Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
IV Legislatura - Assemblea n. 78 - seduta del 13-12-1963
Ratifica ed esecuzione del Trattato sull'Unione europea con 17 protocolli allegati e con atto finale che contiene 33 dichiarazioni, fatto a Maastricht il 7 febbraio 1992
1963 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 78
  • Comunicazioni del governo

ho l' impressione, signor presidente — e voi mi scuserete, onorevoli colleghi , se questa impressione espongo in modo del tutto esplicito — che l' attuale dibattito politico si sia aperto, e ne sia dominato, con un certo imbarazzo, comune, se non a tutti, certo a gran parte di noi. siamo in presenza , infatti, di un palese contrasto, vorrei dire perfino di un equivoco, che ritengo necessario sin dall' inizio affrontare per liberarne il terreno. è questa la seconda volta, dalla consultazione elettorale, che siamo chiamati a discutere un programma di Governo ; ma è la prima volta, in realtà, che ci si presenta una formazione governativa la quale ha un carattere normale e non di temporaneo ripiego, come fu il Governo che si presentò a noi nel luglio scorso. ora, dalle elezioni ad oggi sono trascorsi quasi nove mesi. questo incredibile ritardo nel trarre dal voto popolare e presentarle al Parlamento e al paese le necessarie conseguenze e conclusioni, è cosa assai significativa, è indice di contrasti profondi, di contese aspre e, in generale, di un processo politico stentato, contraddittorio, nel corso del quale è assai difficile cogliere nei protagonisti di tutta la vicenda, che si svolge ai vertici, la consapevolezza chiara della necessità di adeguare le soluzioni governative al risultato politico delle elezioni; il che vuol dire, poi, adeguarle alle richieste e alle esigenze del paese. sembra prevalere, al contrario, una volontà opposta, una ricerca opposta: cioè una tormentosa ricerca del modo di eludere e di contraddire il responso popolare. nonostante tutto questo, noi sappiamo che nel paese, ad opera di organi di stampa ben qualificati, questo processo così tortuoso e il risultato che ne è uscito, cioè l' attuale Governo, vengono presentati come fatti di importanza eccezionale. saremmo di fronte, oggi, ad una svolta storica nello sviluppo della società nazionale, ad un salto di qualità , ad un mutamento radicale e definitivo, irreversibile. sono sempre dubbioso e scettico di fronte ad affermazioni di questa natura. riconoscere un salto di qualità è cosa facile soltanto nel caso di una rottura rivoluzionaria aperta, coronata dalla vittoria, come fu, per esempio, nell' ottobre del 1917 in Russia. riuscì a Volfango Goethe, una volta, di fissare nel corso stesso degli eventi la data che segnava l' inizio di una « novella istoria » . ma ci si trovava, appunto, di fronte a fatti rivoluzionari. nella definizione delle tappe di una evoluzione politica generalmente lenta si consiglia la cautela, si consiglia di evitare l' inutile gesto retorico, particolarmente, poi, quando mancano del tutto nel paese quelle speranze diffuse, quegli entusiasmi, quelle attese che potrebbero in un certo senso giustificarlo; e in effetti ci si trova di fronte a diffusi timori, a critiche aperte, nel migliore dei casi ad incertezze e a perplessità: la stessa perplessità che domina questo nostro dibattito. a noi, Parlamento della Repubblica, spetta lasciare da parte le frasi, la retorica e, partendo da una giusta considerazione della realtà, vagliare con esattezza il negativo e il positivo delle cose che dal Governo ci vengono dette e del programma che ci viene presentato; e soprattutto fare uno sforzo per collocare esattamente ogni cosa in quello sviluppo della vita politica italiana di cui noi siamo gli attori principali. la formazione dell' attuale Governo rappresenta davvero, in questo sviluppo, un passo in avanti, un progresso, e quindi un momento positivo? noi siamo ad un giudizio di questa natura nettamente contrari, lo respingiamo senza esitazione. riteniamo di trovarci, infatti, ad un momento di arresto ed anche, per certi aspetti, di involuzione; e lo dimostreremo, sia riferendoci al corso generale della politica nazionale negli ultimi anni, sia richiamandoci alle posizioni programmatiche che oggi ci vengono presentate e alla stessa composizione di questa compagine governativa. il punto di partenza di tutti gli sviluppi politici degli ultimi anni è stato il fallimento e la fine del centrismo. dopo la liberazione, la quale fu veramente, non soltanto per se stessa , ma per la costellazione politica che la rese possibile, una svolta decisiva nella storia del nostro paese, il centrismo fu la formula della riscossa del vecchio ceto dirigente conservatore, reazionario, e correlativamente fu la formula del monopolio politico del partito della Democrazia Cristiana . ad esso corrispose, nelle relazioni internazionali, l' esasperazione della guerra fredda ; nelle relazioni interne, l' abbandono, la mancata applicazione, a violazione, anche, dei principi costituzionali. nell' economia corrisposero al centrismo un rapido processo di concentrazione capitalistica e il rafforzamento continuo del potere economico e del potere politico dei grandi gruppi monopolistici. la ripresa economica venne preparata e attuata mantenendo al livello più basso le condizioni di esistenza della maggioranza delle masse lavoratrici , con milioni di disoccupati, come tutti ricordate, con i salari peggiori di tutto l' Occidente, con l' inizio e il procedere di una grave crisi dell' azienda contadina coltivatrice. il paese visse così, sotto i governi centristi, un periodo di aspre lotte politiche, sindacali, agrarie; spetta ai partiti ed alle altre organizzazioni che furono alla testa di queste lotte il merito di avere passo a passo, e talora riportando notevoli successi, contestato e contrastato la politica centrista, mantenendo aperta la strada per sviluppi nuovi, conformi allo spirito della Resistenza antifascista, ad una democrazia progressiva ed ai precetti costituzionali. a partire dal 1960 divenne evidente che era necessario cambiare strada. tutta l' opinione democratica venne risvegliata da un potente, impetuoso movimento di masse lavoratrici . nella stessa struttura e nello sviluppo della nostra economia emergevano sempre più chiaramente, d' altra parte, i difetti, gli squilibri, le organiche storture e deformazioni prodotte dal fatto che gli interessi e i piani dei grandi gruppi monopolistici vi erano restati determinanti, mentre lo Stato, pur avendo esteso le sue attività al campo dell' economia, aveva subordinato le sue scelte e la sua azione a quelle di questi gruppi, affermatisi come i veri padroni del nostro paese. ebbe inizio, sulla base di queste costatazioni dolorose, ma rispondenti alla realtà, una ricerca collettiva alla quale presero parte tutte le forze democratiche di sinistra, laiche e cattoliche, giungendo anche su alcuni problemi a conclusioni analoghe. credo che sia di grande interesse ricordare oggi quali furono i punti principali di quelle conclusioni. nel modo più esplicito e deciso esse vennero formulate nel cosiddetto « convegno dell' Eliseo » , di iniziativa repubblicana, socialdemocratica e socialista. in quel convegno venne costatato che l' intiero processo di espansione economica in corso era dominato nettamente da uno sviluppo squilibrato nella produzione e nella distribuzione della ricchezza e da una dislocazione quanto mai pericolosa del potere di comando al di fuori dello Stato e delle istituzioni democratiche, cioè nelle mani dei grandi gruppi monopolistici. il sistema attuale doveva, quindi, essere profondamente modificato: e allo scopo di modificarlo veniva proposta una serie di misure concrete, volte alla riforma almeno di una parte delle nostre strutture economiche e politiche. nella stessa direzione si era mosso, anche se con minore chiarezza e decisione, ma ad ogni modo rivendicando notevoli modificazioni della politica economica , il primo convegno democristiano di San Pellegrino , e si muoveva poi, certamente con eccessiva cautela e sulla base di un contestabile piano politico, il congresso democristiano di Napoli. sul piano delle riforme di struttura si collocavano gli organi dirigenti del partito socialista , e decisamente e con precise richieste si collocava il X congresso del nostro partito. da questo movimento generale, animato da obiettivi comuni, anche se espressi in forme e con toni diversi dall' una e dall' altra parte, ebbe origine all' inizio del 1962 il primo Governo di centrosinistra. a questo proposito. non vorrei tediare l' Assemblea, ricordando quale fu nei confronti di tale Governo la nostra condotta, se non vi fossi costretto dalla noiosa insistenza con cui taluno continua ad attribuirci posizioni e giudizi che non furono nostri. è dunque impossibile, onorevoli colleghi , una polemica che parta dalle posizioni nostre, dalle vere posizioni nostre, e non da quelle che qualche avversario vorrebbe che fossero? noi votammo contro quel Governo in tutte le sedi politiche; riconoscemmo in pari tempo quali erano le misure positive che venivano proposte, e contribuimmo alla loro approvazione. constatammo al tempo stesso — e fu questo, credo, il punto più importante — che la costituzione di quel Governo e i dibattiti che l' avevano preceduto, come alcune delle sue posizioni programmatiche, avrebbero condotto al risultato di spostare ad un livello più alto la lotta per uno sviluppo progressivo della democrazia italiana. e ci proponemmo di dare, a questo riguardo, il nostro efficace contributo, quale partito di masse lavoratrici e alla testa di un movimento di masse lavoratrici . il centrosinistra del 1962 finì però, come tutti sapete, in una strozzatura. fu dato da parte dei dirigenti democratico cristiani , a partire dal mese di novembre del 1962, e fu sancito definitivamente con le decisioni nell' 8 gennaio di quest' anno, un deciso colpo d' arresto. l' attuazione del programma fu troncata a metà, quando si stava per giungere a questioni essenziali. si andò così alle elezioni e il risultato di esse fu, per unanime riconoscimento, quello di uno spostamento a sinistra, cioè la condanna di quel colpo d' arresto, unita alla richiesta di un più deciso spostamento verso sinistra dell' asse politico. questo e non altro significato hanno, infatti, sia la nostra grande vittoria, sia la dura perdita subita dal partito democratico cristiano ), sia il mancato successo del partito socialista . orbene, il Governo che ci si presenta oggi giustamente è stato qualificato da un autorevole esponente della Democrazia Cristiana come il Governo che fermamente si colloca sul terreno dell' 8 gennaio scorso, cioè di un arresto di quel pur limitato inizio di spostamento a sinistra, di quella stentata azione di rinnovamento a cui sembrava che precedentemente si fosse pensato. questo giudizio viene confermato da un attento esame dei punti programmatici concordati dai partiti dell' attuale coalizione di centrosinistra. tali punti programmatici contengono molte affermazioni di natura — diciamo così — rituale, perché le abbiamo ascoltate al momento della presentazione di molti precedenti governi. vi si parla senza dubbio all' inizio — ed è affermazione positiva, questa — d' un profondo rinnovamento che sarebbe necessario — si dice — per creare una società sempre più giusta ed umana, con una sempre più ricca vita democratica . sta bene, per quanto, purtroppo, propositi analoghi abbiamo udito formulare persino quando ci si presentarono i più odiosi governi e, se non sbaglio, anche quando ci si presentò quel Governo che fu spazzato via, nel luglio 1960, da un' ondata di collera popolare. attiro inoltre l' attenzione sul fatto che, subito dopo queste affermazioni assai poco impegnative, si aggiunge chiaramente che l' attuale situazione politica e governativa non ha alternative valide nel Parlamento né nel paese. è la costatazione, quasi, di uno stato di necessità in cui si sarebbe trovato il Partito di maggioranza relativa. ora, ciò che si è costretti a fare per stato di necessità è ben diverso da ciò che si fa per convinto e spontaneo impegno. il fatto più significativo è che nel contesto del documento programmatico , di cui non esiterò ad indicare i punti che a noi sembrano positivi, il proposito del profondo rinnovamento a poco a poco si perde attraverso le riserve, le cautele, le sapienti ed ambigue sfumature verbali, oppure la riduzione delle cose nuove a principi d' ordine del tutto generale, dove il nuovo è assai difficile a trovarsi. parallelamente, ed in contrapposto a tutto ciò, vi è un altro filone, costituito dalla indicazione — anzi, diciamo pure dalla minaccia — di una linea economica e politica che ripete parecchie cose del passato, e per alcuni aspetti perfino le peggiora. si ha così la riprova del fatto che non basta parlare di rinnovamento. un rinnovamento vero non si può avere se qualcosa non viene modificata alla radice. se questo mutamento non vi è, è inevitabile che prevalga alla fine la continuità di vecchi indirizzi. al centro dei punti programmatici viene posto il problema della programmazione, dello sviluppo dell' economia secondo un piano. non possiamo che dichiararci sodisfatti di ciò. la necessità della pianificazione economica nazionale è un principio socialista e comunista. non sono trascorsi molti decenni dal tempo in cui il piano economico era considerato un' aberrazione, una grossolana negazione dei sani principi economici, utopia sovversiva, opera del demonio. oggi il principio viene accettato e concretamente si discute del modo di tradurlo in pratica. è questa una delle prove più dimostrative della vittoriosa avanzata nel mondo delle idee socialiste, dello sviluppo irresistibile di quei germi di socialismo che vengono a maturazione anche nelle società più accentuatamente capitalistiche. e non è senza significato ricordare che nel nostro paese la prima proposta di una pianificazione venne avanzata precisamente dalla organizzazione unitaria dei lavoratori italiani, allora diretta dal nostro grande compagno Di Vittorio con il suo piano del lavoro. ma che cosa significa dirigere la vita economica secondo un piano? anche l' imprenditore privato si muove secondo un piano. hanno un ben elaborato piano di previsione e di sviluppo in particolare le aziende più grandi, i monopoli industriali e finanziari che oggi dominano il mondo dell' economia. non vi è dubbio che nel trascorso decennio la nostra vita economica è stata subordinata a piani di questa origine e di questa natura. quale è stato il risultato? lo sappiamo: è stata quella drammatica accentuazione di contrasti economici e sociali, di natura territoriale o di classe, che tutti denunciano e che acuisce la situazione presente. né si deve credere che i grandi gruppi monopolistici abbiano rinunciato al loro potere e quindi al loro tipo di pianificazione. questo sta assumendo, anzi, proporzioni nazionali sempre più marcate. prendete conoscenza dei progetti di espansione di alcuni grandi gruppi monopolistici in alcune zone del paese e vi accorgerete facilmente che siamo di fronte alla concreta minaccia dell' accentuazione ulteriore degli squilibri e dei contrasti odierni, alla minaccia di nuovi forzati e disordinati spostamenti di popolazioni, di nuove concentrazioni di investimenti, cui corrisponderebbe quasi inevitabilmente un ulteriore sprofondare delle campagne e delle regioni meridionali , particolarmente, in una crescente decadenza. non è di una pianificazione di tal genere che abbiamo bisogno. abbiamo bisogno, invece, di combattere e di arrestare questa tendenza dei grandi gruppi monopolistici. abbiamo bisogno di una pianificazione che trovi come punto di partenza e punto di arrivo l' interesse pubblico, il superamento e il risanamento dei punti dolenti di tutto il nostro sistema, che sono prima di tutto l' insufficiente livello di esistenza delle masse lavoratrici , la mancanza di occupazione per una parte di esse, la crisi delle strutture agricole, la decadenza delle regioni meridionali . corrispondono a queste necessità i punti programmatici concordati? nonostante tutte le dichiarazioni che vi si possono trovare, e che sembrano indicare almeno alcuni di questi obiettivi, il contenuto rinnovatore, nella sostanza, non vi è; e non vi è per un motivo molto semplice: perché manca l' esplicita e dichiarata volontà politica di opporsi al predominio dei grandi monopoli e di determinare un nuovo corso con riforme che incidano nella struttura stessa della nostra economia. anzi, non soltanto è assente questa volontà, ma tutta la esposizione economica e le misure che si propongono per il « breve periodo » sono informate ad una visione della situazione attuale che è quella dettata, imposta dai gruppi di potere che fanno capo al grande capitale privato. non parlo soltanto della tassativa esclusione di misure di nazionalizzazione per tutto un periodo, misure di nazionalizzazione che si impongono, invece, in maggiore o minore quantità, se si vuole mettere ordine, per esempio, nel settore farmaceutico, o in quello dello zucchero. non parlo delle ripetute assicurazioni che vengono date alle grandi concentrazioni di ricchezza circa le intenzioni del Governo nei loro confronti. parlo soprattutto del modo in cui vengono posti il problema della congiuntura e quello dei suoi legami con la programmazione. la dottrina che viene accettata a questo proposito è quella che esclude da ogni considerazione i problemi di struttura ed attribuisce la colpa delle attuali difficoltà alla eccessiva espansione dei consumi e ad un aumento delle retribuzioni cui non avrebbe corrisposto un adeguato aumento della produttività. è una dottrina profondamente errata e pericolosa, per le conseguenze che se ne possono trarre in un paese che ha il più basso livello salariale di tutto il mercato comune europeo e nel quale si era creato, durante gli anni trascorsi, uno spaventoso e progressivo squilibrio fra l' effettivo aumento della produttività e l' assenza di un corrispondente aumento dei salari. è una dottrina di comodo, che esime dalla ricerca delle vere cause per le quali oggi, per esempio, salgono in questo modo i prezzi e la congiuntura è sfavorevole. prendete le più recenti statistiche del nostro commercio con l' estero. siamo di fronte ad un gravissimo passivo. ma a che cosa è dovuto? all' importazione di prodotti agricoli, carne e zucchero. per lo zucchero basti pensare che venne seguita negli anni passati, per favorire il monopolio zuccheriero, una politica di contrazione della produzione nazionale. quanto alla carne, siamo di fronte al totale fallimento del « piano verde » e ad una crisi di struttura che non si supera se non si affronta in pieno e non si risolve alle radici il problema di una riforma agraria generale. esiste una situazione critica nel mercato dei capitali. se ne ricavano conseguenze dannose per l' espansione economica. ma perché, per la ricerca delle responsabilità e per impedire nuovi aggravamenti della situazione, non si presentano misure concrete, precise circa il grave fenomeno della fuga dei capitali stessi? e potrei portare altri esempi. la spinta al, miglioramento dei consumi è un fatto positivo nel nostro paese, in quanto riguarda masse popolari tradizionalmente povere. è errato volerla frenare. l' aumento dei salari è sempre stato e deve continuare ad essere stimolo e molla potente per tutto lo sviluppo dell' economia. il lavoro, poi, non è ancora disponibile in Italia per tutti i cittadini, donne e uomini, così al nord come al sud: di qui la piaga dell' emigrazione e quella, altrettanto seria, del tumultuoso abbandono delle campagne, delle regioni meridionali , delle valli alpine. si adottino pure misure anticongiunturali; ma se queste non verranno collegate subito, in partenza, con il proposito di attuare le necessarie riforme di struttura e con l' inizio di questa attuazione, questi problemi continueranno a rimanere come sempre acuti. l' ipotesi più probabile è che ci si troverà, dopo il periodo breve, in una situazione altrettanto grave quanto l' attuale e che ancora una volta si cercheranno pretesti per non passare al periodo lungo, cioè ad una effettiva pianificazione che abbia come suo fondamento le indispensabili trasformazioni della struttura economica. viene in questo modo alla luce, dalla riflessione sull' impostazione generale dei punti programmatici, un' alternativa che si presenta oggi in tutti i paesi occidentali di capitalismo avanzato, maturi oramai per le trasformazioni socialiste. esistono in questi paesi uno sviluppo di forze produttive e un progresso impressionante della tecnica. la concentrazione capitalistica è andata avanti in modo impetuoso. le stesse tecniche di organizzazione della produzione e degli scambi e di controllo del mercato hanno fatto innegabili progressi e forniscono ai più potenti gruppi dirigenti borghesi strumenti assai perfezionati di dominio di tutta la vita sociale. l' ordinamento capitalistico si presenta quindi con pretese ed ambizioni nuove; non esclude, anzi consente talora, nel suo stesso interesse, un processo di ammodernamento che non tocchi le strutture fondamentali. quello che non accetta è di lasciare via libera a riforme sostanziali che preparino trasformazioni sociali sempre più profonde; respinge quindi un piano economico democratico di cui sia parte integrante la partecipazione degli istituti democratici, delle masse lavoratrici e del ceto medio alla direzione della vita economica. può consentire (perché oramai non se ne può fare a meno) interventi dello Stato nella sfera dell' economia, ma purché in ultima analisi le strutture economiche e sociali non vengano toccate, non sia contrastato il processo di accumulazione su cui si fondano il dominio e il predominio dei grandi monopoli. si disegna in questo modo la prospettiva di una evoluzione di tipo neocapitalistico, secondo un termine correntemente usato, che non incide sulla sostanza dei rapporti sociali. per un paese come il nostro, così irto di contrasti e di contraddizioni di ogni natura, non soltanto non viene aperta in questa prospettiva la via di un' avanzata verso una piena eguaglianza e giustizia sociale , ma la stessa soluzione dei drammatici problemi del presente viene ostacolata. bisogna contrapporre a questa prospettiva una prospettiva diversa, di effettiva pianificazione democratica, di riforma, di rinnovamento profondo delle strutture. e tra queste due vie bisogna fare una scelta. quale scelta viene fatta con i punti programmatici concordati dai quattro partiti, punti che qui ci sono stati esposti dal nuovo presidente del Consiglio ? se tali punti vengono esaminati secondo la visuale di cui ho parlato, il loro vizio organico balza alla luce. si può anche avere l' impressione che questo vizio consista nella presenza di due posizioni diverse, talora perfino opposte: da un lato l' aspirazione confusa ad una politica di riforme rinnovatrici, dall' altro il proposito ben chiaro di continuare secondo vecchi indirizzi, concedendo la correzione di errori e deficienze troppo evidenti, ma evitando di concedere tutto ciò che possa significare un esplicito superamento delle basi della vecchia politica. tra queste diverse posizioni il contatto e la conciliazione vengono trovati in un curioso amalgama di velleitarismo e di ambiguità. tuttavia, quando si giunge alle strette, ai problemi ed alle soluzioni su cui la parola decisiva deve essere detta e detta subito, ciò che prevale, per il momento, mi sembra sia ancora la posizione conservatrice, la continuità dei vecchi indirizzi. il rinnovamento viene rinviato, accantonato. il problema centrale, ho detto, anche se da noi si presenta in forme più acute, non è soltanto nostro; esso riguarda tutto l' Occidente capitalistico, nel quale certe tendenze negative, preoccupanti e pericolose, sono oggi chiaramente riconoscibili. tali sono il permanere di Stati fascisti, come la Spagna, per esempio, con l' esplicito appoggio e in alleanza con il governo americano ; la restrizione della vita democratica e il tentativo di sostituire regimi autoritari agli ordinamenti della democrazia; l' incapacità di abbandonare i vecchi schemi della guerra fredda per trovare nuove forme di organizzazione della convivenza tra i popoli e tra gli Stati; da ultimo, la tenace resistenza ad una distribuzione migliore della ricchezza, fondata su una riforma di struttura che attenui e faccia sparire i più profondi squilibri economici e sociali. quale contenuto preciso ha, per quanto riguarda i campi che sommariamente ho indicato, il programma che ci viene oggi presentato? non ha un contenuto rinnovatore: ricalca ancora, piuttosto, strade vecchie e pericolose. e ciò anzitutto per la politica estera . il problema che oggi è aperto nel mondo, ma in special modo in Europa, è quello di superare le forme di organizzazione dei rapporti fra gli Stati e l' atmosfera internazionale proprie della guerra fredda ; quello di spezzare la cerchia di ferro del blocco militare e di ogni sistema economico chiuso; quello di gettare le basi di un ordinamento nuovo, che gradualmente superi la vecchia alleanza di guerra e, attraverso misure politiche e di disarmo, prepari il passaggio ad un regime di pacifica coesistenza generale e di pace permanente. questo problema, però, non si risolve senza un impegno preciso di azione, poiché si tratta di affermare una linea di politica internazionale in lotta contro posizioni contrarie e avverse, sostenute da forze politiche potenti e minacciose. non credo che alcuno possa più parlare di unità del campo atlantico, oggi. trovate nel campo atlantico Stati democratici, Stati autoritari ed anche Stati fascisti, come quel Portogallo che voi gratificate dell' appellativo di « democrazia alleata » . per gli indirizzi della politica internazionale , poi, è in atto una palese differenziazione. questa stessa differenziazione esige che la nostra politica estera si qualifichi non soltanto con le consuete espressioni di buona volontà , ma con iniziative, con proposte, con atti precisi. parlando di differenziazione nel campo atlantico, non intendo riferirmi soltanto alla posizione della Francia nazionalistica e militaristica di De Gaulle : mi riferisco essenzialmente al contrasto che oppone chi è favorevole a chi è contrario a che venga condotto avanti, con nuove trattative e con nuove impostazioni e soluzioni dei problemi, il processo di distensione dei rapporti internazionali. l' accordo firmato a Mosca per il divieto, a certe condizioni, degli esperimenti atomici e nucleari, è stato un grande passo in avanti, una seria conquista. tutti siamo d' accordo su questo. ma sono passati quasi sei mesi e un passo ulteriore e successivo non è stato compiuto, nonostante che esso sembrasse imminente e nonostante che esso sia stato proposto e richiesto da molte parti interessate. è che, in pari tempo, si sono mosse forze ostili alla distensione e alla pace. mettiamo pure in prima linea il militarismo francese e schieriamoci contro di esso, augurando che il popolo francese se ne liberi al più presto. ma badiamo che, mentre il militarismo francese per ora è isolato e più facile ad essere smascherato e combattuto, la Germania di Bonn, avversaria decisa della distensione, assurdamente abbacinata dal sogno criminale di una rivincita, è per ora fattore decisivo dell' orientamento di tutto il campo atlantico, punto di raccolta di tutti gli oltranzismi. questo è l' ostacolo contro il quale si deve combattere essenzialmente; questa è la direzione in cui l' azione deve svolgersi. che cosa significa, in questa situazione, la formula consueta della lealtà e fedeltà atlantica, termini che, purtroppo, per noi si equivalgono, perché entrambi indicano la rinuncia alla ricerca di soluzioni nuove che facciano progredire la causa della pace? che cosa significano le generiche espressioni di buona volontà , analoghe — ma forse perfino più fredde — a quelle che abbiamo udito pronunciare in tante altre occasioni? esse non ci danno alcuna sicurezza che sarà svolta una politica estera rispondente alle odierne esigenze internazionali e agli interessi della nazione italiana. quali sono, poi, gli impegni cui si intende tener fede? non sarebbe ora di essere chiari a questo proposito? quando fu approvato il patto atlantico ci si disse (l' ho già ricordato altre volte in questa Aula) che non derivava da esso alcun impegno di mantenere basi militari straniere sul nostro territorio. in seguito vennero le basi militari e le basi atomiche; oggi sappiamo che perfino l' esercito revanscista di Bonn ha sul nostro territorio una sua base di esercitazioni. ed ora, quali nuovi impegni vi siete assunti o state per assumere? avete condotto la campagna elettorale scagliandovi contro noi comunisti, che denunciavamo l' assunzione, da parte vostra, di impegni in favore della forza atomica multilaterale. oggi citate questi impegni, che ieri negavate, per concludere che non si può tornare indietro. questi giuochi di poco degna ipocrisia e di aperto inganno dell' opinione pubblica rivelano il proposito di non cambiare i vecchi indirizzi, di non svolgere la azione che sarebbe indispensabile per far sparire del tutto la minaccia della distruzione atomica, per far progredire la causa della distensione e della pace. vi è una pietra di paragone alla quale ci si può e ci si deve riferire, per sapere in quale direzione ci si muova, ed è la posizione relativa alla proposta di armamento atomico della NATO mediante la creazione della cosiddetta forza atomica multilaterale. qui siamo di fronte ad un fatto preciso, di cui bisogna convincersi. la creazione della forza atomica multilaterale, qualora avesse luogo, significherebbe, con assoluta certezza, arresto dell' attuale processo di distensione dei rapporti internazionali e ritorno ai peggiori momenti della guerra fredda , con prospettive assai pericolose, forse catastrofiche. vano cercare espedienti, come si fa tra le righe degli accordi programmatici, per giustificare l' adesione a questa iniziativa. essa si tradurrebbe, di fatto, nell' armamento atomico della Germania di Bonn, ciò che nessuno può accettare perché implicante una troppo tragica minaccia per tutta l' umanità. è perfino ridicolo sentir dire che questo non avverrebbe, perché il riarmo atomico tedesco avrebbe luogo in un quadro e sotto un controllo collettivo. lo stesso venne detto quando si accettò il principio del riarmo convenzionale della Germania federale , che avrebbe dovuto avvenire in forma analoga, limitata e controllata. oggi l' esercito della Germania federale è il più forte tra quelli di tutta l' Europa occidentale . noi chiediamo dunque a tutte le forze sinceramente democratiche di impegnarsi su questo punto in una opposizione e negazione recisa. le vie sono divergenti e opposte: o forza atomica multilaterale, o distensione; o politica di pace, o riarmo atomico della Germania. chiediamo, quindi, anche al Governo di impegnarsi, non appena la questione verrà dibattuta, a respingere nettamente la proposta. non saremo affatto soli, saremo con la maggioranza delle odierne potenze atlantiche. saremo schierati, come è necessario, contro quelle forze revansciste e oltranziste che, irresponsabilmente, spingono tutti i contrasti internazionali ad una continua esasperazione, anziché favorire una ragionevole trattativa per superarli. non si fa una politica estera efficace, oggi, se non si ha il coraggio della iniziativa, delle posizioni e proposte concrete, atte a modificare il corso delle cose. qual è il passo che voi, come governo italiano , ritenete debba farsi dopo il trattato di Mosca? che cosa pensa questo Governo circa le proposte di un patto di non aggressione tra i due blocchi militari, circa la creazione di zone disatomizzate nel Mediterraneo, dall' una e dall' altra parte dell' Adriatico o al centro dell' Europa? mi direte che vi proponete di discuterne a suo tempo. limitarsi a questo, proprio nel momento in cui tra i più autorevoli uomini di Stato europei già vi è chi prende posizione aperta su tali problemi, è sbagliato. continueremo, dunque, a fare una politica estera di semplici valletti, non so quanto riluttanti, dei gruppi atlantici oltranzisti? per quale motivo i voti dei nostri rappresentanti all' Onu sono così di frequente voti di chiusura reazionaria, perfino nei confronti del movimento di liberazione dei popoli coloniali? perché l' Italia non deve avere il coraggio di addivenire al riconoscimento della Repubblica popolare cinese , che è atto non tanto di giustizia, quanto di semplice normalizzazione di una situazione oggi non più sostenibile? e ancora: il riconoscimento della Repubblica democratica tedesca non muterebbe evidentemente alcunché nel cosiddetto equilibrio delle forze, dato che noi riconosciamo l' altro Stato tedesco , la Repubblica di Bonn ; perché, dunque, con il riconoscimento della Repubblica democratica tedesca non diamo prova della nostra buona volontà di cercare in un reciproco, ragionevole accordo la soluzione del problema della Germania, o per lo meno un avvio alla soluzione di esso? a questi interrogativi non abbiamo avuto e certamente non avremo risposta sodisfacente, perché il campo della politica estera risulta essere quello nel quale la decisiva influenza della destra si esercita con maggiore efficacia. ci rivolgiamo e ci rivolgeremo dunque, ancora una volta, oltre che al Parlamento, al popolo, chiamandolo a quella lotta per la distensione che oggi è veramente lotta per la salvezza della civiltà e della nazione. in tutte le direzioni, in tutti i campi, nel mondo laico o in quello religioso, cercheremo le intese, gli incontri, le collaborazioni dirette o indirette. noi siamo per la neutralità del nostro paese, che costituirebbe la più sicura via di salvezza, siamo per il superamento del sistema dei blocchi. ma, anche nelle condizioni attuali, lo spazio che consente un nuovo indirizzo politico è così ampio che un movimento di masse e di opinione pubblica può formarsi perfino partendo da diverse posizioni di principio, fino a diventare forza decisiva che imponga una marcia sicura verso la distensione e la pace. noi impegneremo tutte le nostre forze e capacità per ottenere questo risultato. quanto agli ordinamenti interni dello Stato, saremmo ingenui se non ci accorgessimo che esistono anche nel nostro paese tendenze ad una trasformazione autoritaria dell' ordinamento politico. non pensiamo a tentativi di tipo fascista, che le forze popolari sono in grado di stroncare sul nascere, come già è stato provato. non riusciamo a scorgere in un Pacciardi, né in un Andreotti, nemmeno come caricatura, i lineamenti di un De Gaulle . il pericolo è più nascosto e più mascherato, ma forse per questo più insidioso. si tratta, infatti, del tentativo di introdurre nella nostra vita politica, gradualmente, pratiche e costumi che sono contrari ai principi democratici e all' ordinamento istituzionale quali sono usciti dalla vittoria sul fascismo per formare la base della nostra Repubblica. avremmo voluto che anche nel corso delle trattative per la formazione del Governo si fosse tenuto maggior conto, da parte di tutti, di questi principi. ritengo sia stato un errore, per esempio, che il presidente del Consiglio designato, prima di operare una sua scelta, non abbia consultato gli esponenti di tutti i partiti politici che sono rappresentati in Parlamento. la linea seguita già tradisce uno spirito di regime e di preordinato monopolio politico che è da condannare. errata e pericolosa, inoltre, l' ostentazione dell' intervento del presidente della Repubblica nel corso della trattativa politica e programmatica tra i partiti. non vi è nulla, nella nostra Costituzione, che autorizzi simile intervento. non si può correttamente parlare di una vigilanza sull' azione dei partiti, e nemmeno di un controllo sul contenuto e sulla continuità degli indirizzi politici che siano in questo modo affidati al presidente della Repubblica . ad esso la Costituzione giustamente riserva, in forme ben definite, precise attribuzioni di carattere politico e costituzionale. così dicasi anche per un atto compiuto in occasione di una recente sentenza del tribunale di Roma e di un deliberato assai inopportuno del Consiglio superiore della magistratura . signor presidente , non esco dai limiti della più assoluta correttezza. noi pensiamo che quell' atto sia andato al di là dei poteri e delle funzioni del presidente della Repubblica . la magistratura è un ordine indipendente. tale noi la vogliamo. la sua indipendenza è da garantirsi pienamente, soprattutto nei confronti delle influenze dal potere esecutivo , in qualsiasi senso queste influenze vengano esercitate. ripeto, la magistratura è un ordine indipendente: essa non è, però, un ordine sovrano. la sovranità appartiene al popolo e per esso al Parlamento. la critica all' operato della magistratura, pertanto, è sempre legittima, ed esercitarla costituisce anche una garanzia contro atti, come quello recentemente venuto alla luce, di aperta e scandalosa violazione dell' immunità parlamentare. né si dica che nel dare rilievo a questi fatti noi andiamo a caccia di farfalle. negli stessi punti programmatici che stiamo esaminando si nota una singolare tendenza, che ci ha colpito, a sottolineare in modo particolare le funzioni dell' Esecutivo, un suo rafforzamento e una certa estensione dei suoi poteri. siamo contrari a questa tendenza e la denunciamo come pericolosa. non si vada al di là, in questo campo, della lettera e dello spirito della Costituzione. si ricordi che a sostegno e difesa della Costituzione stanno tutto l' antifascismo, tutta la democrazia, tutta la forza popolare del nostro paese. alcune, anzi parecchie volte già è stato promesso che la Costituzione sarebbe stata rispettata e applicata in ogni sua parte. tutti sanno, invece, come sono andate le cose, tanto che siamo ancora una volta qui a parlare dell' ordinamento regionale, che non c' è, della riforma delle leggi di Pubblica Sicurezza , che non si è voluta fare, e di altre deficienze e lacune di grande importanza. noi consideriamo l' attuazione dell' ordinamento regionale come punto di importanza decisiva non soltanto per una riforma della Pubblica Amministrazione , per un rinnovamento delle strutture dello Stato, ma per un rinnovamento della stessa struttura sociale, per l' introduzione di una linea economica di programmazione democratica, per lo studio e la soluzione dei problemi dell' agricoltura, per l' avvento di nuove forze alla direzione dello Stato. l' ordinamento regionale non contiene e non ha mai contenuto alcun rischio di dissolvimento dell' unità nazionale . tale rischio vi sarebbe stato se si fosse accettata una forma di organizzazione federalistica, come venne sostenuto a suo tempo, all' Assemblea costituente , da una parte del partito democratico cristiano , forma che noi decisamente avversammo. ma non può derivare alcun rischio dalla precisa attuazione delle norme costituzionali. siamo costretti a ricordare che, per iniziativa assunta proprio dall' attuale presidente del Consiglio al tempo in cui ricopriva la carica di segretario del partito della Democrazia Cristiana , un altro anno è stato perduto per l' attuazione dell' ordinamento regionale. gli impegni che oggi vengono assunti non ci consentono, quindi, di prevedere quando finalmente si potrà dare vita a questo ordinamento. non siamo ancora convinti che la volontà politica di sciogliere questo nodo veramente esista. ci induce a questa considerazione il modo stesso in cui viene presentato il problema delle future giunte regionali . viene in luce a questo proposito la tendenza a trasformare la cosiddetta maggioranza organica delimitata in una vera base di regime, con la fine di ogni legittima e necessaria forma di differenziazione e articolazione democratica alla periferia. già si è visto per la Valle d'Aosta quali riprovevoli mezzi di pressione, perfino di ricatto, siano stati posti in opera per impedire che si rispettasse la volontà unitaria emersa da una democratica consultazione popolare . ora attendiamo che le promesse fatte, allo scopo di imporre in Aosta una soluzione gradita alla maggioranza attuale, vengano almeno mantenute, perché tra l' altro non si tratta di concessioni graziose, ma della semplice applicazione di una legge dello Stato, lo statuto regionale, che fino ad oggi è stata illegalmente rifiutata. la tendenza a scivolare verso uno spirito e un costume di regime è uno dei limiti — ci pare — della democraticità di questo Governo e della sua. maggioranza. occorre stare molto attenti, perché per troppo tempo già abbiamo sofferto di questa infermità, alla quale sono dovuti sia un progressivo esautoramento dell' istituto parlamentare — la tendenza a passare da un regime democratico parlamentare ad una oligarchia di partiti — sia lo stesso dilagare della corruzione nelle sfere dirigenti dello Stato. una lotta efficace contro questa piaga non si può condurre se non liquidando ogni traccia di omertà e di complicità politica e di regime, e con l' adozione sistematica, in ogni caso di rilievo, del metodo dell' inchiesta parlamentare . si era parlato di inchiesta parlamentare a proposito della dolorosa tragedia del Vajont, allo scopo di mettere in luce tutte le responsabilità e in prima linea quelle di un grande monopolio. che cosa pensa di questa proposta il Governo attuale? come mai nemmeno una parola è dedicata ad essa nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio ? avete chiesto fiducia rivolgendovi anche al popolo. ricordatevi che troppi fatti gravi hanno minato e in parte distrutto nel popolo ogni fiducia in chi governa. ad ogni scandalo avete gridato e continuate a gridare che si tratta di una speculazione comunista. poi la verità viene fuori, a poco a poco. date al Parlamento la possibilità di agire per scoprire e comunicare al paese la verità almeno su questa così terribile sciagura! non vi può essere vero sviluppo degli istituti democratici e rinnovamento della democrazia se non si procede con iniziative e con coraggio sia ad una valorizzazione del Parlamento sia ad una estensione della vita democratica in forme nuove, rispondenti alla attuale organizzazione della società civile . il principio associativo si sta ormai estendendo a tutte le categorie di cittadini. non soltanto questo è un fatto positivo, ma su di esso bisogna riuscire a poggiare per ottenere una partecipazione attiva di sempre nuovi strati della popolazione al dibattito e alla soluzione dei problemi che direttamente li interessano e dei problemi dello sviluppo economico e politico in generale. le autonomie locali sono state fino ad oggi calpestate in modo non degno, con misure prese fino agli ultimi giorni da questo o quel prefetto, quando neanche esisteva un Governo cui addossare la responsabilità. dal rispetto delle autonomie si deve passare ad un loro organico sviluppo. non comprendiamo perché circa le questioni urbanistiche, ad esempio, non debba venire organizzato in tutto il paese un ampio dibattito con la partecipazione di amministratori locali, delegati di organizzazioni operaie e democratiche, uomini competenti. non comprendiamo perché le autorevoli decisioni delle assemblee nazionali rappresentative, per esempio, dei comuni e delle province debbano essere sistematicamente trascurate, nemmeno prese in considerazione. insistiamo perché il problema così grave dell' emigrazione venga affrontato in una apposita conferenza nazionale, che ne ponga in luce tutti gli aspetti economici, sociali, civili ed elabori proposte atte a sanare questa piaga della nostra vita nazionale. infine, manteniamo, come momento sostanziale di una lotta conseguente per la democratizzazione dello Stato, la rivendicazione della soppressione dell' istituto dei prefetti, non previsto nella Costituzione e contro il quale si levarono, nel passato, le voci più autorevoli. il proposito del rinnovamento delle strutture dello Stato deve tradursi in misure concrete, che veramente facciano sparire le incrostazioni burocratiche, chiamino in tutti i campi ad una collaborazione attiva le più ampie forze popolari e in questo modo oppongano una insuperabile barriera ad ogni velleità di deformazione autoritaria. ad imporre queste misure concrete sarà intesa la azione che noi svolgeremo, chiamandovi a contribuire tutte le forze che si ispirano ai principi della Resistenza, dell' antifascismo e della democrazia. sarò più breve nelle osservazioni che intendo dedicare alle misure di politica economica che ci vengono proposte, sia perché già ho avuto modo di parlarne, sia perché interverrà in argomento un altro compagno del nostro gruppo. mi sono di guida le osservazioni generali che ho svolto nella parte introduttiva. nell' assenza di una efficace posizione antimonopolistica, e in attesa di provvedimenti organici che per diversi campi vengono promessi soltanto per l' avvenire, o che, date le lentezze che conosciamo, potranno diventare operativi soltanto tra molto tempo, rimane — elemento dominante — il richiamo, l' appello ad un periodo di austerità e di sacrificio: quindi, alla contrazione della spesa pubblica e ad altre limitazioni, non esclusa la riduzione delle retribuzioni più alte. al riguardo non viene detto, dato che questo sarebbe solo l' inizio, fino a qual punto si voglia scendere, in una situazione in cui il salario medio è nettamente insufficiente ed esistono tuttora vastissime zone di sottosalario. il modo in cui viene sottolineato il problema del rapporto tra il salario e la produttività dice però chiaramente quale è la linea secondo cui ci si muove. è la linea che viene proposta oggi dal grande padronato, al quale poi i punti programmatici lasciano aperta la via dell' autofinanziamento, cioè dell' incontrollato aumento dei profitti; ed è una linea sbagliata. seguendo questa linea si può andare soltanto a una esasperazione dei contrasti di classe. è ciò che il grande padronato oggi sembra volere. numerose categorie sono attualmente in agitazione e vanno verso lo sciopero, con rivendicazioni ragionevoli e legittime. i tessili lottano per il contratto di categoria. un grande contrasto si apre nelle officine metallurgiche e meccaniche, per la determinazione dei premi di produzione. su tutto il fronte delle lotte del lavoro (è questo il punto sul quale intendo particolarmente attirare l' attenzione) la costituzione dell' attuale Governo è stata accompagnata da un inasprimento delle posizioni della parte padronale, persino con la rottura delle trattative, oltre che con il rifiuto di raccogliere e accogliere la sostanza delle rivendicazioni dei lavoratori. contemporaneamente si disegna una nuova offensiva contro i diritti democratici degli operai nella fabbrica. si sono già avuti a Torino e a Milano licenziamenti non giustificati, di rappresaglia, che impongono agli operai nuove aspre resistenze e lotte aperte. come si spiegano questi fatti se non con la baldanza suscitata nel padronato dal vedere accolte le sue posizioni di fondo circa l' andamento e gli sviluppi della situazione economica ? ma come si muoverà lo Stato nella vertenza con i dipendenti pubblici, minacciati di chiudere l' anno nelle ristrettezze, se non si risolve al più presto il problema del conglobamento? noi affermiamo che in questa situazione il sindacato deve muoversi, secondo la sua natura, in modo pienamente autonomo, giustamente valutando l' interesse dei suoi organizzati e guidandoli a resistenze e lotte unitarie. ci ha perciò profondamente sdegnato il modo come non soltanto la stampa padronale, ma anche quella governativa e persino quella del Partito di maggioranza si sia gettata in una campagna provocatoria, secondo la quale tutti i movimenti odierni di operai e impiegati non sarebbero altro che speculazioni comuniste a sfondo politico. si tratta di una campagna che fa soltanto gli interessi del grande padronato: e come tale noi la denunciamo e condanniamo. l' autonomia del sindacato, sia dal partito politico , sia dalle autorità governative, è per noi un principio non rinunciabile in alcun modo e in alcuna situazione. rendetevi conto piuttosto di come vive oggi la gente comune, che non dispone di altro che del suo lavoro, nel momento in cui i prezzi e gli affitti sono in continua, paurosa ascesa. predicare il risparmio a queste masse, che stanno assistendo all' organizzato tentativo di distruggere le scarse conquiste che erano riuscite a realizzare, è cosa assurda, che sta al di fuori di lagni nozione della realtà: a meno che il cosiddetto risparmio forzato venga inteso, come lo intendono i padroni, quale un mezzo più perfezionato per ridurre i salari. questi sono i veri problemi di fondo , non rinviabili, e per risolvere i quali sarà impegnata la forza delle organizzazioni dei lavoratori. circa altre questioni e proposte concrete, ripeto che ce ne occuperemo ancora ampiamente nel corso del dibattito. per molte di esse sarà necessario attendere, per un giudizio esatto, le relative iniziative legislative . posso dire che consideriamo errato l' indirizzo generale con il quale vengono affrontati i problemi dell' agricoltura, eludendo la questione fondamentale di una generale riforma agraria , anche se alcune delle cose che si propongono potranno offrire nelle campagne punti di appoggio per un' azione che rivendichi e imponga più radicali misure di riforma. inadeguate le misure relative all' Italia meridionale. non solo deludente, ma assurdo — benché politicamente assai significativo — il rifiuto di porre e risolvere, secondo le precise richieste di tanta parte della opinione democratica, il problema della Federconsorzi, di questa piovra monopolistica che fa gravare sulle campagne e su tutto il paese il peso della sua attività di speculazione e di corruzione. nella parte relativa all' urbanistica, avevamo trovato posizioni buone. rimaneva in noi lo scetticismo circa l' applicazione; e questo scetticismo è stato confermato e anche aggravato dalle dichiarazioni di ieri del presidente del Consiglio , che in sostanza rimettono tutto in discussione. è sufficiente, infatti, il proposto termine di due anni, per lasciare alla speculazione lo spazio sufficiente per far sì che, alla scadenza, tutte le aree siano state divorate dagli speculatori e ben poca cosa resti da rendere pubblica. è un esempio significativo, anche questo, del modo come le forze conservatrici si sforzino di prevalere e ci riescano, pur dopo che non cattivi propositi erano stati messi sulla carta. dal complesso di queste osservazioni critiche discende la nostra opposizione a questo Governo, il giudizio che diamo di esso. è un Governo debole, minato da serie contraddizioni interne, dalla presenza nei suoi stessi punti programmatici di differenti ispirazioni politiche conciliate solo nella forma. non ne fanno parte gli esponenti più qualificati e autorevoli della politica di centrosinistra; e l' esclusione di alcuni fra loro — accusati di avere compiuto seri ma non mai precisati errori — è significativa di quell' arresto dello sviluppo politico che noi rileviamo e denunciamo. la prospettiva che il Governo ha davanti a sé è d' altra parte quella di un urto con la realtà della vita nazionale, con i problemi acuti che da essa sorgono; è la prospettiva di un periodo di accentuate contraddizioni e contrasti politici e di classe, nella lotta unitaria che dovrà essere condotta per migliorare le condizioni di esistenza dei lavoratori, per difendere il ceto medio dalla pressione e prepotenza dei grandi gruppi monopolistici privati, per estendere tutte le forme di vita democratica . certo, il Governo sì caratterizza per un fatto nuovo: la partecipazione diretta di una rappresentanza del partito socialista . non neghiamo questa novità, non chiudiamo gli occhi di fronte a questo fatto nuovo. conosciamo la storia e la realtà del partito socialista , la sua tradizionale posizione di classe, il suo vecchio orientamento pacifista e neutralista la sua tenace resistenza (fino ad ora, per lo meno) a lasciarsi spingere o trascinare verso una trasformazione socialdemocratica, verso una posizione cioè che accetti un inserimento al Governo come forza subalterna di prevalenti forze capitalistiche. sappiamo anche che nel partito socialista è presente — in misura tale, alla periferia, che nettamente supera le percentuali registrate al vertice — una corrente vigorosa di sinistra, le cui posizioni si richiamano ai principi e alle migliori tradizioni del movimento operaio in Italia. la partecipazione socialista è quindi un fatto degno d' esser considerato con grande attenzione e spirito critico; tanto più che essa si compie in un incontro, nella sfera di Governo, con il partito che esprime sul piano politico, in Italia, il movimento cattolico. credo sia superfluo ricordare che abbiamo sempre considerato indispensabile l' avvicinamento, la reciproca comprensione e l' incontro tra questo movimento e il movimento operaio italiano nelle sue forme storiche e tradizionali. indispensabile per dare sodisfazione su un piano sempre più ampio ed elevato alle rivendicazioni e aspirazioni delle masse lavoratrici , operaie, contadine e del ceto medio ; indispensabile per fondare uno stabile ordinamento democratico; indispensabile per aprire la strada alla creazione d' una società nuova, fondata sulla libertà e sulla giustizia sociale . il movimento cattolico però, noi lo sappiamo assai bene, è cosa complessa e oggi in esso sono presenti — per vari motivi, ma soprattutto per la pratica di Governo e di lotta anticomunista e antisocialista degli anni passati e anche di oggi — stratificazioni assai diverse, alcune delle quali nettamente conservatrici e anche reazionarie. negli stessi elementi orientati verso il progresso politico e sociale persistono momenti di perplessità, che possono facilmente spingerli indietro. la pressione delle classi dirigenti capitalistiche, di cui la Democrazia Cristiana è stata per troppo tempo il vero partito di governo, opera nella stessa direzione, tentando di soffocare le aspirazioni al rinnovamento che partono dalle cose e dalla coscienza delle masse lavoratrici . sarebbe ingenuo pretendere, in queste condizioni, che fra il movimento politico della classe operaia e quello cattolico del nostro paese l' avvicinamento possa operarsi d' un colpo, come avvenne durante la guerra e nel dopoguerra immediato, ma per troppo breve tempo. vi possono essere dunque momenti intermedi, sperimentali. se si vuole però che il processo si compia in modo positivo è necessario che il movimento operaio , non soltanto mantenga in generale le sue posizioni di principio, ma non accetti soluzioni che nella pratica vadano in direzione opposta, cioè nella direzione richiesta e imposta dai gruppi dirigenti del grande capitalismo e dai gruppi dell' oltranzismo internazionale, oppure nella direzione della rottura del fronte delle forze operaie così come esso storicamente si è formato ed esiste. questa è la critica di fondo che noi rivolgiamo alla destra del partito socialista , che attualmente ha in mano la direzione di questo partito. negli orientamenti che prevalsero al congresso democristiano di Napoli erano presenti alcuni momenti diversi l' uno dall' altro: l' accettazione di certe riforme, ma in pari tempo l' affermazione e l' esaltazione della continuità della politica democristiana e la spinta a gravi rotture del tessuto unitario del movimento operaio e democratico del nostro paese. la destra socialista ha accettato che il primo momento venisse rinviato, diluito, minato, messo in quarantena. si è gettata però, con incredibile slancio, sulla via della rottura, non solo del fronte delle classi lavoratrici in generale, ma del suo stesso partito. la sua funzione è diventata quindi strumentale e subalterna in un piano di mutamenti politici che non va certo nella direzione di un rafforzamento delle posizioni e del peso della classe operaia e delle classi lavoratrici nella direzione della vita della nazione. è la funzione che si sono addossata nel passato i partiti della socialdemocrazia, ma che oggi anche in alcuni di questi partiti viene apertamente criticata e respinta. questa è una politica radicalmente sbagliata, falsa, contro la quale noi combattiamo in modo aperto, operando affinché siano limitati i danni che essa può portare a tutto il movimento operaio . per questo, senza voler interferire in questioni interne di un altro partito, abbiamo dichiarato di considerare una scissione del partito socialista , verso la quale con tanta irresponsabilità si muove la direzione di destra, come una iattura per tutto il movimento, e tuttora la deprechiamo, anche se non dipende da noi compiere atti che la possano evitare. l' esponente più in vista della destra socialista ha lanciato un grido espressivo, dicendo che con l' ingresso nel Governo si sentiva uscito dal ghetto; e sarebbe uscito dal ghetto lo stesso movimento operaio . sciagurata espressione! che è questo qualunquistico antisemitismo di ritorno? nel ghetto sono vissuti alcuni dei più grandi ingegni dell' umanità. ma come si può far uso di una espressione simile in un paese come l' Italia, dove operai e lavoratori sono stati l' avanguardia, la guida del grande movimento per la liberazione e la rinascita della patria? l' opposizione operaia non è mai stata e non si è mai sentita in un ghetto! è stata sempre la parte più viva, più valida di tutta la vita nazionale. noi non ci sentivamo in un ghetto neanche quando i migliori di noi erano chiusi nelle carceri o costretti al forzato esilio. anche allora eravamo e ci sentivamo nel popolo e con il popolo, nella nazione, nelle prime file della nazione. e così anche ora. comprendiamo assai bene come siano diventati più grandi nella situazione presente i nostri compiti e le nostre responsabilità. di fronte a questo Governo siamo la sola o quasi la sola forza di opposizione popolare e democratica. ci muoveremo in modo tale da corrispondere alla coscienza che abbiamo di questa responsabilità e all' attesa che hanno verso di noi le masse popolari . non aspettatevi, onorevoli colleghi , un' opposizione aprioristica e massimalistica, che si compiaccia della rissa politica. la nostra opposizione partirà da un programma positivo e costruttivo e si aggrapperà a tutte le possibilità per riuscire a imporne l' attuazione, nell' interesse del popolo italiano . stato affermato nelle dichiarazioni programmatiche e ripetuto in seguito che noi abbiamo posizioni nostre sul tema della libertà nella società e nello Stato. non voglio riaprire il consueto dibattito su questi temi: il nostro pensiero sulla libertà è stato esposto senza equivoci in sede di Assemblea costituente , e da quelle posizioni di principio non ci siamo mai allontanati. è compito nostro e degli altri movimenti che tendono a una trasformazione socialista della società studiare il modo di realizzare una tale trasformazione senza violare questi principi, ed anzi applicandoli in modo conseguente. i problemi odierni, qui nel Parlamento e nel paese, sono altri. voglio però aggiungere che se una diversità nella nostra concezione della vita democratica esiste, essa risiede prima di tutto nel fatto che a noi ripugna la condotta, da noi condannata, di chi nelle file del partito dominante, dopo aver approvato una Costituzione, la mise nel dimenticatoio e sotto i piedi; di chi ha rifiutato di compiere le riforme che la Costituzione prescrive; di chi si è invece soprattutto occupato, alla testa dello Stato, di organizzare al servizio del proprio partito e della vecchia classe dirigente un regime di monopolio politico. vedo che si è rinunziato, nella formulazione definitiva dei punti programmatici, a quella bizzarra costruzione politica per cui la delimitazione di una maggioranza organica avrebbe dovuto significare l' esclusione di ogni possibile contributo positivo all' attività legislativa di un partito che ha la nostra forza parlamentare, la nostra base elettorale e un programma positivo e costruttivo come il nostro. rimane però assai evidente la paura di quello che viene chiamato il nostro « inserimento » . spieghiamoci dunque chiaramente. se voi, colleghi della maggioranza, parlate dell' attività di Governo, non vi è niente da dire e da obiettare. ma se parlate di quel grande movimento che, partendo da tutti gli strati della popolazione lavoratrice, tende al rinnovamento e allo sviluppo progressivo della nostra società nazionale, il nostro inserimento non solo non lo potrete mai evitare, ma è nella realtà e nella logica delle cose, esiste e non si distrugge; non, almeno, con metodi democratici. siatene sicuri: come è avvenuto sinora, ma in modo anche più attivo e consapevole, siamo e saremo presenti dappertutto, in ogni dibattito, in ogni elaborazione programmatica, in ogni tentativo di aprire strade nuove per l' avvento al potere dei lavoratori: siamo e saremo presenti tra gli operai, i contadini, gli artigiani, i piccoli e medi imprenditori, gli intellettuali, gli studenti, con rivendicazioni e proposte precise e ragionevoli, dettate dalla sola considerazione delle aspirazioni e necessità di vita delle singole categorie e della società nazionale, della democrazia e della pace. la costituzione di questo Governo e di questa maggioranza non rende superflua né può fare ostacolo all' azione che deve essere condotta e che condurremo per dar vita a un movimento unitario democratico, articolato nelle forme opportune, allo scopo d' imporre quella svolta a sinistra e quelle soluzioni generali e parziali che sono indispensabili per il rinnovamento e il progresso della democrazia. anzi, questa azione unitaria è oggi più necessaria di prima. perché le rivendicazioni, le aspirazioni, le attese delle masse popolari possano avere sodisfazione. manteniamo senza alcuna esitazione, dunque, la sfida che abbiamo lanciato a voi, donne e uomini del movimento cattolico. vi sfidiamo a fare opera di progresso, di allargamento democratico, di rinnovamento della direzione dello Stato, di limitazione e rottura del potere delle grandi concentrazioni della ricchezza privata, di riforma della struttura sociale, di creazione di una società nuova di liberi e di eguali. tutti coloro che nel vostro campo e anche nelle file della presente organica maggioranza si muovono con coraggio verso alcuni di questi obiettivi, troveranno in noi la dovuta comprensione e il necessario appoggio. vi sfidiamo a liberare il nostro paese dalla corruzione, dalle tentazioni reazionarie ed autoritarie, dalla paura della distruzione atomica, dalla miseria, dalla decadenza politica e morale. l' incontro vostro con tutto il movimento operaio italiano, così come esso è, dopo quasi un secolo della sua travagliata storia e dopo le grandi prove della lotta antifascista e della liberazione, è in una logica alla quale alla fine non potrete sottrarvi. oggi siamo di fronte a un poco fortunato — noi riteniamo — espediente dilatorio e provvisorio, al tentativo di operare una frattura o una serie di fratture che andrebbero soltanto a vantaggio di chi non vuole sia posto fine allo sfruttamento e alla posizione subalterna in cui oggi si trovano le classi lavoratrici . auguriamoci che l' espediente, nella forma in cui ci è stato presentato, abbia presto fine e possa essere compiuta con chiarezza una vera svolta a sinistra, che dia inizio a una sicura marcia in avanti di tutto il paese.