Giovanni SPADOLINI - Deputato Opposizione
IX Legislatura - Assemblea n. 118 - seduta del 03-04-1984
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1984)
1984 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 63
  • Comunicazioni del governo

onorevole presidente , onorevoli Deputati , mi sia consentito, a nome del Governo, replicare con la misura e con l' ampiezza necessarie ai temi, agli interrogativi ed al complesso di argomenti anche stimolanti emersi in un dibattito di così drammatico interesse, che tocca la coscienza di tutti, come ogni tema che investa la sicurezza e la collocazione internazionale dell' Italia, e quindi con così larghe ripercussioni in Italia ed all' estero, ad est e ad ovest. mi sia consentito anche ringraziare per l' elevato dibattito tutti gli oratori intervenuti nella discussione: Petruccioli, Astori, Battistuzzi, Cerquetti, Codrignani, Crucianelli, Gorla, Lenoci, Miceli, Pannella, Ronchi, Rossino, Rubbi, Rutelli, Scovacricchi, Serafini, Tortorella, Nebbia, Negri, Castellina, Occhetto, Capanna, Columba, Nicola Manca, Bassanini e Gunnella. la vastità e l' intensità di questa eco anche internazionale ci spingono ancora di più alla responsabilità, alla riflessione ed alla chiarezza. non abbiamo bisogno di frasi ambigue e tortuose per nascondere la realtà agli italiani ed agli stranieri; e proprio perché parliamo di dura realtà non sentiamo di dichiararci, di fronte agli equilibri internazionali così minacciati, né ottimisti né pessimisti, ma solo animati dalla volontà di difendere a tutti i costi la pace. confortati dalla volontà di questo Parlamento, che secondo la vigente Costituzione non conosce sedi o strumenti di valida smentita, indichiamo una via di pace che passa per una difficilissima scelta di deterrenza e di equilibrio di armamenti atomici . noi non crediamo infatti che il temibile dislivello di armamenti che si era creato in Europa, e che ancora persiste, tra le nazioni atlantiche e le nazioni del Patto di Varsavia , fosse e sia cosa utile alla pace. ma noi speriamo che il riequilibrio delle forze persuada tutti della insensata inutilità del braccio di ferro missilistico, riconduca le parti al negoziato, realizzi le condizioni per una seria riduzione bilanciata e controllata. noi non abbiamo nemici contro cui prepararci a combattere. le nostre relazioni con l' est europeo sono buone e cercheremo di migliorarle con ogni mezzo, ma non possiamo ignorare, senza cedere al dovere di difesa nazionale e senza rinunciare alla stessa sovranità nazionale, che c' è un potenziale minaccioso di armi puntate anche contro di noi. di fronte a queste armi il più forte deterrente è certamente la volontà di pace del nostro Stato, della nostra nazione, la prova democratica che abbiamo dato di quaranta anni di pace, ma anche la ferma convinzione della difesa nell' equilibrio delle forze. è così chiara e verificabile questa via italiana alla pace che il dato che più ha sorpreso il Governo nel dibattito svoltosi in questa Aula è stata l' accusa rivolta dall' opposizione di un non lineare rapporto con il Parlamento. ci è stato detto di non essere stati ai patti per aver dato l' annuncio dell' operatività all' ultimo momento, ponendo così il Parlamento di fronte a un fatto virtualmente compiuto. gli Atti parlamentari ci dicono invece che quando il 10 novembre 1983 io dichiarai che il programma di installazione dei primi 16 missili (e non di 112 missili come ha detto autorevolmente, ma inesattamente, « radio Mosca » dimenticando l' enorme spazio politico , prima che temporale, che intercorre fra questa prima dislocazione e il completamento del programma) si sarebbe completato alla prevista scadenza del marzo 1984, nessuno ha mai subordinato tale spiegamento e tantomeno il conseguimento dell' operatività dei sistemi ad un successivo dibattito o voto parlamentare. le parole della risoluzione approvata dal Parlamento parlano chiaro: esse impegnano il Governo, cito testualmente, « a mantenere ferma la linea di condotta costantemente seguita in attuazione dell' indirizzo di politica internazionale e di sicurezza fissato con la risoluzione del dicembre 1979, con tutti gli adempimenti conseguenti nella disponibilità piena verso ogni sviluppo negoziale positivo che la Camera auspica si realizzi nel negoziato internazionale in corso a Ginevra » . ci fu però — vogliamo ricordare i fatti nella loro successione — una rilevante proposta politica dell' opposizione che doveva essere presa in considerazione, al di là di ogni questione procedurale. il Governo ha fatto tutto il possibile per indagare i termini di fattibilità di quella proposta, che nasceva dal maggiore partito della opposizione parlamentare. era, esattamente, la proposta avanzata dall' onorevole Berlinguer, diretta a rallentare i tempi tecnici dello spiegamento operativo dei missili nucleari a raggio intermedio in Europa occidentale , nella prospettiva che l' Unione Sovietica avrebbe corrisposto ad un tale gesto, avviando unilateralmente un processo di distruzione dei suoi moderni sistemi missilistici ss20. in quella occasione il presidente del Consiglio indicò, a nome del Governo, che nulla, nelle prese di posizione ufficiali ed ufficiose dell' Unione Sovietica , lasciava trapelare una disponibilità sovietica nel senso auspicato dall' onorevole Berlinguer. egli aggiunse, tuttavia, che in considerazione dello scarto di tempo — che io avevo già comunicato cinque giorni prima al Parlamento — destinato ad intercorrere fra la installazione operativa dei missili in Italia, rispetto a quella in altri paesi alleati — che sarebbe stata questione di poche settimane, perché, infatti, fu annunciata dai governi tedesco e britannico entro la fine del 1983 — era ai governi di quei paesi che la proposta si indirizzava in primo luogo e che, dato che niente doveva essere lasciato intentato, il Governo avrebbe effettuato un sondaggio presso questi ultimi (cioè i governi dei paesi che avevano sottoscritto gli impegni del 1979) al fine di acquisirne le valutazioni sul merito e sulle prospettive della proposta. questa esplorazione è stata regolarmente effettuata per i canali diplomatici. nelle more del processo di consultazione dei governi alleati, purtroppo, sopravvenne la decisione sovietica di interrompere la tornata negoziale in corso a Ginevra senza fissare una data per la sua ripresa. contestualmente, attraverso una dichiarazione resa il 24 novembre — cioè pochi giorni dopo la fine del dibattito in questo ramo del Parlamento e dopo la fine del dibattito nel Parlamento della Germania federale — dal defunto presidente Andropov, l' Unione Sovietica enuncia — occorre ricapitolare bene gli avvenimenti perché non restino margini ad equivoci — precise condizioni per la ripresa del negoziato che chiaramente, anche se indirettamente, danno una risposta negativa alla proposta dell' onorevole Berlinguer. quelle condizioni sovietiche subordinano infatti ad una rinuncia e non ad un semplice rinvio di carattere tecnico dello spiegamento missilistico della NATO la disponibilità dell' Unione Sovietica a riprendere il negoziato. il compianto presidente Andropov si esprimeva testualmente nei seguenti termini: « qualora gli USA e gli altri paesi NATO dimostrassero una disponibilità a ritornare alla situazione esistente prima dell' inizio dello spiegamento dei missili nucleari a medio raggio in Europa, anche l' Unione Sovietica sarà disposta a farlo. in questo caso le nostre precedenti proposte relative alla riduzione ed alla limitazione degli armamenti diventerebbero nuovamente valide. in questo caso, e cioè a condizione che sia ripristinata la situazione precedentemente esistente, anche gli obblighi unilateralmente assunti dall' Unione Sovietica in questo campo diventerebbero nuovamente effettivi » . qui termina la citazione. la stessa posizione, e cioè l' indicazione di una disponibilità ad un semplice ritorno alla situazione precedente l' interruzione del negoziato in cambio di una rinuncia da parte della NATO al suo programma di ammodernamento missilistico, fu enunciata, sia pure in termini più generali, dal presidente Andropov nel messaggio che egli indirizzò al presidente del Consiglio Craxi. le reazioni dei paesi alleati, con cui il Governo ha preso contatto, secondo l' impegno assunto in Parlamento dopo la proposta formulata dal segretario del partito comunista italiano, dopo la conclusione del dibattito parlamentare di novembre sugli euromissili, sono state quindi in larga misura, e purtroppo, influenzate da questa autorevole chiarificazione fornita dall' Unione Sovietica relativamente ai limiti delle concessioni che essa, Unione Sovietica , era disposta a fare in cambio di una revisione delle decisioni prese in novembre dai parlamenti italiano, tedesco e britannico. tutti i governi consultati — seguo un certo filo; quindi, spero che ci sia almeno un omaggio alla ragione in quello che dico — hanno confermato la loro volontà di adoperarsi in ogni modo per promuovere una ripresa del negoziato ed una normalizzazione del dialogo est ovest , dichiarandosi su questo punto, che è un punto chiave , pienamente concordi con la posizione del governo italiano . tuttavia — ecco il risultato della missione diplomatica — a parere dei governi alleati spettava allora (e mi riferisco a quella base particolare) e spetta ora all' Unione Sovietica sbloccare una situazione da essa creata con il suo spiegamento missilistico e l' atteggiamento, che non è facile definire propriamente costruttivo, assunto al tavolo negoziale. il concorde giudizio dei paesi alleati fu e rimane che le iniziative consistenti in una modifica unilaterale della linea occidentale, in ogni caso molto lontane da quelle che l' Unione Sovietica dichiara essere le proprie esigenze minime, non potrebbero che complicare il difficile lavoro di ricomposizione del quadro negoziale. tali condizioni — che sono frutto di una esplorazione diplomatica che, torno a dire, si intrecciò, purtroppo, con l' interruzione (noi continuiamo a chiamarla così, non vogliamo parlare di rottura) del negoziato di Ginevra (anche se fu presentata come una rottura) — non sembrano obiettivamente esistere al momento attuale, né, nonostante le migliori intenzioni e disponibilità manifestate in questi mesi dal Governo e dalla diplomazia italiana, i presupposti per un seguito positivo all' iniziativa specifica che era stata formulata il 16 novembre scorso nel dibattito sugli euromissili. anche per questo verso, dunque, che è di sostanza e non solo di procedura, nulla è emerso che potesse giustificare un rallentamento del programma tecnico di approntamento dei sistemi missilistici a Comiso. così, nulla da parte sovietica è finora emerso sull' ipotesi formulata a Bruxelles dallo stesso segretario del partito comunista italiano, onorevole Berlinguer, il 23 marzo, cioè pochi giorni fa, sulla sospensione da parte degli USA dell' installazione di nuovi missili in Europa, sull' immagazzinamento nei silos delle componenti già inviate e sul rinvio dell' arrivo dei nuovi sistemi missilistici, in contropartita all' impegno sovietico di interrompere l' esecuzione delle « contromisure » decise dopo l' avvio dell' installazione occidentale: certo un utile contributo, da parte del partito comunista italiano, alla causa della distensione internazionale. ma, al di là di questo doveroso seguito e rilievo dato a proposte provenienti dall' opposizione, il governo italiano ha partecipato in modo particolarmente attivo all' azione intesa a ricucire gli strappi prodottisi nel tessuto delle relazioni con l' est. oltre a riaffermare solennemente la volontà e la disponibilità dell' Occidente al negoziato nella dichiarazione emessa a Bruxelles a conclusione della sessione ministeriale del Consiglio atlantico dello scorso dicembre 1983, l' Italia, d' intesa coi suoi partner della Comunità Europea , si è adoperata con successo perché la conferenza sul disarmo in Europa aprisse i suoi lavori a Stoccolma al livello politico, fornendo così una occasione di contatto e di chiarimento che si è di fatto rivelata importante anche se non decisiva. il ministro degli Esteri Andreotti si è recato a Washington alla vigilia della conferenza per sottolineare l' importanza che da parte italiana si attribuiva e si attribuisce al ristabilimento di una atmosfera più distesa nei rapporti est ovest ed ha trovato nella capitale americana una ricettività di fondo e non soltanto strumentale a queste argomentazioni: ricettività tradottasi nel discorso del presidente Reagan del 16 gennaio, nel tono del successivo incontro Shultz-Gromiko e nel dialogo difficile ma regolare che è d' allora proseguito attraverso i canali diplomatici fra sovietici ed americani. il ministro degli Esteri ha per parte sua svolto a due riprese, in gennaio a Stoccolma ed in febbraio a Mosca, in coincidenza con le onoranze funebri al presidente Andropov, una parallela azione di convincimento nei suoi incontri con il ministro degli Esteri sovietico. nelle prossime settimane il presidente del Consiglio si recherà in visita in Ungheria ed il ministro degli Esteri a Mosca, ed in entrambi i casi verrà ribadita la volontà dell' Italia, che sappiamo condivisa dai nostri alleati, di favorire non solo la indispensabile ripresa dei negoziati, ma il sollecito raggiungimento di intese eque e verificabili nel campo del disarmo che garantiscano la tutela delle esigenze di sicurezza di tutte le parti interessate. il governo italiano , nei mesi trascorsi, ha pertanto guardato al futuro senza perdersi in recriminazioni sulle responsabilità per quanto avvenuto in passato. è comunque difficile, a tale proposito, accettare senza forti perplessità i motivi addotti da parte sovietica per l' interruzione dei negoziati. basterebbe riflettere che tali negoziati si erano svolti per due anni in presenza di un massiccio sviluppo del programma di installazione dei missili ss20, solo marginalmente contenuto dalla moratoria annunziata dal presidente Breznev nel marzo 1982. ma è anche obiettivamente opportuno, nel valutare i margini d' intesa che sussistevano nel novembre 1983 e che sussistono ancora oggi, ricordare la straordinaria complessità dei problemi che costituiscono l' oggetto dei negoziati sul disarmo nucleare non meno della necessità dimostrata dalla lunghezza dei negoziati SALT I e SALT II , di una ricerca paziente, e ricca di immaginazione, di terreni di accordo attraverso la trattativa. purtroppo i sovietici hanno mantenuto finora posizioni di chiusura ad ogni ulteriore discussione dei temi del disarmo nucleare e l' hanno ribadita anche quando talune espressioni del nuovo segretario generale del partito comunista sovietico erano state interpretate (naturalmente con un senso di sollievo universale) come segnali di un inizio di evoluzione del pensiero sovietico in materia. quanto di questo atteggiamento sia legato ad un' attesa di disporre di elementi più completi di valutazione delle reazioni interne dei paesi occidentali alla attuale situazione di stallo dei negoziati nucleari e quanto all' andamento della campagna elettorale presidenziale negli USA è difficile dire. è tuttavia altrettanto difficile immaginare che l' Unione Sovietica non sia cosciente come l' Occidente della necessità di ridurre in modo bilanciato e consistente quegli armamenti, la cui potenza distruttiva supera ogni esigenza obiettiva di difesa, e che tale risultato non può essere raggiunto. la maggioranza è già così scarsa che, se poi si distrae, parlo praticamente solo all' opposizione. e che tale risultato — dicevo — non può essere raggiunto se non attraverso la ripresa dei negoziati una volta che si siano ricreate le condizioni di reciproca fiducia necessarie per il loro successo. ci muoviamo in questa direzione, e solo in questa direzione. e la nostra azione, nonostante tutte le persistenti difficoltà e diffidenze, non è stata priva di risultati. abbiamo già parlato della conferenza di Stoccolma e dell' abbozzo di una ripresa di dialogo fra l' Unione Sovietica e gli USA che essa ha consentito di registrare. il 16 marzo sono riprese le trattative di Vienna per la riduzione mutua e bilanciata delle forze convenzionali in Europa centrale e da parte occidentale si intende presentare quanto prima nuove proposte volte a favorire la soluzione dei principali nodi su cui si è finora inceppata la trattativa. anche alla conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo è stata registrata una importante evoluzione dell' Urss sul problema della verifica di un trattato che bandisca al livello globale la produzione e l' impiego di armi chimiche — un problema questo che è tristemente ridivenuto di particolare attualità — e nel corso del mese di aprile gli USA presenteranno a Ginevra un loro progetto di trattato su questa materia. se i negoziati START e quelli sulle forze nucleari intermedie sono per il momento interrotti o sospesi, vi è un proliferare di iniziative a Stoccolma, a Vienna ed a Ginevra che, insieme ai contatti in corso o programmati sul piano bilaterale, mostrano che sia all' ovest che all' est c' è una coscienza della necessità di ricercare soluzioni mutuamente accettabili ai problemi del disarmo nel loro insieme. questa sensibilità, che sembra essersi accentuata dopo la crisi dello scorso novembre, è di buon auspicio. l' opinione pubblica interna ed internazionale ha elementi più che sufficienti per misurare la quantità e la qualità delle strade percorse dal governo italiano al fine di trovare un minimo elemento di luce nel buio che si è fatto dopo l' interruzione di Ginevra. non abbiamo obbedito ad alcun cieco automatismo ma neppure abbiamo ciecamente agito per rompere, con comportamenti unilaterali, una linea che riesce ad essere d' equilibrio, in quanto sia complessivamente sostenuta dai paesi dell' alleanza. nel corso della discussione, e soprattutto nei riferimenti al ruolo del governo italiano , è stato in qualche misura e in qualche momento perduto di vista il carattere collettivo del programma di modernizzazione del 1979 ed in conseguenza delle presunte responsabilità per i suoi effetti. non è inopportuno ricordare che l' inizio delle operazioni di installazione dei missili intermedi a lungo raggio ha avuto luogo contemporaneamente in Italia, nella Repubblica federale di Germania e nel Regno Unito e che anzi in questi ultimi paesi i missili erano già divenuti operativi alla fine dello scorso dicembre. in tutti e tre i paesi le decisioni governative sono state precedute da importanti dibattiti parlamentari a conclusione dei quali i tre parlamenti — in ciò seguiti in dicembre dal Parlamento belga — hanno riconosciuto a larga maggioranza (e nella Repubblica federale di Germania con le significative adesioni di uomini eminenti come l' ex cancelliere Schmidt sul versante dell' opposizione) che il negoziato di Ginevra non aveva prodotto risultati o aperto prospettive tali da giustificare un riesame delle misure di riequilibrio missilistico decise nel 1979 o dei loro tempi di attuazione. è necessario che il Parlamento, di fronte a queste deferenti comunicazioni del Governo, tenga conto di questo più ampio contesto, nel quale sono state valutate le posizioni negoziali emerse a Ginevra, e delle conclusioni coincidenti che sono state tratte in sede governativa e parlamentare nei principali paesi europei . solo così, infatti, è possibile esprimersi in modo obiettivo sulla validità di tale azione e sulla solidarietà che il Governo ha inteso mostrare nei confronti degli altri paesi direttamente coinvolti nel programma deciso nel 1979 in conformità con gli impegni allora assunti e ribaditi da ultimo dal Parlamento il 16 novembre 1983. la solidarietà fra i membri dell' Alleanza Atlantica nel perseguire l' obiettivo primario fissato dalla doppia decisione del 1979 (obiettivo, lo ripeto, politico, perché nessuno esaurisce la dottrina della sicurezza in termini esclusivamente militari) di ristabilire l' equilibrio delle forze rotto dall' Unione Sovietica con l' installazione dei missili ss20 ha costituito fin dall' inizio la condizione essenziale di una soluzione negoziale tale da consentire di realizzare tale obiettivo al più basso livello possibile. è una solidarietà che, per conseguire gli effetti (politici) che si propone, deve giocare nel bene e nel male, nei benefici e negli oneri. ma confonderla con un disegno deliberato di creare le condizioni per condurre la trattativa sugli armamenti nucleari intermedi da posizioni di forza significa ignorare i livelli delle forze contrapposte, cioè l' esistenza di 729 testate nucleari installate sui missili ss20, e rivolte contro l' Europa, a fronte delle 41 appena installate dalla NATO. l' avvio del programma di installazione dei missili in Europa occidentale risponde pertanto non ad una volontà di riarmo ma ad una obiettiva esigenza di sicurezza, torniamo a dire « apolitica » , esigenza che ci augureremmo possa essere soddisfatta altrimenti, attraverso l' eliminazione completa di questi sistemi d' arma. il governo italiano , e su ciò esiste piena intesa fra gli alleati, è pronto in ogni momento, qualora intervenga un accordo con l' Unione Sovietica , a limitare, ridurre o ritirare completamente i missili installati. non si tratta di parole vuote, ma di un impegno solenne preso e ripetutamente riaffermato in sede di alleanza, al quale nessun governo europeo potrebbe ragionevolmente sottrarsi. le condizioni di un tale accordo non hanno purtroppo potuto essere definite a Ginevra mentre il negoziato era ancora in corso . ciò è stato in parte dovuto ad una non piena convinzione da parte sovietica della fermezza e credibilità delle posizioni alleate. l' andamento del negoziato di Ginevra ha mostrato che i sovietici non erano pronti ad una intesa che soddisfacesse l' esigenza occidentale di un equilibrio approssimativo delle forze: il che ha reso inevitabile l' avvio della fase di esecuzione del programma del 1979 alle scadenze da tempo previste, da tempo concordate e da tempo rese pubbliche. è un fatto innegabile che questo sviluppo ha turbato l' andamento delle relazioni est ovest ed ha condotto alla interruzione o sospensione dei negoziati sul disarmo nucleare. ma ci sia consentita un' altra osservazione. l' interruzione dei negoziati non ha consentito all' Italia ed agli altri paesi occidentali di influire direttamente sul processo di approfondito riesame delle posizioni negoziali sovietiche (che noi auspichiamo e che è certamente in corso ) ma ha egualmente lasciato aperta la possibilità di fornire un contributo costruttivo ad una ripresa del dialogo est ovest e di cercare di dissipare, attraverso questa dimostrazione di una volontà di dialogo, ogni malinteso che fosse insorto circa l' esistenza in Occidente di una intenzione di impegnarsi in una prova di forza con l' Unione Sovietica : prova di forza che comunque i rapporti reciproci e le condizioni dell' era nucleare renderebbero palesemente assurda. è in questo contesto, onorevole presidente , onorevoli Deputati , che è stato gradualmente messo a punto il programma di operatività per i primi sedici missili a Comiso. mi si è chiesto qual è lo stadio di questa operatività. rispondo che essa è tecnicamente conseguita, nel senso che sono state già attuate le predisposizioni e procedure per la verifica del sistema. naturalmente, ci vorrà un certo periodo di tempo per completare le strutture di supporto della base di Comiso e per perseguire il relativo complesso programma di addestramento. per altro, i sistemi sono stati già ampiamente collaudati dal punto di vista della sicurezza. d' altronde , le testate nucleari possono essere attivate solo dalla imposizione di una complessa sequenza di eventi tecnici che non può avere origine accidentale. non esistono dunque pericoli né per la base di Comiso né per le zone esterne interessate alla eventuale mobilità dei missili in fase addestrativa. su questo punto ribadisco innanzitutto quanto ebbe a dichiarare il ministro della Difesa del tempo, il collega Lagorio: nelle aree di addestramento non saranno imposte servitù militari; esse saranno ricercate lontano da concentrazioni militari e soprattutto da insediamenti urbani. ribadisco ancora, anche se a qualche illustre collega esperto di questioni militari e anche di questioni filologiche il dato è apparso ovvio, che per tali fini addestrativi saranno impiegati esclusivamente sistemi da arma inerti. il dato sarà meno ovvio per tutti coloro che traggono e trarranno facile allarme da queste esercitazioni per affermare che è in atto la « nuclearizzazione » di tutta la Sicilia. da parte di alcuni colleghi è stato infine toccato il problema della cosiddetta « doppia chiave » , affermando che l' Italia — accettando lo spiegamento a Comiso dei missili Cruise — avrebbe compiuto un atto di rinuncia alla propria sovranità nazionale: e ciò nella considerazione che l' impiego di tali missili sarebbe sotto l' esclusivo controllo degli alleati americani. a tale riguardo vorrei ricordare preliminarmente che l' atto istitutivo dell' Alleanza Atlantica prevede il mantenimento in ogni circostanza della piena sovranità degli stati membri e la stretta consultazione fra i governi degli stessi prima di assumere decisioni tali che possano, direttamente o indirettamente, coinvolgerli. a questa prassi si debbono uniformare tutte le decisioni, e tanto più quelle così importanti e decisive relative all' eventuale impiego di armi nucleari . questa prima considerazione basterebbe, da sola, ad escludere che il lancio dei missili schierati a Comiso possa avvenire senza il preventivo consenso del governo italiano ed a fugare, conseguentemente, eventuali ritornanti dubbi sull' incontrollabilità di tali sistemi d' arma da parte del Governo della Repubblica. come è già stato precisato in altre occasioni, in ambito NATO l' eventuale impiego di armi nucleari è condizionato da complesse procedure che prevedono, oltre la consultazione dei paesi membri , anche l' interessamento del Consiglio atlantico , del comitato di pianificazione della difesa in sessione permanente e della catena di comando operativo. sono procedure, dunque, che contemplano ben tre punti di consultazione per ciascun paese e quindi anche per l' Italia. esistono quindi, in sostanza, procedure in vigore da tempo che assicurano la piena partecipazione degli alleati ad ogni decisione di impiegare le armi nucleari americane dislocate in Europa e danno un peso particolarissimo alla volontà dei paesi sul cui territorio tali armi si trovino. queste procedure si applicano non solo ai missili ma ad ogni altra arma nucleare in Europa. il Governo è in grado di assicurare solennemente in definitiva che nessuna arma nucleare potrà mai essere lanciata dal territorio nazionale senza che la relativa decisione sia stata adottata dall' autorità di Governo italiana. signor presidente , onorevoli colleghi , il Governo sa di trovarsi di fronte a responsabilità gravi, a un momento in cui la storia del nostro paese si lega a quella degli altri paesi alleati e a quella dei paesi dell' altra alleanza che noi ci ostiniamo a non considerare nemica. l' Italia vuole vivere in pace e vuole vivere nel pieno esercizio della sua sovranità e delle sue libertà. il Governo guarda con simpatia al movimento pacifista del paese e a quello internazionale; condivide l' ansia di pace, che accomuna il mondo della scienza e quello della fede nel « no » al terrore dell' olocausto nucleare; guarda anche con interesse alla ideazione di nuove formule di partecipazione popolare che rendano dovunque i popoli più padroni dello Stato. il tutto nella visione bilaterale dello spirito di Helsinki; lo spirito di diffusione di ogni iniziativa di pace e di libertà al di là e al di qua dei blocchi. è questo lo spirito con cui si deve guardare all' invocazione di pace dell' Europa, sia là dove si può esprimere nelle piazze sia in quei paesi dove è avvertita solo come tensione degli spiriti, a causa di ordinamenti giuridici che la costringono a fatto privato. è in questo spirito che il Governo continuerà ad operare, avendo in mente l' obiettivo primario di limitare, ridurre od eliminare del tutto gli armamenti nucleari, in condizioni di reciproco equilibrio delle forze. e noi siamo convinti che i passi avanti dell' Europa integrata, per cui tutti lavoriamo, si muovano egualmente in questa direzione, che è la direzione corrispondente alla nostra volontà e alle nostre speranze, nella costante lotta per la pace. il Governo valuterà nelle debite sedi la proposta di un referendum consultivo in materia.