Ugo LA MALFA - Presidente del Consiglio Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 372 - seduta del 13-10-1965
Sulla politica interna
1965 - Governo III Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 364
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

onorevoli colleghi , io non ho la ventura di farmi comprendere dall' onorevole Pajetta oppure egli nella sua vena polemica non riflette abbastanza su quello che dicono i colleghi. non ho sostenuto, onorevole Pajetta, la subordinazione della politica italiana alla politica americana. anzi, nel mio breve intervento, ho distinto due maniere di esercitare una funzione autonoma di politica estera : fuori del sistema, e mi riferivo all' esempio del generale De Gaulle e dentro il sistema, nel quale la presenza del nostro paese deve essere attiva, con valutazione propria. l' onorevole Pajetta a questa considerazione, che egli ha trascurato del tutto, ha opposto l' esempio dell' iniziativa autonoma dell' Inghilterra di dieci anni fa. ora l' iniziativa del riconoscimento della Cina fatta dal governo conservatore dieci anni fa, rispondeva anche a interessi particolari del mondo inglese, alla necessità di trovare un modus vivendi per Hong Kong e non rispondeva soltanto a un principio di sganciamento delle valutazioni della politica americana, con cui la Gran Bretagna forse più strettamente di noi collabora. e se questo è il precedente del riconoscimento da parte del governo inglese , non ci si venga a raccontare che il riconoscimento da parte del generale De Gaulle sia un riconoscimento ai fini della distensione internazionale: si tratta di una politica strumentale per affermare una presenza nazionalista. quindi contrapporci questi riconoscimenti che avvengono sul terreno di interessi particolari...... non mi pare sia una maniera di mandare avanti la nostra discussione. del resto, domando all' onorevole Pajetta se, dal punto di vista del superamento di certi aspetti gravi dei rapporti tra il mondo occidentale e la Cina, questi riconoscimenti particolari abbiano agevolato la via della distensione e della pace. se questo fosse vero, noi non discuteremmo una situazione grave come quella che si è creata. la verità, onorevole Pajetta, è che la politica di distensione fa progressi se i due sistemi nel loro complesso progrediscono, non già se un paese per fini specifici compie atti che rispondono ai suoi interessi particolari, ma non portano a trovare un punto di confluenza, di accordo, di distensione tra i due sistemi. ritengo — e rimango di questa idea — che operare nell' ambito del sistema negli stessi confronti degli USA sia molto più produttivo che compiere atti unilaterali i quali, come ho già detto, rispondono a interessi particolari, atti che qualche volta aggravano la situazione, e non contribuiscono a cavare un ragno dal buco. se questi atti fossero così produttivi, torno a dire, noi, dal riconoscimento inglese, avremmo ricavato una situazione internazionale migliore. il che non è accaduto affatto. i problemi sono più vasti di quel che ella pretende di insegnare a noi, e nel mondo occidentale e nel mondo orientale, e richiedono valutazioni di insieme nell' ambito del sistema; non questa specie di esercitazione particolaristica a cui ci chiamate ogni giorno, esercitazione particolaristica che sarebbe una prova di irresponsabilità e di leggerezza da parte nostra. e questo, onorevole Pajetta, dovrebbe tagliare ogni possibilità. di ricorrere al trito motivo che noi siamo subordinati alla politica americana, che è uno dei motivi che ormai non bisogna più usare. se io avessi la stessa vena polemica, le direi che noi in materia di subordinazione alla politica americana non abbiamo mai dato lo spettacolo che ella personalmente ha dato nella subordinazione alla politica dei vari padroni del Cremlino. l' onorevole Pajetta usa argomenti impropri per una discussione parlamentare. non è facile a me ricorrere a questi motivi polemici. quando ascolto lei, onorevole Pajetta, penso che una delle disgrazie del partito comunista è di avere lei per oratore. ho finito, signor presidente : quello che avevo da dire l' ho detto. onorevole presidente del Consiglio , la nostra interpellanza aveva per oggetto specifico la situazione europea. ebbene, prendo atto con sodisfazione delle sue dichiarazioni, che, pur preannunciando una volontà del governo italiano di trattare la maniera di uscire dalla grave crisi in cui la Francia gollista ci ha posto, ha fissato dei limiti a queste trattative: limiti costituiti dal rispetto dei trattati di Roma e anche dal rispetto della funzione che la Commissione della Comunità esercita nel tutelare l' applicazione integrale di questi trattati. erano i due punti sui quali avevo richiamato l' attenzione del Governo, e il fatto che il Governo abbia, in certo senso, convalidato la fondatezza di questi due punti mi tranquillizza. chiudendo questa mia replica vorrei tuttavia insistere, onorevole presidente del Consiglio , perché si tenti di accertare quale sia la posizione dell' attuale governo inglese per quel che riguarda i suoi rapporti con il mercato comune e con il processo di integrazione europea .