Aldo MORO - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 746 - seduta del 05-10-1967
Sul vertice del G8 a Genova
1967 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 7
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , a conclusione di questo dibattito, che riconduce il nostro pensiero a quello, esso pure elevato ed appassionato, svoltosi dal novembre 1946 al marzo 1947 all' Assemblea costituente , ritengo di potere definire rapidamente la posizione del Governo circa l' atteggiamento da assumere di fronte al Concordato fra Stato e Chiesa in Italia. dico subito che non mi soffermerò su suggestive argomentazioni giuridiche né su polemiche politiche né su particolari questioni venute in evidenza in questa discussione. basterà ricordare che un primo ed essenziale punto di riferimento sono i principi di libertà e democrazia consacrati nella Costituzione, i quali dominano nella società italiana ed ai quali si ispira questo Governo nella sua impostazione. tali principi, nelle loro molteplici esplicazioni, si sono a mano a mano arricchiti di più incisivo significato e come tali sono entrati profondamente nella coscienza popolare. col progresso dei tempi una naturale evoluzione si è verificata e continua in Italia e nel mondo. essa prospetta opportunità e propone esigenze talvolta nuove talvolta più vive che non nel passato. in un momento storico così caratterizzato è comprensibile che l' attenzione si rivolge a talune delle articolazioni nelle quali si esprime il Concordato in vigore tra Stato e Chiesa in Italia. esso, nel contesto dei patti lateranensi , è richiamato dalla Costituzione italiana quale norma regolatrice delle relazioni tra Stato e Chiesa, ciascuno nel proprio ordine indipendente e sovrano. ho appena bisogno di confermare il pieno rispetto del Governo per il disposto costituzionale e il sistema normativo al quale esso fa riferimento. ciò significa che il rapporto concordatario resta valido nel nostro ordinamento giuridico e che è nostra direttiva politica non contestare una siffatta validità. non è quindi per noi in discussione, in qualsiasi forma, una denuncia del Concordato, ed il Governo non può non sottolineare, in occasione di questo dibattito, l' importanza che esso attribuisce alla pace religiosa in Italia e all' armonico svolgimento dei rapporti tra Stato e Chiesa e il suo proposito di garantirli e svilupparli. è innegabile tra l' altro che il consolidamento delle istituzioni democratiche repubblicane e insieme lo sviluppo civile dell' intera società italiana si sono avvantaggiati e si possono ancora avvantaggiare in notevole misura, per il fatto che corrette, leali e fiduciose relazioni esistano fra Stato e Chiesa. e aggiungerò che la lotta dei partiti in questo dopoguerra, pur svolgendosi secondo differenziazioni ideali legate anche ad orientamenti di carattere religioso, è risultata, per così dire, depurata da motivi polemici anacronistici e ricondotta a dimensioni più specificamente politiche, proprio in virtù dello stato di pace esistente tra l' istituzione statale e quella ecclesiastica. in questo momento storico dunque, come dicevo, l' attenzione si rivolge a talune articolazioni del Concordato. lo schietto apprezzamento che esprimevo poc' anzi non contrasta evidentemente con la valutazione di opportunità, emergente da questo dibattito, di riconsiderare talune clausole del Concordato in rapporto all' evoluzione dei tempi e allo sviluppo della vita democratica ; valutazione certo da più parti condivisa, anche se talvolta con impostazioni e specificazioni che non posso accogliere. questa riserva, per altro, non impedisce al Governo di assumere esso stesso per quanto riguarda lo Stato una tale valutazione, così come si esprime nella mozione presentata dai gruppi di maggioranza, e cioè nel senso della possibilità di una ragionevole revisione, che rispetti il valore di fondo dello strumento che si desidera aggiornare nel sistema regolatore delle relazioni tra Stato e Chiesa accolto dalla Costituzione italiana. in tale spirito, abbiamo considerato il sistema disciplinato dall' articolo 7 nella sua integralità e perciò anche nel congegno di modificazione consensuale che esso prevede e che è l' unico ammissibile in un sistema ispirato, appunto, al principio pattizio. certo, il problema della modificazione di singole clausole concordatarie si presenta oggi, a chi giudichi senza pregiudizi, privo di quei caratteri di drammaticità che qualcuno ad esso attribuì in passato e, con evidente forzatura, attribuisce ancora adesso. le vicende di questi anni hanno dimostrato come le virtualità negative di talune norme dei patti, meno aderenti allo spirito del nuovo ordinamento sorto nel 1948, com' era stato del resto previsto dall' Assemblea costituente , non si sono realizzate proprio in base ad una lettura ed interpretazione di esse rispondente alle esigenze del sistema costituzionale. non si può negare per altro l' esistenza di problemi relativi all' interpretazione di talune norme, nella dottrina prima ancora che nella prassi. l' opportunità, quindi, di modifiche consensuali può risultare in primo luogo dalla necessità di accogliere su qualche punto interpretazioni condivise da entrambe le parti, sviluppando il disposto dell' articolo 44 del Concordato, a tenore del quale, nell' ipotesi di difficoltà interpretative, la Santa Sede e l' Italia procederanno di comune intelligenza ad una amichevole soluzione. in secondo luogo, l' opportunità di modifiche concordate può sorgere dal bisogno di adeguare alcune norme pattizie alla mutata condizione della società italiana , quale si riflette anche nella esperienza costituzionale di questi anni. questa esigenza di armonizzazione, questo sforzo di adeguamento a realtà istituzionali e a stati d' animo che trascendono del resto il nostro paese, dovranno essere prospettati all' altra parte contraente. e indispensabile, dunque, un' iniziativa atta a realizzare una comune valutazione dello Stato e della Chiesa circa l' opportunità di una procedura di revisione, che è essenzialmente consensuale per la natura dello strumento da aggiornare e per la precisa disposizione costituzionale. risulta da quanto detto la delicatezza e la serietà dell' impegno che viene a ricadere su di noi. ciò richiede che al Governo vengano lasciati congrui margini di determinazione e la scelta di modi acconci per stabilire un utile contatto con la Santa Sede . avendo presenti la reciproca deferenza e comprensione che hanno caratterizzato i rapporti tra Stato e Chiesa non dubito che un tale contatto potrà aver luogo nello stesso spirito amichevole e consentirà un sereno ed obiettivo esame di questi problemi. il Governo farà dunque il suo dovere sulla base dell' invito formulato dal Parlamento, con la delicatezza ed il senso di responsabilità propri della sua funzione e che sono richiesti, del resto, dalla rilevanza bilaterale del tema in discussione. esso tutelerà le ragioni dello Stato e le esigenze della democrazia, ma anche quella pace religiosa altamente apprezzata, che costituisce condizione essenziale per l' equilibrio della nostra società ed il progresso del popolo italiano . il Governo accetta la mozione Zaccagnini-Ferri-La Malfa , respingendo ogni altra, e pone su di essa la questione di fiducia .