Achille OCCHETTO - Deputato Maggioranza
IX Legislatura - Assemblea n. 124 - seduta del 07-04-1984
Approvazione delle finalità e delle linee direttive generali del programma di sviluppo economico per il quinquennio 1965-1969
1984 - Governo III Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 594
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , siamo ormai alle ultime battute di una delle più importanti battaglie parlamentari, di una battaglia parlamentare che, mi dispiace dirlo per l' onorevole Craxi, fa grande onore al Parlamento italiano. mancano ormai poche ore alla fatidica mezzanotte del 16 aprile in cui questo vecchio decreto legge dovrà sbattere contro il muro del tempo che lo attende e dovrà inesorabilmente andare incontro al suo destino. però nel momento in cui diciamo che esso dovrà andare incontro al suo destino chiediamoci, se vogliamo davvero capire ciò che dobbiamo fare in questi giorni e in queste ore, da che cosa è stato segnato questo destino. forse il destino del decreto che qui abbiamo discusso in modo così appassionato è stato segnato esclusivamente da un susseguirsi di parole, da un dilatarsi improvviso, inopinato dei tempi a favore dell' opposizione, è stato segnato, come qualcuno si è apprestato subito a dire, da un fatto tecnico? no, signor presidente , onorevoli colleghi , quel destino, bisogna che tutti lo comprendano fino in fondo, è stato segnato in primo luogo da una grande lotta profonda e acuta condotta nel paese, ma responsabile, serena e seria. abbiamo tutti sentito l' affermazione secondo cui ci saremmo trovati di fronte ai giorni neri della Repubblica, ma vorrei fare anche un' altra considerazione. proprio nel momento in cui il presidente del Consiglio parlava dei giorni neri della Repubblica, in Francia, in Lorena, assistevamo ad una battaglia sindacale e popolare nel corso della quale abbiamo visto incendi, bombe molotov, feriti, persino un morto. ebbene, in Francia, dove c' è un presidente socialista, di fronte a quella battaglia, condotta in modo del tutto diverso dalla battaglia parlamentare che abbiamo condotto noi e che si è presentata in forme così acute e diverse dalla grande e festosa manifestazione del 24 marzo, il presidente della Repubblica francese, ha presentato un suo piano, discutibile, ma che parlava di telematica, di informatica e non dei giorni neri della Repubblica. ebbene, dicevo all' inizio che tra poco si conclude una lotta iniziata sessanta giorni fa, in primo luogo nel paese, nelle fabbriche, grandi e piccole, nei consigli di fabbrica, continuata poi in modo mirabile nel dibattito parlamentare condotto al Senato della Repubblica dai nostri compagni e poi culminata nella manifestazione splendida del 24 marzo e infine qui in questi giorni di dibattito sereno e approfondito. avete potuto assistere ad una lunga teoria di interventi, seri, approfonditi, circostanziati; direi, signor presidente , che si potrebbe persino prendere l' iniziativa di raccogliere questi interventi in un grande volume e consegnarlo in omaggio ai rappresentanti della maggioranza che non hanno voluto ascoltare questo dibattito e credo che in questo modo avrebbero molto da imparare per non commettere gli stessi errori che hanno commesso nel momento in cui hanno dato vita a questo decreto legge . ma io credo che avrebbero anche molto da imparare proprio perché dall' insieme degli interventi che sono stati fatti in questa Camera mi sembra che sia apparsa con estrema chiarezza una cosa di cui bisogna tener conto in questi giorni. cioè, che non esiste una via sola, una via obbligata nella battaglia fondamentale che pure bisogna condurre contro l' inflazione che noi consideriamo un male gravissimo per l' economia e per la democrazia del nostro paese. l' insieme di questi interventi ha dimostrato che è possibile prendere il toro per le corna, andare alla base strutturale dell' inflazione, che è possibile colpire le cause vere di questo male che stanno nella diseguaglianza profonda. ho letto proprio l' altro giorno un documento dei sindacati europei i quali affermano che la distanza che tra ricchi e poveri si fa sempre più grande in tutta l' Europa, sembrano riaffiorare frasi di antichi documenti della storia del movimento operaio europeo che erano considerate ormai paleomarxiste o invecchiate. le cause vere dell' inflazione vanno ricercate in quel flusso incontrollato del denaro pubblico cui si allacciano la mafia e la camorra ed è qui che dovrebbe applicarsi la capacità di decisione di un Governo che non è quella di sottrarre al Parlamento la potestà legislativa, ma di affrontare temi di grande rilievo come quello di dar vita a progetti integrati che possano risollevare le sorti del Mezzogiorno d' Italia. le cause vere dell' inflazione vanno ricercate nel fatto che esistono interi settori del nostro paese in cui si consuma più di quanto si produce; vanno ricercate nella « finanziarizzazione » dell' economia italiana , nel fatto che sono anche, ed è stato più volte ricordato, i costi del sistema di potere: le tangenti, di cui il vicepresidente di questa Camera l' onorevole Azzaro, ha parlato. questi sono i lacci e lacciuoli che impediscono alle forze produttive di esprimersi compiutamente. ebbene, saremmo forse noi comunisti a non voler combattere l' inflazione, come si legge ancora oggi sul manifesto affisso dal partito socialista sui muri della città di Roma? ci vuole una bella faccia tosta . ma come, non siamo stati forse noi comunisti i primi ad aver posto quel grande tema della austerità in sintonia con la sensibilità delle più avanzate concezioni economiche che si esprimevano allora in campo mondiale? non abbiamo fatto una analisi che partiva dalla crisi dello Stato del benessere, non abbiamo, forse, affermato che bisognava affrontare tutta la vita economica e sociale del paese attraverso nuove categorie di interpretazione? ebbene, quando ponemmo all' ordine del giorno della vita economica e politica del paese quel tema, ricordatelo, fummo « sfottuti » ; si parlò di francescani, di gente che faceva un' analisi catastrofica della situazione economica del paese. di contro, si presentavano le sorti magnifiche e progressive delle società postindustriali, le analisi del Censis, la spugna, il galleggiamento, il « piccolo è bello » e per sostenere l' elemosina per decreto chiesta al movimento operaio . forse questo è decisionismo? la verità è che bisogna capovolgere questa discussione sul decisionismo. la verità è, colleghi della maggioranza, signori del Governo, che voi non avete il coraggio di decidere là dove bisogna decidere, voi non avete avuto il coraggio di affrontare il nodo vero dei problemi, che è quello dello sviluppo delle forze produttive, del gap tecnologico, del problema della concorrenza, dell' Italia e dell' Europa nei confronti dei grandi colossi come l' America e il Giappone. ma per fare quella scelta era necessario operare sul terreno di una gigantesca redistribuzione delle ricchezze, dei poteri, colpire certi interessi, cambiare la strada seguita in tutti questi anni dalle forze che governano questo paese, che è stata quella di cercare il consenso di certi ceti sociali in cambio del permesso di evadere il fisco. questa è l' illegalità che è avanzata nel nostro paese, ed è qui che vanno contate le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni neri della nostra Repubblica. qui affiora il vero sovversivismo che, a differenza di quello della fine del secolo, è oggi sovversivismo di certi settori delle classi dominanti . si può dire che ci avviamo verso forme di cleptocrazia per cui ha ragione Norberto Bobbio quando dice che la più grande riforma istituzionale che bisognerebbe fare nel nostro paese è applicare il settimo comandamento che dice « non rubare » . ecco dove decidere bene e subito, e invece l' unico decisionismo che è stato messo in campo è stato quello di far pagare il prezzo della crisi agli operai; ma questo è un decisionismo che non viene affatto pagato perché gli operai hanno deciso di decidere anche loro e il problema è tutto qui. non si tratta del veto comunista, ma di qualcosa di più profondo, di qualcosa che maturava nella coscienza delle classi popolari e operaie del nostro paese, di una crisi profonda tra lavoratori e sindacato e credo che gli stessi compagni socialisti debbano meditare su questo punto, perché chi lavora per allargare il solco tra lavoratori e sindacati crea giorni bui nella Repubblica italiana . qui è il vero pericolo per la democrazia; per questo ci eravamo chiesti in questi giorni: ma è proprio possibile che il partito di Aldo Moro non comprenda la sostanza della questione? esiste ancora il partito di Aldo Moro? ci auguriamo di sì e che soprattutto si sia capita la lezione di questi sessanta giorni, come appare anche da alcune prese di posizione. è proprio per questi motivi, cui si aggiungono quelli di merito, che da diverse parti, dalla Confindustria, dal partito repubblicano , dalla Democrazia Cristiana e anche da alcuni settori del partito socialista , è apparso ormai evidente che il gioco non vale la candela: questo decreto legge è inefficace al fine di combattere l' inflazione. nel momento in cui vi state impegnando a cercare una soluzione sorge una domanda che io considero rilevante (cui sarebbe interessante ascoltare una risposta): come si inserisce questo decreto legge nella volontà di far riemergere lo spirito del patto costituzionale, nella volontà di applicare la distinzione dei due tavoli? forse attraverso uno straordinario turbamento di tutte le relazioni sociali ed istituzionali e colpendo un diritto come quello della libera contrattazione? mi spiego. credo che in questi giorni, nel momento in cui si discute che cosa fare dopo il 16 aprile, dobbiamo chiederci: era così necessario, era così urgente quel decreto? perché si è voluto ricorrere a quello strumento? la tesi che ho sostenuto in questi giorni è che si son voluti anticipare i tempi, arrivare ad una riforma di fatto della Costituzione proprio nel momento in cui si apriva una nuova fase, si istituiva una Commissione bicamerale, si apriva il cosiddetto tavolo istituzionale. per questo invito i settori della maggioranza alla riflessione. il decreto legge numero 10 ha portato ad un risultato disastroso; mi rivolgo ai colleghi della Democrazia Cristiana perché sono più sensibili alla distribuzione dei tavoli, quello istituzionale e quello delle maggioranze. non vi sembra una grave contraddizione che nel momento in cui ci si deve impegnare ad un rinnovato spirito costituente, surrettiziamente si faccia avanzare una sorta di decisionismo tutto da discutere? si badi — e vorrei essere molto chiaro — siamo tutti disposti a discutere sui limiti della democrazia consociativa . non c' è dubbio onorevoli colleghi che chi governa ha il diritto di governare. noi lo abbiamo detto non solo sul piano dei principi ma anche con i fatti in questo ramo del Parlamento, quando ci siamo impegnati ad adottare per la prima volta la sessione di bilancio per l' esame della legge finanziaria , nei confronti della quale eravamo contrari. non dobbiamo dimenticare, però, l' ambito discrezionale delle scelte e delle decisioni; questo è un problema che dobbiamo affrontare con senso di responsabilità e di consapevolezza, rammentandoci delle intenzioni di coloro che diedero vita alla Costituzione repubblicana: l' ambito discrezionale delle scelte e delle decisioni deve avvenire dentro atti che garantiscono l' insieme della comunità nazionale, le regole del gioco , un comune senso della libertà di tutti, così presente nella manifestazione operaia del 24 marzo, senza quali non ci sono alternative fisiologiche per il nostro paese. certo che bisogna decidere! ma qui sono d' accordo con De Mita , bisogna dirigere e dirigere non vuol dire comandare. allora, se ci ripensate, il primo obiettivo che sta dinanzi a voi, signori della maggioranza, è proprio l' abbandono di un decisionismo preoccupante, un decisionismo che in tutti questi anni ha teso a scorporare una componente grandissima, a ritagliare una società in cui mancano molti fondamentali protagonisti, a fare un deserto e a costruire su di esso le forme della politica e del comando. si è rivolto cioè, ad una direzione esattamente contraria rispetto a quella che ha portato al processo di trasformazione dal vecchio Stato liberale alla società di massa , per stringere la società senza profonde garanzie liberali. badate, state discutendo sulla via d' uscita. bene! ma ricordatevi che essenziale è che non si abbia più una scelta come quella che è avvenuta attraverso il decreto, intesa non ad affrontare — è qui che capovolgo l' argomento — il problema economico ma a dare il segnale politico, come strumento per un parto istituzionale deciso dall' alto, volto a cambiare le relazioni istituzionali e sociali e le forme stesse della democrazia industriale. a questo punto l' incostituzionalità sconfina con un' illegalità gravissima, che getta nell' illegalità tutto il sistema delle relazioni industriali, che può determinare un precedente gravissimo; come potremmo condurre le grandi masse ad operare nell' alveo democratico se si determina una incertezza del diritto? una grave precarietà, una insicurezza individuale e collettiva all' interno di tutta la società? questo è l' appello che rivolgiamo in queste ore a tutti coloro che vogliono per davvero rinverdire ma non smentire il patto costituzionale. per quanti ritengono che esista la possibilità di un rapporto fra capacità di decisione e necessaria mediazione democratica, per quanti cioè ritengono che questa società non può essere governata con lo spirito di una parte, ma avendo sempre presente la totalità del popolo. ebbene, se non si vogliono giorni neri per la Repubblica, riteniamo che bisogna cancellare un precedente grave, una Costituzione materiale regressiva. a tutti coloro che hanno ancora sensibilità democratica domando: credete voi, pur avendo una visione diversa — ed è del tutto legittimo — sul modo di combattere l' inflazione nel nostro paese, che la materia del decreto sia così importante da turbare non solo i rapporti sociali, ma una nuova fase costituente e quella unità superiore che è necessaria alla definizione di nuove regole del gioco ? questa è la domanda che dobbiamo porci, e che lascia ciascuno libero nella contrattazione delle necessarie trattative, ma ripristina un clima di fiducia e stabilisce la correttezza nei rapporti costituzionali, contro la più evidente delle violazioni, quella che lede la contrattazione collettiva . badate, in questi giorni si è aperto un equivoco quando si è parlato del rapporto tra Parlamento e piazza, fuorviante rispetto ad una analisi che non sia più quella del vecchio Stato liberale, della funzione delle masse nel quadro della nostra democrazia costituzionale . la materia della quale noi discutiamo è materia sindacale, non si può non trattare con i protagonisti della immensa manifestazione del 24 marzo. non è cedere alla piazza in quel caso! e un dovere legale, persino costituzionale, è il ripristino stesso della legalità che si può ottenere superando lo straordinario turbamento dell' ordine pubblico ed economico indotto dal decreto. non si tratta di una richiesta retorica, il decreto, da quello che ho cercato di dire in questa mia argomentazione, è stato fondamentalmente presentato come una cartina di tornasole per scomporre la società italiana , per determinare nuovi rapporti, per mutare la geografia politica del paese. vi sembra poco tutto questo per tre punti di contingenza? ecco perché bisogna ridare voce alle parti sociali , ecco perché bisogna ripristinare la contrattazione, ecco perché bisogna sgomberare subito il terreno da uno strumento iniquo ed inutile per il campo economico e pericoloso per quello politico e istituzionale. ecco perché nel corso di questa battaglia abbiamo tenuti ben fermi tre punti: il primo è che bisogna comunque sentire i lavoratori; il secondo è che non bisogna ridurre la lotta contro l' inflazione alla scala mobile ; il terzo è che bisogna ridare la parola alle parti sociali . anche questo è il motivo per cui qui il segretario del nostro partito, il compagno Berlinguer, ha chiesto al Governo di ritirare la questione di fiducia per prendere tempo, chiedendo in sostanza al Governo di riflettere. ebbene, c' è stato persino chi ha considerato la richiesta di riflettere una proposta massimalista, come dire: ma volete che questo Governo rifletta! forse però dobbiamo dire che quella proposta è servita, anche se non nei termini in cui era stata presentata. una certa riflessione si è avviata. siamo oggi di fronte — io credo — a fatti politici significativi. rispetto a sessanta giorni or sono, oggi sono molti di più quelli che non sono più convinti che questa sia la strada per combattere davvero l' inflazione nel nostro paese o che questa sia l' unica strada. non sono più convinti che il problema centrale sia quello di dar vita ad un sindacato istituzionale e paragovernativo, perché — lo sappiamo — anche questo era uno dei banchi di prova del decreto. si sgretola l' ipotesi di mettere il cappio al collo dei sindacati ed è quindi molto importante che si inizi a comprendere che il decreto non risolve i problemi dell' inflazione e dell' economia, anzi rappresenta un costo sociale troppo grande ed inutile. dovete comprendere, quindi, onorevoli colleghi , che il problema di rafforzare il rapporto di fiducia con le masse non è un problema solo nostro, compagni socialisti, non sarebbe una vittoria solo nostra. non è un caso che cresce proprio per questo la riflessione degli stessi ambienti industriali. vi apprestate a ricevere la vostra fiducia, credendo — come dice qualcuno — di pareggiare una partita. magra consolazione questa, l' importante è capire che la realtà è esattamente il contrario di quello che si dice quando si parla del rapporto tra il voto di fiducia e la decadenza del decreto. il voto di fiducia è un fatto tecnico, riducibile ad una interpretazione del regolamento già anticipata in Assemblea dal presidente, cui accediamo in ossequio al presidente della Camera . anche con questo dimostriamo quanto alta sia la nostra considerazione della legalità e delle forme democratiche, che non credo avrebbe animato altre forze politiche che si fossero trovate nella stessa situazione di combattimento. non illudetevi, questo è un fatto tecnico, il vero fatto politico è la decadenza del decreto. questo è il fatto politico con cui dovrete fare i conti da oggi, da domani nel Parlamento, nel paese, nelle fabbriche, con i lavoratori italiani. questo è il nodo politico che bisogna risolvere. se non lo risolverete politicamente, ma ginnicamente con un braccio di ferro o mimicamente con la grinta, non vi dimostrerete all' altezza di decidere e di governare. perciò, onorevole Craxi è davvero il caso di dire che errare è umano e che perseverare sarebbe diabolico, ma in tal caso avremmo finalmente scoperto sia Belfagor che Belzebù e allora, caro Craxi, cari colleghi della maggioranza, è meglio per voi e per tutti che da domani si possa dire che questo decreto non c' è più. per questo ci apprestiamo con gioia a dire: addio vecchio decreto.