Ugo LA MALFA - Presidente del Consiglio Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 746 - seduta del 05-10-1967
1967 - Governo V Fanfani - Legislatura n. 8 - Seduta n. 598
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , nelle mozioni presentate rispettivamente dal partito socialista di unità proletaria e dal partito liberale c' è una interessante coincidenza: ambedue questi documenti, nel chiedere la revisione delle norme concordatarie, fanno riferimento o alle enunciazioni e alle encicliche di Giovanni XXIII e di Paolo VI o addirittura al Concilio Vaticano II . nella deliberazione che la direzione del partito repubblicano italiano ha preso giorni fa, e nella quale si invitava il gruppo repubblicano a prendere accordi con gli altri gruppi di maggioranza, non c' è alcun riferimento alla politica dei pontefici né alle deliberazioni del Concilio. questo diverso atteggiamento, onorevoli colleghi , non discende da un maggiore o minore apprezzamento delle figure degli insigni pontefici nominati o da un maggiore o minore apprezzamento del significato del Concilio Vaticano II . questa diversa impostazione della nostra deliberazione rispetto a quella delle mozioni socialproletaria e liberale racchiude in sé un' importante, direi, una fondamentale questione di principio; e, a nostro giudizio, è per non aver tenuto il dovuto conto di questa fondamentale questione di principio, che noi siamo arrivati, in un clima non chiaro, alla votazione dell' articolo 7 della Costituzione: si tratta del principio (che secondo noi, va qui confermato, e che ispira la nostra posizione politica), che i rapporti che, nel decorso della storia della Chiesa, si sono creati fra la Chiesa medesima e le correnti politiche cattoliche, riguardano in sede politica e in sede religiosa la responsabilità e la coscienza dei cattolici, non certo la responsabilità e la coscienza dei laici. che cosa ha costituito il legame di fondo tra le correnti democratiche laiche e le correnti democratiche cattoliche nel corso della storia del nostro paese? quando sorse il Partito Popolare , la sua prima dichiarazione fu quella di respingere ogni sorta di confessionalismo. in sede politica fu dichiarato che il Partito Popolare si presentava nella piena autonomia per quanto riguardava l' esercizio della sua responsabilità nell' ambito dello Stato. e, quando ci trovammo ad affrontare i problemi della vita nazionale e democratica dopo il fascismo, la Democrazia Cristiana fece la stessa dichiarazione, dichiarazione che costituisce il legame esistente nel corso storico fra una forza politica democratica cattolica e le forze politiche democratiche laiche. non ne conosco altri. la dichiarazione fatta dal Partito Popolare , prima, e dalla Democrazia Cristiana , dopo, prescindeva necessariamente, in sede politica, dagli atteggiamenti della Chiesa cattolica e non poteva non prescinderne. quando i cattolici assunsero verso il vecchio Stato liberale e verso il nuovo Stato tale posizione, evidentemente potevano anche trovarsi, come si sono trovati, in contrasto con le enunciazioni della Chiesa. ma essi ritenevano che ciò riguardava i loro rapporti con la Chiesa, nell' ambito religioso, il che certo non poteva infirmare l' autonomia del movimento politico dei cattolici, in quanto operante nell' ambito della società e dello Stato nazionali. di questo noi tutti, ripeto, prendiamo atto e abbiamo preso atto. questo ha significato per la corrente politica cattolica entrare a bandiere spiegate nella vita dello Stato democratico , nella circolazione interna dello Stato democratico . arriviamo, adesso, alla discussione, alla importante e seria discussione svoltasi in seno dell' Assemblea costituente circa i rapporti fra Stato e Chiesa. l' onorevole Natoli ha detto, al riguardo, che si fa molta discussione retrospettiva. ma egli stesso l' ha fatta; ed è giusto che qualche cosa noi si dica in proposito. collocandoci in una posizione anteriore alla famosa decisione sull' articolo 7, debbo dichiarare nettamente, a nome del gruppo repubblicano, che tutte le critiche dell' onorevole Basso (cui riconosco una fondamentale coerenza nell' esame della situazione storico-politica che consentì la stipulazione dei patti), sono pienamente condivise da noi, così come sono condivise da noi tutte le critiche relative alla commistione, in quei patti, di giurisdizionalismo e confessionalismo, nonché tutte le critiche derivanti dal fatto che sia la Chiesa, sia il fascismo si erano assicurati determinati vantaggi, e soprattutto la critica che deriva dal fatto che non vi fu una sanzione popolare a quella statuizione, a quegli accordi. l' onorevole Franceschini, nel corso della celebrazione del 20 settembre, collocò, in un certo senso, il momento vero della pace religiosa all' atto di quella stipulazione, affermando che essa rispondeva alla volontà del popolo. io dovetti contestare tale affermazione, perché non vi è misura possibile della volontà del popolo in un regime dittatoriale ... e come i cattolici politicamente militanti, democratici, manifestarono la loro avversione al regime, così essi non potevano fare a meno di denunciare, nella loro coscienza, le condizioni in cui quei patti vennero stipulati. e non si può dire, come è stato detto qui, che anche Orlando e Nitti, durante la vita dello Stato liberale, avevano tentato di raggiungere un accordo; Orlando e Nitti hanno tentato, ma essi operavano in uno stato di diritto e dovevano rispondere delle loro azioni. potevano trattare, ma erano obbligati a presentare al Parlamento le conclusioni della loro azione, per una libera discussione ed una libera decisione. questo non è avvenuto per i patti lateranensi . onorevoli colleghi della Democrazia Cristiana , voi potete chiederci tutto, ma non potete chiederci di disconoscere questa realtà, il cui carattere ha sempre ispirato la nostra azione. e deve ricordare che proprio in ragione di questi principi noi, in sede di Assemblea costituente , abbiamo votato contro l' articolo 7. l' onorevole Basso, nel suo discorso di ieri, ha fatto una affermazione che non avrebbe dovuto fare; egli ha detto che non tutti i repubblicani votarono contro. devo ricordare che del gruppo repubblicano, faceva parte, come indipendente, l' onorevole Sforza, il quale ritenne, in piena coscienza, di non obbedire a quelli che erano i punti fermi dell' orientamento del partito repubblicano . ma i repubblicani tutti si sono opposti all' approvazione dell' articolo 7; ed oggi, onorevoli colleghi , non abbiamo ragione di pentirci del nostro atteggiamento di allora. se i repubblicani insieme con altre forze laiche, avessero vinto allora la battaglia, ciò avrebbe fatto bene a tutti, poiché avrebbe richiamato tutti alla comprensione piena dei termini del problema. e non sarebbe accaduto quello cui accennavo, e si sarebbe cioè messa la Democrazia Cristiana nelle condizioni di affermare concretamente, attraverso la rimeditazione dei patti, la sua piena autonomia politica, di farla risultare dai fatti stessi che portavano alla formazione nel nuovo Stato. siamo stati tutti colpevoli di non avere affrontato decisamente il problema, di avere fatto prevalere considerazioni politiche contingenti sui problemi di fondo che non riguardavano solo la coscienza laica, ma riguardavano la coscienza di tutte le forze nello Stato, il problema del rapporto reale, vero, con la Chiesa cattolica . quello per me, è stato un momento grave della nostra storia. ho ascoltato l' onorevole Basso con estrema attenzione: su questo punto egli trova la mia completa adesione. non ho capito però perché egli abbia detto che al voto sull' articolo 7 della Costituzione si è data più importanza di quanto non ne meritasse. no, onorevole Basso; nel suo bellissimo discorso, questo è un punto che non fa onore alla sua coerenza. quel voto ha molta importanza, una importanza quasi storica una concessione che non mi aspettavo dal collega Basso, nella sua — ripeto — veramente esemplare coerenza di pensiero. anche il discorso dell' onorevoli Natoli mi ha sorpreso. egli si è giustificato di quello che è avvenuto con l' articolo 7 dicendo che a un certo punto, attraverso l'Osservatore Romano , la Chiesa aveva minacciato che potesse venir meno la pace religiosa. non credo affatto che la Chiesa di fronte alla necessità di un esame approfondito del problema avrebbe assunto un atteggiamento di rottura. quella della Chiesa è una storia di lungimiranza e di comprensione e sarebbe stato lontano dal suo costume una reale manifestazione di rottura. anche perché non ve ne era giustificazione. problemi che così profondamente toccano la vita di uno Stato potevano essere posti in termini ultimativi? e poi non c' era in alcun settore del Parlamento una volontà di rompere la pace religiosa, ma si trattava di vedere su quali fondamenta più sicure e più democraticamente valide si dovesse porre la soluzione del problema. si trattava di un problema importante, ma da vedere con serenità assoluta. d' altra parte, onorevole Natoli, non si è affatto benemeriti di aver evitato un conflitto su problemi — direi — istituzionali, sui quali bisogna stare attenti a non fare compromessi. in verità, ho trovato la spiegazione dell' onorevole Natoli assai debole; e l' altra giustificazione da lui addotta quasi più debole. l' onorevole Natoli ha detto: sì, i patti lateranensi sono stati inclusi nell' articolo 7 della Costituzione, però il problema dei rapporti fra Stato e Chiesa non si poteva considerare affatto chiuso. e perché? perché molti democristiani (e si citano i nomi: l' onorevole Merlin, l' onorevole Dossetti; è stato citato anche il suo nome, onorevole presidente del Consiglio ), molti democristiani si erano impegnati a prendere l' iniziativa di fare abolire quello che suonava contrasto fra l' ordinamento costituzionale quale si andava configurando e alcune norme dei patti lateranensi . ma, onorevole Natoli, non si può assumere nella Costituzione una norma che si considera anticostituzionale, perché poi si è disposti a correggerla. l' errore di tutta l' impostazione — visto che dobbiamo fare analisi retrospettive — è contestuale; è contestuale la violazione, se è così. e allora, cosa vuol mai dire impegnarsi a correggere? l' onorevole Dossetti e l' onorevole Moro si sono impegnati a correggere: ma che cosa vuol dire, collega Basso? no, non ci sono impegni politici nel momento in cui si costruisce la Costituzione, che deve risultare coerente in tutte le sue parti. no, colleghi comunisti, questa compatibilità assolutamente non esiste. tanto vero che il collega Basso, alla fine del suo discorso, ha fatto questa mozione di affetti o per lo meno ha richiamato il presidente del Consiglio agli impegni di allora con parole nobilissime, ma, in concreto, egli ha votato contro. egli ha rilevato, bensì, tutte queste assicurazioni in sede di Sottocommissione, ma poi ha votato contro, onorevoli colleghi comunisti. perché il problema sorgeva allora, non si poteva porre a termine e non si potevano impegnare nemmeno le coscienze di uomini come l' onorevole Moro e l' onorevole Dossetti. questo impegnare il futuro poteva apparire una maniera un poco curiosa di uscire dal problema, tanto curiosa che non ne siamo poi usciti! l' onorevole Natoli dice: ma il problema non era chiuso. certo, non è chiuso: difatti dopo 20 anni ne discutiamo. ma il valore dell' articolo 7 è un altro. che significato avrebbe aver richiamato i patti lateranensi nell' articolo 7 della Costituzione? c' è una diversità nel fatto di includerli nella Costituzione, o di considerarli semplicemente il prodotto di una trattativa internazionale; c' è una diversità perlomeno dal punto di vista delle maggioranze che richiede l' articolo 7. vi siete domandati, onorevoli colleghi , qual è la condizione in cui siamo rispetto alla denuncia unilaterale e globale? basterebbe porsi questo quesito per renderci conto che non era affatto così semplice e facile rivedere quello che era stato approvato e che si trattava di un fatto importante nella vita del paese (e si capisce perché ne parliamo dopo 20 anni). questo desideravo dire, perché, nella ricostruzione di quel momento politico, finiamo con il sorvolare un po' tutti su aspetti importanti e tendiamo a rendere minore il peso degli errori che sono stati commessi e naturalmente ad aggravare il peso degli errori successivi, come se in questi fatti una piattaforma così importante, come la piattaforma costituzionale, non fosse decisiva, perlomeno entro certi limiti, per determinare la vita futura. è chiaro, onorevoli colleghi , che noi condividiamo in pieno la tesi di Basso secondo la quale l' ordinamento migliore consiste nella separazione completa dei due ordini: Chiesa e Stato. questa è la nostra ferma opinione. ma dichiaro qui, dopo aver fatto questo breve excursus storico, che, una volta intervenuta l' approvazione dell' articolo 7 in sede costituzionale, noi riconosciamo il pieno valore di questa approvazione. non è, naturalmente, in discussione il problema della costituzionalizzazione dei patti. su questo siamo d' accordo e perciò è inutile che io qui ne discuta. l' onorevole Basso ha fatto sfoggio, in proposito, di una profonda conoscenza del problema, ma credo che, pur aiutandoci a rinfrescare le nostre nozioni, egli ha combattuto contro i mulini a vento, perché neanche l' onorevole Guido Gonella ha difeso la tesi peregrina che siano state costituzionalizzate tutte le norme dei patti lateranensi . noi sappiamo che questo non poteva essere per mille ragioni. la discussione riguarda il fatto che l' assunzione dei patti nella Costituzione ha avuto e ha una importanza fondamentale per noi, qualunque sia il fondo e la sostanza del nostro pensiero. noi pensiamo — ripeto — che l' ordinamento migliore sia la separazione dei due ordini. dobbiamo però prendere atto che la Costituzione repubblicana ha considerato i patti lateranensi come strumento di soluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa. detto questo, constato che adesso, e in quest' Aula, si svolge una polemica su chi per primo ha posto il problema della revisione dei patti nel 1959, nel 1962, nel 1965, noi non vogliamo partecipare a questa polemica e a questa gara, ma certo è che molto tempo è passato per tutti. almeno su questo siamo d' accordo. il più ardito non è che sia partito proprio all' indomani dell' entrata in vigore della Costituzione. naturalmente, vi è una valutazione di ordine politico e, lasciatemi dire, onorevoli colleghi , vi è anche la posizione che ogni partito detiene. certamente l' onorevole Malagodi, che è arrivato pure buon secondo come oppositore, non sarebbe stato così disinvolto se fosse stato nella maggioranza. do atto all' onorevole Basso di avere mostrato, da questo punto di vista , maggiore coerenza. però, onorevoli colleghi , in ragione di quanto ho detto prima circa l' opportunità di non citare i pontefici, partendo da una posizione laica, a seconda che faccia comodo o no, di non usare la politica della Chiesa, a seconda che ci faccia comodo o no, non trovo di buon gusto che si faccia risalire l' iniziativa di revisione al fatto che, a un certo punto, la Chiesa ha aperto un corso nuovo. mi pare si tratti di una cosa veramente da evitare e, amico Basso, io l' avrei evitata. francamente nello stile, perfetto, dell' onorevole Basso, avrebbe dovuto essere evitato il riferimento al febbraio 1965. debbo dire che, in questo senso, l'Osservatore Romano ha pienamente ragione, quando ha fatto la nota che qui è stata citata. guai a servirsi delle enunciazioni dei pontefici, delle encicliche, nell' ambito dei problemi che, come forze politiche democratiche, dobbiamo trattare. l' amico Basso è stato larghissimo di citazioni al riguardo. l' onorevole Malagodi non è stato altrettanto dotto, ma anch' egli si è esercitato fino al punto da citare Paolo VI , e la sua intervista, con riguardo a un giudizio dato sull' attività di parroci o di cattolici. ripeto: credo che l'Osservatore Romano abbia ragione. non abbiamo il rispetto di noi stessi, come forze politiche laiche, né il rispetto che dobbiamo alla Chiesa. e, onorevole Basso, stiamo attenti a non esagerare sul nuovo corso della Chiesa. la Chiesa ha dei grossi problemi e noi li stiamo trattando con una leggerezza assoluta. la conciliazione del principio del dogma con lo spirito unico, e del principio, dell' autorità con quello della libertà e della democrazia non è un problema facile. qualche volta ho l' impressione che si stia ricostituendo il clima nel quale si arrivò all' articolo 7 della Costituzione: un po' di faciloneria (diciamo la verità), di cui paghiamo le conseguenze oggi tutti, noi e voi. allora, avremmo anche potuto scontrarci fino in fondo, ed avremmo raggiunto, forse, una soluzione storicamente e politicamente più tranquilla per noi. e adesso consideriamo in clima facile il nuovo corso. ma difficile ed estremamente complesso è il problema della Chiesa cattolica , della sua universalità e del suo inserimento nel mondo moderno. dobbiamo avere rispetto nei confronti di questo travaglio. noi non siamo qui per applaudire il Papa che, ripeto, sembra andare incontro alle nostre idee; noi siamo qui come forze politiche per occuparci della Repubblica italiana . questo è il nostro compito, il compito degli amici della Democrazia Cristiana , il compito delle altre forze politiche . e allora a che cosa dobbiamo essere attenti? noi, ad esempio, abbiamo respinto (non so se, come forze politiche democratiche, noi ci siamo riusciti o meno) la repubblica delle crociate di Pio XII , ma respingiamo altresì la repubblica conciliare . sono due ordini di problemi diversi quelli della Chiesa e quelli dello Stato. noi abbiamo la Costituzione repubblicana, l' abbiamo noi, l' hanno i cattolici. questo è il punto di riferimento delle forze politiche democratiche. qui francamente l' onorevole Malagodi e l' onorevole Basso mi hanno sorpreso. non molto, in verità, mi ha sorpreso l' onorevole Natoli, perché è una vecchia malattia del partito comunista quella di superare i problemi istituzionali, i problemi di fondo , attraverso la persistente offerta di un dialogo con i cattolici. pare che noi stiamo correndo proprio questi rischi. onorevoli colleghi , si tratta di ben altro, soprattutto quando ne discutiamo a proposito di una revisione del Concordato, che è un problema serio, un problema grave. dopo quel marzo 1947, quando venimmo ad una soluzione, che noi riconosciamo importante per la storia politica e civile del nostro paese, questa discussione che inizia adesso è di una gravità e serietà eccezionali: equivale a quella, forse. stiamo attenti! ha ragione l' onorevole Guido Gonella quando afferma che non bisogna usare le encicliche per queste nostre faccende, che sono importanti per la storia e per la società civile , ma non certo al livello dei problemi che si pone nella sua universalità la Chiesa cattolica . ha ragione. ma come egli ha tradito questa affermazione quando ha detto: aspettiamo la riforma del diritto canonico, prima di prendere posizione! questo è inaccettabile dopo la sua prima affermazione di renderci indipendenti dalle posizioni della Chiesa: perché dobbiamo aspettare la riforma del diritto canonico, che è un problema interno della Chiesa? ecco il clima in cui ci troviamo. anche i « missini » respingono il Concilio, però riportano quello che ha detto il Concilio; se ne fa un uso molto largo del Concilio. io non so, onorevoli colleghi , chi abbia più attitudini confessionali al riguardo, se la Democrazia Cristiana o i laici. è un problema che mi pongo. il confessionalismo sembra diventare una malattia. ma almeno la Democrazia Cristiana ha questo problema del rapporto tra lo Stato e la Chiesa, che è un vero problema; invece la facilità con cui i laici si investono di spirito confessionale, questo è veramente preoccupante! che cosa vuol dire? come non vediamo il limite in cui ciascuno di noi, ciascuna forza politica si deve porre per avere il pieno senso della sua dignità ideologica? io rispetto la delicatezza della posizione dei cattolici politicamente militanti nei riguardi della Chiesa (è un loro problema ed è un vero problema) e ho il senso dell' importanza eccezionale di questo momento nel quale discutiamo della revisione del Concordato. non ne farei mai una piattaforma di speculazione politica in ogni senso. e devo dire che mi è parso pericoloso iniziare la discussione già sui contenuti della revisione, su quello che ci sarà dentro. noi ci siamo guardati bene dall' entrarci: ci sono entrati i socialisti, c' è entrato l' onorevole Guido Gonella. attenti uno dei punti più delicati, che non siamo pronti ad affrontare immediatamente. nessuno dei partiti lo è, e forse nemmeno i partiti dell' opposizione. stiamo attenti perché, onorevoli colleghi , abbiamo in mano una miccia. stiamo attenti a quello che facciamo. se c' è un momento in cui bisogna essere estremamente prudenti e discreti ed estremamente meditativi, è questo. quindi noi non diamo indicazioni di contenuti. sarà oggetto di discussione, di meditazione. dobbiamo meditare noi stessi sul come ci dobbiamo presentare nell' ambito della maggioranza che si è assunta la responsabilità dell' iniziativa e come ci dobbiamo contenere nei confronti della Chiesa. quindi non trattiamo troppo facilmente il problema. qui è stata ricordata la famosa giornata in cui si votò l' articolo 7, l' elevatezza della discussione: è un ricordo esatto, anche se le conclusioni, secondo me, non sono state a quell' altezza. stiamo attenti adesso acché non si abbia né quell' elevatezza di discussione né una più profonda meditazione rispetto alle meditazioni di allora. non abbiamo dato indicazioni. in certo senso potremmo dire all' onorevole Guido Gonella: non accettiamo le sue pregiudiziali, perché esse ci sottraggono la materia stessa della discussione. noi dobbiamo discutere, a fondo, perché, come dico, dopo venti anni, questa è la prima volta che viene fuori di nuovo un grande problema che turba la coscienza nazionale. sì, ringrazio lei e tutti coloro che hanno appoggiato la sua iniziativa. come dico, togliamoci dalla gara di priorità un problema che ci troviamo tutti davanti; affrontiamolo come va affrontato. dobbiamo essere estremamente discreti, avendo il senso della difficoltà del problema, non essendo troppo ottimisti rispetto alla posizione della Chiesa. la Chiesa ha i suoi problemi. se io volessi affermare che non c' è indipendenza di giudizio della Democrazia Cristiana rispetto alla Chiesa, mi dovrei riferire alle dichiarazioni dell' onorevole Guido Gonella. l' impostazione dell' onorevole Gonella smentisce lo spirito conciliare. ma non lo dico, perché non mi fondo sullo spirito conciliare, perché non semplifico così il problema, perché posso pensare che l' onorevole Gonella rispecchi, come noi abbiamo il diritto di pensare, la posizione del partito. quindi nella impostazione troppo facile che l' estrema sinistra dà al problema basandosi sullo spirito conciliare, essa ha già avuto una risposta. non credo che noi dobbiamo già concludere in questo senso. noi siamo di fronte ad un problema grosso, e io devo dar atto alla Democrazia Cristiana di avere avuto il coraggio di firmare la mozione di maggioranza. è un apprezzamento che io faccio verso il partito, e non è di mia pertinenza conoscere i rapporti fra il partito e la Chiesa, non è affare su cui io possa interloquire. devo dare atto del coraggio, della franchezza; ma vedremo quanti altri problemi sorgeranno, e ne sorgeranno moltissimi. e devo dare atto che nella mozione di maggioranza, amico Basso, esplicitamente è stato posto, per quanto riguarda la revisione, il problema dello Stato. una piccola lezione che ha ricevuto l' onorevole Malagodi, che avete ricevuto voi dalla mozione della maggioranza. in essa si parla dal punto di vista dello Stato, ed è giusto che sia così; e la Democrazia Cristiana ha fatto bene a non voler ricordare nella mozione il Concilio, perché non lo può ricordare, perché non può ipotecare, in sede politica, una esigenza che si pone in tutt' altra sede. con questa impostazione, avete ricevuto una lezione formidabile — ne dovete dare atto — anche dalla Democrazia Cristiana che voi attaccate. non c' è niente nella mozione che anticipi giudizi della Chiesa. ed è giusto: lo Stato ha i suoi problemi, ha le sue necessità, deve trattare in via bilaterale — perché tutti abbiamo riconosciuto che non c' è altra via — e quindi è deferente nei riguardi delle posizioni della Chiesa. andremo a vedere se la Chiesa intende iniziare queste trattative e qual è la sua posizione. credo che solo così noi troviamo il tono di questa discussione, l' impostazione di fondo per questo grave, importante problema. ma a questo punto debbo chiarire perché ho interrotto l' onorevole Malagodi sulla sua proposta che una commissione parlamentare affianchi il Governo nell' esame del problema della revisione. anche qui mi si consenta di dire che è stato, più che per una preoccupazione politica, che io non ho mai, per una preoccupazione di ordine istituzionale. ma come fa un liberale a ritenere che le responsabilità di una maggioranza, del potere esecutivo , debbano essere sempre confuse con le responsabilità del Parlamento? capisco che le sinistre, che qualche volta non si ricordano dello stato di diritto , vogliano questo, nel desiderio di interferire con le responsabilità della maggioranza; ma che lo voglia l' onorevole Malagodi davvero non lo capisco. egli trova che le mie interruzioni danno fastidio: ma è un liberale! no, onorevole Cottone, non sono fuori luogo : sono in luogo. quando dite queste cose, il vostro stato di diritto è lo Stato dalla confusione: e voi lo avallate. il Parlamento controlla. l' onorevole Malagodi mi cita la « Commissione dei 18 » per l' Alto Adige . il Governo può chiamare i partiti, se crede, un po' per scaricare le sue responsabilità, ma il Parlamento può dirgli di no. e se io facessi parte dell' opposizione direi di no, non direi di voler partecipare alle decisioni della maggioranza; direi invece: « no! assumiti, maggioranza, le tue responsabilità e porta le tue decisioni in Parlamento » . ma questo è un problema che può riguardare il Governo. l' opposizione si deve riservare se accettare la corresponsabilità: ma che opposizione è questa che chiede una continua partecipazione a decisioni? sì, ma nei fatti si vede che quando si fanno le « commissioni dei 18 » e poi si viene qui, vi è sempre divisione tra maggioranza e opposizione. perché questa è la natura dei rapporti nel nostro Parlamento. e mi meraviglia veramente che, a un certo punto, i problemi della istituzione si convertano in problemi di presenza, che sono problemi di potere, di partecipazione al potere. non si può commettere questo errore di passare così rapidamente dal rispetto che noi tutti dobbiamo avere nelle nostre funzioni alla mancanza di questo rispetto. comprendo che quando la maggioranza presenta un ordine del giorno in cui si dice di voler iniziare una procedura per la revisione rispettando il bilateralismo, essa si imbarca in una questione di una gravità immensa. s' e fossi oppositore direi: « vediamo come te la sbrighi » . bisogna che impariamo a rispettare il rapporto tra il Governo, la maggioranza e l' opposizione; bisogna che impariamo a rispettare ognuno per quel che fa. questa è un' appendice alla discussione che mi porta sempre, in un certo modo, a vedere come in questioni gravi noi troppo facilmente scivoliamo in atteggiamenti e in proposizioni che non rispecchiano la chiarezza nella visione dei problemi. noi abbiamo l' impressione, ripeto, che si tratta di un momento grave della vita nazionale. perciò non abbiamo mai sottovalutato il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa. ho già detto che vi sono dei momenti in cui questo problema si pone in maniera rilevante. così è avvenuto a proposito dell' articolo 7. così avviene oggi, così avverrà quando le trattative porteranno a qualche risultato. vi sono di questi momenti. ma poi v' è il problema del quale noi tutti d' abbiamo avere piena coscienza, il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa, che si pone ogni giorno non solo alla coscienza dei cattolici ma anche alla coscienza dei laici. questo del rapporto fra Stato e Chiesa è un problema importante della nostra vita nazionale, problema che acquista da noi delle dimensioni che altrove non ha, per la condizione stessa storica che riconosco, perché la Chiesa cattolica ha la sua sede in Roma. ho detto più sopra di un certo confessionalismo dei laici. saranno contenti gli amici democristiani che si sentono qualche volta rivolgere questa accusa. filtra in noi questa prepotente presenza della Chiesa cattolica come Chiesa universale. e non ci sappiamo ricondurre alle dimensioni anche modeste della nostra vita nazionale, della nostra vita repubblicana e vogliamo interloquire o interferire o subire o non subire o accettare impostazioni che riguardano un mondo totalmente diverso e una universalità che non abbiamo. non siamo entrati, ripeto, nell' analisi del problema: lo si farà più tardi quando, accettata la mozione, il presidente del Consiglio in seno al Governo deciderà di porre i punti della posizione dello Stato e sentirà la risposta, ascolterà l' altra parte, come è suo dovere ascoltare. questa di estremo senso di responsabilità è la nostra posizione e con questo spirito noi diamo l' adesione alla mozione.