad individuare cioè, lo hiatus esistente tra le grandi potenzialità esaltate dai trattati di Roma e le scarse possibilità concrete che hanno le istituzioni, ed in primo luogo il Parlamento di Strasburgo , di incidere in maniera efficace sulla vita della Comunità Europea . vorrei qui brevemente osservare che la dichiarazione sull' Unione Europea approvata un anno fa a Stoccarda, che talvolta si è voluto mettere quasi in dialettica con le iniziative del Parlamento europeo , conteneva invece delle disposizioni che hanno dato maggiore spazio al Parlamento; altre che vanno nella stessa direzione del progetto del Parlamento; ed infine che essa è servita a mettere in luce un analogo problema politico. si tratta di una sorta di preoccupante autolimitazione nelle decisioni che il Consiglio europeo ha finito quasi per imporsi, per non sapere più raggiungere una visione di sintesi globale degli interessi e del futuro della Comunità. noi tutti abbiamo seguito con attenzione le tappe che hanno portato alla risoluzione con cui il Parlamento europeo ha adottato il 14 febbraio scorso, a stragrande maggioranza ed alla unanimità dei rappresentanti italiani, il progetto di trattato istitutivo dell' Unione Europea . è doveroso, a nome del Governo, rendere omaggio, come ho fatto in Senato il 9 maggio scorso, alla coraggiosa iniziativa presa da un gruppo di parlamentari europei, animato da Altiero Spinelli e riunito nel « club del coccodrillo » , tendente ad investire il Parlamento di Strasburgo del compito di presentare, di discutere e di votare proposte di riforme istituzionali , basandosi, come è detto nel documento di seduta del 26 giugno del 1981, « sulla legittimità democratica che deriva al Parlamento stesso dalla sua elezione diretta da parte dei popoli della Comunità » . non mi dilungherò sulle diverse e laboriose tappe che hanno portato, attraverso il lavoro di un' apposita Commissione degli affari costituzionali, prima alla risoluzione del 6 luglio 1982 contenente gli orientamenti di massima per la modifica dei trattati, poi alla risoluzione del 14 settembre 1983 relativa al contenuto del progetto preliminare del trattato sull' Unione Europea e, infine, alla surricordata risoluzione del 14 febbraio scorso. mi limiterò ad osservare che questo processo si è sviluppato tra lo scetticismo dei numerosi delusi ed i sospetti degli altrettanto numerosi critici. ricordo che nel corso della visita compiuta nell' estate scorsa, subito dopo la mia nomina a ministro degli Esteri , in varie capitali della Comunità Europea avevo potuto riscontrare in molti dei miei interlocutori parecchia indifferenza verso l' iniziativa del Parlamento europeo di Strasburgo. ora mi sembra che a meno di un anno di distanza, durante il quale, in fondo, poca acqua è passata sotto i ponti del Tevere e della Senna, anche da parte delle personalità politiche e di Governo di altri paesi della comunità europea si cominci a guardare con attenzione ed interesse alla possibilità di uscire dalla crisi facendo leva sullo strumento predisposto dal Parlamento europeo . e l' affermazione fatta a Strasburgo dal presidente Mitterrand, di condividere l' ispirazione del progetto di trattato istitutivo dell' Unione, non può che rallegrarci e rafforzarci nel nostro impegno di operare perché una più vasta adesione all' iniziativa del Parlamento europeo segni l' alba vera del processo federativo del nostro continente. il tempo, che sa dare giusto peso alle cose ponendole in una prospettiva storica, ci darà conferma della bontà della decisione del Parlamento europeo di sottoporre direttamente ai dieci parlamenti nazionali il progetto di trattato istitutivo. il Governo per parte sua, auspica che tale decisione possa trovare presso gli altri parlamenti nazionali la stessa positiva accoglienza che ha ricevuto all' inizio di questo mese in Senato e che sono certo, riceverà oggi in quest' Aula. questo consenso unanime del nostro Parlamento al progetto di trattato istitutivo dell' Unione contribuisce a far comprendere presso l' opinione pubblica degli altri paesi membri come la nostra adesione agli obiettivi dell' integrazione economica e politica costituisca non già un dato da acquisire ma un punto fermo , non modificabile. lo stesso unanime atteggiamento di tutti i rappresentanti italiani eletti a Strasburgo, i quali non solo hanno dato il loro voto favorevole al progetto di esame, ma hanno contribuito in maniera determinante ad immaginarlo ed a realizzarlo, riflette bene il convincimento nostro sulla validità e sull' attualità dell' ideale unitario. è, dunque, con questo spirito di avanguardia politica che salutiamo favorevolmente sia la dichiarazione del presidente Mitterrand, sia l' adesione ad essa del cancelliere Kohl. con lo stesso spirito salutiamo ogni manifestazione di concordia fra questi due paesi che vada nel senso della promozione della costruzione europea. il disegno comunitario si basa, certamente, su una stretta cooperazione tra Francia e Repubblica Federale Tedesca diventata il simbolo di una nuova Europa che, a quaranta anni di distanza dallo sbarco in Normandia, ha ritrovato la libertà e la coesione. niente di più della cooperazione franco-tedesca può dimostrare il rifiuto del passato, il rigetto del nazionalismo politico ed economico, la rinuncia all' uso della forza per risolvere le dispute tra paesi europei . ma non siamo disposti, e ciò mi sembra ovvio, a riconoscere ad alcuno il ruolo di motore, in particolare un motore che in una Comunità a dieci verrebbe ad avere soltanto due pistoni. ad ogni stormir di fronde — le fronde in questo caso sono i frequenti, e che pur tutti riconosciamo necessari, incontri bilaterali fra statisti europei — vi è chi qui da noi comincia a parlare di asse privilegiato e di direttorio, per concludere che l' Italia rischia di essere esclusa da queste supreme decisioni politiche. non nego che, poiché nemmeno l' Europa è un' associazione di dame di carità, ciascun paese, e quindi, per quanto ci riguarda, l' Italia, debba essere vigilante. ma io credo che la vigilanza non debba estrinsecarsi in recriminazioni, che hanno scarso valore e scarso ascolto. il nostro paese ha un sistema molto più efficace di far fallire qualunque proposito di direttorio. il sistema è quello di saper esprimere con continuità le sue potenzialità, proprio quelle che il trattato di Roma , pur così rispettoso verso l' eguaglianza ideale di tutti i membri della Comunità, dal maggiore al minore, gli assegna, collocandolo inequivocabilmente fra i grandi paesi di questa nostra Comunità, per ora a dieci e domani a dodici. il problema che abbiamo davanti a noi è, come ho già avuto occasione di dire poc' anzi , quello del ritorno ad un autentico spirito comunitario, che consenta di superare gli interessi di parte per ricercare e promuovere soltanto l' interesse comune, non necessariamente coincidente con gli interessi di questo o di quel paese membro. certamente a nessuno di noi sfugge il fatto che la Comunità Europea appare ancora oggi una costruzione sotto certi aspetti artificiosa e, quindi, non meritevole di attenzione. questa percezione della Comunità come di un fatto tutto sommato scarsamente incisivo nella realtà quotidiana deve essere superato attraverso l' attuazione di una struttura istituzionale efficiente. e ciò significa che deve esistere un equilibrio nella ripartizione tra l' elemento nazionale e quello sopranazionale, equilibrio che, come diceva Walter Halstein, primo presidente della Commissione della comunità economica europea, « attribuisca quanto necessario all' elemento nazionale e quanto possibile a quello sopranazionale » . se questa deve essere l' evoluzione proposta per fare fronte alle sfide degli anni 80 e 90, allora occorre fare in modo che una maggiore e più sentita partecipazione dei popoli all' impresa europea sia, anzitutto, il risultato del rafforzamento di una coscienza pronta a cogliere nelle istituzioni dell' Unione la vera essenza, che è quella di tutelare più efficacemente degli Stati gli interessi sia dei singoli sia delle collettività, venendo incontro alle profonde aspirazioni degli uni e delle altre per una accresciuta stabilità sia all' interno dei nostri paesi sia nel mondo. io ritengo che tra la maturazione di una coscienza europea e lo sviluppo delle istituzioni comuni vi sia una relazione molto stretta. non è sufficiente, però, l' avere raggiunto la percezione chiara della necessità di creare l' Europa. occorre, ancora, operare e costruire in maniera che il fine da raggiungere risulti evidente, abbia contorni precisi, sia, soprattutto, convincente. e per fare ciò sono necessari strumenti adeguati, appunto le istituzioni comuni. mi sembra utile indicare alcuni ambiti che richiedono uno sforzo maggiore che per il passato e sui quali il Parlamento europeo ha attirato giustamente la nostra attenzione. vi è una politica sociale dell' Unione Europea , complementare rispetto alle politiche sociali dei paesi membri . la disoccupazione giovanile è un male europeo, ed i giovani sono spesso critici ed inquieti per la constatazione amara che nei dieci paesi si stenta a creare nuovi e qualificati posti di lavoro . vi è, in secondo luogo, la necessità di creare uno spazio giuridico ampliato che abbia come obbiettivo da raggiungere, attraverso il ravvicinamento delle legislazioni nazionali, ciò che il progetto di trattato chiama il rafforzamento nei cittadini del senso di appartenenza all' Unione. bisogna dare alla nozione di cittadinanza europea un contenuto il più possibile concreto. dobbiamo, fra l' altro, armonizzare le legislazioni scolastiche, attuare il riconoscimento reciproco dei titoli di studio , promuovere il libero esercizio delle professioni, rendere più omogenee le condizioni di studio e di lavoro in tutti i paesi della comunità , fare in modo che la protezione diplomatico-consolare fornita da ciascuno dei dieci governi venga estesa a tutte le persone aventi la cittadinanza di uno dei paesi membri . bisogna anche fare in modo che le rappresentanze diplomatiche e consolari dei paesi membri accreditate presso gli altri governi della Comunità assumano una configurazione diversa dall' attuale, che esalti, anche presso le opinioni pubbliche, il carattere speciale delle relazioni esistenti fra i paesi facenti parte della futura Unione. in terzo luogo, dovremo creare le premesse perché la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali tra i paesi della comunità diventi effettiva. non basta l' avere soppresso i dazi intercomunitari se poi si continua a mantenere in vita misure di controllo alle frontiere che, oltre a rappresentare, almeno in parte, un inutile dispendio, finiscono con l' appannare presso i cittadini l' immagine di questa Europa, che non può essere fatta soltanto a parole ed il cui cammino non può essere tappezzato soltanto di buone intenzioni ed ostacolato dalle lunghe file dei TIR alle frontiere infracomunitarie! abbiamo appreso dalla stampa dell' iniziativa di Bonn di proporre a Parigi « l' abolizione di ogni formalità per i viaggiatori e le persone in transito tra Francia e Germania e tra Germania e Francia, fatti salvi — sono le parole del presidente Mitterrand durante la conferenza stampa successiva all' incontro con il cancelliere Kohl — gli eventuali studi da compiere in tempi brevi da parte delle autorità competenti » . e stata altresì espressa in quell' occasione l' intenzione di discutere di questo progetto con gli altri partners della Comunità Europea nel prossimo Consiglio europeo di Fontainebleau. vorrei ricordare, a questo proposito, che in occasione dell' ultima visita a Bonn del presidente Craxi e mia, ci eravamo fatti promotori di una proposta di regolamento comunitario per la « comunitarizzazione » di tutti i servizi doganali, in modo che regole e controlli alle frontiere non fossero più di competenza nazionale ma discussi e concordati a Bruxelles e, poi, gestiti dalla Comunità Europea per ridurli al minimo indispensabile o, addirittura, eliminarli. anche in questo caso, con il sentimento di non essere secondi a nessuno, saremo pronti ad ascoltare le proposte che il cancelliere Kohl ha presentato al presidente Mitterrand e a partecipare alla discussione con spirito aperto. dovremo fare in modo che dal prossimo Consiglio europeo possano uscire, anche per questa delicata materia, orientamenti precisi che forniscano alla Commissione elementi sufficienti per formulare proposte dirette a sopprimere i controlli alle frontiere, beninteso, fra tutti i paesi membri . un altro ambito, che merita una particolare attenzione, è quello della modernizzazione tecnologica delle strutture economico-produttive, dove sempre più ci convinciamo che nessuno dei dieci paesi è in grado di competere con gli USA, con il Giappone e con altre aree industriali progredite. occorre, infatti, colmare ritardi che rischiano di provocare divaricazioni insanabili, a tutto scapito della competitività delle industrie europee. si torna a parlare, a questo proposito, di una Europa a geometria variabile nel campo industriale, in quello della ricerca e della conquista dello spazio. c' è da domandarsi quanto questa nozione di Europa a geometria variabile sia conciliabile con l' appoggio all' iniziativa del Parlamento europeo di un progetto di trattato istitutivo dell' Unione. sorge spontaneo, in altri termini, il quesito della compatibilità istituzionale, politica ed economica tra l' accrescersi della cooperazione intergovernativa a scapito dello sviluppo e del potenziamento delle politiche comunitarie ed un processo istituzionale che, per la sua ispirazione, è unitario e non intergovernativo. non è la prima volta che noi italiani ci poniamo questo quesito. se ci battiamo per il potenziamento delle risorse proprie attraverso un significativo trasferimento in alcuni settori di mezzi finanziari dal livello nazionale a quello comunitario è perché vogliamo portare la Comunità nel suo insieme, e non in uno schema di cooperazione intergovernativa a due, a tre o a quattro, ad essere protagonista del rinnovamento industriale e tecnologico dell' Europa. con questa nostra preferenza per la Comunità, per i suoi metodi e per le sue politiche noi non intendiamo certamente dire che non si possano o non si debbano realizzare accordi industriali tra imprese europee che lo desiderino e siano in grado di attuarli. l' esigenza che dobbiamo soddisfare è che la Comunità Europea necessita di risorse finanziarie adeguate per stimolare questi accordi, esattamente come oggi fanno i governi. tipico, a questo proposito, è lo sforzo finanziario compiuto dai paesi che partecipano al consorzio Airbus. ma la possibilità di creare un mercato comune anche dal lato dell' offerta, creando condizioni per favorire dimensioni produttive a livello continentale in grado di reggere la concorrenza di altre aree industriali , ci porta a prendere in considerazione tutta una serie di azioni dirette, da una parte, al ravvicinamento ed all' armonizzazione delle legislazioni nazionali, segnatamente nel settore fiscale, e, dall' altra, alla creazione di un quadro giuridico autonomo in cui lo statuto di società europea rappresenti il nucleo centrale. si sostiene, da parte di taluni governi, che la creazione di questo quadro giuridico è condizione non soltanto necessaria ma sufficiente per provocare l' auspicato adattamento delle strutture industriali della Comunità. noi non ne siamo convinti ed alcune iniziative volte a provocare, soprattutto nei settori industriali di punta, la cooperazione tra diverse aziende europee dimostrano piuttosto il contrario. a livello della Comunità l' attuazione del progetto Esprit, cui partecipano aziende appartenenti ad alcuni paesi membri , non sarebbe stata infatti possibile senza un intervento finanziario, alimentato, appunto, da fondi comuni . passando alla politica agricola comune, osservo che il progetto di trattato istitutivo dell' Unione Europea contiene un espresso riferimento alle finalità indicate nell' articolo 39 del trattato di Roma . nella futura Unione l' agricoltura continuerà, dunque, a mantenere una posizione di spicco. si tratterà, da un lato, di continuare a favorire il processo di razionalizzazione nell' impiego dei fattori produttivi, grazie soprattutto allo sviluppo del progresso tecnico; e si tratterà, dall' altra, di assicurare agli agricoltori della Comunità un equo tenore di vita , mediante il progressivo miglioramento dei loro redditi. permettetemi, a questo punto, una breve considerazione. a me sembra che nel perseguimento della recente azione diretta al controllo della spesa agricola, attraverso la riduzione delle eccedenze strutturali, il Consiglio non abbia sempre dato prova di sufficiente ponderazione. sarebbe stato preferibile se avessimo adottato decisioni più sagge in merito sia ad una maggiore possibilità di trasferimento di risorse sia ad un graduale contenimento delle produzioni eccedentarie. che la cura imposta all' agricoltura comunitaria sia stata più violenta di quanto fosse effettivamente possibile ed auspicabile è dimostrato, tra l' altro, da taluni segnali evidenti provenienti dalla Repubblica Federale Tedesca . la Germania, come sapete, è stata sempre la punta di diamante di una tendenza volta ad ottenere, per ragioni di contenimento del bilancio, misure molto energiche di riduzione della produzione agricola eccedentaria. ma è proprio di questi giorni la notizia che il governo federale chiede di rivedere gli accordi di Bruxelles per ottenere condizioni meno dure per i propri produttori di latte. in verità ai nostri produttori di latte abbiamo pensato più degli altri. non dico che ciò che abbiamo ottenuto può considerarsi pienamente soddisfacente; ma è certo che, almeno noi, non ci siamo lanciati in frettolose accettazioni di perfin troppo drastiche riduzioni di produzione. e chiaro, ora, che se il governo tedesco vuole rivedere gli accordi di Bruxelles, ciò dovrà essere discusso dal Consiglio dei ministri della Comunità per ristabilire un equilibrio accettabile per tutti. l' impegno del Governo resta sempre quello di una vigile attenzione alle conseguenze della riforma della politica agricola comune nell' agricoltura italiana. non consentiremo che ragioni prevalentemente contabili o di quadratura del bilancio comunitario prevalgano sugli obiettivi fondamentali iscritti nel trattato di Roma e che si affermino tendenze dirette ad incidere sui redditi e, quindi, a ridimensionare ulteriormente le nostre produzioni sia continentali che mediterranee. vorrei, ora, toccare un altro ambito, cui l' iniziativa del Parlamento di Strasburgo attribuisce un rilievo particolare. mi riferisco al Fondo Monetario europeo, che il progetto di trattato annovera tra gli organi dell' Unione Europea . l' attuazione di una più stretta cooperazione monetaria, nel quadro del sistema monetario europeo per la creazione di una zona di stabilità monetaria in Europa, rappresenta, dunque, una funzione prioritaria. certo, nessuno di noi si nasconde le difficoltà insite nella realizzazione di questo obiettivo; lo stesso progetto del Parlamento di Strasburgo ne tiene conto e prevede che nei primi cinque anni successivi all' entrata in vigore del trattato il Consiglio europeo possa sospendere l' efficacia delle disposizioni comunitarie relative al sistema monetario europeo . ma l' avere posto con chiarezza gli obiettivi significa aver compreso che la politica monetaria comune costituisce uno dei perni intorno al quale dovrà ruotare la nuova costruzione europea. ci siamo battuti e continueremo a batterci per un rafforzamento dello Sme e del ruolo dello scudo. credo che anche in questo campo abbiamo finora fatto il possibile e la diffusione dello scudo nel nostro sistema pubblico e privato ne è la testimonianza. a questo stesso quadro si ricollega il processo volto a promuovere e ad intensificare la convergenza delle politiche economiche nazionali. so di toccare un tasto particolarmente delicato per noi. ma se vogliamo esercitare un maggiore ruolo nella nostra partecipazione alla costruzione europea dobbiamo riconoscere che il cammino, pur notevole, fin qui percorso nella lotta contro l' inflazione, per il contenimento della spesa pubblica e, più in generale, per l' ammodernamento del nostro sistema produttivo , va perseguito tenacemente per dare un senso concreto al nostro modo di essere nella Comunità, oggi, e nell' Unione, domani. vorrei ricordare, infine, la necessità, sottolineata dal progetto di trattato, di dare vita ad una politica culturale lungimirante ed illuminata, destinata a rafforzare ed a far vivere una coscienza veramente europea. sul piano europeo, fra politica ed economia, la cultura sembra fare la figura di un orpello marginale, cui si tributa un omaggio, ma che rimane lì, senza che poi in realtà nessuno si senta di occuparsene. vorrei osservare però che è la cultura comune quella che ha animato e anima la Comunità. e la cultura comune che ci consente di intenderci, talvolta di fraintenderci, ma sempre con possibilità di recupero e chiarimento. questa grande cultura europea è certo un dato che sfugge in buona parte ai programmi che possiamo varare. il mondo stesso della cultura è del resto sempre più alieno in tutti i nostri paesi da interventi di carattere politico che sembrerebbe limitarne la vitalità e l' autonomia. vi è tuttavia una cultura con la « c » maiuscola cui questa piena indipendenza deve, a mio avviso, essere garantita; vi sono poi iniziative più limitate e concrete, ma anche assai importanti, che possono essere promosse e tentate senza offendere la libertà della grande cultura. certo occorre che l' Europa comunitaria pensi a queste iniziative in modo più concreto ed efficace. se pensiamo che da noi a Firenze esiste da anni una grande istituzione culturale europea e che essa è quasi ignorata dal grande pubblico ed ha poco spazio nelle deliberazioni politiche della Comunità, vediamo subito che molto lavoro vi è da fare, anche senza ricorrere a proposte, magari di richiamo, ma che finiscono per lasciare il tempo che trovano. io credo che spetti a noi, che tanto abbiamo voluto l' università europea di Firenze, di proporre i termini di un' accresciuta utilizzazione nell' ambito comunitario di quell' istituto universitario. nel sottoporre alla vostra particolare attenzione alcuni problemi che mi sembrano degni di approfondimento nelle appropriate sedi interne, a livello di Governo ed a quello amministrativo, ho anche presenti alcune carenze della nostra azione nell' ambito della Comunità Europea . non occorre che mi soffermi con voi sulla natura di queste carenze: dirò che esse si sono tradotte in ritardi, spesse volte notevoli, nell' adeguamento del nostro ordinamento interno alla normativa comunitaria. mi preme fare osservare che è nostro fondamentale interesse avere al più presto le carte in regola , non soltanto perché sarebbe ingiusto criticare gli altri e, poi, non porre un rimedio ai nostri errori: ma anche, e soprattutto, perché dobbiamo poter utilizzare pienamente le occasioni che ci sono offerte e che, spesso, diamo l' impressione di voler trascurare. ciò significa perdere benefici economici e finanziari tutt' altro che irrilevanti, oltre che fornire l' impressione errata di un affievolimento delle nostre convinzioni. a me sembra che sia importante, in questo momento, tracciare un quadro il più possibile completo delle effettive possibilità offerte dalla partecipazione italiana alla Comunità e predisporre, quindi, per le nostre amministrazioni competenti tutti gli elementi di valutazione necessari a rendere la nostra azione futura in seno alla Comunità più incisiva e più efficace. mi propongo, pertanto, di convocare, ai primi di luglio, una riunione con lo scopo di mettere a punto, anche attraverso il diretto contributo dei nostri ambasciatori accreditati nei paesi della comunità europea, le grandi linee di una strategia volta a realizzare una più compiuta partecipazione del nostro paese alla costruzione europea. tale strategia dovrà toccare tutti gli aspetti, con particolare riguardo a quelli più direttamente connessi alla cooperazione industriale con gli altri paesi membri della Comunità, dai settori della ricerca a quelli dell' applicazione delle tecnologie di punta e della cooperazione spaziale. vi è un aspetto dell' attività del primo Parlamento eletto a suffragio universale diretto che viene, abbastanza stranamente, un po' trascurato, e che riveste, invece, un' importanza fondamentale. mi riferisco, qui, allo spazio veramente considerevole che questa prima legislatura europea ha riservato ai dibattiti sui temi di politica estera e della difesa. i parlamentari di Strasburgo, infatti, hanno discusso di tutto: dall' Afghanistan al Medio Oriente , dai rapporti est ovest all' America meridionale, dal conflitto Iran-Iraq al rispetto dei diritti umani ed alla fame nel mondo . vi è stata, in questo quinquennio, una sorta di crescendo: dalle 60 risoluzioni votate nei primi due anni si è passati alle circa 250 del 1982 e del 1983. cito questi dati per offrirvi qualche punto di riferimento concreto su questo salto qualitativo operato dal Parlamento europeo ; quest' ultimo è diventato un centro politico di primaria importanza ed ha svolto un ruolo centrale nella costruzione comunitaria, un ruolo che gli ha dato la forza per imboccare la via della riforma istituzionale . l' Assemblea di Strasburgo , insomma, vincendo le resistenze ed i rifiuti di altre istituzioni, si è imposta come un foro nel quale hanno potuto incontrarsi e confrontarsi tutte le forze politiche rappresentative dei paesi della comunità europea. e questo, dicevo, uno sviluppo importante, perché ha dato titolo al Parlamento europeo di configurare nel progetto di trattato una evoluzione della cooperazione politica europea in senso decisamente sovranazionale. agli effetti di assicurare la composizione pacifica delle tensioni e la riduzione controllata degli armamenti l' Unione, infatti, dovrà assumere là gestione diretta di quelle materie in cui i paesi membri manifestino un comune interesse, oppure dove i paesi membri , agendo isolatamente, non potrebbero esprimersi con un' efficienza pari a quella dell' Unione. rientrano nella competenza dell' Unione la cooperazione allo sviluppo, anche come salvaguardia di prosperità per il mondo industrializzato, nonché la sicurezza. il problema dell' identità della futura Unione, si porrà, ovviamente, in maniera prioritaria nei rapporti, oltre che con il terzo mondo , con l' alleato americano ed i paesi dell'est . i rapporti tra l' Europa e gli USA sono apparsi ed appaiono, tuttora, in parte squilibrati. purtroppo, spesse volte i dieci si presentano in ordine sparso, dando spettacolo di insufficiente coordinamento nella loro azione politica, riducendo, quindi, pericolosamente il margine che un loro atteggiamento unitario potrebbe avere nel determinare, anche nell' interesse dell' Europa, oltreché della pace in generale, il corso degli avvenimenti mondiali. forse non abbiamo finora insistito a sufficienza sulla necessità di realizzare consultazioni regolari attraverso la creazione di un meccanismo permanente, suscettibile di migliorare la comprensione ed il dialogo tra le due rive dell' Atlantico. ma se, da un lato, è necessario che gli USA accettino l' Europa come partner a parte intera, è altrettanto necessario che gli europei dimostrino compatti la loro crescente unità politica, senza la quale la partnership con l' alleato americano rischia di essere una partnership tra diseguali. è proprio attraverso questo rinnovato impegno unitario, cui ci esorta il Parlamento europeo , che il nostro continente potrà operare più efficacemente per consolidare, attraverso l' Alleanza Atlantica , la pace nella sicurezza. del resto, l' unità di interessi e di ideali tra l' Europa e gli USA — riconfermata in occasione dell' ultimo Consiglio atlantico — rappresenta un dato permanente, dal quale nessuno dei nostri paesi può permettersi di prescindere. devo dire che il Consiglio atlantico tenutosi pochi giorni fa a Washington ha costituito, pur in una fase di così grandi difficoltà sul piano internazionale, un momento che a me sembra sia stato molto costruttivo nel dialogo occidentale. l' obiettivo è sempre quello di ritrovare fra le due rive dell' Atlantico gli elementi comuni tra sensibilità che non solo possono, ma direi devono, essere fra loro distinte per arricchire ed equilibrare una visione comune. il risultato raggiunto è tanto più notevole, se pensiamo che a simili incontri internazionali ciascuno di noi va fatalmente portatore di problemi e scadenze interne, in primo luogo elettorali, che, come è doveroso, condizionano i governi democratici (e tutti i governi sia atlantici sia della Comunità sono tali). eppure, grazie alla grande sincerità dei rapporti reciproci ed al rispetto che nell' alleanza ognuno ha di ognuno, a Washington si è potuto opportunamente contemperare quella che, direi, è una visione americana dell' attuale situazione internazionale, che inevitabilmente risente del peso fortissimo che si esercita su Washington — specie in presenza di una campagna presidenziale — in ordine ai problemi del momento, con una visione europea meno sottoposta oggi a queste pressioni e logoramenti. a mio avviso, una felice combinazione di queste sensibilità si è resa possibile nella capitale americana. per parte mia, ritengo di avervi contribuito, prima dell' inizio della riunione NATO, nel corso di un intenso incontro di lavoro con il segretario di Stato Schultz. nel riaffermargli la nostra fermezza e lealtà rispetto alle decisioni di riequilibrio missilistico della alleanza, ho avuto modo di fargli presente il convincimento — maturato nei colloqui da me avuti a Pasqua a Mosca, come in quelli avuti a Budapest, nel viaggio effettuato colà dal presidente Craxi e da me, e in altri contatti con paesi dell'est — dell' opportunità di confermare la linea pacifica e la volontà di dialogo della nostra alleanza. ho specificato che, a mio avviso, ciò si poteva effettuare soprattutto con riguardo alla conferenza di Stoccolma sul disarmo in Europa. Stoccolma non può certo costituire un surrogato dei negoziati attualmente sospesi sul controllo degli armamenti nucleari, ma può concorrere, se tutti — ovest, neutrali e non allineati ed ovviamente anche l' est, che occorrerà seriamente richiamare — lavoreremo con impegno a ristabilire un clima favorevole alla ripresa, nelle migliori condizioni, di quei negoziati. e così accaduto che il comunicato finale del Consiglio atlantico di Washington abbia potuto registrare una proposizione politica della massima importanza. si tratta dell' annuncio della disponibilità atlantica a discutere a Stoccolma, accanto alle importanti proposte occidentali sul rafforzamento delle misure di fiducia, un impegno al non uso della forza per la soluzione delle controversie internazionali. questo impegno è un concetto che da ultimo hanno sostenuto i paesi del Patto di Varsavia ; ma certo essi non ne hanno l' esclusiva, dato che fu la Svizzera ad avanzarne la proposta la prima volta, nei negoziati che precedettero l' atto finale di Helsinki , e dato che per i paesi dell' Alleanza Atlantica esso coincide pienamente con il dettato e con gli obiettivi del trattato difensivo che ci lega. lunedì a Dublino, parlando dinnanzi al Parlamento irlandese, il presidente degli USA ha autorevolmente rilanciato l' obiettivo di discutere a Stoccolma anche l' impegno al non uso della forza sul piano internazionale. è un gesto politico che considero conseguente al lavoro svolto a Washington e di grande importanza ai fini di un miglioramento del clima est ovest : occorre che questo gesto trovi rispondenza ed a ciò ci adopereremo. il rafforzamento della coesione fra i dieci attraverso l' Unione non potrebbe che giovare alla causa dell' Occidente nel percorrere con tenacia e costanza la via del dialogo con l' Unione Sovietica . ogni qualvolta parliamo dei rapporti est ovest non dobbiamo dimenticare che questa ristretta appendice del grande continente euroasiatico è la culla di una civiltà che, anche nei momenti più difficili e più critici della sua storia, è sempre riuscita a coltivare, attraverso il confronto delle idee, la ricerca di nuove forme di convivenza e, quindi, di società. e, in effetti, la nostra forza sta proprio nel fatto che la civiltà cui apparteniamo è una civiltà aperta, in cui il significato profondo della nozione di distensione va ricercato nella volontà di favorire, attraverso la costante attivazione dei canali di comunicazione e di dialogo, la circolazione delle idee e la migliore comprensione degli opposti punti di vista , la riduzione dei margini di tensione ed il conseguimento di equilibri internazionali meno instabili di quelli attuali. nel rapporto est ovest è nostro dovere, di noi europei, proprio per il tipo di civiltà che rappresentiamo, sfruttare fino in fondo ogni possibilità di collegamento, senza paure o debolezze, in chiara ed onesta unità di intenti con i nostri alleati. del resto, la disponibilità occidentale — contenuta nella dichiarazione emessa a Washington a conclusione del Consiglio atlantico la settimana scorsa — a discutere un accordo per la rinuncia all' uso della forza nelle controversie tra gli Stati risponde, appunto, non soltanto all' opportunità di rassicurare una opinione pubblica seriamente preoccupata della situazione attuale, ma anche, e soprattutto, all' esigenza di non lasciare intentata alcuna via che possa favorire la stabilizzazione dei rapporti tra est ed ovest. infine, il progetto di trattato prevede che l' Unione Europea utilizzi, con particolare riferimento alla politica di cooperazione allo sviluppo, il metodo dell' azione comune, che contempla, dopo un periodo transitorio di dieci anni, che tale politica rientri nelle competenze dell' Unione, cui spetterà anche di coordinare le rispettive politiche nazionali. mi sembra, questa, un' impostazione coerente su cui non possiamo non dichiararci d' accordo. noi dobbiamo proseguire e progredire la collaborazione nell' intento di consolidarla, come contributo di un' Europa fattore di pace e di progresso impegnata ad evolversi, a progredire ed aiutare i paesi più emarginati a liberarsi dalla fame, dalla miseria e dal sottosviluppo. nella misura in cui riuscirà in questo compito storico, l' Europa avrà ricreato la propria identità e la propria coscienza. signor presidente , onorevoli colleghi , Adenauer disse un giorno che l' Europa unita « è stata il sogno di pochi, divenne la speranza di molti, è oggi una necessità per tutti » . sogno, speranza e necessità rappresentano le tappe, direi obbligate, di un processo graduale che sbocca oggi in questa iniziativa del Parlamento europeo ; un' iniziativa che troppi, soprattutto all' inizio, considerarono velleitaria e da sognatori. possiamo oggi apprezzare da vicino, attraverso il consenso che stiamo per dare, e che altri parlamenti nazionali, come quello belga, hanno dato e che altri ancora certamente daranno, i risultati dell' azione compiuta, che conferisce significato storico alla prima legislatura eletta a suffragio universale diretto del Parlamento europeo . le recenti dichiarazioni pronunciate a Strasburgo dal presidente Mitterrand aprono un ulteriore spiraglio di speranza. il governo italiano , dal canto suo, considera positivamente la proposta di studiare, anche in occasione del prossimo Consiglio europeo , le condizioni per riunire al più presto una conferenza di rappresentanti dei governi dei paesi membri . ma mi sembra importante recuperare, anche nelle eventuali decisioni procedurali, lo spirito degli anni Cinquanta . Henri Spaak, cui si deve il rapporto preparatorio dei trattati di Roma , soleva affermare che spesso spetta ai tecnici tradurre in pratica la volontà dei politici e che le difficoltà dei tecnici non costituiscono ostacoli insuperabili ove vi sia una chiara volontà politica in tal senso. noi siamo determinati, confortati dal voto di questo Parlamento, ad operare perché l' iniziativa dell' Assemblea di Strasburgo trovi il necessario consenso dei parlamenti e dei governi interessati. altrettanta determinazione mostriamo nel sostenere il progetto che abbiamo davanti a noi contro i pericoli di un eventuale insabbiamento burocratico. il progetto che abbiamo davanti costituisce il necessario complemento dei trattati di Parigi e di Roma. l' opera intrapresa sulla base di quei trattati dobbiamo proseguirla attraverso un aggiornamento che non rappresenta né un cambiamento di rotta né una rinuncia ai principi fondamentali di solidarietà tra i paesi membri , dai quali la Comunità Europea continua, nonostante le difficoltà attuali, a trarre ispirazione. rispetto agli anni 50 la nostra società si è evoluta, ha esigenze diverse da soddisfare, sente di essere alle soglie di una rivoluzione che, anche grazie al progresso delle tecniche dell' informazione, è destinata a trasformare in maniera radicale i suoi comportamenti. e compito di noi politici sapere interpretare, attraverso gli opportuni adattamenti, la realtà di domani, dando prova di saggezza, oltre che di lungimiranza. una tappa importante della vita della Comunità Europea sta volgendo al suo termine: quella in cui si è trattato, principalmente, di abbattere le barriere, di far cadere gli ostacoli, di sopprimere le restrizioni. oggi bisogna dare priorità ad un' azione in positivo. occorre armonizzare le legislazioni, coordinare i comportamenti dei paesi membri promuovendone la convergenza e, soprattutto, sviluppare le politiche comuni dotando la Comunità delle risorse necessarie. il Parlamento europeo ha saputo interpretare, attraverso la sua iniziativa di modifica del quadro istituzionale, questo particolare e delicato momento storico e prospettare un' occasione di rilancio suscettibile di dare all' Europa una identità, rafforzandone l' azione e, quindi, rendendone più vigorosa la voce. tocca ora a noi fare la nostra parte, sviluppando il nostro impegno politico, facendo opera di convincimento sui tiepidi e cercando alleanze con i coraggiosi!