Ugo LA MALFA - Presidente del Consiglio Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 271 - seduta del 23-02-1965
1965 - Governo II Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 12
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , come alla Camera è noto, la mia interpellanza ha aperto una seconda fase delle discussioni sulla situazione congiunturale , dopo che un largo dibattito era avvenuto a seguito della presentazione di molteplici interpellanze ed interrogazioni che attenevano a certi aspetti della crisi congiunturale in corso . la mia interpellanza ha avuto lo scopo di richiedere quali siano le linee d' azione del governo e nello stesso tempo di dare qualche indicazione o suggerimento circa la possibile politica da svolgere. per quel che riguarda tali indicazioni, debbo dire che gli onorevoli membri del Governo cui presenti ne sono completamente a conoscenza. nel corso delle riunioni dei partiti della maggioranza, infatti, la delegazione repubblicana, in due sedute, quella di sabato e quella di ieri pomeriggio, ha avuto occasione di chiarire, in tutti i suoi aspetti, il proprio punto di vista , che perciò il Governo conosce a sufficienza. io qui cercherò di illustrarlo ancora più ampiamente. come vede, sto venendo incontro a questo desiderio. certamente siamo in una fase assai seria di diminuzione della domanda globale, che determina un fenomeno crescente di sottoccupazione e, in taluni casi di disoccupazione vera e propria. sembra di poter constatare che, mentre nel periodo del boom noi avevamo una spirale crescente di occupazione, nella fase attuale questa situazione si è rovesciata e presenta elementi di grave apprensione. si tratta, a nostro giudizio, di isolare fra i molteplici elementi che caratterizzano questa fase congiunturale un punto focale , direi un punto chiave , dal quale questa situazione possa essere affrontata. mi sembra che questo sia il primo problema di metodo che ci si pone. sappiamo benissimo che in questo momento diversi rami produttivi sono colpiti della crisi e specificamente ed in primo luogo l' industria edilizia, poi l' industria metalmeccanica e quella tessile. tuttavia vi sono differenze sensibili nelle cause che hanno determinato la crisi in questi vari settori. a noi pare che, allo scopo di una ripresa dell' occupazione, il punto chiave della crisi sia costituito dall' edilizia e che quindi soprattutto su di essa si debba tentare di costruire una politica di ripresa congiunturale. pensiamo che questo giudizio sia condiviso da altri gruppi della Camera, anche se non vi sia unanime parere al riguardo. d' altra parte, non mi pare necessario illustrare qui le cifre ed i dati che caratterizzano la crisi dell' industria edilizia, perché tale indagine è stata fatta nella precedente discussione ed è stata approfondita nei dibattiti della stampa. il boom edilizio è cessato. vi è polemica sulle cause di questa cessazione, ma è evidente che un certo tipo di edilizia privata — edilizia media od edilizia di lusso — non presenta possibilità di ripresa immediata, le condizioni del mercato non consentendolo. è evidente altresì che un tipo di edilizia che ancora trova mercato, come l' edilizia economica e popolare, ha bisogno in periodo di mesi. il congegno di opere pubbliche da fare entrare in azione deve essere messo a punto nei suoi strumenti iniziare operativi. accanto a questa edilizia, che ha ad operare entro tre-quattro mesi e proseguire ancora un mercato, si è posto immediatamente il grosso problema dell' intervento dello Stato per promuovere una attivazione del mercato edilizio nel campo delle opere pubbliche , dell' edilizia sanitaria e scolastica, con riferimento anche a quanto enti locali ed enti autonomi possono fare al riguardo. mi pare sia questo il punto focale della situazione, ed il fatto che a interpellanze di carattere generale seguiranno in questa discussione, o vi saranno alternate, interpellanze relative al settore edilizio dà ragione a questo punto di vista . il Parlamento è preoccupato e della situazione generale e dei riflessi della situazione edilizia su quella generale. il Governo già si è espresso al riguardo ed il ministro Mancini ha fatto importanti dichiarazioni in proposito. soprattutto egli ci ha fornito alcuni dati, che possono orientare il nostro giudizio. il dato fondamentale è quello secondo cui attraverso le varie leggi è possibile mobilitare nel campo edilizio, per quel che riguarda varie opere pubbliche ed edilizie, un valore capitale di 1.316 miliardi. ma il ministro ha anche precisato che questo capitale di investimento possibile da parte dello Stato, degli enti autonomi e degli enti locali , è un capitale che bisogna cercare sul mercato finanziario . quasi tutte le leggi mettono a disposizione dei vari enti contributi di interessi purché i valori capitali per mandare avanti le opere siano trovati sul mercato finanziario . il ministro Mancini si è anche soffermato ampiamente sulle difficoltà procedurali di carattere amministrativo che ostacolano una pronta attuazione delle opere pubbliche previste dall' esistente sistema legislativo. quindi, a mio giudizio, se noi consideriamo l' edilizia come punto chiave per la soluzione del problema di ampliamento della domanda globale, di arresto della fase discendente dell' occupazione, ci dobbiamo preoccupare di due aspetti del problema: della rapidità di intervento dello Stato, dell' amministrazione centrale , degli enti autonomi, degli enti locali , e della possibilità che il mercato finanziario offre di appoggiare questo sforzo. dal punto di vista delle procedure, tutti siamo d' accordo che se le leggi esistenti dovessero essere applicate secondo il ritmo che è stato sperimentato negli anni passati. non avremmo un sistema di provvedimenti congiunturali adeguato alle necessità del momento, poiché queste necessità si misurano la sua spinta nei mesi successivi. se questo congegno dovesse avere un ritmo assai più lento, evidentemente di tutto potremmo parlare salvo che di provvedimenti congiunturali. si tratterebbe del sistema normale di legislazione, che sviluppa la sua azione nel campo delle opere pubbliche e ha i tempi tecnici che finora sono stati sperimentati. mi pareva, quindi, che il primo problema per il Governo fosse questo: fare una specie di inventario della progettazione e promuoverla, se tale progettazione fosse scarsa, nei vari campi, compreso quello dei porti e quello delle autostrade che non sono specificamente contemplati, o almeno non sono contemplati nella misura in cui dovrebbero esserlo, in queste cifre. un inventario della progettazione, come prima base del nostro giudizio: si tratta cioè di stabilire se possiamo affrontare questo problema dal punto di vista dell' edilizia con sufficienti armi di partenza, o se ne siamo del tutto sprovvisti. il ministro Mancini parla di accorciamento straordinario delle procedure, e io credo che qui bisogna avere molto coraggio. mi pare che il Governo, se vuole andare incontro alle necessità del momento, debba, non so per quale periodo di tempo , fare ricorso a tali procedure straordinarie, e il Parlamento debba accompagnare il Governo in questo suo modo di concepire l' azione congiunturale: reperire la progettazione sia nel campo dell' amministrazione dello Stato , sia nel campo degli enti autonomi e degli enti locali , valutare in un certo senso l' ammontare di questa progettazione dal punto di vista finanziario, mettere in moto con rapidità il meccanismo. solo in un secondo tempo, onorevoli colleghi , in quanto si sia fatto l' inventario di questa progettazione e delle cose che si possono mettere rapidamente in azione, sorge il bisogno finanziario: ma non molto più tardi della progettazione. dunque sorge, in un secondo tempo, sì, ma sorge, poiché una cosa è una legislazione che contempla dei contributi, un' altra è un' azione congiunturale che deve reperire dei valori capitali per mettere in moto il meccanismo. ora, per quel che riguarda l' aspetto finanziario dei problemi, bisogna fare alcune considerazioni di base. ammesso che queste progettazioni esistano e possano essere messe in moto rapidamente, si tratta di stabilire se il congegno finanziario debba continuare a passare dagli istituti tradizionali di credito, che capienza finanziaria hanno tali istituti tradizionali e che ritmo di intensità o di accelerazione può dare lo Stato all' attività di questi enti finanziari normali. ho già osservato che, se queste leggi non sono sfruttate soprattutto da parte degli enti locali e, molte volte, dagli enti locali più poveri, è perché il passaggio dal contributo all' ottenimento dei valori capitali dei prestiti nei finanziamenti è molto difficile. e quindi qui sta uno dei nodi, dei problemi da risolvere rapidamente. come si facilita il finanziamento? attraverso i canali tradizionali aiutati da un intervento dello Stato, per esempio, come mi pare abbia accennato qualcuno, attraverso garanzie dello Stato o attraverso finanziamenti diretti dello Stato? e che volume tutto queste può prendere rispetto all' altro problema, che è quello di impedire che il ricorso al mercato finanziario determini una ripresa dei fenomeni inflazionistici? cioè quale ampiezza si può dare alla soluzione di questo problema del finanziamento quando noi avessimo costatati la possibilità di mettere in azione un sistema di progettazione di opere pubbliche ? debbo osservare, a questo punto, onorevoli colleghi , che per una serie di contingenze, che non tutte ci allietano, proprio nel campo edilizio, sorge la possibilità di inserirsi immediatamente, attraverso una azione congiunturale, nelle prospettive della programmazione. è uno dei campi in cui l' anello fra provvedimenti congiunturali e prospettiva programmatica può funzionare di più. perché? perché per anni tutti noi — soprattutto dai banchi della sinistra — abbiamo biasimato che il boom edilizio sia servito ad incrementare certi tipi di costruzione edilizia, soprattutto tipi di costruzione edilizia media e di lusso a scapito dell' edilizia cosiddetta sociale o collettiva, che è soprattutto quella rappresentata dalle opere pubbliche , dall' edilizia scolastica, dall' edilizia. sanitaria e dalla edilizia popolare. per anni siamo stati qui — soprattutto la sinistra — a dire come l' assenza di una politica programmata aveva dato al boom edilizio un carattere che presto o tardi avrebbe portato alla crisi. abbiamo constatato in questi giorni che un corrispondente di un grande giornale del nord, occupandosi del grave problema edilizio, ha messo in luce questo punto finale e critico del boom edilizio, che è la creazione di una quantità di appartamenti medi e di lusso che non hanno più trovato mercato. e non l' hanno trovato anche per il fatto che alla radice del boom si collocava il grave fatto speculativo connesso alla compravendita delle aree. ora il fatto che questo tipo di edilizia non si metterà più in moto rapidamente consente alla azione pubblica un intervento sostitutivo nel campo delle opere pubbliche , dell' edilizia pubblica, che non si è potuto realizzare in tutti questi anni, consente cioè un' accelerazione nel campo in cui siamo stati assenti per molti anni. si è constatato in tutti questi anni che il rapporto tra un certo tipo di azione dello Stato e l' azione privata è un rapporto estremamente basso; ma da questo non si deve dedurre che questo rapporto debba rimanere estremamente basso, si deve dedurre anzi l' opportunità che tale rapporto, almeno durante una certa fase congiunturale, si sposti a favore dell' edilizia pubblica e dell' edilizia che rientri in un quadro di programmazione, purché, ripeto, si abbiano le progettazioni ed il mercato finanziario possa sopportare lo sforzo. il giorno in cui la situazione edilizia, per il fatto che sia stata varata la legge urbanistica e che di conseguenza si abbia una ripresa indipendente del mercato, si mette in moto, si creerà evidentemente una concorrenza tra la richiesta privata e la richiesta pubblica, di cui bisognerà tener conto. ma in questo momento tale concorrenza, almeno da parte dell' edilizia privata, è ridotta di misura. ribadisco che i soli limiti che possiamo incontrare in questa politica di accelerazione dell' edilizia pubblica sono tecnici e finanziari. se il Governo, traverso ben coordinate e congegnate misure — ben congegnate in tutti gli aspetti tecnici e finanziari — riesce a mettere in moto questo volano, secondo me faremo un notevole passo avanti rispetto alla situazione che si era creata in precedenza. spesse volte, onorevoli colleghi , nelle discussioni di ieri si osservava che l' edilizia non rappresenta un apporto diretto al progresso del sistema produttivo . ed indubbiamente certi tipi di edilizia privata non lo sono. viceversa alcuni tipi di edilizia pubblica — porti, strade, edilizia scolastica — costituiscono un apporto, sia pur differito, ma non so di quanto, al progresso del sistema produttivo . se riusciremo nello scopo, noi, quindi, realizzeremo un progresso rispetto alla precedente fase di sviluppo ed al tempo stesso affronteremo su un terreno concreto il problema dell' occupazione operaia. è evidente, infatti, che, se riusciremo ad attivare opere ed edilizia pubbliche, incideremo rapidamente sul livello dell'occupazione , con riflessi diretti su una quantità di altri settori produttivi, che tutti sappiamo sono direttamente collegati all' industria edilizia in senso stretto. se vorremo concentrare la nostra attenzione ed il nostro sforzo su un volano di accrescimento della domanda che coincida con un accrescimento dell' occupazione, il sistema edilizio ce ne offre la migliore opportunità. naturalmente noi abbiamo problemi di sostegno dell' esportazione, abbiamo il problema della struttura arretrata dell' industria tessile, abbiamo il problema di riattivare gli investimenti per rinnovare tecnicamente gli impianti e per dar luogo ad un più alto grado di competitività. disgraziatamente si tratta di problemi che si sarebbero risolti meglio nella fase del ciclo ascendente, quando eravamo sulla soglia della piena occupazione, mentre si risolveranno assai più difficilmente nella fase del ciclo discendente. purtroppo, questa è una realtà cui dobbiamo prestare attenzione. ecco perché, a mio giudizio, non bisogna far precedere una politica di investimenti ad una politica di incremento della domanda, perché l' investimento segue la domanda e non viceversa; ed il rinnovamento tecnico, in un paese come il nostro, con ancora vastissimi contingenti di disoccupazione, deve rispettare una gradualità, la quale faccia sì che esso non aggravi il problema della disoccupazione e non ci porti, al limite, ad avere un sistema di industrializzazione e meccanizzazione e automazione troppo accelerato rispetto alle condizioni fondamentali del mercato del lavoro . e naturalmente il controllo del ritmo di questa trasformazione non riguarda solo gli imprenditori e lo Stato, ma in primo luogo i sindacati operai, i quali, da questo punto di vista , non devono mettersi in condizione contraddittoria. essi non possono rimproverare gli imprenditori di non aver rapidamente rinnovato gli impianti e, nel medesimo tempo, addossare loro la responsabilità, della disoccupazione crescente. evidentemente il ritmo con cui la trasformazione di un sistema economico avviene con riferimento al mercato del lavoro è un ritmo che noi dobbiamo fissare attraverso un esame molto serio delle situazioni e dei problemi che chiedono una contestuale soluzione. distinguerei, perciò, il problema dell' ampliamento della domanda in quanto risultato d' un ampliamento dell' occupazione, dal problema di un ampliamento della domanda in sé, senza riferimento all' occupazione; e lo distinguerei dal problema del rinnovamento degli investimenti, rispetto al quale bisogna essere molto attenti in una fase di crisi e, direi, in una fase — come l' attuale — che non ci garantisce un livello crescente di occupazione. questi diversi problemi li dobbiamo mettere nell' ordine della loro priorità e della gradualità che essi comportano; e quindi, personalmente, non sarei favorevole a provvedimenti che non avessero un punto focale e mirassero a toccare troppi tasti. mi pare che un provvedimento congiunturale debba avere un punto focale da cui si snodi la politica congiunturale; punto focale che tocca il settore della domanda, dell' ampliamento della domanda, che produca nuova occupazione e che possa avere riflessi in altri campi, ma considerati nella loro giusta scala prioritaria. evidente, onorevoli ministri, che la valutazione dell' adeguatezza di una politica congiunturale a queste premesse è una valutazione concreta in base a dati e cifre; non è una valutazione che si possa fare su indirizzi che non si concretino in cifre ben precise. altrimenti rimarremmo in quell' ordine di indicazioni politiche così generiche, che ci hanno dilettato per molti anni e che spero non ci dilettino più in fase di programmazione, in cui si tratta di dimensioni quantitative dei problemi e, di collocamento di queste dimensioni quantitative nello schema di programma. a mio giudizio, la presente discussione e i provvedimenti che il Governo prenderà avranno anche importanza per stabilire se siamo entrati in quello che chiamo il metodo, il sistema, la filosofia della programmazione, o se continuiamo a rimanere al di qua di tale metodo, nonostante le dichiarazioni di buona intenzione. la programmazione impone un metodo di esame dei problemi, impone soprattutto il coordinamento assoluto d' una politica che non deve essere mai contraddittoria nei suoi aspetti. impone quindi una disciplina. e a questo proposito, mi corre l' obbligo di esaminare l' altra faccia del problema. voglio supporre che il Governo sia disposto ad affrontare un problema del genere, cioè a fare un massiccio sforzo per ampliare la domanda nel settore edilizio, con riverbero in tutti gli altri settori, per creare quindi le condizioni di ampliamento, di accrescimento dell' occupazione operaia. massiccio sforzo, dico, perché evidentemente per ottenere risultati sensibili, lo sforzo deve essere concentrato. ma possiamo noi dire, onorevoli colleghi , che facendo questo sforzo, inducendo il Governo a fare una politica concentrata su un punto focale , pericoli di pressioni inflazionistiche non possano minacciare lo sforzo? noi siamo ancora in un sistema di aumento dei prezzi , in un sistema in cui tutte le manifestazioni inflazionistiche non sono state ancora assorbite o neutralizzate. comprendo quindi la preoccupazione del Governo di non mettere in azione un massiccio meccanismo di intervento pubblico nel ciclo produttivo senza essere garantito dai pericoli di manifestazioni inflazionistiche. fin dal febbraio dell' anno scorso io avevo estreme preoccupazioni per il ciclo produttivo , e, quindi, per l' andamento dell' occupazione operaia. nella famosa lettera che il 18 febbraio dell' anno scorso rivolsi al presidente del Consiglio mi preoccupavo proprio del problema dell' occupazione operaia affermando che « vanno tenuti presenti i gravissimi rischi che, in conseguenza delle molteplici difficoltà che si sono accumulate né tempo, si contragga l' attività economica generale e di riflesso l' occupazione operaia nelle imprese. considerando che qualche paese europeo, di fronte a un eventuale deterioramento della sua congiuntura interna, potrebbe essere indotto a manovrare la leva della manodopera straniera » (cosa che disgraziatamente sta avvenendo) « e che molta manodopera nazionale ha subito imponenti dislocazioni, il suddetto rischio appare ancora più grave; e poiché l' inizio di una fase di disoccupazione è da ogni punto di vista soprattutto per i lavoratori il peggior male cui possa andare incontro il nostro paese, bisogna che Governo, Parlamento, amministrazione pubblica , imprenditori e organizzazioni dei lavoratori si preoccupino solidalmente di questa minaccia e facciano sollecitamente quanto è necessario per allontanarla e dare nuovo impulso alla nostra economia » . « credo — aggiungevo — che tu sia d' accordo che non si debba, nella delicata situazione in cui ci troviamo e mirando a raggiungere un positivo effetto globale, procedere per provvedimenti singoli e di carattere settoriale che rischierebbero fra l' altro lunghi e faticosi tempi di attuazione legislativa, ma sia necessario predisporre rapidamente un programma unitario » . onorevoli colleghi , quella era l' indicazione che io mi permettevo di dare l' anno scorso e che va sotto il nome di politica dei redditi . non mi pare che quello che è successo abbia tolto valore a quella indicazione, nonostante le polemiche che sono seguite. d' altra parte, cosa credete che importi a me personalmente nel trattare di questo problema? difendere in sé la fabbrica e il profitto? a me importa difendere la fabbrica, in quanto sistema di occupazione operaia. ammettete quindi che la preoccupazione non ci collocava in altra parte del fronte, ma ci collocava da questa parte, perché noi consideriamo il sistema produttivo come il sistema che consente l' aumento dell'occupazione , fino alla piena occupazione e, relativamente ad essa, il miglioramento del tenore di vita delle classi lavoratrici . ora, noi possiamo essere di fronte all' attuazione di un punto fondamentale della politica di programmazione e possiamo anche richiedere uno sforzo massiccio da parte del Governo. ma bisogna che assicuriamo la collettività dai rischi dell' inflazione. noi non possiamo ritentare uno sforzo massiccio e non sapere dove andiamo a finire! non è possibile, perché abbiamo fatto esperienze molto gravi al riguardo. si tratta qui di scegliere. vogliamo nuovamente aumentare il monte salari attraverso la ripresa dell' occupazione (e questo è un metodo di azione), o vogliamo riaumentarlo attraverso la ripresa dell' occupazione e una azione rivendicativa diretta all' aumento dei salari in qualsiasi altro settore (e questo è un ben diverso metodo di azione)? si tratta insomma di sapere se vogliamo accumulare due effetti sovrapposti sul monte salari e quindi aumentare il rischio di una spinta inflazionistica totale. ora sembra a me che la contropartita di un programma di espansione degli investimenti pubblici nel campo edilizio sia la stabilità in altri settori, per un certo periodo di tempo , per sei mesi almeno. l' onorevole Foa, con il quale da tempo cortesemente polemizzo, rispondendo su un giornale sindacale a questa mia precisa impostazione alternativa, ha detto che la mia ipotesi è « suggestiva » , è cioè interessante l' indicazione da me avanzata. egli fornisce, a proposito della mia impostazione, un esempio molto chiaro: nel caso di tre fratelli, di cui uno disoccupato, è meglio dare un lavoro a quest' ultimo anziché aumentare ad esempio del 10 per cento il salario ai due lavoratori già occupati, o fare viceversa? ora, secondo l' onorevole Foa, la mia ipotesi è suggestiva, ma non reale. al contrario, caro collega Foa, essa è reale! e questo di un investimento massiccio nell' edilizia, con aumento dell'occupazione , che abbia come contropartita la stabilità in altri settori, è il caso reale che stiamo esaminando. noi siamo di fronte alla possibilità di espandere la domanda e l' occupazione in un settore stabilizzando la situazione nel resto del sistema oppure di lasciare il sistema agire disordinatamente, nel qual caso l' effetto di un movimento ascensionale in un settore può essere (come in effetti è avvenuto) la diminuzione della domanda e dell' occupazione in altri settori. questa, onorevoli colleghi , è una deduzione che deriva dall' interesse che noi portiamo alla politica di programmazione, la quale ha un solo significato: che noi ci mostriamo capaci di valutare le ripercussioni che la politica condotta in un settore ha sul sistema nel suo complesso. se noi crediamo che politica di programmazione significhi continuare, come nel passato, a trattare singolarmente ciascun settore senza valutare gli effetti che l' intervento in un settore ha sugli altri, continueremo a fare della « sprogrammazione » permanente, e non entreremo cioè mai nel clima e nel metodo della programmazione. non vi entreranno gli imprenditori, non vi entrerà lo Stato e non vi entreranno nemmeno i sindacati operai, soprattutto quelle forze di sinistra che della programmazione hanno fatto l' oggetto principale della loro battaglia. noi siamo oggi di fronte a un caso analogo a quello verificatosi allorché si è proceduto alla nazionalizzazione delle aziende elettriche. anche in quel caso facemmo uno sforzo eccezionale, straordinario, strutturale (che tuttavia continua a non piacere al mio collega e simpatico amico onorevole Goehring), che bisognava però collocare nel sistema, stabilendo le reazioni che il sistema avrebbe dato a questo primo inizio di una politica programmata. ciò non è stato fatto, come ho avuto la franchezza di dichiarare, e ciò ha avuto le sue conseguenze. siamo di fronte allo stesso caso. se noi chiediamo un intervento massiccio a favore della domanda globale e dell' occupazione in un certo campo, dobbiamo essere tutti (sindacati operai, imprenditori, Stato) capaci di valutarne gli effetti sui rimanenti settori; e, per lo meno, avere la possibilità della valutazione medesima, senza che tutto il sistema contemporaneamente si muova in maniera disordinata. se non ne fossimo capaci, correremmo dei rischi mortali. l' esperienza vissuta e sofferta di questi anni ci deve indurre ormai a questo tipo di ragionamento. in verità sono propenso a consigliare al Governo un massiccio intervento nel campo edilizio, accorciando le procedure e facendo uno sforzo finanziario adeguato, poiché mi sembra che questo sia il meccanismo con il quale si può rovesciare l' andamento congiunturale. non sarei propenso a farlo, se il Governo non ottenesse garanzie sufficienti di poter far fronte alle spinte inflazionistiche. la nostra scelta quindi è coordinata. non basta che diciamo di essere d' accordo su un piano per il settore edilizio, per un ampliamento della domanda globale. il nostro esame deve essere più complesso e responsabile: dobbiamo guardare a tutti i punti del sistema e constatare che questo sforzo ci garantisca la stabilità monetaria del sistema stesso, cioè l' assorbimento di qualsiasi processo inflazionistico. questa è, nella sua essenzialità, la concezione che in questo momento i repubblicani hanno della crisi e della maniera di superarla. di fronte a questi due punti fondamentali di una politica congiunturale, si presentano altri problemi subordinati, che non meritano però l' attenzione centrale che meritano questi due aspetti: l' ampliamento della domanda globale nel settore dell' edilizia, la garanzia di stabilità monetaria e quindi antinflazionistica del sistema data da un accordo tripartito. entro questi limiti, se si realizzano tutti gli aspetti di questa complessa manovra, i repubblicani sono lieti di dare il loro pieno appoggio. sono anche lieti che il Governo abbia accettato un loro suggerimento: che i provvedimenti congiunturali non siano concepiti come provvedimenti legislativi singoli, divisi secondo l' ordine di competenza delle varie amministrazioni, ma trovino la loro unità nella fase economica che dobbiamo affrontare e superare. unità dunque di questi provvedimenti, e unità diversa dalla competenza delle varie amministrazioni. questo, come manifestazione di un nuovo metodo di esame che deve inquadrarsi nella politica di programmazione: provvedimento unico in tutti i suoi aspetti, appunto perché quando si tocca questo o quel settore, questo o quell' aspetto della congiuntura, lo si deve fare in quanto da essi risulti una visione coordinata e unitaria del problema. d' altra parte, dal punto di vista della procedura parlamentare, è questo il metodo più rapido e efficace perché il Parlamento sia posto di fronte ad una globale visione del problema e non debba attardarsi su particolari che devono essere inquadrati in detta visione. avviandomi così alla conclusione, dirò che questo mio intervento rappresenta un modesto apporto che noi intendiamo dare ad una delle discussioni più importanti che riguardino la politica economica del nostro paese, in un momento estremamente delicato e forse decisivo. noi possiamo, infatti, riprendere la marcia ascensionale o possiamo continuare ad involgerci in una crisi di crescente diminuzione della domanda e di diminuzione del ciclo produttivo . a me pare che da questa discussione il Governo possa trarre alcuni nuovi elementi di informazione, sia da parte della maggioranza, sia da parte dell' opposizione. mi pare anche che di fronte alla crisi in atto nel paese e che coinvolge il destino di milioni di uomini, questa differenza tra maggioranza e opposizione non si debba approfondirla oltre certi limiti: può essere una differenza politica, ma se noi riusciamo a trovare insieme un congegno per superare la crisi, questo gioverà alla maggioranza, all' opposizione, ma soprattutto gioverà al paese ed innanzitutto alle forze che dalla crisi sono più compromesse, perché più deboli. da qualche anno, da quando noi parliamo di politica dei redditi , non cerchiamo affatto di tutelare i forti, come falsamente si afferma, ma di tutelare seriamente e concretamente le ragioni dei più deboli. ed i lavoratori dell' industria edilizia, a mio giudizio, nel nostro sistema produttivo , non sono certo i più forti, ma escono dal ciclo prima degli altri. questo, ripeto, è l' apporto che noi abbiamo inteso dare alla discussione. spero che il Governo, che già conosce questi punti di vista , sia in grado di approfondirli e di dare una risposta estremamente motivata e concreta ai problemi da noi posti. e mi auguro che la discussione possa servire a superare una fase critica della vita economica del nostro paese.