Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
IV Legislatura - Assemblea n. 6 - seduta del 09-07-1963
1963 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 60
  • Comunicazioni del governo

non è la prima volta, signor presidente , che si presenta a questa Camera e richiede la fiducia un Governo cosiddetto amministrativo o di affari, costituito, secondo le sue dichiarazioni, al solo scopo di adempiere impegni costituzionali: far approvare i bilanci, gestirli temporaneamente e nello stesso tempo — si è sempre soggiunto — preparare il terreno per la formazione di un nuovo Governo a maggioranza precostituita . sono nel ricordo di tutti, onorevoli colleghi , gli esempi del Governo Pella del 1953, del Governo Zoli del 1957, di quello Tambroni del 1960. in ognuno di quei casi si trattava, come oggi, di un monocolore democristiano presieduto da un notabile del Partito di maggioranza e giustificato con la necessità di attendere certi chiarimenti, sollecitare l' intesa tra determinati partiti o correnti di partito, lasciar decantare la situazione, preparare cose nuove e così via . la terminologia adottata in queste occasioni ha numerosissime varianti, e voi tutti le conoscete; la sostanza è sempre quella. e qual è stata in ogni caso la sostanza? quale, cioè, la situazione reale e quali, quindi, il vero contenuto e scopo di questo modo di risolvere il problema governativo? la sostanza è che in ognuno dei casi che si possono prendere in considerazione si constata che si è prodotto nel paese o nel Parlamento uno spostamento politico a sinistra, di cui il gruppo dirigente della Democrazia Cristiana non vuole tenere conto. si è creata cioè una situazione nuova che questo gruppo dirigente non vuole risolvere secondo una semplice logica democratica, vale a dire accettando quelle indicazioni che escono o da una consultazione elettorale o da un voto del Parlamento, oppure dalla irresistibile maturazione di nuovi problemi oggettivi, di nuove esigenze che spingono al movimento, alla protesta, alta lotta ingenti gruppi e masse di cittadini. e valgano gli esempi: nel 1953 fallisce la « legge-truffa » , i partiti della sinistra — socialista e comunista — riportano una smagliante vittoria, toccano assieme gli 11 milioni di voti; l' indicazione politica che esce da questi dati è chiara: si deve porre fine alle soluzioni centriste, conservatrici, tendenzialmente reazionarie, dettate dai principi della guerra fredda ; il gruppo dirigente democristiano non ne vuole sapere. Governo di affari, dunque, e dopo di esso un mutamento non nel senso limpidamente indicato dalla consultazione elettorale, ma nella direzione opposta: si ha il ministero Scelba, come tutti ricordate, uno dei peggiori governi dei passati decenni. nel 1955 l' indicazione della necessità di uno spostamento a sinistra della situazione esce non più dalle urne, ma dal Parlamento, dove si forma, per la elezione del presidente della Repubblica , una maggioranza nuova, anch' essa orientata a sinistra. dopo faticosi tentativi di eludere questa indicazione e memorabili battaglie attorno ad alcuni dei problemi che più interessano le masse lavoratrici , soprattutto delle campagne, si ricasca nel Governo di affari. nel 1958 i partiti della sinistra continuano ad avanzare, il nostro supera i 6 milioni e mezzo di voti. si continua con il centrismo e alla fine, quando tutto è logoro sino alla corda, ancora una volta si va al monocolore di affari, al Governo Tambroni, che tutti sappiamo quale sciagure abbia preparato al paese e come sia stato spazzato da un impetuoso movimento di popolo. la conseguenza che deve trarsi da queste sommarie rievocazioni retrospettive è che i governi cosiddetti amministrativi o tecnici sono sempre stati i governi più seriamente e pericolosamente politici che il paese abbia avuto. il loro preteso agnosticismo è servito sempre e soltanto a coprire, a consentire o da tentare le più pericolose manovre contrarie alle necessità e agli sviluppi di una corretta vita democratica . come stanno le cose ora? su per giù come nel 1953, nel 1955 e nel 1958, ma con elementi di accentuata novità e serietà. e dico questo non solo riferendomi alla profondità degli spostamenti politici messi in rilievo dalla consultazione elettorale; lo dico per la gravità, per la molteplicità, per la estensione dei problemi reali che oggi incombono, che richiedono una soluzione, che non possono venire rinviati, e sono problemi che interessano direttamente la grande maggioranza dei cittadini italiani. lo spostamento politico compiutosi con le elezioni del 28 aprile è il più profondo che si sia avuto dal 1948 fino ad oggi. troppo già si è parlato della interpretazione che occorre dargli, e io non mi occuperò di questo tema se non per inciso. fatti decisivi io considero da un lato l' inizio di un ridimensionamento della Democrazia Cristiana , la cui perdita oscilla fra i 750 mila voti per la Camera e un milione e 200 mila per il Senato, dall' altro lato la chiara e brillante vittoria del partito comunista , il cui aumento oscilla fra un milione e 300 mila voti per il Senato e un milione e 60 mila per la Camera, sfiorando il numero di voti raccolto nel 1948 dalle liste unite del Fronte popolare , cioè di socialisti e comunisti assieme. nel complesso, una fuga generale di voti dalla Democrazia Cristiana in altre direzioni e un evidente spostamento a sinistra del peso delle masse elettorali prese nel loro insieme. non ritengo decisivo, anche se importante, il progresso realizzato dal partito liberale . i limiti che esso rivela sono significativi, se mai, della reale incapacità delle classi dirigenti borghesi di dar vita oggi, distaccandosi dalla Democrazia Cristiana , a un partito che possa veramente rappresentare un' alternativa al Governo di quest' ultima. insignificante considero poi lo spostamento di voti in più o in meno per le liste fasciste, data la squallida incapacità di quel partito di dar vita a una qualsiasi politica che non sia quella del sostegno, gratuito o non gratuito, a qualunque tentativo reazionario. riconosciamo in quel partito il volto miserevole del regime che per venti anni impedì al popolo italiano , persino con la violenza, di pensare politicamente, oltre che di partecipare alla direzione della vita nazionale. a proposito della vittoria nostra, vorrei soltanto aggiungere due parole, rivolte a coloro i quali hanno creduto di cavarsela dicendo che si tratta di un voto protestatario e aggiungendo poi — come fanno anche alcuni compagni socialisti — che dalla vittoria conseguita sarebbe per noi impossibile ricavare una proficua linea politica. sì, senza dubbio, protesta e voti di protesta . non può non levarsi una protesta di masse sempre più numerose contro una situazione in cui il disagio economico è diffuso e cresce; quando su tutto il paese grava una pesante atmosfera di arbitrio governativo, di confusione e di prepotenza politica. la protesta ci deve essere, continuerà, sarà sempre più vivace. la protesta è il momento necessario dell' azione che tende a creare un nuovo assetto delle cose. vi è stato del resto già ricordato, se non erro, che uno dei più grandi movimenti rinnovatori della storia è stato una rivoluzione profonda, che i suoi autori stessi vollero chiamare precisamente rivoluzione « protestante » . l' importante è però che la protesta si accompagna, per quanto ci riguarda, ad un programma preciso di riforme economiche e politiche; che essa si appoggia a un movimento organizzato di centinaia di migliaia di lavoratori, si articola in rivendicazioni positive, anche delle più minute, per la cui attuazione si combatte e si ottengono risultati. è evidente che siffatta protesta e siffatto movimento non possono, non potranno, in un momento determinato non culminare in accordi e in modificazioni anche ai vertici della scala politica. ma ridurre questa prospettiva alla ricerca d' un qualsiasi accordo alla sommità a qualsiasi costo, anche a costo di spezzare l' unità del movimento e troncarne quindi la vitalità, vuol dire sostituire alla prospettiva d' un rinnovamento sociale profondo la falsa prospettiva d' un inserimento burocratico in una realtà ostile che non vuol cedere e non vuol trasformarsi. ciò che fecero in molti casi i partiti socialdemocratici. ma non furono essi, non furono questi partiti che ne trassero profitto; furono le classi dirigenti conservatrici e reazionarie. i lavoratori e la democrazia ne pagarono le spese. ciò che occorre a noi in Italia non è di avviare anche il movimento operaio , popolare, democratico italiano per questa che è una via di capitolazione, di rinunzia e di sconfitta, ma di aprirgli una strada nuova, avanzata, poggiando sull' insieme d' un grande movimento unitario capace di estendersi in tutte le direzioni. ma tutte le considerazioni sul risultato elettorale culminano o, per lo meno, dovrebbero culminare nella risposta a questa domanda: chi è stato, il 28 aprile, il vero sconfitto? si è sentito dire da alcune parti che lo sconfitto sarebbe stato il centrosinistra. i dati elettorali, presi nella loro semplicità, senza che siano accompagnati dall' esame delle differenze esistenti all' interno dei partiti della coalizione di centrosinistra, contraddicono e distruggono questa affermazione. la stessa nostra vittoria non può essere considerata come elemento d' una sconfitta del centrosinistra, perché la nostra posizione verso il centrosinistra, checché ne vadano ripetendo gli specialisti della contraffazione politica, fu una posizione molto differenziata, non riducibile a una negazione frontale. qui si apre però un problema di fondo . se è vero che il centrosinistra non fu sconfitto, se anzi, come si afferma da molte parti, esso è uscito. vittorioso dalle elezioni, perché dunque oggi non troviamo davanti a noi, a chiedere la nostra fiducia, un Governo di centrosinistra? la verità è che il centrosinistra fu un tentativo, un inizio timido e parziale, errato in alcuni suoi aspetti, di mutamento dei vecchi indirizzi politici. così noi lo giudicammo, mettendo in luce le gravi lacune del suo programma, ma accettando una parte delle misure che esso conteneva e che erano del resto reclamate da tempo da tutta la sinistra democratica italiana. questo iniziale movimento verso sinistra, questo iniziale centrosinistra, però, ad un certo momento cessò di esistere: vi fu un colpo d' arresto energico e preciso, richiesto dal Consiglio nazionale del partito democratico cristiano nei mesi di autunno e culminato nell' esplicito rifiuto, a gennaio, di proseguire nell' applicazione anche di quelle limitate misure di rinnovamento contenute nel programma sulla base del quale tutta l' operazione politica si era mossa. ecco la situazione davanti alla quale si è trovato il corpo elettorale , ecco la situazione sulla quale il corpo elettorale ha dovuto esprimere il proprio giudizio: non il centrosinistra, ma la rottura, l' arresto d' una timidamente iniziata e manchevole politica di rinnovamento. contro queste manchevolezze, e contro quella rottura in particolare, noi dirigemmo il colpo e abbiamo guadagnato un milione di voti. per difendere quella rottura si mosse, fra le discordanti voci dei suoi principali esponenti, la Democrazia Cristiana nella speranza di riuscire a recuperare i consensi che temeva di perdere alla sua destra, e finì col perdere, così a destra come a sinistra, in totale circa un milione di voti. non vollero qualificare e denunciare con la necessaria chiarezza ed energia quella rottura e ricavarne tutte le conseguenze i compagni socialisti, ed uscirono dalle elezioni con un evidente insuccesso, cedendo a noi — dicono — 300 mila voti. mi sembra fuori dubbio che, se questi due ultimi partiti, democratico cristiano e socialista, si fossero potuti presentare al paese con il bagaglio dell' applicazione integrale del programma del febbraio del 1962, diversa sarebbe stata la loro sorte elettorale, anche senza infirmare la vittoria nostra, che ha avuto motivi anche più profondi. da queste considerazioni, che ho visto condivise anche da altri autorevoli commentatori politici, mi sembra debba concludersi che lo sconfitto del 28 aprile non fu dunque il centrosinistra. fu invece precisamente quel gruppo dirigente democratico cristiano che aveva imposto il colpo di arresto e la vera svolta a destra che si ebbe alla fine del 1962 e all' inizio del 1963. ma, vedete, onorevoli colleghi — ironia della vicenda politica e bizzarro funzionamento della democrazia nel nostro paese — è proprio questo gruppo democristiano che dopo le elezioni prende in mano la situazione, la volge a suo profitto e fa tutto il necessario per dirigerla secondo i suoi vecchi propositi. per chi tenga alla logica, questo è il vero paradosso della situazione odierna: nel corpo elettorale , e come risultato della consultazione del 28 aprile, uno spostamento a sinistra con la richiesta, espressa dalla maggioranza degli elettori, che siano affrontati e risolti problemi di vitale importanza per tutti; alla sommità, la tortuosa ricerca di una soluzione contraria, la continuazione, cioè, di quella manovra politica di contenuto conservatore, iniziata e condotta avanti dalla metà dell' anno passato per porre fine al sia pur timido e iniziale tentativo di centrosinistra. quando noi parliamo di rifiuto di tener conto del voto del 28 aprile, non ci riferiamo però soltanto alle cifre, alle percentuali, al calcolo delle eventuali e possibili combinazioni governative e delle possibili maggioranze. poniamo una questione di indirizzo politico fondamentale e all' esame di questa questione noi richiamiamo tutte le forze popolari e democratiche, siano esse del campo laico, siano del campo cattolico. ciò che è avvenuto nella seconda metà dell' anno scorso , ciò che si è perfezionato nel colpo di arresto del mese di gennaio e poi, per opera dei dirigenti democristiani, e nel corso della stessa campagna elettorale , è un mutamento di indirizzo, una svolta verso destra. in questo modo la si deve qualificare. è la continuazione di questa svolta verso destra il vero contenuto dell' azione condotta dal Partito di maggioranza dopo le elezioni e che spiega la formazione del presente Governo. noi non neghiamo che si debba discutere in concreto i punti programmatici che nelle conversazioni fra i partiti del vecchio centrosinistra sono stati affrontati. nella misura in cui ciò è possibile, cercheremo di farlo oggi stesso. preliminare a questo esame deve però essere la consapevolezza del tentativo, davanti al quale ci troviamo, di spingere indietro tutta la situazione, tutta la politica nazionale, verso traguardi che sembravano superati, rinunziando a qualsiasi azione di rinnovamento. è per non aver scorto sin dall' inizio o per aver voluto dimenticare questo punto fondamentale, per aver ritenuto di potere, davanti ad esso, chiudere gli occhi, che i dirigenti socialisti si sono trovati, alla fine, in una via senza uscita, contribuendo così a creare quella confusione estrema che esiste oggi nelle loro stesse file. devo aggiungere che noi ci siamo meravigliati che gli stessi dirigenti socialdemocratici non abbiano richiamato l' attenzione su questo punto, che abbiano anzi con le loro posizioni agevolato lo spostamento a destra della direzione democristiana e coperto la mobilitazione di forze conservatrici che si compì subito dopo le elezioni per spostare a destra tutto l' asse della politica nazionale. vano è gridare « centrosinistra, centrosinistra! » , quando si è partecipi e conniventi di un' operazione che va nella direzione opposta. che cosa fu originariamente il centrosinistra. nella concezione di una determinata corrente democristiana e anche della vostra, colleghi della socialdemocrazia? fu una specie di sfida lanciata prima di tutto a noi comunisti, allo scopo di dimostrare che ciò che noi rivendichiamo può esseri realizzato anche dai partiti che ci combattono, allo scopo di svuotarci politicamente, come è stato detto, di tagliare le nostre radici fra le masse popolari e di buttarci fuori della scena. e va bene ! ma che cosa è che noi rivendichiamo, quali sono i grandi obiettivi della lotta che da tanti anni conduce il nostro partito? se ne possono indicare sommariamente tre principali. in primo luogo, sulle linee tracciate dalla nostra Costituzione, rispettandone e applicandone tutti i principi, garantire uno sviluppo della nostra democrazia, tale che assicuri l' accesso al potere delle masse lavoratrici in un nuovo blocco di forze dirigenti di tutta la società nazionale. secondo: risolvere le gravi questioni economiche che rendono pesante la vita dei lavoratori del braccio e della mente; porre fine, attuando un preciso piano economico, agli squilibri, ai contrasti, alle contraddizioni che oggi rompono l' unità stessa del paese, e assicurare uno sviluppo che sia nell' interesse di tutto il popolo, limitando progressivamente e spezzando il potere delle grandi concentrazioni di ricchezza monopolistica. terzo: assicurare la pace e la sicurezza della nazione in un mondo senza guerra, prima di tutto rompendo la pesante tradizione che vuole asservire il nostro paese ad un blocco di potenze straniere, quella tradizione che è all' origine non di una sola, ma di parecchie catastrofi nazionali. nel complesso, dunque, noi invochiamo una politica di progresso, di pace, di pianificazione economica, di riforme sociali, di realizzazioni democratiche, di conseguente applicazione costituzionale, di rinnovamento delle strutture economiche e politiche del nostro paese. questo è ciò che noi chiediamo; e in tale direzione, mi sembra, si sarebbe dovuta muovere l' azione politica dei nostri avversari, sulla base della sfida che ci viene lanciata. vero è che la sfida, se per alcuni corrispondeva alla volontà di cambiare in ogni modo qualche cosa dei tradizionali indirizzi di conservazione e di immobilità, nascondeva per altri un proposito del tutto diverso, di un' operazione volta unicamente a creare basi più solide al predominio del gruppo dirigente democristiano, attraverso la lotta consueta contro di noi e la rottura del permanente tessuto unitario del movimento operaio e popolare, attraverso la stessa scissione, forse, di una delle colonne di questo movimento: il partito socialista italiano. orbene, questa è la sola parte che oggi rimane di tutto il vecchio piano politico di sfida al comunismo » . tutto il resto, la volontà, o velleità, possiamo dire, di rinnovamento, i propositi di riforma, lo sviluppo delle istituzioni democratiche, va scomparendo, scompare. rimane, chiara, esplicita, sfacciata, la volontà di predominio dei gruppi dirigenti democristiani, che si traduce, nei confronti del movimento operaio e popolare, in un tentativo trasformistico di vecchio stampo e, qualora questo tentativo, come sembra assai probabile, non dovesse riuscire, in una vera e propria sfida, non a noi, ma al nostro regime costituzionale , a quella correttezza democratica che richiede che i risultati di una consultazione elettorale, signor presidente del Consiglio , vengano rispettati. come può essere diversamente qualificata l' operazione tramata dal 28 aprile in poi e culminata nella presentazione di questo Governo, sostenuto, per cavarsela nel peggiore, nel meno degno dei modi, dalla presente minaccia di scioglimento delle assemblee parlamentari? non si creda che, nel porre in questo modo il problema dell' indirizzo governativo, noi partiamo unicamente da considerazioni relative alla concorrenza e alla lotta tra i partiti. partiamo prima di tutto dall' esame delle condizioni in cui si trova il paese, dalla sua permanente arretratezza sociale, dal modo e livello di esistenza delle masse lavoratrici , dalla deplorevole situazione in cui l' economia italiana è stata ridotta da anni ed anni di malgoverno centrista e di predominio, al di sopra di tutto, degli interessi dei grandi gruppi monopolistici. partiamo dalle speranze che sono sorte nel cuore di milioni e milioni di italiani quando sono andati a votare: degli emigranti che hanno pensato fosse giunto finalmente per loro il momento del ritorno al lavoro in patria; dei contadini, dei mezzadri che da troppo tempo attendono la riforma e la soppressione dei patti che li opprimono; degli operai, degli impiegati, dei pensionati, delle donne che aspettano tutti qualcosa di nuovo per sé, per la tranquillità e la sicurezza della vita loro. siamo all' inizio di una nuova legislatura, che si apre dopo una lunga battaglia politica, per molti aspetti memorabile, se non altro per essere durata assai più delle consuete settimane previste dalla legge. è dall' estate del 1960, in sostanza, che le masse democratiche e popolari avanzate aspettano. che cosa dirà. al popolo questa nuova legislatura? saprà muoversi in avanti oppure verrà testardamente spinta indietro? questi sono i problemi ai quali il Parlamento oggi, per mantenere il proprio prestigio, dovrebbe dare una precisa, ampia, esauriente risposta; e sono problemi che nella loro concretezza non possono essere eternamente rinviati, non possono attendere. si è parlato, al tempo della sfida contro di noi, di una politica! di piano che di questa legislatura avrebbe dovuto essere l' impronta caratteristica, si è parlato di misure antimonopolistiche, di superamento degli squilibri economici territoriali e sociali, di riforme atte ad alleviare la crisi dell' agricoltura, di ordinamento regionale e così via : dove sono andate a finire tutte queste belle cose? non cerchiamole, per carità, nelle povere, volutamente monche, dichiarazioni del Governo attuale, il cui solo scopo è di stare a quel posto non so per quanto tempo. ma ai partiti che tendevano a formare, dopo le elezioni, una nuova loro coalizione di centrosinistra, venne presentato, dal partito della Democrazia Cristiana , un complesso di proposte che costituivano un certo indirizzo politico . ebbene, io chiedo, questo Governo, che è tutto di democristiani, perché dunque non si è presentato a noi con il bagaglio di quelle proposte, costituenti il programma del gruppo dirigente della Democrazia Cristiana attuale e per il prossimo avvenire, cosicché non solo il Parlamento ma tutto il paese fosse investito della questione e in grado di esprimere giudizi equilibrati e fondati? questa sarebbe stata una condotta democratica. siamo, invece, costretti a muoverci al buio o nella penombra, a dibattere queste questioni nell' assenza, persino, di coloro che sono stati i protagonisti della precedente battaglia; siamo costretti a interpretare « libri bianchi » , memoriali, contromemoriali, dichiarazioni, smentite. questo è il metodo preferito da chi ha l' intenzione, prima di tutto, di tessere un intrigo, non di aprire un dialogo con tutte le forze politiche del paese, non di muoversi e anche di combattere apertamente, se è necessario, per un determinato indirizzo politico . tre punti fondamentali, ad ogni modo, vengono alla luce quando si approfondisce la ricerca, partendo dalle stesse dichiarazioni che vennero fatte da colui che fu, prima dell' onorevole Leone, il presidente del Consiglio designato; tre punti che determinano tutto un indirizzo politico : la fedeltà atlantica, la lotta contro il partito comunista e una politica economica corrispondente a quella « pausa di riflessione » di cui già si era parlato in precedenza e che ha trovato il suo teorico e banditore di oggi in un alto funzionario dello Stato, il governatore della Banca d'Italia . non occorre grande acume per ravvisare in questi punti i capisaldi della vecchia politico centrista quale venne condotta per anni ed anni e alla quale siamo debitori della maggior parte dei malanni che oggi affliggono la nostra vita economica, politica e sociale. fedeltà atlantica: che cosa vuol dire? la formula della guerra fredda , la formula con la quale si è coperta per anni ed anni l' assenza di una nostra politica estera , di nostre misure e iniziative atte a distendere l' atmosfera internazionale e preparare l' avvento di — un mondo senza guerra. il patto atlantico , si dice, è garanzia di libertà e di sicurezza. respingo decisamente questa che è una menzogna convenzionale della propaganda della guerra fredda . all' ombra del patto atlantico si collocano il Portogallo e la Grecia, che sono regimi fascisti; si collocano le basi militari nella Spagna di Franco, ipocritamente considerate soltanto « americane » . all' ombra del patto atlantico è risorto il militarismo tedesco coi suoi espliciti programmi di rivincita politica e militare; apertamente proclamati, questi programmi, in ogni occasione, oggi, dagli esponenti più qualificati della Germania federale , all' ombra del patto atlantico si sono svolte le più sciagurate imprese di guerra e di sterminio contro i popoli coloniali in lotta per l' indipendenza. il patto atlantico non è stato e tuttora non è altro che uno degli strumenti della politica estera degli USA, e tutto il rispetto che noi abbiamo per la nazione americana non ci impedisce di respingere l' affermazione che presso questa nazione si debba oggi trovare il modello e la guida di una vita politica democratica. le ispirazioni democratiche noi le ricaviamo prima di tutto dalla storia del nostro paese, dalle lotte della classe operaia italiana per i suoi diritti e le sue aspirazioni sociali; dall' esperienza antifascista, dalla grande prova collettiva della Resistenza, dalle successive lotte in difesa e per lo sviluppo degli ordinamenti democratici che con la Resistenza ci siamo conquistati. di qui noi ricaviamo le nostre ispirazioni democratiche. non troviamo ispirazione, né modello di democrazia nelle discriminazioni antirazziste di cui gli USA tuttora non riescono a liberarsi; nella lotta condotta con tutti i mezzi, violando le leggi internazionali, per negare il diritto di autodecisione del popolo di Cuba; nelle molteplici azioni per mantenere la maggior parte. dei popoli dell' America Latina in uno stato di soggezione semicoloniale, di tirannide e di miseria; nel rifiuto di riconoscere i sovrani diritti internazionali della Repubblica popolare cinese ; nell' occupazione militare e nel regime di terrore cui sono sottoposte l' isola di Formosa e il Vietnam meridionale. in tutto questo noi non troviamo, ripeto, ispirazioni, né modelli di condotta democratica. è vero che il presidente degli USA ha recentemente tenuto a un' assemblea di studiosi del suo paese un notevole discorso, nel quale abbiamo trovato accenti espliciti di una volontà tesa a denunciare la minaccia di una catastrofe atomica e a ricercare, per evitarla, la via di una distensione. in questo discorso risuonano note corrispondenti a posizioni che noi stessi da tempo difendiamo, circa il carattere della guerra moderna e la necessità e la possibilità di evitarla. a questo discorso hanno però fatto seguito, durante la visita dello stesso presidente degli USA nella Germania di Bonn, manifestazioni oratorie e politiche tali da mettere in rilievo prima di tutto le contraddizioni che viziano la politica americana e tuttora le impediscono di svilupparsi verso un' effettiva distensione e una pace permanente. la stessa esaltazione fatta dal presidente degli USA della forza economica di questa parte della Germania non può non preoccupare tutti i popoli d' Europa, perché dietro quella forza sappiamo che male si celano un militarismo aggressivo e i piani della rivincita. ammettiamo che anche da parte americana è oggi aperta la ricerca di nuove soluzioni di politica internazionale ; ma appunto per questo noi respingiamo come la più sciocca e la più inetta, come esplicita confessione di incapacità e di impotenza, la formula della fedeltà atlantica. tutto il cosiddetto fronte atlantico è oggi in movimento e nel suo interno differenziato. la stessa proposta americana di creare un armamento atomico multilaterale della NATO ha favorito questa differenziazione; essa ha presentato concretamente ai popoli d' Europa, infatti, la prospettiva tragica dell' accesso alle armi atomiche del militarismo tedesco. ha ragione il presidente del labour party quando afferma che, qualora ciò avvenisse, qualora avvenisse questo accesso alle armi atomiche del militarismo tedesco e in qualsiasi forma avvenisse, ciò sarebbe la fine di ogni politica di distensione, ciò significherebbe la corsa forse non più arrestabile verso la catastrofe atomica. il progetto di armamento atomico multilaterale della NATO però — si dice — è stato ritirato. noi ne siamo lieti, ma, se ciò è avvenuto veramente, e nemmeno sappiamo se lo sia stato in modo definitivo, ciò è avvenuto perché vi è stata una resistenza, la resistenza del popolo e del governo canadese, della Norvegia, dell' Olanda, dei dirigenti della politica estera del Belgio, del laburismo inglese. solo il governo italiano , solo il movimento politico dei cattolici del nostro paese non ha fatto alcuna resistenza; anzi, il nostro Governo aveva già dato il suo consenso « di massima » . posizione inammissibile, che deve destare in tutta la nazione le più serie preoccupazioni. noi insistiamo, mentre voi proclamate la vostra fedeltà atlantica, nel chiedere a questo e a qualsiasi altro governo che possa domani sedere su quei banchi, un mutamento profondo degli indirizzi della nostra politica estera . non ci danno alcuna sodisfazione, non ci interessano, direi, le frasi fatte, confusamente pacifiste, con le quali si cerca. di circondare la « fedeltà atlantica » , per farla digerire a chi, invece, dovrebbe respingerla decisamente. chiediamo iniziative, atti di contenuto esplicito, preciso. e maturo in Europa il problema di un nuovo orientamento di pace dei principali popoli europei , dei loro governi, dei loro Stati. questi popoli devono riconquistare, sulla scena internazionale, una loro funzione dirigente, che oggi hanno perduto e che possono riconquistare solo promuovendo e attuando una politica di distensione e riconciliazione con i popoli e con gli Stati socialisti, sulla base di un' intesa, di un lavoro comune per la pace. non esiste altra via per battere tanto il rinato militarismo tedesco quanto il nazionalismo autoritario francese. quest' ultimo, anzi, tenta di basare le proprie fortune proprio in questa evidente assenza odierna dei popoli dell' Occidente europeo dalla grande scena internazionale. solo con energiche iniziative di distensione e di pace gli si può dare scacco. è tuttora aperto, e sembra che sia per essere risolto, il problema di grande, forse decisiva importanza, del divieto degli esperimenti atomici. troppo ottimisti noi non lo siamo ancora e per questo riteniamo necessaria una pressione. questa però non si può esercitare in modo efficace se non estendendo il campo, aprendo subito il colloquio sulla creazione di ampie zone disatomizzate in Europa, prima di tutto il Mediterraneo, che ci interessa in modo diretto. insisto su questo punto, perché mi sembra che s' tratti di proposte e di realizzazioni di pace parziali, sì, ma che aprono il campo, nel modo più concreto, a una politica nuova, che ponga fine alla corsa al riarmo, che impedisca la proliferazione delle armi nucleari , che renda necessario, fatti i primi passi , di procedere sollecitamente verso un disarmo generale e controllato. nella stessa visuale o in visuale analoga noi vediamo la necessità che venga appoggiata e accolta la proposta di un patto di non aggressione tra i due odierni blocchi militari. chiediamo il riconoscimento della Repubblica popolare cinese e della Repubblica democratica tedesca . il nostro obiettivo, come partito comunista , è di giungere al totale disimpegno dell' Italia da una politica di blocchi militari contrapposti. anche nella situazione odierna esistono però ampie possibilità che il nostro paese dia un efficace contributo alla creazione di un nuovo ordine internazionale. alla lotta per raggiungere sia l' uno sia l' altro di questi obiettivi continueremo a chiamare le masse lavoratrici e tutto il popolo italiano . e veniamo al secondo punto, che riguarda gli orientamenti in tema di politica economica e sociale. un altro collega del nostro gruppo se ne occuperà più ampiamente di me. intendo però riferirmi in breve anch' io al documento che oggi fa testo per tutta la stampa padronale italiana: il rapporto del governatore della Banca d'Italia , con le conseguenze che dal suo contenuto si vuole derivare. questo rapporto, nonostante l' ampia, interessante documentazione che l' accompagna e la dottrina di cui dà prova il suo autore, finisce però per essere, particolarmente nelle interpretazioni che gli vengono date e che già sono penetrate anche nei discorsi governativi, un testo essenzialmente tendenzioso, tanto che mi sono stupito che il dottor Carli non abbia sentito il dovere scientifico, oltre che politico, di intervenire per contestare la validità di queste interpretazioni. sulla base di questo rapporto si vuole giungere alla conclusione che, se vi è stato un aumento del costo della vita nel nostro paese e se vi sono segni di un rallentato sviluppo economico , ciò sarebbe dovuto agli aumenti salariali, i quali sarebbero stati superiori all' aumento della produttività, cioè al rendimento del lavoro. l' Italia sarebbe dunque diventata, nello spazio di un anno o poco più, un paese ad alti salari, anzi, a salari troppo alti. le statistiche ci dicono il contrario. secondo il ministero del Lavoro il salario medio più alto è oggi in Italia quello delle industrie chimiche, che è di 70 mila mensili; seguono i metalmeccanici con 67 mila, gli alimentaristi con 52 mila, i tessili con 50 mila. valutate voi queste cifre; onorevoli colleghi , in relazione al costo della vita , degli affitti, dei trasporti e di tutto il resto. difficilmente calcolabili, ma estesissime, sono poi, come tutti sapete, le zone di sottosalario. generale in questa circostanza, e il fatto è di estrema gravità, l' abbandono della conquista delle otto ore di lavoro cui l' operaio stesso è costretto a rinunciare so vuole vivere. vogliamo dunque chiudere gli occhi davanti a queste, che sono le condizioni reali di vita della maggior parte dei lavoratori, dei cittadini italiani? quanto al rapporto tra le retribuzioni e il rendimento del lavoro, non è corretto, ma decisamente tendenzioso il procedimento che consiste nell' isolare un paio di cifre riferite all' ultimo anno e a una sola categoria e dimenticare che questa stessa categoria e tutti i salariati hanno dovuto subire per anni e anni, per un decennio, si può dire, una situazione in cui a un aumento continuo, pesante, insistente del redimente del lavoro non corrispose alcun aumento salariale o corrisposero aumenti minimi. peggio ancora quando da un esempio isolato si vuol risalire a un giudizio generale sul rendimento del lavoro su scala nazionale. se il rendimento del lavoro in Italia è basso, ciò è in primo luogo conseguenza di un difetto delle strutture, in special modo della scarsa produttività nell' agricoltura e nel settore terziario. se quindi vi è stato in Italia più che nei principali altri paesi d' Occidente un aumento del costo della vita , la spiegazione non la si può trovare che nella permanente, soffocante struttura monopolistica della nostra economia, nei suoi squilibri che, lungi dal venire superati, tendono ad aggravarsi. la; assurdo accusare la classe operaia , i lavoratori, di volere con una inflazione monetaria la rovina economica del paese; è assurdo accusare noi, partito della classe operaia , di volere questa inflazione. l' inflazione è voluta di solito da coloro che non ne soffrono, ma ci guadagnano, perché sono in possesso di beni reali e prima di tutto dei grandi mezzi di produzione. quando, dunque, si sente parlare, in un paese come il nostro, di pausa salariale, di risparmio forzatamente imposto agli operai, di compressione dei salari e così via , i lavoratori hanno una sola risposta da dare e una sola via da seguire: organizzare, estendere, rendere più intensa e più efficace la loro azione per un salario migliore, per la riconquista e la difesa delle otto ore. l' aumento delle retribuzioni per tutte le categorie dei lavoratori è uno dei primi e principali passi necessari per avvicinare l' Italia al livello dei paesi moderni e avanzati e deve essere una delle molle più potenti di tutto il nostro sviluppo economico . ma non potrà esservi lo sviluppo di cui abbiamo bisogno, non potranno venire corretti i così profondi squilibri attuali, se non si affronta con decisione, senza ulteriori rinvii, la riforma delle nostre strutture economiche, per limitare e infrangere il predominio dei grandi gruppi monopolistici. questo è lo spartiacque, questa è la linea di demarcazione tra una politica di rinnovamento e di progresso economico democratico e la linea della conservazione economica e sociale, la quale può anche avere una sua appendice di concessioni paternalistiche, ma nella sostanza non vuole e non può andare al di là di una certa razionalizzazione di taluni aspetti dell' assetto attuale. dall' assetto attuale si deve uscire, e si deve uscire con coraggiose riforme. di queste riforme ha bisogno tutta l' Italia: ne hanno bisogno i lavoratori delle campagne; ne ha bisogno tutto il Mezzogiorno per uscire dalla profonda crisi odierna, per cancellare la piaga dell' emigrazione; ne hanno bisogno le città, per poter spezzare le catene della speculazione edilizia che le soffoca. tutti i rami dell' economia e della cultura nazionali reclamano questa energica azione di rinnovamento. a questa necessità, voi, dirigenti del partito della Democrazia Cristiana , voi, colleghi socialdemocratici, sostituite ciò che chiamate « allargamento dell' area democratica » . ma per quale politica, per attuare quali profonde riforme, per fare che cosa? credete davvero che avreste fatto progredire l' Italia quando foste riusciti a inserire il partito socialista in un quadro di politica moderata, in un paternalismo conservatore, capace al più di una certa razionalizzazione nell' interesse dello stesso capitale monopolistico? il partito socialista non potrà mai ridursi, io credo, a questo, senza rinunciare alla sua stessa autonomia, alla sua fisionomia e ai suoi obiettivi di fondo. credete che avreste ottenuto un grande risultato quando per disgrazia foste riusciti, spezzando l' unità del partito socialista , a racimolare quelle poche schegge che dovrebbero darvi la possibilità di tenere malamente in piedi il vostro già così malandato sgabello politico? la scelta è oggi posta non solo da noi, qui in Italia, la scelta è posta in tutti i paesi capitalistici progrediti: o conservazione degli attuali ordinamenti sociali, o politica audace di riforma delle strutture dell' economia e della società, per giungere alla conquista di un regime di giustizia sociale . in tale prospettiva si collocano la posizione e la funzione nostra di partito di avanguardia della classe operaia italiana, di avanguardia del popolo italiano , perché siamo precisamente noi comunisti italiani che alla formulazione e alla elaborazione di questa prospettiva abbiamo dato il più grande contributo, movendoci con sicurezza da una esperienza di lavoro e di lotte, che non è soltanto nostra ma di tutto il popolo italiano e in parte anche vostra. per questa vi diciamo che il progresso del nostro paese, su una via di rinnovamento e di pace, è legato alla parte che noi e le forze che ci seguono riusciremo ad avere nella direzione di tutta la politica nazionale. non ci dà la minima scalfittura la polemica che voi democristiani, che voi socialdemocratici ed altri ancora, conducete contro di noi, accusandoci di non aver risolto nella nostra politica e nella nostra dottrina i problemi della libertà. abbiamo affrontato e risolto i problemi della libertà e della democrazia e li abbiamo risolti una volta per sempre nella lotta contro il fascismo e nella elaborazione della Costituzione repubblicana. cercate voi, governanti, dirigenti del Partito di maggioranza , di risolvere questi problemi, di dare attuazione alla Costituzione repubblicana. fino a che non lo avrete fatto, e fatto in modo generale e conseguente, non vi riconosciamo autorità alcuna come maestri di democrazia. e così neghiamo a lei, signor presidente del Consiglio , il diritto stesso di presentare a noi parlamentari, a scopo di pregiudiziale preclusione politica, questo o quel tema di dottrina. non ci importa nulla, signor presidente del Consiglio , che ella, non so con qual riposta intenzione, abbia enunciato a questo proposito e circa i temi della democrazia, formule che probabilmente ha trovato in documenti nostri, perché corrispondono a posizioni da noi con attenzione elaborate. i temi, che ella ha toccato sono temi di dibattito ed approfondimento tra i partiti, non sono temi di competenza dei governi e delle assemblee parlamentari. i partiti si giudicano qui sulla base dei loro atti e nulla più. tutto il resto, il vostro processo alle intenzioni, le vostre formulette più o meno studiate allo scopo di differenziazione e di discriminazione, è ciarpame di cui ci si deve liberare. ma vi è un punto a proposito del quale noi facciamo carico al gruppo dirigente democristiano ed anche a lei, signor presidente del Consiglio , non soltanto di uscire dall' ambito della competenza di Governo, ma della stessa correttezza costituzionale. la questione delle preclusioni ideologiche pregiudiziali viene infatti sollevata — lo sappiamo tutti, ci è stato chiaramente ripetuto — allo scopo di saggiare la possibilità di costituire un Governo. il procedimento è nella sua apparente semplicità inoppugnabile. esso è però alla base di una profonda distorsione, non solo politica ma costituzionale. stabilito che vi è un Partito di maggioranza relativa al quale spetta l' iniziativa di creare un Governo, le preclusioni che esso porrà nell' una o nell' altra direzione sono sufficienti per rendere materialmente impossibile la creazione di qualsiasi maggioranza governativa : e allora il Parlamento eletto da due mesi se ne vada a spasso , si convochino nuovi comizi elettorali e si ripeta il giuoco fino a che al gruppo democristiano non riesca di toccare la sua meta, di imporre la sua politica e il suo predominio! considero l' adozione, ormai così evidente, di questo metodo, come una aberrazione da denunciare davanti a tutto il paese. questa è la strada attraverso la quale il regime parlamentare viene esautorato, screditato e si preparano le avventure autoritarie. intendiamoci, signori del Governo ed onorevoli colleghi , quando parlate di nuove elezioni a noi non fate paura. volete farle a fine settembre? l' ipotesi ci lascia, come partito, tranquilli. la prospettiva di conquistare un altro milione di voti non ci disturba. anzi, poiché ho sentito che tra i rilievi che si fanno al nostro successo elettorale vi è quello che saremmo andati avanti di meno tra le classi più giovani, ebbene, vi faccio una proposta: facciamo subito una legge che estenda il diritto di voto ai diciottenni, donne e uomini, e andiamo in questo modo ad una consultazione anche più solenne di tutti gli italiani. se siamo tranquilli come partito, sentiamo però l' enormità del problema di una consultazione alla quale i cittadini sarebbero chiamati senza che si sia voluto tenere conto della volontà che essi già una volta hanno espresso; l' enormità di un Parlamento che dovrebbe essere. dichiarato incapace di esprimere un Governo senza che abbia nemmeno avuto luogo in esso un degno dibattito politico, senza che gli siano state presentate quelle soluzioni che esistono, lo sappiamo, ma che non possono conciliarsi con l' imbroglio e con gli odi che alimentano la lotta di corrente nel partito democratico cristiano . onorevole Leone, quando la eleggemmo a. presidente della nostra Assemblea, ella fece aperte dichiarazioni di rispetto e di esaltazione dell' istituto parlamentare. vorrei essere sicuro che lei terrà fede a queste dichiarazioni anche come presidente del Consiglio . certo è che, per tutti i motivi sui quali mi sono soffermato, grave è pesante è la situazione che sta oggi davanti a noi. non possiamo escludere la minaccia di colpi di forza, né la minaccia di avventure autoritarie. ma per parare questi pericoli non vi è altro metodo se non quello di denunciarli in modo aperto e di richiamare tutte le forze democratiche, di tutti i settori, al loro dovere di cooperare per lo sviluppo pacifico delle nostre istituzioni, attraverso una politica di riforma delle nostre strutture. la peggiore cosa che si possa fare è quella di cedere alle minacce e ai ricatti che partono dalle forze conservatrici. due linee, entrambe radicalmente sbagliate, sono state seguite nel passato dalle forze operaie e democratiche a questo proposito. una fu la politica del « tanto peggio tanto meglio » ; radicalmente noi l' abbiamo respinta e la respingiamo. l' altra è la politica che consiste nel cedere ai gruppi conservatori con il pretesto di evitare il peggio. l' esperienza ha ampiamente dimostrato che il peggio, seguendo questo metodo, non è mai stato evitato. la linea da seguire è quella della elaborazione programmatica, dell' armonizzazione delle proposte di rinnovamento che partono dai differenti settori dell' opinione democratica, dai differenti partiti, che partono soprattutto dalle necessità stesse del paese; e dell' intesa per realizzarle. la linea da seguire è quella del richiamo al senso di responsabilità di tutti coloro che alla fondazione del nostro regime democratico hanno dato il loro contributo e ad esso mantengono fede. volete sostituire, alla prospettiva di sviluppo democratico che noi proponiamo, la lotta fronte a fronte contro di noi? state attenti: avete già ricevuto, per esservi ostinati a farlo, le più sonore batoste! ricordatevi del 7 giugno 1953, del luglio 1960, del 28 aprile recente. le masse operaie cercano e vogliono un rinnovamento profondo della vita economica e politica del paese; ne hanno bisogno tutti i cittadini italiani. di qui la nostra forza e di qui anche, onorevole colleghi, la nostra sicurezza. la lotta cui siamo chiamati potrà anche essere dura, ma siamo temprati per questa lotta e la condurremo senza esitazioni sino alla vittoria.