Ugo LA MALFA - Presidente del Consiglio Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 274 - seduta del 26-02-1965
1965 - Governo II Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 85
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , nel momento in cui il ministro del Tesoro , onorevole Colombo, dimostrava che la politica del Governo aveva certi orientamenti che corrispondevano a talune indicazioni che mi sono permesso di fare (per esempio che l' espansione della domanda può consentire l' impiego del terzo disoccupato dell' apologo al posto dell' aumento dei salari dei due occupati), nel momento in cui si è parlato di volano della domanda o di stabilità, i colleghi dell' estrema sinistra si sono volti sorridendo verso di me — mi perdoni l' onorevole Colombo — quasi a considerarmi un « doroteo » onorario. dirò però ai colleghi della estrema sinistra che la mia posizione è ancora più grave, perché non ho parlato soltanto di sviluppo edilizio e di ampliamento della domanda globale, ma ho posto a fondamento di una stabilità antinflazionistica una esigenza precisa: la tregua salariale . e, ahimè!, la mia sorte è stata amarissima. ha cominciato l' onorevole Barca a dirmi no....... poi è seguito l' onorevole Foa con argomentazioni a cui risponderò, e infine, ultimo ma non meno importante, con un discorso molto complesso che voleva essere una lezione al mio semplicismo è venuto l' onorevole Scalia. il Governo è stato prudente, perché il ministro del Tesoro ha parlato di necessità di mantenere la stabilizzazione monetaria, di impedire il fenomeno inflazionistico, ma non ha chiesto la tregua salariale . quindi da oggi in poi il solo doroteo esistente nella maggioranza sono io. ed è un peccato che non sia presente a questo dibattito il dottor Carli, governatore della Banca d'Italia , poiché potrei dirgli che finalmente anche lui ha una copertura: e la copertura è data dalla mia posizione. e poiché voi sapete che sono un peccatore impenitente e tenace, io conservo questa posizione, nonostante la prudenza del Governo e nonostante le lezioni che ho ricevuto dal giovane collega della maggioranza onorevole Scalia. devo dire però che nei discorsi che si son fatti non è che questo problema, che la mia posizione sottintendeva, non fosse presente. e stato presente, ma il sottacere tale aspetto della questione è servito ad introdurre un tema assai complesso, che è la fiscalizzazione degli oneri sociali . in effetti, nei discorsi della maggioranza, fra il mio, quello dell' onorevole Mariani, e i discorsi degli onorevoli Aurelio Curti e Scalia vi è un certo divario. mi pare che noi abbiamo posto l' accento sulla espansione della domanda globale senza menzionare la fiscalizzazione degli oneri sociali , gli onorevoli Curti e Scalia si sono largamente occupati di quest' ultimo argomento. questo divario riflette la polemica che vi è stata di recente sulla stampa e che si è voluto risolvere dicendo: contemperiamo i due principi. mi pare che il Governo abbia anch' esso accettato questo contemperamento dei due principi, che poi non vuol dire nulla in astratto: si tratta di vedere in concreto, attraverso le cifre e i loro rapporti, di quanto si cercherà di espandere la domanda globale attraverso il volano dell' edilizia e di quanto si scaricheranno gli oneri sociali attraverso la fiscalizzazione. sarà un rapporto fifty-fifty come si dice all' americana o all' inglese, 9 al, 8 a 2 o quale sarà mai? lo vedremo in seguito. devo però affermare che l' ammontare che si potrà mobilitare dal punto di vista finanziario per i due scopi non sarà ovviamente una quantità illimitata, per cui quello che attribuiamo alla fiscalizzazione non si attribuirà alla espansione della domanda e viceversa. e noi dovremmo perciò esaminare le cifre in concreto per decidere quale sarà l' effetto dell' una e dell' altra manovra. chiaro, comunque, che, mentre accrescere gli investimenti nell' edilizia o, domani, in qualsiasi altro settore, espande la domanda, e serve a risolvere indirettamente il problema dei costi, non si può dire egualmente del contrario. il problema dei costi è risolto o unitariamente diminuendo il costo unitario della manodopera, o espandendo l' offerta e l' utilizzazione degli impianti in ragione dell' espansione della domanda esterna. ma mentre l' espansione della domanda esercita questa ultima influenza, la fiscalizzazione degli oneri sociali è ben diverso meccanismo che non necessariamente porta all' espansione indiretta della domanda. quindi, la questione non è indifferente dal punto di vista di una politica economica . questione molto importante e dalla sua soluzione discende se e a quale ritmo si vogliono riassorbire i disoccupati. la fiscalizzazione degli oneri sociali allenta il ritmo di possibile riassorbimento dei disoccupati, l' espansione della domanda ottenuta attraverso un volano di investimenti lo accelera. alcuni di noi hanno posto l' accento sul volano, e quindi sull' accrescimento della domanda globale, per accelerare la reimmissione dei disoccupati nel ciclo, altri possono scegliere un procedimento più lento e quindi, attraverso questa strada correggere il rapporto costi e ricavi e salvaguardare la cosiddetta dinamica salariale autonoma, e quindi respingere la tregua. è a questo punto che il contrasto fra l' onorevole Scalia e me si fa evidente. con la mia proposta, fondata sulla maggiore ampiezza del volano e sulla tregua, vi era un compenso indiretto per i lavoratori che accettavano la tregua, ed era rappresentato dai tipi di investimento che si mettevano in moto attraverso il volano dell' edilizia di opere pubbliche dell' edilizia scolastica e sanitaria. noi così diamo ai lavoratori un grande corrispettivo che compensa la tregua salariale per gli occupati. dobbiamo dunque fare questa azione, o dobbiamo scaricare gli oneri sociali che possono salvare l' autonoma dinamica sindacale, ma secondo me, danno maggiore autonomia di scelta non solo ai lavoratori, ma agli imprenditori? ma a che cosa ci riporta (mi scusi, signor presidente , se questa discussione ha ancora bisogno d' un codicillo: si tratta di questioni estremamente importanti) questo problema della politica sindacale , che io ripresento da alcuni anni ed è stata la causa vera della debolezza del primo Governo di centrosinistra? è vero che i lavoratori hanno detto di no, onorevoli colleghi , attraverso i discorsi degli onorevoli Barca, Foa e Scalia, ma si tratta di vedere quali lavoratori hanno detto di no. per me, noi dobbiamo considerare lavoratori sia quelli che lavorano, sia quelli che non lavorano e dobbiamo di conseguenza vedere quale sia il punto di equilibrio per risolvere il problema sia di quelli che lavorano, sia di quelli che non lavorano. e vengo, a questo proposito, alla questione sollevata dall' onorevole Foa, estremamente importante. l' onorevole Foa ha ricordato a me che noi operiamo in un mercato aperto e ha illustrato i pericoli e i rischi di una tale situazione. ora, un mercato aperto o integrato, dal punto di vista della competitività, si affronta in due modi: o con una politica dei salari, o con una politica delle rapide trasformazioni tecnologiche. in un paese che ha ancora un fondo di disoccupazione e di sottoccupazione ingente e cronica, che deve portare via dalla campagna ancora forse milioni di lavoratori... lo sto spiegando, onorevole Amendola. la competitività deve essere assicurata, non soltanto da una rapida trasformazione tecnologica, che aggraverebbe la disoccupazione, ma da livelli salariali inferiori a quelli della piena occupazione, che essa sola stimola al massimo la trasformazione tecnologica. stiamo attenti a non cacciarci in una contraddizione che sarebbe mortale per la nostra economia. il ritmo di sviluppo tecnologico di un paese che ha uno strato profondo di disoccupazione non può essere il ritmo di sviluppo tecnologico, ad esempio, della Germania; e la competitività di un paese a più alto tasso di disoccupazione è purtroppo assicurata da un certo livello di salari. noi possiamo limitare i profitti, e sapete quanto io creda alle riforme. ma bisogna sapere quali sono i dati di partenza. si comprende come durante il miracolo economico la politica di espansione non potesse e non dovesse essere fondata sul rapido sviluppo tecnologico, ma sull' assorbimento graduale di manodopera garantito da una competitività, rappresentata dalla differenza salariale. è, appunto, il tipo di sviluppo non di un paese completamente depresso, ma di un paese a metà depresso, che ha una dinamica tutta diversa da quella di un paese a piena occupazione e ne deve tener conto nella sua politica economica . qualche volta, quando l' onorevole Scalia parla di politica sindacale , ne parla come un sindacalista americano e si riferisce alla produttività delle aziende! alcuni noti sindacalisti hanno introdotto nella nostra politica sindacale e indirizzi e istituti, che presuppongono un paese che non c' è: gli USA. stiamo attenti alle differenze di fondo, se no rischiamo di fare una politica sindacale del tutto astratta, e opposta alle linee di sviluppo anche programmatico che la nostra economia deve avere. ora, quando il collega Foa poneva questo problema e mi obiettava: « stiamo attenti che questo volano dell' edilizia non serva ad accelerare lo sviluppo tecnologico » , rispondevo che neanche per me lo sviluppo tecnologico si deve accelerare oltre certe linee. potremmo avere aziende a grande sviluppo tecnologico nel deserto della disoccupazione o della sottoccupazione. tuttavia anche la politica salariale è elemento di contenimento, di graduazione dello sviluppo tecnologico, nel senso cioè di farlo operare entro i limiti compatibili con un' occupazione crescente e non con una occupazione gravemente decrescente. la stessa politica degli alti salari può essere, quindi, pericolosa per il nostro tipo di sviluppo, quando sia troppo anticipata nei tempi. perché la politica di alti salari può indurre certe aziende allo sviluppo tecnologico prescindendo dalle condizioni generali del sistema. lasciatemi a questo punto dire, pur essendomi io trasformato in un doroteo di prima grandezza, che ho la preoccupazione delle condizioni reali dei lavoratori del nostro paese (il rapporto fra lavoratori agricoli e lavoratori industriali, fra specializzati e non specializzati) e ho il senso di questa grande solidarietà del mondo del lavoro , una solidarietà che si deve esplicare in un certo tipo di politica economica (non in astratto!), avendo presenti le condizioni di gradualità attraverso la quale si può arrivare alla politica degli alti salari, traguardo delle nostre speranze e del nostro tenace lavoro. non per nulla voi sapete che la politica sindacale degli alti salari si delinea nei paesi a pieno impiego. quando siamo vicini al pieno impiego, quella politica ha un significato. ma non prima. quindi uno sviluppo graduale dell' azione sindacale, che tenga conto degli occupati, dei sottoccupati e dei disoccupati da immettere nel ciclo produttivo . quindi una strategia delle forze del lavoro che deve portare alla vittoria finale e non a vittorie effimere, cioè a illusioni di vittoria. purtroppo un errore nella manovra della politica salariale può avere questo risultato: che apriamo lo spiraglio agli alti salari e subito dopo apriamo la grande porta della disoccupazione, in uno spazio di tempo estremamente ristretto. questo problema mi tormenta dal momento in cui voi mi avete fatto l' onore di assegnarmi, nel primo Governo di centrosinistra, al ministero del Bilancio . il problema della politica salariale , nelle condizioni del nostro paese, è un problema su cui dobbiamo meditare a fondo per raggiungere risultati duraturi per i lavoratori. ho ricevuto tanti « no » da voi dell' opposizione e da esponenti sindacali della maggioranza. da parte del Governo vi è stato un atteggiamento, di prudenza, che capisco. ma non cambio opinione. forse le mie preoccupazioni derivano dal fatto che io provengo da una terra depressa che non ha il problema degli occupati, ma il problema dei disoccupati, cioè il problema dell' immissione dei lavoratori in un ciclo di sviluppo. queste preoccupazioni si riflettono evidentemente nella maniera di concepire lo sviluppo del ciclo medesimo. rimane aperto questo problema? mi pare, poiché il Governo, non ha un vero e proprio appoggio sindacale. il Governo continua a conservarsi nella sua politica economica su linee tradizionali, come si fa sempre quando si raccolgono o si temono tanti « no » ; trova cioè un sostitutivo ai problemi che non può risolvere attraverso la collaborazione dei sindacati operai. collaborazione che ha molta importanza, onorevole Scalfa, perché significa non già togliere qualcosa ai lavoratori, ma aprire loro la via di una politica sindacale moderna. il Governo ha assunto una posizione di prudenza. io sono rimasto in assoluta minoranza e attendo che il Governo stabilisca le proporzioni fra volani di manovra ed esenzioni di oneri fiscali per giudicare in concreto. nel frattempo constato questa mia solitudine su un problema che prima o dopo deve essere affrontato.