Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
IV Legislatura - Assemblea n. 279 - seduta del 09-03-1965
1965 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 279
  • Comunicazioni del Governo

signor presidente , onorevoli colleghi , qualcuno tra voi può stupirsi per il fatto che conferiamo a questo dibattito, non certo per il nostro intervento, ma per il modo in cui proponiamo l' eccezione di incostituzionalità, una solennità formale sproporzionata, almeno in apparenza, al contenuto del dibattito. può darsi che coloro i quali in ipotesi si stupiscano abbiano ragione, se è vero come è vero , che, a considerare le cose nella loro entità materiale, non di una crisi si è trattato, neppure della crisi mascherata o truccata di cui tanto hanno parlato i giornali e gli ambienti politici, e neppure di una crisetta, e neppure di un rimpasto, ma di un rimpastino, senza fare offesa agli egregi personaggi politici che sono parte in causa in questa piuttosto squallida vicenda. noi riteniamo invece di sollevare la nostra eccezione di incostituzionalità per due motivi. anzitutto per un motivo di principio. un grande giornale del nord, anzi il più diffuso tra i quotidiani italiani, ha parlato a proposito di questa vicenda addirittura di « crisi di regime » . se un giornale tanto diffuso (e non è stato il solo, in fin dei conti ) ha ritenuto di drammatizzare a tal punto la situazione che è venuta a determinarsi negli ultimi mesi, noi crediamo che il Parlamento non possa restare insensibile di fronte a reazioni del genere della pubblica opinione italiana, o perlomeno di una parte altamente qualificata di essa. riteniamo pertanto che, a prescindere dai temi strettamente politici che saranno discussi nel seguito di questo dibattito (se vi sarà un seguito di questo dibattito), debbano essere posti preliminarmente problemi di costume e di stile politico. la seconda ragione con la quale motiviamo l' eccezione di incostituzionalità si riferisce ai precedenti. onorevoli colleghi , il primo problema di cui questa Camera si occupò all' inizio della I legislatura, nel mese di giugno del 1948, fu esattamente questo: fu allora sollevata dall' estrema sinistra , e per essa dall' onorevole Gullo, un' eccezione di incostituzionalità a proposito di analoghe, anche se non soltanto epistolari, comunicazioni del Governo di allora, presieduto dall' onorevole De Gasperi . successivamente, ogniqualvolta si addivenne ad un' operazione di rimpasto (e i casi di rimpasto sono stati abbastanza numerosi nella I legislatura e nella II) anziché ad un' operazione di crisi (ad eccezione, e credo di non sbagliare, di una sola occasione, quella in cui un solo ministro, l' onorevole Merzagora, fu sostituito, e per motivi strettamente personali), l' eccezione di incostituzionalità fu puntualmente sollevata ed illustrata dall' estrema sinistra . furono i deputati dei gruppi comunista e socialista, e in un' occasione memorabile (nel 1960) anche i deputati del gruppo socialdemocratico, che sollevarono eccezioni di incostituzionalità che non voglio definire identiche, ma per lo meno analoghe nel contenuto e nella forma a quella che, pressappoco per gli stessi motivi, in questo momento noi abbiamo l' onore di presentare ed illustrare. non (è senza significato il fatto che, fino a quando i rimpasti venivano determinati dall' onorevole De Gasperi per difendere e mantenere in vita le sue formule centriste o fino a quando altri presidenti del Consiglio procedevano ad operazioni di rimpasto nel quadro delle stesse formule, le eccezioni di incostituzionalità siano state promosse dall' estrema sinistra o comunque dai settori dello schieramento di sinistra. davvero strano e singolare il fatto che (questa volta, trovandoci di fronte ad un' operazione di rimpasto che non soltanto la stampa vicina al nostro partito e quella indipendente, ma anche e in certi casi soprattutto la stampa di estrema sinistra (ricordo un editoriale apparso nei giorni scorsi su L'Unità ) hanno ritenuto di bollare severamente di incostituzionalità, se non vi fosse la nostra eccezione (di incostituzionalità l' operazione di rimpasto procederebbe liscia attraverso il dibattito di questo ramo del Parlamento fino alle sue normali, e ahimè penso inevitabili, dato lo schieramento parlamentare, conclusioni. quindi, ripeto, per questo doppio ordine di motivi che noi abbiamo ritenuto di sollevare questo problema di incostituzionalità, e come problema (di stile e di costume politico e come problema di schieramento politico in questo momento, di uno schieramento politico che ritiene di essere legittimato a condurre, e soprattutto di avere il compito anche morale di condurre una opposizione globale, anche sul piano costituzionale, nei confronti del Governo e della formula di centrosinistra. in termini di interpretazione del testo della Costituzione, signor presidente , il problema è molto semplicemente illustrato. intendo riferirmi al contesto degli articoli 92, 93 e 94 della Costituzione. quei tre articoli della Costituzione, che non farò certo ad alcuno di voi il torto di voler ricordare nella loro espressione letterale, hanno una logica ed evidentissima connessione. essi rappresentano tre momenti: il momento della formazione del Governo attraverso la nomina da parte del presidente della Repubblica , il momento della investitura attraverso il giuramento del Governo stesso (ed il momento della definitiva investitura attraverso la motivata mozione di fiducia da parte di entrambi i rami del Parlamento. scindere uno dall' altro questi tre momenti significa uscire, a nostro avviso, dallo spirito e dalla lettera della Costituzione. interpretare lo spirito e la lettera della Costituzione così come essa fu voluta da settori politici che con il nostro non hanno mai avuto nulla a che vedere, significa collocarsi su un terreno positivo e di onesto costume politico. quale fu la finalità che si propose la grande maggioranza dell' Assemblea costituente nel redigere in tal guisa quei tre articoli della Costituzione a tutti è noto; e se qualcuno non ricordasse quali fossero i dibattiti di allora in seno all' Assemblea costituente , quale ne fosse lo spirito, quali le finalità, io credo che tutto ciò sia facilmente riassumibile: la massima fra le preoccupazioni che allora nutriva la grande maggioranza all' Assemblea costituente (lo ripeté più volte l' onorevole Mortati, non solo a nome del gruppo della Democrazia Cristiana di cui faceva parte, ma come esperto ed illustre costituzionalista) fu quella di garantire la stabilità dei governi democratici, di creare un Parlamento che avesse le prerogative attribuitegli dalla Costituzione ma che non straripasse da tali prerogative e non determinasse il fenomeno tipico della instabilità dei governi che nel periodo prefascista aveva messo in crisi il sistema democratico. oggi, dopo circa venti anni, possiamo dire che i componenti l' Assemblea costituente (e non fu colpa loro, perché si riferivano al passato e non potevano certamente antivedere il futuro: possiamo dirlo con serenità e davvero al di sopra delle parti) errarono nelle loro valutazioni quando credettero che il pericolo sarebbe stato rappresentato dalla instabilità dei governi. per impedire che tale pericolo si determinasse, cercarono di ridurre al minimo le prerogative del presidente della Repubblica e di accrescere nei limiti del possibile le prerogative dell' Esecutivo e del presidente del Consiglio , senza accorgersi che il vero nemico era in agguato (i settori di estrema sinistra seppero manovrare con estrema abilità): il nemico si chiamava il partito politico , la partitocrazia, il tiranno dei nostri tempi. i membri dell' Assemblea costituente non si resero conto che i massimi problemi di impostazione costituzionale avrebbero dovuto essere risolti attraverso una ben diversa formulazione dell' articolo 49 della Costituzione e non certo attraverso la formulazione cauta, ma non abbastanza, degli articoli 92, 93 e 94. fatto sta che in questo ventennio non ci siamo certamente trovati di fronte al fenomeno o al pericolo della instabilità governativa, ma piuttosto a quello dello svuotamento delle prerogative del Parlamento da un lato e delle prerogative, già molto scarse, del presidente della Repubblica dall' altro, fino a giungere alla formula attuale di Governo che — non mi sarà difficile dimostrarlo — tende a diventare, anche se non lo è ancora di fatto, una formula di vero e proprio Governo di legislatura, una formula nella quale il Parlamento è chiamato soltanto a ratificare, come al solito, e il presidente della Repubblica è spossessato della sua unica funzione costituzionale ai fini della formazione del Governo, cioè della funzione delle consultazioni, che invece il signor presidente del Consiglio si è autoattribuito, così da determinare una turbativa molto profonda di tutto il sistema costituzionale e da giustificare il grido di allarme lanciato da quel grande quotidiano di informazione, che parla addirittura di crisi di regime. ora, signor presidente del Consiglio , dopo questa premessa sia ben chiaro che dai nostri banchi non parte un appello nei suoi confronti affinché ella voglia salvare il regime che si dice in crisi e in pericolo. il problema noi lo prospettiamo in diversa guisa. se ci consentite di dirlo con molta chiarezza e con molta lealtà, noi vorremmo sapere, come deputati ed anche come cittadini, di fronte a quale sistema ci troviamo, di fronte a quale Costituzione o di fronte a quale interpretazione e attuazione costituzionale; vorremmo sapere con chiarezza quali sono le vostre finalità da questo punto di vista , vorremmo sapere a che cosa tendete, a che cosa si vuole giungere attraverso l' evidente, l' evidentissimo, ormai rilevato da larga parte dell' opinione pubblica italiana, tentativo di svuotare progressivamente e il Parlamento e, ripeto, il più alto istituto della Repubblica: la Presidenza della Repubblica. non è la prima volta che si verificano fenomeni di questo genere; e se per caso i nostri cortesi avversari politici in quest' Aula dovessero risponderci citando i precedenti di tale rimpasto dal 1948 in qua, li prevengo: sono andato a cercarmi diligentemente, signor presidente , tutti i precedenti, e posso avere anche l' onestà di dire che tutti i precedenti, nessuno escluso, mi danno torto. ritengo però di avere anche il diritto di rilevare che tutti i precedenti, nessuno escluso, dimostrano che qualcuno in quest' Aula si trovò nello stesso stato d'animo nel quale mi trovo in questo momento io, sollevò la questione, l' illustrò a seconda del momento politico e dell' interlocutore politico del momento. fu largamente battuto nelle votazioni, come è logico accada quando ci si trova di fronte ad una operazione di rimpasto che riposa sulla presenza di una maggioranza precostituita ; ma a votazione perduta dichiarò, come ebbe a dichiarare cito un luminare delle scienze democratiche, l' onorevole Terracini dell' altro ramo del Parlamento — che il voto a lui e alla sua parte contrario su questo tema, dato da una notevole maggioranza dell' altro ramo del Parlamento, non significava affatto che fosse infondata la questione di incostituzionalità da lui posta. la testimonianza del senatore Terracini in questo momento politico ha, dal mio punto di vista , scarso rilievo. credo che abbia un più concludente rilievo la testimonianza dell' onorevole Nenni, vicepresidente del Consiglio . l' onorevole Nenni è stato invocato come teste a difesa dall' onorevole Luzzatto poco fa, e se ne possono comprendere le ragioni politiche e magari di parte. sarò molto più sereno per la vecchia patetica simpatia che ci lega all' onorevole Nenni e per la profonda sodisfazione che recenti missioni transoceaniche dell' onorevole Nenni hanno suscitato nell' animo nostro. l' onorevole Nenni, in altri tempi, quando non era vicepresidente del Consiglio e non varcava l' oceano per fini che non possono definirsi strettamente politici anche se sottilmente politici indubbiamente sono, il 28 settembre del 1954, con sorprendente preveggenza dichiarò testualmente: voglio concludere su questo punto del rimpasto rilevando che la disinvoltura nella ricerca del nuovo titolare del dicastero degli Esteri » (onorevole Fanfani, l' onorevole Nenni non si riferiva indubbiamente a lei; si trattava dell' onorevole Piccioni, in quel caso) « e la destrezza da borsaiolo » (chiedo venia, ma l' espressione un po' dura è dell' onorevole Nenni) « con cui si è disfatta la politica che si era fatta o imbastita alla Minerva » (guarda caso : si trattava anche allora del problema della scuola) « testimoniano un disprezzo per il Parlamento degno dei tempi peggiori della democrazia parlamentare » . mi veniva in mente questa veemente definizione dell' onorevole Nenni, allora non vicepresidente del Consiglio , poco fa quando l' onorevole Moro si alzava per dire: non ho niente da aggiungere, non ho niente da dichiarare, si discuta sulla mozione di sfiducia . e lo diceva con una profonda sfiducia non nella mozione, ma nella discussione. la mozione di sfiducia anzi devo ritenere non sia dispiaciuta troppo all' onorevole Moro come strumento parlamentare offertogli da una parte politica , solo apparentemente a lui avversa, per uscire da questo dibattito sulla pelle degli altri, come spesso egli ama fare. pensavo all' espressione che ho citato dell' onorevole Nenni e ad un' altra espressione usata da lui nella stessa seduta: « che in materia il capo del governo navighi nella più assoluta incertezza e genericità, lo conferma » (e non si trattava dell' onorevole Moro, ma l' incertezza e la genericità sono due sostantivi che mi sembra si addicano al suo stile) « il modo con cui ha parlato al Senato della sostituzione del titolare del ministero degli affari esteri come di un fatto che esclude qualsiasi mutamento nell' indirizzo della politica governativa » . sicché, onorevole Fanfani, non se la prenda troppo a male se, entrato lei nella compagine governativa per rinvigorirla e per mettersi al servizio della nazione, il presidente del Consiglio sta dicendo al colto e all' inclita, che, in fin dei conti , non è successo niente. un altro presidente del Consiglio diceva al colto e all' inclita le stesse cose quando si trattava di un altro ministro degli Esteri . evidentemente, i presidenti del Consiglio della Democrazia Cristiana non tengono in gran conto la politica estera o sono « esteri agli affari » , come si diceva in Francia di un ministro degli Esteri che sembrava non avesse molta competenza nel suo settore. anche l' onorevole Saragat, quando non era presidente della Repubblica , ebbe ad esprimersi su problemi analoghi (debbo onestamente dire non identici), esattamente nella seduta del 5 maggio 1960, una seduta drammatica che molti colleghi ricorderanno. in quella occasione, essendosi verificato il caso che un presidente del Consiglio avesse pronunciato talune dichiarazioni politiche circa la sua compagine governativa in un ramo del Parlamento e avesse pronunciato dichiarazioni politiche ritenute diverse dall' onorevole Saragat nell' altro ramo del Parlamento ed essendo intervenuta in quella compagine governativa una mutazione interna, per altro non di larga portata e integrata con degli interim, se non sbaglio, l' onorevole Saragat ebbe a dichiarare che « a tutti i costi e in ogni caso bisognava giungere a una vera e propria crisi di Governo per questi due motivi: perché le dichiarazioni rese dal presidente del Consiglio in Senato e sulle quali il Senato ha concesso la fiducia sono diverse da quelle rese successivamente alla Camera; e perché la compagine ministeriale, per le dimissioni presentate da alcuni ministri, è cambiata » . mi sembra che in questa occasione ci si trovi per l' uno e per l' altro punto di vista in una situazione non molto diversa. parlerò subito dopo (e, d' altra parte, brevemente, signor presidente ) del problema del programma con il quale questo nuovo Governo si presenta alla Camera. è indubbio (attraverso la lettura dei comunicati ufficiali ciò è risultato nel modo più chiaro) che almeno in parte, o per aggiunte o per omissioni (più importanti le omissioni delle aggiunte), ci si trova di fronte ad un programma nuovo: mancano taluni impegni fondamentali, si sono inseriti altri impegni. è, dunque, evidente che il silenzio, più eloquente di molte parole del signor presidente del Consiglio , ha voluto mettere di fronte il Parlamento ad un programma diverso da quello sulla cui base la maggioranza parlamentare ha ritenuto nel luglio dello scorse anno di concedere la fiducia al precedente Governo presieduto dall' onorevole Moro. è anche evidente che mutamenti di persone vi sono stati e che l' onorevole Saragat nel maggio 1960, preveggente anch' egli, in quel momento, si batteva per determinare le dimissioni e per non approvare l' interinato né il rimpasto, in una situazione che nella forma e nella sostanza non era del tutto diversa dall' attuale. se ho citato i precedenti, l' ho fatto non per forzare una tesi che non ha bisogno di forzature, ma per esporla il più serenamente possibile e per documentare alla Camera che non si tratta di novità né da parte di chi sostiene una certa formula ed una certa tesi né da parte di chi la combatte. se le preoccupazioni oggi sono più gravi che in quelle circostanze, è per i motivi che ora sintetizzerò, riferendomi essenzialmente ai modi ed alle procedure con cui si è proceduto all' attuale rimpasto. che cosa è accaduto, infatti? se ne è parlato molto sui giornali, ma è necessario che se ne parli anche qui, sotto il profilo politico costituzionale e sotto, quello del costume politico. è accaduto che la formula di centrosinistra è entrata in crisi in quest' Aula nel mese di dicembre, non già perché, come poco generosamente ha tante volte scritto il quotidiano del partito socialista italiano, vi sia stata discordia all' interno della Democrazia Cristiana e neppure perché, come ha replicato il giornale della Democrazia Cristiana , vi sia stata discordia negli altri partiti del centrosinistra; ma è accaduto per un fatto molto più importante, è accaduto cioè perché in quest' Aula è saltato non uno dei presupposti, ma il presupposto fondamentale della formula costituzionale del centrosinistra, è saltata cioè la delimitazione della maggioranza a sinistra. è questo il fatto nuovo, signor presidente , onorevoli colleghi : il fatto nuovo di cui parleranno certamente i colleghi e al quale accenno in questo momento, il fatto nuovo che ha determinato nello scorso mese di dicembre una crisi che è dimostrata da quanto accade perifericamente, anche se non vi è niente di periferico in questa crisi di uno Stato che è invece ferocemente centralizzato sotto il profilo delle responsabilità politiche . quanto è accaduto è dunque la rottura della formula di centrosinistra. sta accadendo in ogni parte d' Italia e i rabberci sono vari, e se voi riuscite con questi rabberci a coprire una determinata situazione, immediatamente se ne determina un' altra per logica conseguenza di quanto, ripeto, si è determinato in quest' Aula. per la correttezza, signor presidente , cui cerco di attenermi per non ledere, in questo difficilissimo campo, suscettibilità anche altissime, dirò che sul terreno formale la lesione è stata sanata dal fatto che, negli ultimi giorni dell' anno scorso , il signor presidente del Consiglio ha formalmente presentato le dimissioni al Capo dello Stato , così come avevano fatto i precedenti presidenti del Consiglio dopo le elezioni dei presidenti della Repubblica Gronchi e Segni. in verità il comunicato relativo alle dimissioni formali del presidente del Consiglio , subito respinte, non ha avuto molta pubblicità da parte della stampa governativa e della stampa indipendente, forse perché eravamo stanchi, si era sotto le feste, l' opinione pubblica era distratta e non conveniva a taluno dare eccessivo rilievo ad un comunicato di quel genere, che poteva anche far ritenere vi fosse stata una chiarificazione che viceversa non vi era stata. sta di fatto che sul piano formale la lesione fu apparentemente sanata. sennonché, subito dopo, il signor presidente del Consiglio , il quale poteva ritenersi perfettamente pago perché aveva raggiunto in quest' Aula la soluzione più gradita al centrosinistra e, forse, personalmente anche a lui e perché il nuovo presidente della Repubblica aveva respinto le dimissioni formali presentategli dal Governo; sennonché, dicevo, proprio il presidente del Consiglio (e quando dico presidente del Consiglio , onorevole Moro, mi riferisco ad una responsabilità anche a titolo collettivo che indubbiamente le compete: mi riferisco ai suoi collaboratori, agli ambienti del suo partito, agli ambienti del centrosinistra, alle direzioni dei partiti del centrosinistra, alla stampa ufficiale del centrosinistra), immediatamente dopo che il Capo dello Stato aveva formalmente respinto le sue dimissioni e quindi il Governo poteva ritenersi pago e tranquillo (un Governo che nasceva da una crisi non molto lontana, un Governo che in fin dei conti aveva cominciato a tentare di funzionare alla fine di luglio, anzi ai primi di agosto, in pratica, con le vacanze, nell' autunno dell' anno scorso : proprio questo Governo che aveva appena due-tre mesi di vita e sulle spalle un ponderoso programma su cui in precedenza si era detto che era stata raggiunta la chiarificazione), proprio il presidente del Consiglio , il centrosinistra, i suoi partiti, i suoi giornali e i suoi ambienti hanno inventato il linguaggio della crisi. non l' abbiamo inventato noi, non è stata la stampa di opposizione — né nostra, né di estrema sinistra — a scrivere che era necessaria la chiarificazione, a scrivere che era necessario il rinvigorimento, a sostenere che bisognava tonificare il Governo, a sostenere che fra i punti programmatici del Governo taluni dovevano essere rivisti per moderarlo o per estremizzarlo! non è stata la stampa di opposizione a sostenere la tesi che ci voleva un rilancio del centrosinistra, un centrosinistra più avanzato, più agguerrito, un centrosinistra nuovo! non è stata la stampa di opposizione a parlare di crisi o crisetta o crisi mascherata o crisi truccata e a parlare della necessità di rivedere talune posizioni! non è stata la stampa di opposizione che ha tratto profitto dal suo interinato, onorevole Moro (troppo a lungo durato), al ministero degli Esteri , per sollevare il problema della necessità immediata, non tanto di mettere un nuovo titolare alla Farnesina, quanto di rivedere tutta la compagine governativa. anzi, noi di questa opposizione siamo stati molto più corretti dei settori governativi proprio sotto il profilo costituzionale. si è alzato l' onorevole Roberti, una sera, a chiedere che il suo interinato, onorevole Moro (e non era un fatto personale ), cessasse immediatamente e l' Italia avesse finalmente un ministro degli Esteri . ed io ricordo perfettamente le motivazioni — che erano politiche, ma avevano evidentemente rilievo anche costituzionale — dell' onorevole Roberti, il quale chiedeva, a nome del nostro gruppo, che il cosiddetto rimpasto (e in quel momento si sarebbe trattato di un vero e proprio rimpasto e soltanto di un rimpasto) avvenisse rapidamente. noi non facevamo ovviamente questioni di persona e non chiedevamo, in quella sede, che si mutassero in politica estera gli orientamenti del Governo e della formula di centrosinistra; ma facevamo il nostro dovere di deputati e, se consente, signor presidente del Consiglio , anche di italiani, permettendoci di far rilevare al Governo la necessità di colmare quella lacuna, tanto più in un momento in cui al confine italo-austriaco, al confine italo-jugoslavo (ammesso che si possa parlare di confine), nel nostro mare, nelle acque tunisine e nel vasto mondo succedevano determinate cose che pesantemente potevano impegnare la nostra politica e mentre in Italia veniva il presidente di un Governo che qualche settore definisce « amico » e noi non riteniamo si possa definire ancora « amico » neppure alla stregua della politica ufficiale del centrosinistra. non abbiamo avuto risposta! il che significa, onorevole presidente del Consiglio , che il suo problema non consisteva nella sostituzione dell' onorevole Saragat con un altro esponente del centrosinistra titolare della Farnesina. il suo problema era ben più vasto, e sappiamo quale fosse perché ce lo avete detto voi in termini inequivoci che io mi permetto di ricordare, perché in questo consiste la nostra eccezione di incostituzionalità in riferimento alle procedure che si sono seguite per giungere all' attuale soluzione della crisi. signor presidente del Consiglio , è innegabile il fatto (perché ufficialmente lo avete comunicato più volte) che ella ha tenuto vere e proprie consultazioni a tutti i livelli. è vero che le consultazioni costituiscono una prassi nel nostro ordinamento costituzionale, e non un esplicito impegno della Costituzione; ma è anche vero che la prassi delle consultazioni finora si è riferita esclusivamente al presidente della Repubblica o, per essere più esatti, si è riferita anche al presidente del Consiglio designato solo in quanto il presidente del Consiglio designato avesse ricevuto, sulla base delle precedenti consultazioni del Capo dello Stato , un incarico specifico per l' assolvimento del quale egli aveva necessità di consultazioni a sua volta con i gruppi parlamentari o i partiti. questa volta ella, onorevole Moro, ha tenuto le consultazioni come protagonista, come numero uno, esclusivamente lei. sì, sappiamo (e l' abbiamo saputo da alcuni comunicati della Presidenza della Repubblica e da alcune indiscrezioni di stampa) che anche il Capo dello Stato si è permesso di ricevere alcuni personaggi nelle scorse settimane; ma mentre le sue consultazioni, signor presidente del Consiglio , hanno avuto forma e sostanza di vere e proprie consultazioni impegnative e ufficiali, da cui è scaturita una determinata soluzione, e poteva scaturirne un' altra, le consultazioni del Capo dello Stato (mi duole dirlo, e non è certamente una censura che muovo al Capo dello Stato , non me lo permetterei, ma una censura che muovo al Governo, al presidente del Consiglio , ai gruppi parlamentari e ai partiti della coalizione di centrosinistra) hanno dato l' impressione all' opinione pubblica , attraverso le notizie che abbiamo letto sui giornali ufficiali della maggioranza, di essere in qualche modo delle consultazioni sussidiarie, di secondo grado, ausiliarie, tendenti ad accompagnare, a facilitare, a perfezionare le consultazioni del capo del governo (se di perfezionamento vi fosse bisogno: perché tutto in lei, onorevole Moro, quando ella si consulta, è perfetto, anzi è sottile). le consultazioni del Capo dello Stato , se vogliamo chiamarle così, sono consistite nell' accompagnare le consultazioni del presidente del Consiglio , le vere consultazioni. sicché, non dalla nostra stampa o dai nostri discorsi, o dalle nostre polemiche, ma dagli atteggiamenti ufficiali degli uomini, dei gruppi, dei partiti e della stampa della maggioranza la pubblica opinione italiana ha avuto una singolare sensazione in questi ultimi due mesi: che l' onorevole Moro fosse il Capo dello Stato e che il Capo dello Stato aiutasse pazientemente l' onorevole Moro nel dipanare la solita matassa in cui l' onorevole Moro, per cercare di impigliarvi tutti gli altri, aveva finito per restare un pochino impigliato lui. e una spiacevole sensazione quella che abbiamo avuto, signor presidente del Consiglio , ed io mi permetto di documentarla attraverso alcuni comunicati di partiti governativi. e non si dica che è incongruo citare in siffatta materia i comunicati dei partiti: non siamo certamente noi i teorizzatori della partitocrazia. voi avete determinato una certa situazione: è logico che ve ne assumiate le responsabilità. il 17 febbraio un comunicato della direzione della Democrazia Cristiana ha informato la pubblica opinione che il presidente del Consiglio aveva informato la direzione democristiana circa la constatata comune disposizione ad evitare la crisi. e dunque il presidente del Consiglio che si consulta con i partiti di Governo e constata la comune disposizione ad evitare la crisi. e il Capo dello Stato ? qual è la funzione del Capo dello Stato ? e perché dirle queste cose, onorevole Moro, con così evidente dispregio della personalità altrui e anche di uomini che a lei dovrebbero essere vicini, perché si sono comportati con lei — mi sembra — anche troppo cortesemente, anche troppo discretamente? perché andare a raccontare alla pubblica opinione italiana (ormai già convinta che il dio-partito conta al di sopra di qualunque religione...) che i partiti hanno deciso che si eviti la crisi? e poiché hanno deciso che la crisi va evitata. anche se motivi di crisi vi sono e potrebbero essere riconosciuti validi, alla crisi non si arriva. e quali partiti, quali gruppi hanno preso questa decisione? naturalmente i partiti e i gruppi della maggioranza. si è cioè dimenticato che le consultazioni a livello presidenziale (quelle vere) e le crisi (quelle vere) hanno invece come scopo di far partecipare alla dialettica politica, nei momenti più delicati della situazione del paese, anche i gruppi e i partiti di opposizione. in questo caso, come ho detto, sono stati i soli partiti della maggioranza a decidere, attraverso le consultazioni tenute dal signor presidente del Consiglio , che la crisi non vi doveva essere: se i partiti non vanno d' accordo, se le scadenze vengono rinviate a tempo indeterminato , se i loro problemi rimangono insoluti, si preferisce ricorrere al rinvio e si continua a condurre il dialogo soltanto fra taluni partiti, sempre gli stessi. di fronte a ciò, signor presidente del Consiglio , ho l' impressione che abbia veramente ragione quell' importante giornale del nord che ha denunziato una « crisi di regime » , o possiamo in termini costituzionali avere ragione noi parlando di tentativo di instaurazione di un regime. ma vi è di più. il comitato centrale del partito socialista italiano, in data 13 febbraio, ha comunicato ufficialmente di aver dato mandato alla direzione del partito di « accertare la possibilità di una ripresa della politica di centrosinistra, conforme al suo spirito e al suo indirizzo originale, apportando serie modificazioni di indirizzo che la situazione del paese e l' interesse dei lavoratori richiedono » . su questo punto desidererei ottenere dai rappresentanti del partito socialista un chiarimento cortese, in termini costituzionali e politici, su due punti. innanzitutto domandiamo se le « serie modificazioni di indirizzo » cui il comunicato fa riferimento siano compatibili con la formula del rimpasto o piuttosto non debbano dare logicamente luogo alla crisi. in secondo luogo, desideriamo conoscere quale sia il valore del dibattito che la Camera si accinge ad iniziare, dal momento che proprio ieri il vicesegretario nazionale del partito socialista , onorevole Brodolini, interrogato da un giornalista circa un' eventuale futura riunione del comitato centrale del suo partito, ha risposto in senso affermativo. vi sarà al più presto una riunione del comitato centrale — ha precisato l' onorevole Brodolini — perché il nostro comitato centrale il 13 febbraio ha dato mandato alla direzione del partito di giungere ad una determinata soluzione. la direzione del partito dovrà riferire al comitato centrale , il quale ratificherà o meno il modo con cui la direzione del partito ha assolto al suo mandato. sicché, onorevoli colleghi di tutti i settori, vi avverto che dovremo aspettare, secondo quanto così cortesemente è stato detto dal vicesegretario socialista, le decisioni del comitato centrale di quel partito. e se esso non ratificasse l' accordo? se al comitato centrale non garbasse il modo con il quale la direzione del partito ha ritenuto di assolvere al suo mandato? che cosa siamo noi (noi tutti deputati, a qualunque gruppo apparteniamo) nei confronti di questo scambio di mandati fra direzione e comitato centrale del partito socialista ? che valore ha la nostra volontà politica (mi riferisco alla volontà politica di tutti i settori, di maggioranza e di minoranza, e, a quella, se ne ha una, del signor presidente del Consiglio ) di fronte alla spada di Damocle che un onorevole Brodolini fa pendere sul Governo, sulla maggioranza e quindi sull' intero Parlamento? il Parlamento discuterà, ratificherà, voterà; ma a nulla varrà il nostro voto se per caso, in sede di comitato centrale del partito socialista , allorché esso si riunirà (fra dieci giorni o fra un mese, quando avranno la bontà di dircelo), l' onorevole Riccardo Lombardi farà un bel discorso, se l' onorevole Giolitti si rimetterà dall' influenza, se l' onorevole Bertoldi passerà da una parte all' altra dello schieramento interno del partito socialista , se per caso l' onorevole Nenni sarà in viaggio verso qualche altra direzione stratosferica e non potrà seguire la situazione o se per caso l' onorevole De Martino riesumerà talune velleità frontiste che di tanto in tanto lo assalgono. insomma, se in seno al comitato centrale del partito socialista si verificherà un mutamento di posizioni, allora tutto quello che noi, Parlamento, e che voi, maggioranza, avrete fatto andrà in fumo. sul Governo pende dunque l' attesa di una grave ed importante decisione del partito socialista italiano, il quale partito socialista è umoristico nei suoi comunicati. in data 25 febbraio 1965 con un altro comunicato ha fatto sapere che si tratta di « un processo di incubazione di un più forte e ardito centrosinistra » . dall' incubatrice sono usciti gli onorevoli Fanfani e Lami Starnuti . vi lascio giudicare se l' incubatrice abbia funzionato bene o male e quali ne siano i frutti in questo momento. ma vi è di più: a prescindere dai partiti, signor presidente della Camera, vi è il Consiglio dei ministri . gradiremmo sapere dall' improvvisamente tacitiano presidente del Consiglio qualche notizia circa la riunione del Consiglio dei ministri del 4 marzo. come mai si è giunti alla unanimità a proposito della relazione fatta dal presidente del Consiglio ? e quale relazione ha fatto il presidente del Consiglio ? è vero o no che il signor presidente del Consiglio aveva elaborato un piano cosiddetto aggiuntivo al programma del Governo? è vero o non è vero che, accortosi dell' enorme gaffe, ha fatto finta di non aver predisposto alcun documento? allora che cosa ha letto in Consiglio dei ministri ? il comunicato che poi avete fatto apparire sui giornali come comunicato dei quattro partiti di Governo? oppure l' onorevole Moro ha detto: caro Medici, te ne devi andare, perché cacciamo... i medici e vogliamo... gli starnuti? a questo si sono limitate le comunicazioni? e poi: il senatore Medici ha proprio dato spontaneamente le dimissioni? sarebbe stato un bel gesto: ma perché non lo fate sapere, perché non date pubblicità ad un gesto di tal genere? oppure è vero quanto anche ambienti governativi hanno fatto intendere, e cioè che tutti i ministri avevano messo a disposizione del presidente del Consiglio il loro mandato affinché potesse scegliere? se per caso avete seguito questa soluzione (qualcuno ha pure il diritto di saperlo, almeno il Capo dello Stato ; direi che egli ha anche il dovere di saperlo), se veramente in Consiglio dei ministri , dopo l' esposizione di un programma di Governo in parte nuovo, ella, onorevole presidente del Consiglio , ha chiesto, in parte ha preteso, dai ministri di più o meno stretta osservanza, le dimissioni in bianco e se ne è avvalso per compiere questa operazione di cui stiamo parlando, tutto ciò è conforme al dettato della Costituzione? quando si è giunti a un tale rimpasto, siffatta procedura non doveva essere integrata con lo sviluppo di una vera e propria procedura costituzionale di crisi? come mai il senatore Medici si è dimesso senza... dimettersi? non abbiamo avuto notizia dell' intendimento di dimissioni del senatore Medici: abbiamo saputo che ella lo ha dimesso (o estromesso) sulla base di un accordo individuale o collegiale. è vero che è stato prescelto come vittima, come capro espiatorio , il senatore Medici perché non appartenente ad alcuna corrente? è vero pertanto che la « correntocrazia » ha assunto rilevanza e volontà costituzionali nell' ambito di questo strano rimpasto o di questa singolarissima crisi? sono, questi, interrogativi piuttosto inquietanti, signor presidente del Consiglio . speriamo che qualche chiarimento possa intervenire, anche perché non riusciamo, e nessuno può riuscire a comprendere come mai si sia scelta in questa occasione una procedura diversa da quella scelta nel luglio 1964 sempre da lei, onorevole Moro. il problema per il quale allora vi dimetteste e apriste una crisi era molto meno rilevante dei problemi che sono affiorati nel tentativo di attuare, questa volta, una cosiddetta chiarificazione. si trattava del problema della scuola, sì, ma sotto un aspetto, in quel momento, legislativamente limitato e configurato; oggi si tratta nuovamente del problema della scuola ma attraverso il rinnegamento dell' impegno che allora prendeste per giustificare il vostro nuovo Governo. allora diceste di avere risolto la crisi (ed era crisi) e vi ripresentaste alla Camera con un discorso nel quale — prendeste impegni molto precisi (fu affacciata una data, quella del 30 giugno 1965) per la soluzione organica del problema della scuola; adesso il Governo continua — o, secondo noi, nasce questo nuovo Governo — sulla base del rinnegamento di quell' impegno di fondo. e che cosa venne a dire, signor presidente del Consiglio , l' altra volta, quando molto più correttamente ella tornò in Parlamento sulla base di una crisi aperta e risolta? ella disse: questo Governo è fondato, come il precedente, sulla coalizione dei partiti: della Democrazia Cristiana , del partito socialista italiano, del partito socialista democratico italiano e del partito repubblicano ; quindi identica anche quella volta la composizione del Governo. questa volta si è avuta la soluzione di un rimpasto tecnico; quella volta la soluzione di una crisi. ci si richiamò al programma già enunciato nel dicembre scorso, con i necessari chiarimenti: quindi lo stesso programma con i chiarimenti. perché allora crisi ed ora rimpasto? la formazione ebbe lo stesso presidente e riproduce largamente la compagine preesistente. se nel dicembre le vittime dell' operazione furono l' onorevole Giolitti e il senatore Bosco, oggi la vittima dell' operazione è stato il senatore Medici (ma anche il senatore Bosco, che aveva tutto il diritto di aspirare a rientrare nello stesso Governo, con lo stesso programma, con gli stessi chiarimenti, per lo stesso rinvigorimento; non si capisce proprio perché facciate certe vittime). invece questa volta la soluzione è diversa. crediamo dunque, signor presidente , che in definitiva non siano infondate le nostre preoccupazioni e le nostre eccezioni. mi permetterò, per concludere, così come ho cominciato, di citare qualche frase dell' articolo al quale mi sono riferito, apparso sul Il Corriere della Sera , a firma del professor Maranini: qualunquista, si dice, e non costituzionalista, da quando sostiene determinate tesi che al centrosinistra non piacciono. qualunquista o costituzionalista, è certo espressione di una larga parte della pubblica opinione italiana, se non altro per la tribuna molto autorevole dalla quale parla. ecco come egli si è espresso l' altro giorno a proposito di questa specie di rimpasto: « l' estrema renitenza a confessare la crisi ha un significato profondo e grave. si è detto, e giustamente, che questo trattare una crisi con la tecnica del rimpasto è un modo deplorevole per accentuare fino all' estremo limite la espropriazione partitocratica del Parlamento, per rinchiudere arbitrariamente ed incostituzionalmente il problema della formazione del Governo dentro l' angusta cerchia delle oligarchie interessate nel Governo entrato in crisi. la espropriazione, nonché del Parlamento, della stessa sovranità popolare e l' offesa recata, prima che al Parlamento, agli stessi partiti, come liberi strumenti di formazione dell' opinione » . cosa aggiungiamo noi a simili espressioni? una considerazione sola: che non si può neppure dire, signor presidente , che in questo caso il fine abbia giustificato il mezzo. se ella voleva scongiurare la crisi per evitare al paese 2-3 mesi di inattività governativa (ammesso e non concesso che con lei presidente di un Governo regolarmente in carica possa parlarsi di attività governativa), non ha potuto evitare una lunga sosta, tanto, è vero che gli stessi giornali governativi, a cominciare dal quotidiano socialista, hanno scritto che si può riprendere ora, dopo l' intervenuta chiarificazione, l' attività. ella dunque, onorevole presidente del Consiglio , con scarso senso di correttezza costituzionale e, riteniamo, anche con poco senso di responsabilità come capo del governo , ha sommato, in un momento grave per il paese, gli inconvenienti del rimpasto con quelli della crisi, non ha dato luogo ad una formazione stabile, ha mantenuto in piedi una formazione precaria. riteniamo pertanto, onorevole presidente della Camera, di dover insistere affinché la nostra eccezione di incostituzionalità sia vagliata dalla Camera e sia posta ai voti prima che si proceda nella discussione.