Ugo LA MALFA - Presidente del Consiglio Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 372 - seduta del 13-10-1965
Sulla politica interna
1965 - Governo III Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 364
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , il mio intervento sarà molto breve, poiché ho avuto occasione di esporre i punti di vista del gruppo cui appartengo nella ultima discussione che ha avuto luogo in quest' Aula. mi soffermerò specialmente, nella seconda parte di questo mio breve intervento, sulla situazione europea, che forma l' oggetto specifico della nostra interpellanza. ma intanto, e per quel che riguarda il quadro generale, debbo dichiarare, avendo seguito il dibattito, che noi non oseremmo suggerire al Governo di intraprendere una politica cosiddetta autonoma, della quale ci ha dato esempio il generale De Gaulle . questa è una vecchia polemica tra la maggioranza e l' opposizione di estrema sinistra , ma credo che sia utile ribadire le ragioni di questa diversa posizione. noi crediamo che giovi di più alla politica di pace e di distensione agire all' interno del sistema di alleanze nel quale i paesi militano che non dare l' impressione di iniziative autonome che, come quella del generale De Gaulle , finiscono con l' irrigidire le posizioni e col creare maggiori difficoltà. e cioè, a nostro giudizio, come del resto è avvenuto nella fase migliore della politica di distensione, sono i due sistemi nei loro rapporti reciproci che debbono trovare possibilità di risolvere i gravi conflitti internazionali che sorgono e di avviarsi a una più sicura politica di pace e di distensione, e non le iniziative che, nell' uno o nell' altro sistema, ciascuno dei paesi prende. e del resto, se noi possiamo misurare gli effetti negativi più che positivi che le iniziative del generale De Gaulle hanno per quanto riguarda il sistema occidentale, siamo in grado anche di misurare le conseguenze più negative che positive che iniziative diverse hanno nel mondo orientale, nel mondo comunista. non credo che le posizioni estremiste che la Cina comunista prende, nell' ambito del mondo orientale, facilitino la distensione più di quanto non avvenga attraverso la politica più prudente e responsabile della Russia sovietica . del resto, debbo rilevare che l' opposizione ha tenuto conto di questo fatto, considerando che il discorso del collega Pajetta è apparso molto più moderato di quanto non si potesse scontare in altri tempi. moderato nel senso che egli, anche nel presentare problemi gravi come quello del Vietnam, ha sottolineato una posizione al riguardo che è certamente diversa da quella cui i partiti comunisti dovrebbero giungere se obbedissero alle sollecitazioni della politica cinese. detto questo, cioè che non sarebbe la migliore politica estera quella di non tener conto che vi è una possibilità di dialogo e di confronto fra le varie posizioni nell' ambito del sistema, non posso negare la gravità di due problemi che stanno di fronte a noi e che sono stati ampiamente discussi in questa Camera: il problema del Vietnam e il problema del riconoscimento della Cina e della sua ammissione all' Onu. ora, a me pare che si debba consigliare al Governo di accertare, attraverso i suoi propri organi diplomatici, quali siano le condizioni effettive, guardate da vicino, del conflitto nel Vietnam, di vedere se sorgono, e su un terreno serio e concreto, condizioni di negoziazione, e quindi di pace, di farsi il suo punto di vista al riguardo e di discuterlo nel sistema di alleanze del quale l' Italia fa parte. è, ripeto, una discussione normale all' interno del sistema. poiché l' Italia ha interesse alla distensione e alla pace e a vedere spegnere questo grave conflitto che preoccupa l' opinione democratica del mondo, credo che il governo italiano debba appunto essere attento alle condizioni che vanno maturando, saper cogliere il momento in cui è possibile un negoziato (apprenderemo dalla parola dell' onorevole presidente del Consiglio se questo è possibile) e aiutare, nell' ambito del sistema occidentale, l' uscita da questa situazione assai grave e penosa. d' altra parte è evidente, onorevoli colleghi , che la soluzione del conflitto nel Vietnam non può essere affidata soltanto alle armi o alla vittoria di chi ha più forza militare. credo che negli USA nessuno si faccia illusioni in proposito e che l' opinione democratica degli USA sia che, al di là del conflitto militare, bisogna trovare una soluzione a questo problema che da una parte dia tranquillità al mondo e dall' altra consenta al popolo del Vietnam di liberamente esprimersi e di conquistare il suo regime di indipendenza e di libertà effettiva, come noi intendiamo la libertà democratica nel mondo. il problema del riconoscimento della Cina ci impegna da moltissimi anni e forse è venuto il momento di dire che questo riconoscimento poteva forse aiutare la politica di distensione se fosse stato effettuato nel passato nel momento più opportuno. ciò non è stato, e io non so se la Cina comunista oggi abbia interesse all' ammissione all' Onu, quell' interesse che certamente aveva alcuni anni fa; non so se, nell' ambito della polemica interna al mondo comunista, alla Cina non convenga una posizione estremizzata rispetto al problema della partecipazione allo Onu. comunque, anche per questo problema, a mio giudizio, occorre sondare le possibilità che vi sono di uscirne nella maniera migliore, ai fini del consolidamento della pace nel mondo. in definitiva è bene che il governo italiano sia presente nella discussione che in proposito certamente avrà luogo fra gli alleati del sistema occidentale, anche per stabilire se questo interesse al riconoscimento, qualora gli alleati occidentali dovessero addivenire a una soluzione positiva, permanga o non permanga nella Cina comunista e di chi sia la responsabilità diretta del perpetuarsi di situazioni anormali per quanto riguarda le rappresentanze dei vari paesi all' Onu. in sostanza il nostro dovere, il nostro obbligo, quale deriva dai trattati, è di seguire una politica attiva nell' ambito del sistema, di discutere i vari problemi con franchezza di fronte ai nostri alleati e di fare quello che in definitiva un altro grande paese, l' Inghilterra laburista, fa. proprio nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri di quel Governo ha discusso ampiamente con gli USA di America i vari problemi pendenti nello scacchiere internazionale che minacciano la pace. devo però dire che non si può accusare il governo italiano di non aver avuto iniziative al riguardo, anche se la strada che esso batte non è così clamorosa, e, a mio giudizio, così abnorme come quella seguita dal generale De Gaulle per la Francia. in questo dibattito si è data poca importanza ad una iniziativa del governo italiano che, a mio avviso, ne riveste una grande, anche perché si è sviluppata in uno dei campi in cui, senza necessità di consultazioni (difficili e faticose, ha potuto farsi valere. intendo accennare alla iniziativa che il ministro degli Esteri , onorevole Fanfani, a nome del governo italiano , ha preso a Ginevra per un progetto di accordo diretto ad impedire la proliferazione dell' armamento nucleare. è questo uno dei pochi campi in cui l' iniziativa italiana poteva essere di esempio e poteva dare un segno tangibile del nostro attaccamento alla distensione ed alla pace e della nostra mancanza di volontà di entrare in una concorrenza nucleare che finisce con l' essere espressione di volontà di potenza. il ministro degli Esteri , nella sua proposta, che sarà certamente sottoposta all' esame del Parlamento, ha impegnato il nostro paese e di paesi che aderiranno alla proposta a non iniziare la corsa all' armamento nucleare o, come si dice, la gara nucleare. onorevoli colleghi , trovo che questa iniziativa del governo italiano in una discussione di politica internazionale che mira — come pare che miri attraverso le parole di molti gruppi della Camera — a concretare un apporto dell' Italia alla politica di distensione, meritasse una più attenta considerazione e, direi, una più attenta valutazione. e vengo ora al problema che, nel quadro di tutti gli altri problemi mondiali, in questo momento più interessa i repubblicani: il problema della situazione del mercato comune e dell' arresto che la marcia verso l' unificazione europea , ha subito a causa delle decisioni del governo francese . noi non abbiamo sottovalutato il significato del ritiro del governo francese dalle riunioni a livello politico della Cee e le conseguenze che questo ritiro ha avuto per il funzionamento di questa grande organizzazione europea, e comprendiamo quale somma di problemi derivi da questo atteggiamento, del governo francese . comprendiamo altresì come i cinque paesi, che sono stati messi di fronte a questa decisione del governo gollista, abbiano assunto una posizione di moderazione estremamente responsabile, tale da non provocare ulteriori rotture con la Francia. tuttavia ho il dovere di dire al presidente del Consiglio che, in questa via della moderazione, in questo tentativo di non scavare un solco più profondo, bisogna che noi abbiamo presenti alcuni punti fermi , senza di che noi rischiamo di assumerci la responsabilità di far fallire la costruzione europea, che finora, sia pure faticosamente, ha compiuto progressi. i due punti sui cui i repubblicani ritengono si debba essere intransigenti sono i seguenti: non è ammissibile una ripresa di contatti politici con il governo francese che escluda i rappresentanti della Commissione della Cee da tali conversazioni. l' accedere ad una pretesa di questo genere, dopo la campagna violenta che la Francia gollista ha condotto contro coloro che responsabilmente tutelavano il significato profondo dell' iniziativa europea, significherebbe cedere oltre i limiti del lecito e del degno. al riguardo ci sembra che la proposta del ministro Spaak non vada presa assolutamente in considerazione, in quanto mantenga questo punto di vista , che cioè la Commissione della Cee debba essere esclusa dalle trattative. il ministro Spaak, benemerito per certi periodi della costruzione europea, in altri momenti ha dato l' impressione di voler ricorrere a qualsiasi forma di compromesso per uscire da difficoltose situazioni. ma a nostro giudizio cedere su questo punto significherebbe consegnare qualsiasi sviluppo del mercato comune all' iniziativa della Francia gollista ed annullare la presenza morale degli altri paesi. noi chiediamo che il Governo su questo punto sia chiaro e fermo. il secondo punto su cui noi richiamiamo l' attenzione del Governo riguarda la cosiddetta modifica formale dei trattati di Roma . abbiamo l' impressione che l' iniziativa della Francia gollista sia stata determinata, non soltanto dai problemi relativi all' agricoltura, ma dal fatto che con il 1966 deve avere applicazione la norma dei trattati di Roma che fa succedere alle decisioni all' unanimità decisioni a maggioranza. ora, accettare quello che il governo gollista pare si accinga a chiedere, e cioè una modifica formale dei trattati su questo punto, sarebbe come la confessione dell' impotenza degli altri cinque paesi rispetto alle pretese della Francia, significherebbe aprire quel processo involutivo della costruzione europea che prima o poi porterebbe al fallimento di questa grande iniziativa del dopoguerra. su questi due punti noi vorremmo che il Governo avesse una posizione fermissima, ed io mi permetto di ricordargli che è molto pericoloso, nei momenti decisivi di una battaglia politica, non accorgersi del fondo dei problemi e credere di salvare le situazioni con compromessi o con atteggiamenti passivi. mi riferisco all' uguale situazione che è sorta, nell' ambito della Comunità Europea , nel 1963, quando si trattava di discutere l' ingresso dell' Inghilterra nel mercato comune . dopo mesi e mesi di trattative, è bastata, onorevoli colleghi , la conferenza stampa del 14 gennaio di quell' anno del generale De Gaulle , perché gli altri cinque paesi accedessero senz' altro a quella specie di diktat, licenziassero la delegazione inglese e riprendessero, le questioni europee al punto in cui erano prima delle trattative con l' Inghilterra. è stato quello un momento estremamente critico del processo di sviluppo europeo, e i colleghi ricorderanno che in quel momento noi ci opponemmo all' accettazione passiva del punto di vista della Francia gollista. in quel momento l' Inghilterra, era disposta ad entrare nel mercato comune , e bastava che gli altri cinque paesi assumessero un atteggiamento fermo perché fin da allora l' Europa avesse un' alternativa (e pensate che alternativa sarebbe stato l' ingresso dell' Inghilterra) rispetto, a quelle iniziative e alle prevedibili iniziative successive del generale De Gaulle . secondo noi in quel momento — fu questa la nostra opinione, e affrontammo una grossa battaglia per sostenere il nostro punto di vista — essere fermi sulla necessità dell' ingresso dell' Inghilterra nel mercato comune avrebbe significato chiarire un vasto ordine di problemi con la Francia. infatti, o la Francia avrebbe mantenuto il suo puntò di vista negativo rispetto all' Inghilterra: ma allora la sua uscita dal mercato comune avrebbe avuto come contropartita, e come contropartita valida, l' ingresso dell' Inghilterra nel mercato comune stesso...... o la Francia, di fronte alla realtà di una posizione ferma degli altri cinque paesi, avrebbe mostrato come il suo gioco sul mercato comune non potesse andare oltre certi limiti. quella occasione fu da noi perduta, e le conseguenze le scontiamo adesso, quando constatiamo una relativa debolezza delle posizioni degli altri cinque paesi rispetto alla Francia. il che ci apre la pericolosa prospettiva di scendere al compromesso, è ci induce a richiamare l' attenzione del Governo sulla necessità di non andare oltre certi limiti nella ricerca di compromessi. ma vorrei anche dire ai membri del Governo che se fosse possibile accertare una diversa volontà rispetto all' Europa dell' Inghilterra laburista — e non so se questa diversa volontà si possa manifestare nei prossimi mesi — inviterei il Governo medesimo a sondare questa diversa volontà perché — e questa è una nostra costante direttiva — la partecipazione dell' Inghilterra e anche dei paesi dell' EFTA al mercato comune sarebbe un elemento di stabilizzazione di grande importanza rispetto alle iniziative spericolate del generale De Gaulle , iniziative delle quali non conosciamo né il limite, né l' estensione, né l' obiettivo finale. questi, onorevoli colleghi , sono i punti, sia della situazione generale sia della situazione europea, sui quali si fissa la nostra attenzione, punti che devono essere nella politica di Governo la sintesi fra posizioni di fermezza nei principi e negli orientamenti direttivi, e l' adattamento diplomatico che in questi problemi è necessario.