Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
IV Legislatura - Assemblea n. 705 - seduta del 27-06-1967
Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativ alegislativa del popolo
1967 - Governo III Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 705
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , signor ministro, si è discusso — e non poteva accadere diversamente — del ritardo — venti anni — con cui si sta arrivando forse all' approvazione di questa importante legge. io credo di non fare un torto ai colleghi che mi hanno preceduto e che si sono occupati di questo argomento se affermo che non ha molto interesse discutere in questo momento dei motivi, d' altra parte piuttosto noti e abbastanza evidenti, per i quali si è tardato. penso che in questo momento sia interessante esaminare i motivi in base ai quali non l' unanimità, ma una maggioranza, sia pure assai larga, di questo ramo del Parlamento dichiara di votare a favore. come voi sapete, a questo riguardo il dibattito polemico concerne soltanto una delle forme di referendum previste dalla Costituzione (ed ora da questo disegno di legge ), cioè il referendum abrogativo previsto dall' articolo 75 della Carta Costituzionale : voi sapete altresì che il solo gruppo politico che, almeno sino a questo momento, ha dichiarato di opporsi, nelle forme che mi permetterò di esaminare, alla istituzione del referendum abrogativo è il gruppo liberale. io ho ascoltato in parte, e in parte letto con molta attenzione, con doverosa attenzione le argomentazioni dei colleghi di parte liberale. debbo riconoscere che il gruppo liberale questa sua tesi non la sostiene ora per la prima volta. mi sembra di ricordare che nel 1960 il referendum abbia anzi costituito o il motivo o — lo dico con tutto il riguardo — il pretesto in base al quale l' onorevole Malagodi ritenne di determinare una svolta nella vita politica italiana togliendo l' apporto del gruppo liberale al Governo presieduto allora dall' onorevole Segni. nonostante questa indubbia anzianità di battaglia contro il referendum abrogativo , io debbo confessare — sarà certamente mia pochezza — che non sono riuscito a comprendere e soprattutto non sono riuscito ad apprezzare fino in fondo le argomentazioni sostenute dai colleghi di parte liberale, né dal punto di vista costituzionale, né dal punto di vista della opportunità politica. dal punto di vista costituzionale devo rilevare con qualche disappunto che un collega al quale va la mia incondizionata ammirazione per la sua competenza e dottrina in materia costituzionale, l' onorevole Lucifredi, in linea di principio almeno, ha accostato la sua tesi a quella sostenuta per il gruppo liberale dall' onorevole Bozzi. l' onorevole Lucifredi, se ho bene interpretato, ha infatti accettato la distinzione rigida che l' onorevole Bozzi ha qui sostenuto fra norme costituzionali « precettive » e norme costituzionali « direttive » e ne ha tratto una conseguenza analoga se non identica a quella che ne ha derivato l' onorevole Bozzi, secondo il quale le norme costituzionali precettive sono ovviamente di immediata efficacia e quindi di immediata attuazione, mentre le norme costituzionali direttive rappresenterebbero soltanto delle indicazioni, essendo libero poi il legislatore di dare ad esse attuazione o di ritardarne anche indefinitamente l' attuazione. l' onorevole Lucifredi è stato addirittura più preciso dell' onorevole Bozzi a questo riguardo, perché ha sostenuto che il legislatore non soltanto è libero di non attuare immediatamente, a tempo determinato , le norme costituzionali direttive, ma è tenuto solo a non imboccare la strada opposta. io vorrei sapere dalla cortesia dell' onorevole Lucifredi, che non è presente — e mi scuso se ne parlo in sua assenza — quale sia la strada opposta. io penso che la strada opposta a quella che consiste nell' attuare una norma costituzionale sia quella di non attuarla. se la strada opposta consistesse nell' abrogarla, ci si comporterebbe — mi si consenta di citare il nostro esempio, che è valido — come ci siamo sempre regolati noi. noi non abbiamo l' anzianità parlamentare che hanno tanti colleghi, o i gruppi politici espressi dall' antifascismo. noi non avevamo l' onore e neanche la possibilità di essere presenti in sede di Assemblea costituente , sicché in calce alla Costituzione della Repubblica figurano tutte le più illustri firme della democrazia antifascista; non possono figurare le modeste firme dei rappresentanti del Movimento Sociale Italiano , che non c' era. da quando siamo però entrati in Parlamento e abbiamo cominciato a prendere parte, dal nostro punto di vista , alla vita politica del paese, abbiamo ritenuto di considerare quel fondamentale documento, cioè la Carta Costituzionale della Repubblica italiana , come il documento impegnativo di tutta la Repubblica nei confronti del popolo italiano ; abbiamo ritenuto che quel documento impegnasse anche noi, non tanto e non soltanto per gli adempimenti del singolo cittadino, ma anche come legislatori. perciò, quando ci siamo trovati di fronte a norme costituzionali che ritenevamo, dal nostro punto di vista , di non approvare, abbiamo presentato proposte di legge costituzionali per l' abrogazione delle norme stesse. la nostra opposizione al Titolo V della Costituzione della Repubblica italiana (cito una opposizione di fondo e, vorrei dire, di sistema) si è sostanziata fin dalla prima legislatura della Repubblica nella presentazione da parte nostra di una proposta di legge per la sua abrogazione o, in qualche parte, per la sua modificazione sostanziale. quando invece ci siamo trovati di fronte a norme costituzionali che vedevamo disattese, non attuate, pretermesse, e che ci sembravano sostanziali e fondamentali, ci siamo fatti carico di presentare proposte di legge per attuarle, visto che erano inerti le altre — ben più importanti, dal punto di vista quantitativo — parti politiche. se i pochi onorevoli colleghi presenti avessero la bontà di consultare l' annuario parlamentare di queste quattro legislature, vi troverebbero i nostri modestissimi e naturalmente disattesi ed insabbiati (certo, non per colpa nostra) progetti di legge per l' attuazione degli articoli 39, 40 e 46 della Costituzione, per non parlare di altre norme di minore importanza. continuo a ritenere, a nome del mio gruppo e — voglio credere — anche a nome di una larga parte dell' opinione pubblica italiana, che questo sia il giusto modo di comportarsi e che pertanto le norme della nostra Costituzione debbano essere considerate tutte alla stessa stregua e tutte della stessa importanza, in linea di dottrina e di principio, salvo a discutere sulla particolare importanza di talune (le norme sul referendum sono a mio parere — e ne chiarirò subito i motivi — tra queste). penso che di fronte alle norme della nostra Costituzione ci si possa comportare nell' uno dei due modi che mi sono permesso di indicare: attuarle, oppure chiederne ed ottenerne — attraverso i mezzi che la Costituzione stessa prevede — la modifica o l' abrogazione. ma il sistema del rinvio, che dopo vent' anni io sento in questa sede difendere, sostenere, apologizzare niente meno che dal gruppo liberale, nonché da uno dei più preparati, seri ed onesti costituzionalisti della Democrazia Cristiana , questo sistema — in termini costituzionali e politici — onesto non è, chiaro non è, e contribuisce a determinare in larga misura quella crisi dello Stato della quale si parla, proprio in relazione al dibattito sul referendum. quindi, credo che si debbano respingere in linea sia di principio sia di dottrina le tesi sostenute dal gruppo liberale e, in particolare, dall' onorevole Bozzi, anche se — ripeto, con disappunto — a queste tesi si è accostato persino l' onorevole Lucifredi. a questo punto, entra in scena il ragionamento sulla opportunità politica, un altro dei ragionamenti sostenuti dal gruppo liberale. secondo i liberali, infatti, è politicamente inopportuno in questo momento portare innanzi il discorso sul referendum abrogativo . poiché non lo si è portato innanzi per venti anni — dicono i liberali con qualche ragione — non si vede per quale motivo si debba scegliere questo momento, che, secondo loro, sarebbe politicamente inopportuno. manca però un chiarimento politico responsabile da parte del partito liberale . noi vorremmo sapere dai liberali perché proprio in questo momento l' attuazione del referendum abrogativo sarebbe particolarmente inopportuna. ma la spiegazione da parte del gruppo liberale non è finora venuta. in sua vece, però, è venuto fuori in queste stanche e deserte sedute un dibattito di notevole interesse. devo dire, facendo un cortese, modesto e sommesso elogio di taluni fra gli oratori che mi hanno preceduto, che ho ascoltato con interesse quanto ha detto l' onorevole Accreman, quanto gli ha risposto l' onorevole Lucifredi e quanto hanno affermato sul terreno politico e anche costituzionale gli onorevoli Bozzi e Zincone per il gruppo liberale. li ho ascoltati con interesse perché hanno trattato un argomento che — lo confesso — mi sta, anzi ci sta particolarmente a cuore, quello relativo alla crisi dello Stato. della crisi dello Stato si è parlato recentemente da una così alta cattedra (non alludo al Vaticano, ma alla Presidenza della Repubblica) che penso siamo tutti autorizzati a parlarne, come di fronte ad un fenomeno la cui concreta ed allarmante presenza inquieta la sensibilità politica delle più alte sfere rappresentative del nostro paese. anni or sono era piuttosto incomodo o addirittura pericoloso per noi parlare di queste cose. quando parlavamo negli stessi termini nei quali il problema è stato affrontato da così alta cattedra, quando ci permettevamo di parlare di crisi etica dello Stato, ricordo che immediatamente venivamo accusati di rispecchiare o riecheggiare l' ideologia gentiliana dello Stato etico . gli autorevoli sostenitori del materialismo storico, e anche i sostenitori di quel materialismo clericaleggiante che tanta parte ha avuto nella evoluzione dottrinaria e politica della Democrazia Cristiana in questo ventennio, ci davamo la croce addosso, accusandoci di nostalgia o di polemica preconcetta. la polemica, invece, o per lo meno la discussione, in ordine alla crisi dello Stato, discende e risale fino ai più alti fastigi dello Stato italiano! e quando il presidente di una Repubblica democratica dinanzi agli schermi televisivi si fa interprete di così alte preoccupazioni, evidentemente il Parlamento non può che riecheggiarle e rispecchiarle. ritengo quindi che il discorso sulla crisi dello Stato sia un discorso pertinente e rilevo con molto interesse che in questa Aula, in questi giorni, se ne è parlato da tutti i settori. se ne è parlato con talune singolari contraddizioni, che mi permetto di rilevare, anche perché sono state già rilevate: quando l' onorevole Accreman (ritengo a nome del gruppo comunista e non a titolo personale) ha messo in luce con termini tanto crudi — termini che forse neppure noi abbiamo usato nella nostra battaglia contro la partitocrazia — il divorzio (termine esatto, anche perché oggi il divorzio è di moda) tra il mondo politico, il mondo sociale ed il mondo economico, in sostanza ha messo in luce la discrasia esistente tra quello che forse più banalmente e meno dottamente, ma da parecchi anni a questa parte, noi definiamo il paese reale , da un lato, ed il paese legale , dall' altro. questa nostra tipica distinzione tra paese reale e paese legale ha attirato su di noi moltissime volte, come voi sapete, anche in quest' Aula, i fulmini dei democratici! di antica estrazione. noi abbiamo con interesse registrato il fatto che il gruppo comunista non parla soltanto di distinzione tra paese reale e paese legale o di discrasia, ma addirittura di divorzio, cioè di avvenuto scioglimento del vincolo (ed il ministro della Giustizia lo sa meglio di ogni altro) tra paese reale e paese legale . anzi, l' onorevole Accreman — e lo ringraziamo per questo — ha approfondito il concetto, perché non ha parlato soltanto di paese reale e di paese legale , ma di un divorzio tra la sfera degli interessi politici, la sfera degli interessi sociali e quella degli interessi economici; ha parlato cioè di una distinzione tra paese reale e paese legale addirittura in termini marxistici e non soltanto in quei termini giuridico-costituzionali o genericamente politici con cui ne parliamo noi. quindi, sarà difficile d' ora in poi, da parte dei comunisti, definire qualunquistiche queste impostazioni. fino a pochi giorni o fino a poche settimane fa questo era qualunquismo, secondo tutta la stampa di sinistra, e non solo secondo la stampa comunista. registriamo che si è « qualunquizzato » il partito comunista , oppure che la tesi non era qualunquistica, ma una tesi rispecchiante la realtà del nostro paese. che cosa ha risposto l' onorevole Lucifredi all' onorevole Accreman? l' onorevole Lucifredi ha risposto brillantemente. non gli è accaduto, come non sta accadendo a me, come non accade ad alcuno di noi (i nostri colloqui sono colloqui fra sordi, purtroppo) di poter contestare direttamente all' onorevole Accreman le sue osservazioni, però l' onorevole Lucifredi ha avuto una grossa fortuna, quella di imbattersi in Aula nell' onorevole Gullo e quindi di potergli cortesemente ricordare ciò che egli a nome del partito comunista ebbe a dire all' Assemblea costituente contro l' istituto del referendum, quando i comunisti si esprimevano in senso piuttosto deciso contro l' articolo 75 della Costituzione nel testo che fu poi approvato e al quale, con uno dei soliti compromessi, i comunisti ritennero in definitiva di conferire anche la loro approvazione. l' onorevole Gullo aveva alla Costituente, ripeto, parlato in termini piuttosto drastici, aveva dichiarato addirittura che attraverso il referendum abrogativo si rischiava di tenere il paese in permanente agitazione e concitazione, cosa che i comunisti non volevano. l' onorevole Lucifredi, che è un uomo serio, che non è malizioso come potrei essere io, non è arrivato a contestare all' onorevole Gullo il vero motivo per il quale i comunisti allora sostenevano una simile tesi, ma tale motivo lo conosciamo perfettamente: prima del 1948 i comunisti ed i socialisti ritenevano di poter conquistare una sicura maggioranza nelle prime elezioni politiche dopo la chiusura dell' Assemblea costituente e pertanto tutto ciò che poteva dividere l' esercizio del potere, come le regioni, tutto ciò che poteva contestare l' esercizio del potere legislativo da parte di una maggioranza assoluta , come il referendum, tornava incomodo o poteva in prospettiva tornare scarsamente comodo al partito comunista . l' onorevole Lucifredi è stato quindi molto abile — lo riconosco — nel rilevare la strumentalità delle tesi comuniste di un tempo e quindi, secondo logica e secondo coerenza, la strumentalità delle tesi comuniste attuali. però l' onorevole Lucifredi, forse trascinato dalla validità della sua stessa argomentazione, ha voluto sporgersi oltre e ha sostenuto che il referendum non deve essere considerato l' onorevole Mattarella diceva poco fa qualcosa di simile — come un correttivo permanente della democrazia parlamentare , cioè non deve essere inserito programmaticamente nel sistema della democrazia parlamentare come un correttivo, ma deve rappresentare una eccezione e ha poi rimproverato l' onorevole Accreman per aver denunciato con tanta crudezza un divorzio tra paese reale e paese legale il che, a giudizio dell' onorevole Lucifredi, non esisterebbe. ma l' onorevole Lucifredi si era dimenticato di aver detto nella prima parte del suo ottimo discorso ciò che io mi permetterò di citare testualmente (spiegherò subito dopo perché faccio questa cortese citazione). infatti, l' onorevole Lucifredi aveva detto: « mi sia consentito parlare con la mia consueta schiettezza, portando qui le mie accorate preoccupazioni. dico accorate preoccupazioni per il fatto che oggi nel popolo italiano sono notevolmente più numerosi di quanto non fossero in passato coloro che non posseggono e non vogliono acquistare una certa sensibilità di vita democratica » . e aveva aggiunto ancora: « quello che dobbiamo combattere, infatti, è il crescente indifferentismo che nell' opinione pubblica si diffonde in merito ai problemi di carattere politico » . cioè l' onorevole Lucifredi, che successivamente nel suo discorso ha rimproverato duramente l' onorevole Accreman per avere aderito alle tesi relative all' esistenza di una crisi dello Stato democratico parlamentare, per avere accettato la qualunquistica tesi del divorzio o della discrasia tra paese reale e paese legale , aveva rilevato nel suo stesso discorso, pochi minuti prima, che dopo venti anni di cura democratico-parlamentare l' interesse del popolo italiano per i problemi politici è andato a tal punto deteriorandosi che quel che si deve combattere è l' indifferentismo. lo penso, pur non avendo fatto parte dei ranghi politici al tempo dell' Assemblea costituente , che il fine principale che la restaurata democrazia antifascista si proponeva in Italia fosse esattamente quello di interessare sempre maggiormente il popolo alla vita politica; io non sono un competente in materia di democrazia e di antifascismo, come l' onorevole presidente di questa Assemblea sa, ma in questi venti anni ho cercato di imparare da voi tutti qualche cosa. i vostri esempi non mi hanno detto molto, le vostre parole spesso mi hanno detto moltissimo, e credo di avere capito che la logica di un sistema democratico sia quella di realizzare un sempre maggiore interessamento del popolo alla vita politica, una sempre maggiore adesione del popolo ai problemi della vita politica e quindi una sempre minore discrasia tra il vertice politico e la base, un sempre maggiore e più fluido contatto fra la base e il vertice. ora, se io attuo un determinato sistema, una determinata cura, e la cura non solo non produce gli effetti sperati, ma si è al punto che, dopo venti anni, illustri democratici ci vengono a dire da parte comunista che non siamo alla discrasia, ma al divorzio, e da parte democristiana (con un uomo notoriamente attento, cauto e moderato come l' onorevole Lucifredi) che la indifferenza popolare è sempre maggiore nei confronti dei problemi politici, noi non possiamo che pensare così: o questo è qualunquismo (e il povero Guglielmo Giannini abbia questa postuma celebrazione — noi da parte nostra quando era in vita gli fummo vicini ed amici — da parte dei suoi accaniti e acerrimi avversari), oppure queste sono oneste ed obiettive constatazioni dalle quali risulta che il sistema è in crisi. e il sistema è in crisi anche perché — direbbe il signor de La Palisse — il sistema non c' è; esso non è stato realizzato, per esempio, in questo istituto del referendum che voi colleghi della Democrazia Cristiana avete torto nel considerare un rimedio eccezionale. non è stato concepito così, non è stato descritto così e non è stato inserito così nella Carta Costituzionale , ma come un correttivo permanente, come una valvola di sicurezza. cioè, quando la Costituzione italiana fu meditata e redatta (e senza far torto a nessuno posso dire che quell' Assemblea sembrava occuparsi di questi problemi con maggiore serietà di quella con la quale se ne sarebbero poi occupate le varie assemblee legislative), si ritenne che nel sistema della restaurata democrazia parlamentare e soprattutto della instaurata partitocrazia fosse necessario o per lo meno opportuno un correttivo permanente di democrazia diretta quale l' istituto del referendum. è vero che tale istituto, così come è stato introdotto nella Costituzione della Repubblica italiana , si ricollega solo in parte a quegli istituti di democrazia diretta che esistono e funzionano — sembra positivamente in altri paesi ed è vero altresì che la Costituzione prevede il referendum in guise tali così condizionate e sostanzialmente così limitate, da giustificare la tesi del correttivo; tuttavia certamente non lo configura come una misura eccezionalissima. ripeto: l' istituto costituisce un correttivo, una valvola di sicurezza allo scopo di impedire o per lo meno di prevenire il male di fronte al quale ci troviamo e cioè la sensazione diffusa nell' opinione pubblica italiana che il democratico Parlamento della Repubblica nelle sue due Camere non rappresenti, o non rappresenti sempre, o non rappresenti sempre adeguatamente la volontà popolare . questa è la realtà: una realtà che venti anni e più or sono, al. tempo della Costituente, poteva essere concepita, antiveduta, riguardata in prospettiva (si era per l' appunto allora nella fase della cura preventiva, nella fase della profilassi), ma che oggi, come vi ho dimostrato attraverso le citazioni che mi son permesso di fare, emerge con tutta chiarezza dalle accorate (uso la parola dell' onorevole Lucifredi) constatazioni che provengono da parte democristiana o da parte comunista o anche da parte liberale. ecco, io vorrei invitare i colleghi di parte liberale, che hanno citato discorsi comunisti o discorsi democristiani (mi dispiace che non siano presenti coloro che hanno preso così validamente la parola), di leggersi il più bel libro che sia stato scritto e pubblicato in questo dopoguerra in ordine alla crisi del sistema democratico parlamentare o più esattamente in ordine alla crisi della partitocrazia, tanto più che si tratta di un libro di un egregio autore liberale, per fortuna non parlamentare, il professor Maranini. il libro si intitola Il tiranno senza volto . io penso che non vi sia uomo politico in Italia che non l' abbia, consentendo o dissentendo, potuto e voluto leggere ed esaminare. è molto strano che i colleghi di parte liberale si dimostrino digiuni di quella preziosa lettura. il professor Maranini nel suo Tiranno senza volto (e il tiranno senza volto, tanto per intenderci, è esattamente la partitocrazia, o più esattamente ancora la oligarchia partitocratica) dimostra quali siano le discrasie, le afunzionalità del sistema democratico parlamentare, dimostra che questo sistema, così come è stato attuato in Italia nel dopoguerra, ha finito per non essere più o per non poter essere un sistema validamente rappresentativo. e in quel libro il professor Maranini, lodevolmente, è andato anche alla ricerca dei correttivi. molto strano che i liberali mostrino in questo caso di dimenticare la loro stessa dottrina. e io non so quale altra dottrina i liberali abbiano, perché se non consentono con noi nel rilevare che siamo decaduti dalla democrazia parlamentare alla partitocrazia, allora si dimostrano ben timidi difensori di quella democrazia parlamentare che secondo il partito liberale rappresenta la tradizione, l' eredità del liberalismo. se, invece, come io credo di rilevare anche, dalla polemica politica quotidiana condotta dal partito liberale , i liberali credono che davvero si sia abbandonata la strada della democrazia parlamentare , si sia in un regime di partitocrazia, allora io non riesco a capire perché, quando una volta tanto si tenta di dare alla luce un correttivo che, d' altra parte, i liberali stessi, al tempo della Costituente, insieme con gli altri gruppi, avevano previsto, il partito liberale si debba preoccupare delle agitazioni che ne deriverebbero. io debbo dire francamente che il compito tipico e classico di un partito di opposizione è quello di tenere in agitazione l' opinione pubblica . quale altro compito possiamo avere? o l' onorevole Malagodi pensa di essere in permanenza assise nel limbo di coloro che placano le agitazioni con il cenno della mano? e in questo caso l' onorevole Malagodi vuol prendere il posto dell' onorevole Moro? ma è troppo presto o troppo tardi, io non so: è una posizione politica comunque, questa, velleitaria e senza alcun serio riscontro di dottrina. per questi motivi, onorevoli colleghi , che io ho voluto esporre polemicamente e dal nostro punto di vista , senza pretendere che sia quello di altri, ma pretendendo che ci si dia atto della coerenza e della chiarezza di questo punto di vista , noi siamo, senza condizioni, favorevoli all' approvazione rapida di questo disegno di legge . vi sono dei particolari da discutere per quanto concerne l' articolazione? si discuteranno. ne abbiamo discusso per quattro legislature: ridiscutiamoli pure! abbiamo modificato in Commissione, attraverso lunghi dibattiti, il testo; siamo arrivati ad un testo che rispecchia — io credo — una maggioranza molto larga. ci sono, come l' onorevole Lucifredi ha fatto diligentemente notare, alcune imperfezioni di forma e forse anche di sostanza nell' articolazione, da correggere. lo si faccia. noi dichiariamo in tal senso di essere favorevoli ad una attuazione del referendum abrogativo che non determini confusioni eccessive; e pensiamo che non abbia avuto torto l' onorevole Lucifredi quando ha fatto un esempio limite, ma che potrebbe anche verificarsi. chiedo al relatore, che mi sembra lo abbia interrotto a quel punto, se sia esatta l' osservazione dell' onorevole Lucifredi: se dovessero verificarsi — egli diceva — in una sola occasione diciamo elettorale, 8 referendum costituzionali e due referendum abrogativi (perché per il referendum abrogativo c' è il limite di due per volta, che non esiste per il referendum costituzionale ), chiamando l' elettore italiano, il cittadino italiano a decidere in una sola volta su 10 problemi diversi e sotto il fuoco di 10 contrapposti motivi propagandistici avanzati dai diversi gruppi politici , ne potrebbe derivare una confusione che certo non gioverebbe. io non credo, per altro, che simili casi siano probabili, e mi sembra che sia esatto quanto è stato detto da altri, e cioè che i partiti politici italiani oggi sarebbero estremamente cauti, anche i partiti che vanno per la maggiore dal punto di vista quantitativo, nell' andare incontro a quelli che potrebbero essere veri disastri di opinione che peserebbero su di loro nelle successive consultazioni di carattere elettorale. comunque, se a qualche ulteriore perfezionamento od aggiustamento si può dar luogo, siamo a disposizione, con il convincimento che, sia pure in ritardo, in questo caso si opera una volta tanto per correggere i mali di cui è afflitta la democrazia parlamentare italiana.