Gianfranco FINI - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 122 - seduta del 05-04-1984
Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi
1984 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 105
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole rappresentante del Governo, nel corso del dibattito ai sensi dell'articolo 96-bis del regolamento, ho già avuto modo di sottolineare come il Movimento Sociale Italiano ritenga il decreto numero 10 lesivo di princìpi costituzionali di assai maggiore portata, rispetto a quello pur rilevante contenuto nell' articolo 77; e di mettere in luce altresì come, se si vuole cercare coerenza e limpidezza di comportamenti in ordine alla costituzionalità ed alla utilità sociale di interventi legislativi relativi alla scala mobile e alla contingenza, occorra necessariamente risalire alle posizioni assunte in passato, in quest' Aula e al di fuori, solo o principalmente dal Movimento Sociale Italiano . ciò in forza di una considerazione tanto evidente, quanto fin troppo facilmente dimenticata da coloro che tentano oggi di riconquistarsi con la compiacente complicità di gran parte dei mass-media una verginità perduta in ordine alla difesa del salario reale. se il decreto legge al nostro esame è in termini sociali e politici indubitabilmente figlio — per ammissione dello stesso ministro De Michelis — del cosiddetto accordo Scotti del gennaio 1983, esso è altresì discendente, in ordine alla sua dubbia costituzionalità, da altri provvedimenti varati negli scorsi anni. e sia nel caso dell' accordo Scotti sia nel caso delle leggi e dei decreti, cui tra un attimo farò riferimento, l' unica forza politica che ritenne di esprimere la propria opposizione e di presentare motivate pregiudiziali di costituzionalità fu per l' appunto il Movimento Sociale Italiano . solo la destra sostenne la incostituzionalità della legge 10 dicembre 1976, numero 797, che bloccò, sia pure temporaneamente, per intero o al 50 per cento secondo i casi, la contingenza per le retribuzioni superiori agli 8 ed ai 6 milioni annui, disponendo la conversione forzosa degli scatti non corrisposti in titoli pubblici all' interesse del 14 per cento successivamente riscuotibili. analogamente nel 1977 solo il Movimento Sociale Italiano denunciò l' incostituzionalità delle disposizioni legislative di sterilizzazione della contingenza per l' indennità di liquidazione e l' abolizione delle cosiddette scale mobili anomale. i richiami agli articoli 3 e 36 della Costituzione furono fatti in quel frangente unicamente dal Movimento Sociale Italiano che riteneva quelle disposizioni lesive della uguaglianza dei cittadini e del diritto di alcune categorie di lavoratori ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro. né possiamo dimenticare che anche nel 1982 solo la destra ritenne incostituzionale quella sedicente riforma delle liquidazioni che, concludendo il processo di espropriazione dei diritti acquisiti dai lavoratori iniziato nel 1977 con la sterilizzazione della contingenza sulle liquidazioni, abolì il sistema di ricalcolo sull' anzianità in base all' ultima retribuzione, trasformando così di fatto il trattamento di fine rapporto in un accantonamento annuo fisso protetto dalla svalutazione solo fino ad un tasso del 6 per cento di inflazione; un tasso ampiamente al di sotto — e quindi lesivo per i lavoratori — del tasso annuo di inflazione. in tutte queste occasioni la sensibilità del partito comunista alla aderenza delle varie norme ricordate al dettato costituzionale fu completamente assente; anzi, in più di una occasione, i deputati comunisti votarono insieme alla maggioranza nel respingere le nostre pregiudiziali di costituzionalità . se le ragioni politiche che indussero la sinistra a tale atteggiamento ostile agli interessi reali dei lavoratori sono note e si rifanno in sostanza a quel contesto di solidarietà nazionale da cui riteniamo che tanti ed anche più gravi danni siano derivati al popolo italiano , le ragioni tecniche e costituzionali per cui la sinistra non ritenne allora incostituzionale né l' adozione di un decreto per abolire le scale mobili anomale, né il contenuto del decreto in sé, sono da ricercarsi nel fatto che nel 1977 il Governo Andreotti agì con il pieno consenso della triplice sindacale e quindi — secondo il partito comunista — nel rispetto dell' articolo 39 della Costituzione. non a caso, infatti, il partito comunista sostiene oggi che il decreto legge numero 10 viola l' articolo 39 della Costituzione in quanto — cito dal resoconto sommario — colpisce l' autonomia sindacale ed inficia l' autonomia contrattuale delle organizzazioni dei lavoratori quale affermata nella costituzione materiale del paese, che rappresenta ormai patrimonio della coscienza collettiva. a tale proposito, occorre dire subito con fermezza che anche da questo punto di vista l' atteggiamento comunista ci appare strumentale ed incoerente. la Corte costituzionale si è, infatti, espressa nella sentenza numero 141 del 1980 respingendo numerose censure di costituzionalità relative ai decreti numero 699 del 1976 e numero 12 del 1977, cioè quelli del blocco della contingenza e delle scale mobili anomale, con una motivazione che dovrebbe essere motivo di ripensamento autocritico per tutti coloro — partito comunista in testa — che oggi richiamano l' articolo 39, ma che fino a ieri ne hanno impedito la reale attuazione, finendo quindi per svuotare di contenuto e significato quell' articolo — e soprattutto il successivo, l' articolo 40 relativo alla regolamentazione di sciopero — e rendere agevole e pienamente legittima da parte della Corte costituzionale la reiezione di obiezioni sulla costituzionalità dei decreti legge del 1976 e del 1977 in ordine ad una presunta violazione dell' articolo 39 con queste parole: « sino a quando non sarà disciplinata la loro registrazione, l' individuazione dei sindacati legittimati alla contrattazione collettiva non può non essere affidata al gioco delle forze sociali che, al di là dei non sempre sussistenti vincoli associativi, si trovano a rappresentare di fatto. di cotale esigenza — prosegue la Corte costituzionale — sono stati consapevoli il Governo ed il Parlamento nel dare vita alla normativa del 1977, la quale presta e non può non prestare il fianco a valutazione critiche o favorevoli di estrazione economica, finanziaria e sociale e fornirà motivi di contesa sul modo della realizzazione normativa e della concreta attuazione nelle controversie processuali, individuali e sindacali, ma non apre utile adito ad incidenti di costituzionalità fondati sull' asserito ostracismo decretato alle forze sociali » . assodato, quindi, che il richiamo all' articolo 39 non è pertinente, unicamente a causa del colpevole atteggiamento di quelle forze politiche , in specie di sinistra, che ne hanno fin qui impedito l' attuazione, e che vedono oggi ritorcersi contro loro stessi la passata presunzione, del resto mai confortata dai fatti, di rappresentare la maggioranza dei lavoratori; e ribadita altresì l' enorme responsabilità che pesa sulle spalle di coloro che approvarono la definizione di « ferri vecchi da buttare via » , con cui il giornale socialista Avanti! qualche anno addietro, anticipando in pratica ciò che oggi ha fatto Craxi, liquidò gli articoli 39 e 40 del nostro dettato costituzionale; premesso e stabilito tutto ciò, occorre chiedersi a quali altri articoli della Costituzione, ad avviso del Movimento Sociale Italiano , il decreto sulla scala mobile rechi offesa. assai grave ed evidente mi sembra a tal proposito, in primo luogo, la violazione dell' articolo 3, che sancisce la pari dignità sociale dei cittadini. mentre, infatti, l' intendimento governativo di limitare l' inflazione e di agganciare l' economia nazionale ad una ipotetica ripresa dell' economia occidentale è senza dubbio alcuno tale, qualora venga realizzato, da arrecare benefìci a tutta la comunità nazionale, o perlomeno, da non generare danni ad alcuno dei settori della stessa, lo strumento che il Governo ha prescelto per il raggiungimento di tale fine, cioè la predeterminazione degli scatti della contingenza, si rivolge solo a una categoria di cittadini, per quanto vasta, che è quella dei lavoratori dipendenti . la pari dignità sociale, quindi, viene meno perché la legge impone sacrifici economici solo ad una parte della popolazione produttiva, esentando in pratica — ecco il paradosso — , almeno per quanto riguarda il contenuto di questo decreto legge , altre categorie, quali i liberi professionisti o i commercianti, dalla lotta all' inflazione. inoltre, all' interno della medesima categoria colpita dal provvedimento, che è appunto quella dei lavoratori dipendenti , non viene, a nostro avviso, tutelata la pari dignità, perché il decreto prevede la decurtazione di una cifra fissa, quale che sia l' importo complessivo del salario, imponendo quindi identico sacrificio a soggetti per cui esso ha una conseguenza assai diversa e differenziata. che queste osservazioni non siano manifestamente infondate lo afferma, tra gli altri, il pretore di Bologna nella sua ordinanza di remissione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalità del decreto numero 10. ed uguale giudizio la pretura del capoluogo emiliano dà della questione di costituzionalità ai sensi dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione. si legge, infatti, nell' ordinanza: « la predeterminazione degli scatti di contingenza senza la previsione di conguaglio di fine periodo a favore dei lavoratori, nel caso di inflazione effettiva superiore a quella programmata, incide di per sé sulla garanzia costituzionale della retribuzione, che deve essere in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore un' esistenza libera e dignitosa, e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato. in concreto, lo snaturamento della contingenza che la norma attua, può essere fondatamente giudicato come volontà, realizzata dalla norma, di modificare il sistema di regolamento automatico, oggettivamente predeterminato e garantista, del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore in ordine alla retribuzione; questa intesa sia come corrispettivo equo del lavoro prestato, sia come mezzo di vita per il lavoratore. in tale modo viene meno la proporzione tra il valore nominale della retribuzione dovuta e l' effettiva possibilità per il lavoratore di far fronte, con il provento del lavoro, all' aumentato costo dei beni e dei servizi necessari alla vita » . il decreto, quindi, appare incostituzionale a prescindere dal fatto che incida o meno sul salario reale dei lavoratori; questa è una condizione di evidente incostituzionalità, secondo la prassi che ha portato in passato la Corte costituzionale ad affermare che il salario stabilito dai contratti collettivi di lavoro debba essere sempre garantito. più volte, del resto, il Governo, la Uil e la Cisl hanno tentato di dimostrare che il salario reale non verrà leso, in quanto, a fronte della diminuzione forzosa della contingenza, si registrerà una diminuzione del tasso inflattivo, anche a seguito del controllo dei prezzi amministrati e delle tariffe. la realtà è diversa, e, se la volessimo quantificare, potremmo portare a sostegno della nostra tesi la stima recentemente elaborata dalla CISNAL, da cui si evince che il lavoratore medio, con coniuge e due figli a carico , perderà — o ha già perduto nel 1984 — , a causa del decreto legge , ben 920 mila lire, così suddivise: 255 mila per i tre punti di contingenza sottratti e non rimborsati; 96 mila di assegno integrativo per carico familiare; 150 mila, al minimo, per il mancato sgravio fiscale dovuto perché l' inflazione nel 1983 ha superato il 13 per cento ; 450 mila, al minimo, per il mancato aggiornamento degli scaglioni di reddito contro il fiscal drag del 1983. ma anche se volessimo, in via del tutto ipotetica, prendere per buone le intenzioni e le misure del Governo, e quindi ritenere che i prezzi amministrati e le tariffe non aumenteranno oltre il 10 per cento ; e che, qualora il tasso inflattivo generale non rimanesse entro il tetto stabilito, intervenisse il Governo con sgravi fiscali, restano pur tuttavia due elementi del meccanismo inflattivo (il disavanzo della spesa pubblica e l' andamento del mercato dei cambi) su cui il Governo, almeno per quanto riguarda la spesa pubblica , si rifiuta di intervenire e che sono tali da far ritenere che l' inflazione non diminuirà e pertanto il salario reale verrà intaccato — e pesantemente — da questo decreto. è per queste ragioni che il gruppo del MSI-Destra Nazionale , coerentemente con quanto ha fatto in passato, ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità , il cui accoglimento ci sembra necessario e indispensabile, se veramente si vuole difendere il mondo del lavoro e della produzione.