Ugo LA MALFA - Presidente del Consiglio Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 425 - seduta del 14-03-1966
Sulla politica estera
1966 - Governo III Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 425
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , sarei tentato, come il collega De Martino , di non rivangare le ragioni della crisi, ma l' onorevole Valori, riferendosi ad una motivazione specifica e per noi importante data alla crisi stessa, ci ha accusato di fare della « fantapolitica » ; è evidente che di fronte ad un' accusa del genere noi abbiamo il dovere di rispondere. abbiamo ritenuto di dire che una causa dell' aggravamento della crisi è costituita dal fatto che una delle correnti della Democrazia Cristiana , quella di « nuove cronache » (sono lieto che qui sia presente il suo massimo esponente)... mi faccia finire, onorevole Fanfani. dicevo che una delle ragioni della crisi è data dal fatto che quella corrente, attraverso una precisa dichiarazione del suo massimo esponente, e per ragioni, che saranno serie e motivate, abbia chiesto la presenza, non soltanto alla direzione del partito ma al Governo, di tutte le correnti della Democrazia Cristiana per realizzare uno spirito unitario. in questa posizione non abbiamo trovato nulla che potesse dirsi moralmente deprecabile, ma un elemento di complicazione della crisi. ma è stato ben strano che ogni volta che ho accennato a questo argomento, il giornale ufficiale della Democrazia Cristiana , Il Popolo , mi abbia sistematicamente obiettato che insultavo gli esponenti del Partito di maggioranza relativa. non capisco che ragione di insulto vi sia nel rilevare un fatto politico importante, quale l' opinione espressa da una delle correnti principali della Democrazia Cristiana . non credo di avere mai usato un linguaggio insultante verso alcuno. e quando l' onorevole Valori ci chiede se noi, cioè i partiti laici di sinistra, tutti insieme, siamo riusciti a piegare o meno la Democrazia Cristiana , vorrei osservargli che il suo è un linguaggio strano e per noi incomprensibile. noi non accettiamo l' idea che la discussione fra quattro partiti si riduca al fatto di piegare un partito rispetto agli altri. noi abbiamo profonde esigenze democratiche e cerchiamo, attraverso una discussione difficile, estremamente difficile, di realizzare alcuni obiettivi di avanzamento della democrazia. si può fallire o meno in questo obiettivo, in questa aspirazione, ma evidentemente la realizzazione di un tale obiettivo nulla ha da fare con l' idea di piegare questo o quel partito. il fatto nuovo della crisi è dato da una precisa presa di posizione di una delle correnti che hanno sostenuto la politica di centrosinistra. e vorrei chiedere, d' altra parte, ai colleghi, dell' opposizione di sinistra, perché tendono a non dare importanza a questo fatto. sto spiegando il fatto nuovo di fronte a cui ci siamo trovati; poi ella avrà ragione di criticare la maniera con cui abbiamo reagito, ma constati il fatto e non sorvoli. vorrei dire agli amici dell' estrema sinistra che, mentre essi hanno sottovalutato questo fatto importante, hanno invece dato estremo valore alla posizione dell' onorevole Fanfani in politica estera ; ed io sono, anche per quel che riguarda questo argomento, lieto che l' autorevole oggetto di questa nostra discussione sia presente. dirò anzi, in proposito, qualche cosa che, apparirà assurda: il primo fatto, come preciso fatto politico è stato, a mio giudizio, più importante del secondo. e non lo dico soltanto ora. infatti, quando in quest' Aula l' onorevole Fanfani pronunciò un discorso, o da noi molto apprezzato dal punto di vista della condotta personale, sulle ultime vicende che avevano caratterizzato la sua azione di ministro degli Esteri , non rilevai — e lo feci notare francamente — alcun atto preciso (e i membri del Governo non possono che fare atti precisi) che provasse un dissenso dell' onorevole Fanfani dalla politica del Governo. nessuno, perché le posizioni di dissenso di un membro del Governo, specialmente per la politica del proprio dicastero, sono posizioni precise e non possono avere che un solo mezzo di manifestazione. l' opposizione di sinistra su questo ha fatto una formidabile battaglia, al punto che l' onorevole Ingrao ci ha rimproverato di non averle fatto la crisi su questa posizione che era nettamente di sinistra, e di averla subita su una posizione diversa. con ciò accettava implicitamente il mio ragionamento: sarebbe curioso che noi dovessimo scegliere un momento di una certa politica per fare la crisi. questo mi pare estremamente curioso, onorevole Ingrao. la verità è che se avessimo avuto un atto ben preciso in quel momento ci saremo orientati. la politica estera non è fatta di discorsi, onorevole Ingrao; la politica estera è fatta di atti. del resto, onorevoli colleghi dell' estrema sinistra , l' onorevole Fanfani è ministro degli Esteri del nuovo Governo. ma io mi domando: vi è o non vi è un dissenso dalla politica del Governo? l' onorevole Fanfani in questo ministero ha accettato le dichiarazioni del presidente del Consiglio e questo crea una responsabilità. perciò, mi domando, quando parlate di intrighi e di manovre di corridoio, alla stregua di che cosa è possibile stabilire la politica di un Governo e dei suoi membri? onorevole Ingrao, voi avete bisogno di sostenere una tesi, mentre io mi richiamo a fatti politici concreti. la verità è che si vuole giocare un poco su questi problemi che comportano anche l' affermazione di una prassi costituzionale, senza di che non so cosa diventerebbe mai la nostra democrazia. noi non possiamo, onorevoli colleghi , giudicare da discorsi, da desideri, aspirazioni, ambizioni: dobbiamo giudicare da atti politici concreti. perciò quando l' onorevole Ingrao e l' onorevole Valori ci chiedono di sapere cosa pensa l' onorevole Fanfani della politica estera ; del Governo, noi rispondiamo che essa si constata attraverso le dichiarazioni del Governo di cui l' onorevole Fanfani fa parte e nei confronti del quale Governo voi voterete contro e noi a favore. credo che la politica di un Governo sia una politica collegiale fino al momento in cui uno dei suoi membri non dica di dissentire e fino al momento in cui egli non faccia seguire alle parole un atto concreto di dissenso. a nome dei repubblicani, onorevoli colleghi , mi preoccupo di essere estremamente rigoroso nel rispetto di questi principi, che, ripeto, implicano l' affermazione di una prassi costituzionale corretta, senza la quale sarebbe veramente difficile orientarsi in ordine a qualsiasi tipo di problema politico. dunque vi è stato un fatto politico che noi abbiamo fronteggiato. abbiamo sbagliato nella soluzione scelta? voi dite di sì, voi dite che siamo stati sconfitti. credo invece che i quattro partiti, attraverso la discussione che ha raggiunto punti drammatici e aveva minacciato di portare ad una rottura, sono stati capaci di trovare un nuovo equilibrio dal punto di vista delle strutture. non ritorniamo perciò ad analizzare che cosa sia o cosa pensi il singolo uomo, perché in questa sede non mi sembra oltre tutto nemmeno di buon gusto. quello che conta è che, dal punto di vista programmatico, è stato fatto, almeno secondo l' opinione dei repubblicani, quello che attraverso la verifica si pensava, di realizzare. noi avevamo un' idea ben precisa sulla verifica. ci siamo trovati di fronte ad un problema più grave, ad una crisi di Governo , alla volontà di modificazione della struttura di questo, ma avevamo anche obiettivi programmatici e possiamo dire di avere raggiunto i risultati cui aspiravamo. il problema che bisogna chiarire è quello di sapere se vi fosse un' alternativa. abbiamo sbagliato? siamo stati sconfitti, come dice l' onorevole Valori? continueremo a fare battaglie di retroguardia? quello che importa è stabilire se noi avevamo una alternativa. si era di fronte alla minaccia di rottura nel corso di una polemica durissima con la Democrazia Cristiana , e non potevamo dimenticare che l' attuale posizione di equilibrio democratico era stata sempre auspicata nel nostro paese e ben dieci anni di lotta aveva richiesto la realizzazione della politica di centrosinistra. non potevamo giocarci questa politica da un momento all' altro. le elezioni avrebbero certamente visto la Democrazia Cristiana unita, poiché quel partito non si sarebbe certamente presentato ad esse in posizione di polemica interna. ma le altre forze, quelle che dovrebbero costituire la muova maggioranza nella prospettiva, anzi nelle condizioni di attualità che ci presenta il partito comunista , le altre forze non si sarebbero trovate certo nelle stesse condizioni. d' altra parte, il problema che dobbiamo esaminare, onorevoli colleghi dell' estrema sinistra , è il seguente: dov' è e qual è questa nuova maggioranza? se voi contestate l' attuale maggioranza, ne ponete in luce i dissidi, le debolezze, le sconfitte degli uni e il prevalere degli altri, anche noi abbiamo il dovere di esaminare che cos' è la maggioranza alternativa che voi prospettate, quale omogeneità, quale solidità, quale capacità realizzatrice avrebbe, da ogni punto di vista . questo è il vero problema da esaminare quando si vuole presentare una nuova maggioranza, neanche come più o meno lontana prospettiva, ma come possibilità attuale, così come ce l' ha presentata il congresso comunista, il quale l' ha considerata come realtà che si possa immediatamente raggiungere una volta che si frantumi la maggioranza di Governo attuale. la nuova maggioranza avrebbe nel suo seno problemi di ordine ideologico, istituzionale formidabili; avrebbe problemi di politica economica altrettanto gravi e problemi di politica estera apertissimi. onorevoli colleghi comunisti, non crediate che io non segua con attenzione quello che avviene nel vostro mondo. credo che non siate autorizzati a pensare che noi giudichiamo delle vostre cose con approssimazione, con superficialità, senza il tentativo di comprendervi a fondo. proprio perché abbiamo una profonda coscienza democratica noi repubblicani cerchiamo di comprendere. non comprenderemo, ma cerchiamo, ci sforziamo di comprendere. in Francia si svolge in questi giorni — indetta, mi pare, dal centro di studi marxisti — una settimana di discussione sul problema della democrazia (e della libertà. in precedenza, il segretario generale (del partito comunista francese, Waldeck Rochet , ha fatto una interessante intervista alla televisione francese con giornalisti e uomini di pensiero. la cosa che più mi ha colpito in questa intervista televisiva è stata una affermazione, onorevole Ingrao, che ho avuto (non è mica la scoperta dell' America) occasione di fare nel nostro dibattito. Waldeck Rochet ha constatato che la società francese di oggi è profondamente diversa dalla società zarista su cui si innestò la rivoluzione di ottobre; si tratta di un diverso mondo. è una affermazione importante che fu a base del nostro dibattito. do la paternità a Togliatti ed a Waldeck Rochet ; non è questo che importa. nel seguito dell' intervista si parlò anche del pluralismo dei partiti e vi fu l' ammissione della pluralità dei partiti da parte del segretario del partito comunista francese, come del resto è stato fatto dal partito comunista italiano. ma nella intervista è stato detto a un certo punto da Waldeck Rochet : « nell' ipotesi che voi fate, noi pensiamo che la maggioranza dei partiti democratici avrà il diritto di prendere delle misure per impedire alle classi spossessate di reimpadronirsi del potere » . capirete che questo è ancora un nodo non sciolto. che vuol dire impedire alle classi spossessate di reimpadronirsi del potere? nel dibattito si spiega che il non consentire alle classi spossessate di reimpadronirsi del potere ha lo scopo di tutelare la posizione socialista raggiunta. ma il problema che questa intervista presuppone come soluzione consiste nel sapere che cosa è il socialismo nelle società articolate. perché, onorevole Amendola, quando voi affermate che la nostra società è profondamente diversa dalla società russa, dovete spiegarci in che cosa sia diversa. se i termini di confronto ci riportano al sistema ideologico con cui si è risolta la rivoluzione di ottobre, evidentemente rimaniamo sempre a girare sugli stessi concetti e sulla stessa maniera di concepire il socialismo. e quindi è proprio nell' analizzare il modo di (essere del socialismo nei paesi a sviluppo avanzato che consiste il problema. e allora non so che cosa significhi il discorso sull' impedire che le classi spodestate riacquistino il potere, che rimane discorso di sapore autoritario e totalitario. ma che può accadere quando noi andiamo all' esame della maniera di essere socialista nei paesi ed economia avanzata? debbo dire che, nell' importante discussione, che si tiene in Francia, il problema è affrontato in termini prettamente ideologici e istituzionali. il mio amico e collega De Mita ha, in certo senso, dando molto valore ai problemi istituzionali, svalutato la discussione sul meccanismo di sviluppo, ciò che ha rappresentato una vera lacuna nel suo discorso. le forme istituzionali — ed è curioso che debba essere un non marxista a ricordare questo ai marxisti — dipendono infatti anche, in parte, dalla (maniera di essere dell' economia e quindi del meccanismo di sviluppo. e sapete in proposito che cosa ha detto il giovane corrispondente di Le Monde , che era a Ravenna al dibattito che ho sostenuto con l' onorevole Ingrao? che in Francia le discussioni sul meccanismo di sviluppo non si fanno ancora e questo fa sì che in Francia, in questo tipo di analisi, si sia più indietro che da noi. e vengo così al secondo punto dei problemi che sorgono nell' ambito di questa pretesa maggioranza. qual è la omogeneità, di questa maggioranza nella considerazione del meccanismo di sviluppo, e della sua riforma? noi vediamo che, dal punto di vista istituzionale e ideologico, esistono differenze profonde, ma crediamo, onorevoli colleghi , che, dal punto di vista del meccanismo di sviluppo di una società articolata, moderna e della sua possibile riforma, non vi siano altrettante profonde divergenze? oserei dire che certe concordanze di ordine istituzionale sarebbero possibili e facili se trovassimo preliminarmente un accordo sulla maniera di considerare i problemi del meccanismo di sviluppo: e della sua riforma. v' è intanto un problema fondamentale al riguardo. noi abbiamo osservato che non si può concepire una politica di programmazione senza una politica dei redditi . i socialisti, i socialdemocratici e i democristiani discutono questa affermazione. possono limitare, possono dare una applicazione più estesa alla politica dei redditi (faccio notare che, quando abbiamo proposto il primo schema grossolano di politica dei redditi , non abbiamo inteso riferirci soltanto ai salari, ma a tutto il campo della produzione del reddito); ma quando l' opposizione di estrema sinistra nega puramente e semplicemente la politica dei redditi , su che cosa si potrebbe costruire la nuova maggioranza? la realizzazione di una politica dei redditi è un dato fondamentale di una moderna politica di sviluppo . voi dite che quando parliamo di politica dei redditi facciamo il giuoco della Confindustria. questa è l' obiezione facile che fate a ogni nostro desiderio di discutere seriamente questo problema. in Europa esiste un Governo di sinistra, il più avanzato dei governi dell' Europa occidentale , di un paese che è molto più innanzi della Francia, visto che Waldeck Rochet sa rilevare le differenze tra un paese avanzato e la Russia del 1917. tale governo fa ruotare coerentemente la sua politica di riforma della società inglese sulla politica dei redditi , sulla necessità della quale è fermissimo. ma che maggioranza vi può essere, onorevoli colleghi , quando la stessa politica qui in Italia si dice essere più o meno influenzata dalla Confindustria, mentre, ad alcune centinaia di chilometri, oltre la Manica, diventa fondamento di una politica di riforma e di trasformazione della società inglese? credete che non meriti una discussione profonda questo argomento? credete che basti rompere questa coalizione e passare alla opposizione perché tali problemi siano d' incanto risolti? ma ci troveremmo in una crisi profonda, nell' incapacità di trovare un punto di contatto, poiché questi sono appunto i problemi che condizionano qualsiasi possibilità di politica di sinistra. è stato qui citato un mio articolo sulla influenza della occupazione e della disoccupazione sulla politica sindacale . tale problema, per esempio, non esiste in Inghilterra. la politica sindacale non può essere la stessa in un paese che ha ancora disoccupazione e in un paese che gode del pieno impiego. oserei dire che, se la politica dei redditi è necessaria in un paese a pieno impiego, è più che mai necessaria in un paese che ha ancora disoccupazione. ma qual è stato il dato di fatto che mi ha indotto a scrivere quell' articolo, collega ed amico Amendola, non certo partendo dal punto di vista dell' imprenditore? non so se l' imprenditore si sia servito o meno di quell' articolo. conduco un' azione di critica, di autocritica, di discussione, partendo dal punto di vista degli interessi dei lavoratori, se mi volete dare questo credito. ma non saremmo mai uomini liberi, capaci di critica, se tenessimo conto di quello che dicono i nostri avversari. così non si affermerà mai la coscienza critica di una democrazia. collega Amendola, credo che ella non possa dubitare che ciò solleva il mio sdegno, ma non era questo il problema. mi occupavo di un problema di politica economica . rispondete sul problema che ho sollevato. sull' altro vi scriverò mille articoli, eleverò una protesta contro le discriminazioni, ma in quel momento il problema di politica economica era per me il più importante. del resto, faccio pubblica ammenda — se vi è stata discriminazione — a nome dei repubblicani, di non averne parlato e protesto contro di esse. ma andiamo al problema. affinché tutti i colleghi sappiano di che si tratta, desidero dire che in una fabbrica di Pisa era stato proclamato uno sciopero per protesta contro licenziamenti in massa. credo però che i colleghi comunisti non mi vorranno dire che si sia trattato di uno sciopero di semplice protesta contro una discriminazione politica: vi erano licenziamenti per ragioni economiche dell' impresa e contemporaneamente vi era un' altra agitazione promossa dagli occupati, per ottenere miglioramenti delle norme contrattuali ed aumenti salariali. ebbene, ho fatto notare nell' articolo che se erano in atto due tipi di sciopero, bisognava adottare una politica sindacale che risolvesse la contraddittorietà esistente fra le due agitazioni. debbo dire che mi sono trovato davanti ad un atto di estremo altruismo, che mi ha commosso, allorché gli stessi operai licenziati si sono dichiarati favorevoli a postergare lo sciopero per favorire la riuscita della manifestazione unitaria di tutta la classe operaia . sì, però questa coscienza di classe deve essere esercitata nel modo migliore. non potevo ingannare gli operai disoccupati, avrei voluto trovare un mezzo per assicurare loro che sarebbero ritornati al lavoro, ma se ciò avessi fatto non avrei certo trovato una soluzione al problema. secondo me, il sindacato ha l' obbligo in una simile situazione di trovare una soluzione, di vedere come siano conciliabili la disoccupazione che avanza in un' impresa e l' agitazione generale. forse questo non è un problema che impegna la nostra coscienza? l' onorevole Giorgio Amendola ha parlato di un piano contro la disoccupazione, mia vorrei proprio vederlo in concreto. non do soluzioni a priori , però nego che questo problema non esista e che esso non debba impegnare la apolitica e la responsabilità sindacale. gli operai di Pontedera chiedevano una impresa a partecipazione statale . a Livorno, in un' impresa controllata dallo Stato, gli operai mi hanno riferito che era stato ridotto il lavoro, ed esisteva la minaccia di licenziamenti, nonostante le assicurazioni ricevute. come sono conciliabili queste posizioni? esiste un problema? io credo di sì. lo dobbiamo discutere? io credo di sì. i sindacati se ne debbono occupare? mi pare che sia un loro elementare dovere. e passiamo ad un altro grosso problema che è stato qui sollevato dall' onorevole Valori. egli ha detto che il fatto nuovo di fronte al quale si è trovato il centrosinistra è che la borghesia procede a una rapida opera di riorganizzazione tecnologica. può essere vero. certo se consideriamo la fusione Edison e Montecatini dobbiamo concludere che, almeno in questo caso, ciò è vero. ma, onorevole Valori, le sembra che la borghesia abbia estratto questo problema dal nulla? ad un certo momento il centrosinistra si è trovato di fronte al problema della trasformazione tecnologica, così d' improvviso ? ma la politica delle sinistre, la politica dei sindacati ha o non ha un' influenza sul processo di trasformazione tecnologica? non lo dico certo ai marxisti, che ne sono maestri, ma non si può considerare in astratto un processo economico, senza valutare tutte le componenti. la trasformazione tecnologica è il prodotto delle decisioni dell' imprenditore e anche della politica dei sindacati, della politica del Governo, della politica delle forze di sinistra. non esiste un processo di trasformazione tecnologica che salti fuori come scelta di una sola categoria. per quanto si possa essere classisti, una simile isolata causa del processo di trasformazione tecnologica non può esistere. e tanto non esiste che noi abbiamo usato, nel passato, un particolare argomento. che cosa è stato detto quando si è discusso del « miracolo » e della sua cessazione? è stato detto che gli imprenditori non hanno realizzato il miracolo perché i salari erano bassi, mentre proprio in quel momento avevano il dovere di fare una trasformazione tecnologica e cioè non l' avevano fatta proprio perché avevano goduto di salari bassi. ma questo ragionamento dimostra che la politica sindacale ed il livello dei salari influiscono sul processo tecnologico. se voi fate una simile affermazione nel momento in cui valutate la fase della crescita, non potete negare l' influenza della politica sindacale nella fase in cui la trasformazione tecnologica si accentua. e quale è la politica sindacale rispetto a questa accentuazione? noi vogliamo che questo processo tecnologico (ed io ho esaminato questo problema rispetto alla posizione assunta dal presidente dell' Iri Petrilli sia accelerato o ritardato? noi dobbiamo stabilire un rapporto tra progresso tecnologico e occupazione operaia ed un adeguato ritmo di accrescimento. mi si tornerà ad obiettare che ciò dipende dalle scelte del mondo imprenditoriale; ma esso dipende dalle quotidiane scelte degli imprenditori e di noi stessi. io rifiuto la concezione che fa discendere tutto dalla decisione dei soli imprenditori. ci troveremmo oggi di fronte ad una borghesia che fa le sue scelte e ce le impone. siamo in presenza di un Domineddio, che è la borghesia monopolistica, che ieri faceva la politica dei salari bassi e oggi fa quella dello sviluppo tecnologico. bisogna saper dimostrare anche questo. noi abbiamo detto che il processo di rialzo dei salari serve ad accelerare il processo tecnologico. ma se così è, allora non sono gli imprenditori soltanto a scegliere la trasformazione tecnologica, ma è anche la politica dei salari a produrla, ad accelerare o a ritardare quel processo. di conseguenza viene fuori il problema dell' occupazione e della disoccupazione ed in particolare dell' occupazione rispetto alle trasformazioni tecnologiche. non l' ho mai negato. ma voglio ancora chiedere qual è l' atteggiamento che la classe operaia medesima, in sede sindacale ed in sede politica, prende rispetto ai grandi problemi dello sviluppo economico ? ho detto sempre che quasi non mi interessa se in una fabbrica viene intimato un licenziamento perché in questo caso arriviamo assai tardi, onorevoli colleghi . quando vedo degli operai che scioperano perché hanno perduto il posto di lavoro , io dico: noi, sindacati e forze politiche , arriviamo tardi perché la sostanza della battaglia politica del mondo moderno è di vedere i problemi a monte e non a valle di questi fenomeni. l' onorevole Ingrao continua a dire che noi vogliamo diminuire l' autonomia dei sindacati e ignoriamo il fatto che i sindacati sono una grande forza di sviluppo libero della società umana. se vi è una forza politica che chiede che i sindacati diventino protagonisti dell' evoluzione economica del nostro paese, è proprio la forza politica repubblicana. ebbene, voi negate questa possibilità. e la negate con una motivazione che noi riteniamo retrograda. onorevole Ingrao, mi pare che con tutto il mio discorso, senza negare affatto il compito del sindacato nella fabbrica, ho dimostrato che il sindacato si trova di fronte a due fenomeni, il licenziamento e la necessità di un aumento salariale, e ho chiesto una politica sindacale e nella fabbrica e a livello delle grandi scelte economiche, e quindi il potenziamento massimo dell' autonomia sindacale . l' autonomia del sindacato si esercita quando esso siede al tavolo della programmazione come quando lotta nella fabbrica. non è che l' autonomia si eserciti in una sola maniera, attraverso lo sciopero, ma si esercita anche essendo presente dove si decidono le grandi linee della politica economica . voi negate ciò. ella vuole che per superare il tema io le dia ragione. comunque questo è un argomento apertissimo, che riprenderemo in occasione della discussione sulla programmazione, che il collega Chiaromonte voleva accelerata attraverso una mozione. ma vi rendete conto di quanti siano i problemi ancora insoluti circa la politica di programmazione? volerli affrontare è già un passo avanti, ma non crediate che abbiamo raggiunto una maturazione sufficiente, per cui possiamo dire di aver superato tutte le difficoltà. e vengo, onorevole Ingrao, ad un punto fondamentale del suo discorso, che ha riguardato l' unificazione socialista. ella è stato bravissimo nel dipingerci, anche con una certa dose di umorismo; le differenze che esistono per esempio tra l' onorevole Paolo Rossi e l' onorevole Lombardi, fra l' onorevole Cariglia e l' onorevole Nenni. ma mentre ella pronunciava questa parte del suo discorso mi prospettavo le cose umoristiche che possiamo dire quando vediamo la differenti posizioni nella maggioranza alternativa che ci prospettate. mi pare che l' onorevole Amendola abbia parlato di un partito unico dei lavoratori: quali differenze non finirebbero per esservi tra le ali estreme di questo partito! la verità è che se la maggioranza governativa attuale ha ben gravi problemi e vivissimi contrasti interni, come voi dite, la maggioranza alternativa da voi prospettata non avrebbe minori problemi, minori divisioni, minore campo da arare. il travaglio delle forze di sinistra è molto più profondo di quanto non pensate. noi ci troviamo di fronte ad una società che va trasformandosi da società depressa a società industrializzata, con bisogni diversi, e le forze politiche , e soprattutto le forze di sinistra, prima o dopo, si devono adattare a questa realtà e devono superare — lì ha ragione l' onorevole De Mita — i loro schemi ideologici che appaiono vecchie superati. ma il processo sarà lungo e difficile. all' indomani del congresso socialista ho voluto aprire una discussione con l' onorevole Riccardo Lombardi poiché credo che la discussione e il dialogo su posizioni ben chiare siano necessari, altrimenti diventiamo superstizioni tutti quanti. il collega Lombardi, quando ancora non si era iniziata quella discussione, mi propose di recarci tutti all' Eliseo. è un po' presto, risposi. che andiamo a fare all' Eliseo? l' Eliseo fu un grande momento in quanto individuò le riforme da apportare alla nostra società. ma in questa rimeditazione critica che io vado facendo della politica di centrosinistra, per scoprire i punti di debolezza, ma per andare avanti, collega Valori, non per andare indietro, il punto di debolezza di una eventuale nuova riunione dell' Eliseo consiste nel fatto che l' esame del meccanismo di sviluppo e di come si collocano le riforme in questo meccanismo di sviluppo, non è stato fatto, per colpa di tutti. ma come facciamo, amico Riccardo Lombardi, a ridiscutere di un processo che ci pareva concluso, e poi innestarvi dei problemi nuovi e vastissimi? abbiamo molte cose ancora da discutere, prima di arrivare all' Eliseo, molte e molte. e se abbiamo la coscienza della necessità di questo approfondimento critico, la nostra democrazia potrà avere un grande avvenire. se non abbiamo questa coscienza, difficilmente noi faremo progressi sul cammino della democrazia. non dico poi delle nostre differenze in politica estera . il collega Ingrao ha ragione, quando afferma che noi non possiamo avere una politica estera che isoli la Cina. ma possiamo avere una politica estera che isoli gli USA? se voi, come decisivo punto di riferimento , ci indicate la posizione di De Gaulle , noi vi indichiamo quella laburista. non dovete dimenticare che la leva che muove l' atteggiamento di De Gaulle in politica estera è una leva egemonica — ma come fate a dimenticarlo? — mentre ciò che muove la politica estera del partito laburista è una esigenza democratica avanzata! come potete negarlo? ma allora voi strumentalizzate tutte le politiche! noi non lo facciamo. crediamo che siano più capaci di fondare un avvenire di pace e di distensione gli orientamenti della politica del partito laburista che non quelli del generale De Gaulle . perché ci date torto? crediamo di essere più coerenti di voi, meno spregiudicati nel valutare le posizioni politiche. con questo non ho detto che non esiste il problema della Cina, che non esistono i problemi del Vietnam, della distensione, della pace, in una enorme difficoltà di garantire l' equilibrio internazionale, perché qualunque problema del mondo moderno, di qualunque paese, riflette il travaglio di questi grandi equilibri politici. in ogni modo, onorevoli colleghi , sulla politica economica , sulla politica estera , su alcuni aspetti della politica ideologica abbiamo problemi molto gravi. ma voglio cogliere un aspetto del discorso dell' onorevole Ingrao che è stato positivo ed importante, aspetto che riguarda quel grande problema istituzionale, cui accennava l' onorevole De Mita . forse nel campo istituzionale si può comprendere il significato dell' affermazione dell' onorevole Ingrao secondo cui occorre interpretare in termini nuovi la dialettica tra opposizione e Governo. se è vero che tutte le maggiori forze politiche esistenti in Parlamento mirano al rassodamento delle istituzioni democratiche, al loro progresso, è qui che la dialettica tra opposizione e Governo si fa valere. e ha ragione il giovane collega De Mita a richiamare l' attenzione su questo, prima ancora che sulla politica di sviluppo economico, sulla programmazione. devo, al riguardo, fare osservare all' onorevole Leone che non è esatto quanto egli ha detto nel suo discorso, che. per altro condividiamo, e cioè che non sono stati sollevati problemi istituzionali nelle trattative fra i quattro partiti. l' onorevole Moro è testimone che noi li abbiamo sollevati e richiamati tutti, dal problema del funzionamento del Parlamento, dell' attività legislativa, al controllo che il Parlamento deve esercitare sull' amministrazione e sugli enti ed al problema dei rapporti fra classe politica e organi burocratici. in proposito ho chiesto a nome dei repubblicani che il presidente del Consiglio inviasse al Parlamento la relazione che ci è stata promessa dopo la soluzione del caso Trabucchi e ho avuto la promessa che questa relazione sarà fatta pervenire. noi abbiamo detto che tale documento servirà alla discussione della nostra proposta di inchiesta parlamentare su questo grave problema. ebbene, onorevoli colleghi , se noi vogliamo vedere i problemi della nostra vita democratica , dell' attività legislativa del Parlamento, dei controlli in maniera da costruire più salde istituzioni, da evitare le lacune, le manchevolezze, le deficienze di tutti questi anni, vi è il terreno di una prima reale collaborazione fra la maggioranza e l' opposizione. noi non possiamo pensare ad innovare negli istituti dell' attività parlamentare senza una visione comune, se essa è democratica, sugli scopi da raggiungere, sul controllo da esercitare. quando noi chiediamo la nomina di una commissione parlamentare di inchiesta, che riteniamo ormai indispensabile per mettere ordine nella Pubblica Amministrazione (altrimenti passeremo da scandalo a scandalo senza risolvere mai nulla), quando noi chiediamo per ogni singolo scandalo una Commissione d' inchiesta che regolarmente non nominiamo mai, ebbene, se vogliamo affrontare questi problemi, abbiamo gli strumenti parlamentari per farlo. ed è inutile dire che avremo una serie di scandali. spero che tutti i gruppi della Camera, di fronte alla gravità di questo problema, non mireranno a sollevare ulteriori scandali che sono, del resto, inutili, ma a trovare le vie per risanare il sistema, per creare responsabilità nuove e che questo possa vedere la collaborazione di tutti, al fine di un risanamento generale. se le istituzioni ci stanno a cuore, la battaglia sulle istituzioni, come battaglia contro la maggioranza o contro la minoranza, non deve compromettere l' avvenire delle istituzioni medesime. questo è il primo impegno di ordine democratico che dobbiamo assumere. ma c' è un altro grande problema, ed è quello della riforma istituzionale dello Stato attraverso la creazione delle regioni, che non possiamo risolvere con sistemi pressappochistici, e che, richiedendo a nostro giudizio — se vogliamo affrontarlo seriamente — le maggioranze qualificate che la Costituzione prescrive per la revisione costituzionale, impone un discorso di fondo fra la maggioranza e le opposizioni. la delegazione repubblicana, nelle trattative a quattro, accanto all' impegno di approvare le leggi regionali in questa legislatura ha chiesto un impegno politico più preciso: una data per la convocazione dei comizi elettorali. bisogna ora operare energicamente e rapidamente per mantenere gli impegni. il gruppo liberale, nel continuare la sua battaglia contro le regioni, per bocca dell' onorevole Malagodi ci ha ricordato l' altro giorno la proposta di legge costituzionale che esso ha presentato al Senato nel 1964 e nel febbraio scorso in questa Camera. tale proposta costituzionale prevede la creazione di consigli interprovinciali; riconosce le regioni autonome a statuto speciale e poi elenca i consigli interprovinciali: del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, eccetera. quindi le regioni, soppresse come enti autarchici, ricompaiono come consigli interprovinciali e costituiscono una nuova struttura che si aggiunge alla struttura già esistente. in tale proposta liberale, poi, i consigli interprovinciali diventano organi di consulenza per il Parlamento e per il Governo in molti campi dell' attività politica, economica e sociale. ma v' è di più: questi consigli interprovinciali possono legiferare in diverse materie, che sono quelle contemplate dalla Costituzione; tuttavia i progetti e i disegni di legge approvati da questi consigli interprovinciali devono essere approvati dal Parlamento, con una procedura che potete immaginare quanto sarebbe rapida ed articolata e quanta libertà lascerebbe ai consigli interprovinciali e quanto lavoro darebbe al Parlamento, che dovrebbe discutere le leggi delle singole regioni in una serie di materie previste dalla Costituzione. così il Parlamento, invece di essere alleggerito nella sua attività legislativa, sarebbe caricato di una attività legislativa normale per le leggi che possono ritenersi utili nell' ambito di una regione. a questo punto, quale sia la differenza fra la posizione liberale così articolata e la richiesta della regione non riesco a comprendere. veramente mi sono sforzato di capire (se l' ultima posizione del gruppo liberale è questo progetto) in che cosa consista la differenza, se non in una eccessiva confusione intorno al problema è in un aggrovigliamento ancora maggiore delle istituzioni. voi sapete che noi proponiamo il processo opposto: cioè che le regioni assorbano le funzioni che oggi adempiono i consigli provinciali , che ci sembrano superati dalla situazione. noi abbiamo il massimo rispetto per l' organizzazione autonomistica provinciale, ma riteniamo che nel mondo moderno la dimensione minima perché vi sia una articolazione di rapporti fra l' autorità democratica locale e il Parlamento nazionale sia la regione. questa è la dimensione minima. se poi i comuni si vogliono consorziare, ciò rientra nella libera espressione della loro volontà; ma dal punto di vista costituzionale riteniamo che si debba arrivare ad una semplificazione del sistema. secondo noi, nel rivedere tutta questa materia delle regioni a statuto ordinario , bisogna poi necessariamente riesaminare la materia delle regioni a statuto speciale e studiarne chiaramente le deficienze, gli errori commessi, se vogliamo risanare l' intero campo. stamane, poiché gli amici della direzione regionale siciliana del Pri si propongono di studiare e di proporre alcune modificazioni allo statuto della regione siciliana, ho letto sull' L'Unità che ancora una volta avrei reso un servizio alla Confindustria. ho il vizio di rendere solo servizi alla Confindustria! ma questo della riforma regionale è un problema che ci riguarda e riguarda tutti coloro che credono all' autonomia: ché non si può realizzare gli istituti autonomistici se non attraverso una rimeditazione profonda del problema dello Stato e della sua articolazione. e il problema del costo ci deve essere presente! noi non possiamo ignorare questo aspetto, perché non possiamo trascurare il fatto che c' è una degenerazione negli istituti pubblici, nel settore pubblico della vita nazionale. non possiamo sbarazzarci del problema di come agisce il settore pubblico , come se non esistesse, come se la contrapposizione del settore pubblico al settore privato fosse di per sé la soluzione di questi problemi. questo non è più vero nell' Unione Sovietica , dove, essendo tutta l' attività di carattere pubblico, se ne studiano le deficienze e si cerca di correggerle. perché dunque non porci anche noi questo problema? ecco, onorevoli colleghi , uno dei primi campi, quello delle revisioni costituzionali, in cui possiamo saggiare la nostra volontà di far compiere un progresso alla nostra vita democratica , in cui possiamo vedere se questa società che si va trasformando può contare su forze politiche . sensibili a questo problema; possiamo vedere soprattutto se le forze di sinistra, che sono quelle che devono portare avanti la riforma del sistema, sono capaci di attuare questa riforma in uno spirito costruttivo, per risolvere seriamente i problemi che sono sul tappeto. vi è quindi una prospettiva che possiamo rendere più vicina, secondo la nostra capacità di esercitare questa profonda opera di revisione; e vi è una realtà attuale, di equilibrio democratico attuale, con tutti i problemi relativi alla vita dello Stato, che è interpretata dal Governo attuale e dalla sua maggioranza. onorevole Moro, noi diamo dunque la fiducia al Governo; ma crediamo, nel dare la fiducia, di guardare anche ad un avvenire ed a una evoluzione della nostra società politica, economica e sociale. ed è questo il significato vero della nostra posizione nella coalizione.