Giuseppe SARAGAT - Deputato Opposizione
IV Legislatura - Assemblea n. 242 - seduta del 04-12-1964
1964 - Governo II Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 147
  • Attività legislativa

desidero, innanzitutto, osservare che la procedura concordata non mi consente di inserirmi nel largo dibattito che ieri si è svolto sulla politica estera . secondo gli accordi, i ministri competenti per materia possono intervenire soltanto sugli ordini del giorno riguardanti lo stato di previsione . poiché non sono stati presentati emendamenti, ma soltanto ordini del giorno , è su questi ultimi che io darò alcune delucidazioni. beninteso, sono sempre a disposizione degli onorevoli colleghi , sia in Commissione sia in Assemblea, per un più ampio dibattito di politica estera . pertanto, in questa sede non posso rispondere alle molto interessanti osservazioni fatte dagli onorevoli Bologna, Alicata, Pedini, Franchi, Marzotto, Pacciardi e De Marsanich . perciò, ripeto, dovrò limitarmi a rispondere sui tre ordini del giorno . il problema cinese, che forma l' oggetto dell' ordine del giorno Alicata è, come è noto, un problema complesso, in quanto si articola in quattro distinti profili: relazioni commerciali, riconoscimento diplomatico del governo di Pechino, riconoscimento delle credenziali dei rappresentanti della Repubblica popolare cinese all' Onu, sorte del Governo dell' isola di Formosa. ciascuno di questi aspetti è, in un certo senso, autonomo, in quanto vi sono Stati che ancora non hanno riconosciuto il governo di Pechino e intrattengono relazioni commerciali con la Repubblica popolare cinese . vi sono Stati che hanno un' ambasciata a Pechino, ma hanno votato e forse continueranno a votare contro il riconoscimento delle credenziali dei delegati della Repubblica popolare cinese all' Onu. infine, vi è il problema della sorte dell' isola di Formosa. converrà esaminare ciascuno di questi aspetti separatamente, al fine di poter meglio valutare tutta la portata del problema. in tema di relazioni commerciali con la Repubblica popolare cinese siamo venuti nella determinazione di dare una soluzione a quella che, fino a pochi giorni fa, era soltanto una situazione di fatto. stata cioè decisa l' apertura di un ufficio dell' Istituto del commercio estero a Pechino ed un analogo ufficio verrà aperto dai cinesi a Roma. ciò non significa che, prima di questa decisione, le relazioni commerciali fra il nostro paese e la Cina continentale fossero inesistenti. il posto occupato dall' Italia negli scambi commerciali della Repubblica popolare cinese non era affatto trascurabile e superava il livello raggiunto da altri paesi dell' Europa occidentale che intrattengono relazioni diplomatiche con il governo di Pechino. naturalmente ci auguriamo che detta situazione possa ulteriormente migliorare con l' apertura dei due uffici commerciali dell' ICE e del Consiglio cinese per lo sviluppo del commercio internazionale. su questo punto, dunque, sono in grado di dare piena assicurazione ai firmatari dei due ordini del giorno . vorrei aggiungere che questa decisione, allorché è stata comunicata a Washington, è stata oggetto di comprensione da parte del governo americano . passo ora ad esaminare il problema del riconoscimento della Repubblica popolare cinese e della conseguente ripresa delle piene relazioni diplomatiche tra Roma e Pechino. su questo argomento ebbi già a precisare la posizione del Governo il 14 febbraio scorso davanti al Senato. dissi allora che il problema non era quello di sapere se il governo italiano avrebbe riconosciuto il governo della Repubblica popolare cinese , ma quando. aggiunsi allora che la scelta del momento sarebbe dipesa da due circostanze: la convenienza per l' Italia e la compatibilità di questa decisione con quella politica di consultazione da noi, nel nostro proprio interesse, continuamente propugnata in sede atlantica. in altre parole, si tratta di sapere se oggi è più conveniente di prima per il nostro paese decidere il riconoscimento del governo di Pechino e se questa decisione è in armonia con le consultazioni in corso con i nostri alleati. che cosa è accaduto, a partire dal febbraio scorso che possa farci ritenere più conveniente di prima il riconoscimento del governo di Pechino? non mi voglio addentrare nel tema del contrasto cino-sovietico e sui suoi alti e bassi . non sarebbe di buon gusto né opportuno prendere posizione su di essi. si tratta di una questione che tocca direttamente il mondo comunista, l' Unione Sovietica e la Cina. l' evento verificatosi nel territorio della Repubblica popolare cinese che invece interessa tutti noi è stato l' esplosione nucleare del 16 ottobre scorso. è questo un evento che deve indurci ad affrettare il riconoscimento del governo di Pechino? tutti coloro — e credo che in quest' Aula rappresentano la quasi totalità — i quali considerano una iattura le esplosioni nucleari nell' atmosfera, converranno che il riconoscimento immediato del governo di Pechino non potrebbe essere interpretato se non come un incoraggiamento continuare ad ignorare quel trattato di Mosca — che pure è stato qui salutato con particolare compiacimento — e come una spinta verso la proliferazione degli armamenti atomici . questa è una delle ragioni principali per cui, a così breve distanza dalla esplosione nucleare nel Sinkiang e alla vigilia del voto dell' Assemblea delle Nazioni Unite , riteniamo meglio appropriato attendere ancora qualche tempo prima di adottare una decisione definitiva. detto ciò, desidero informarvi del fatto che il governo italiano , lungi dal restare in una posizione meramente passiva, ha già iniziato scambi di vedute dirette con quelle potenze alleate che si trovano nella — stessa sua posizione al fine di attuare quanto abbiamo sempre ritenuto costituisse una premessa indispensabile ad ogni nostra decisione. nello stesso tempo l' argomento è pure oggetto di contatti con Washington. in conclusione, la posizione del governo italiano in tema di riconoscimento della Repubblica popolare cinese è una posizione aperta e non lontana da una decisione. a nostro avviso, gli eventi intercorsi dopo l' ampio dibattito in materia avvenuto il 14 febbraio al Senato non sono in favore di un più sollecito corso. questa è la posizione del governo italiano . come ho già sottolineato poco fa, il problema del riconoscimento delle credenziali dei delegati all' Onu si distingue da quello del riconoscimento diplomatico. ad esempio, l' Olanda che ha un ambasciatore a Pechino, e la Gran Bretagna che, fin dal 1949, ha ripreso le relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare cinese , hanno sempre votato contro il riconoscimento delle credenziali dei delegati di Pechino. quali sono state le ragioni di questo comportamento? esso trae le sue origini dal fatto che la Repubblica popolare cinese è stata condannata quale Stato aggressore dalle Nazioni Unite nel giugno del 1950 e che il suo comportamento dopo tale condanna non ha indotto la maggioranza, dei membri delle Nazioni Unite a considerarlo come un Governo « amante della pace » , requisito essenziale per l' appartenenza alle Nazioni Unite . la mancata adesione al trattato di Mosca del 4 agosto 1963 e l' esplosione nucleare nel Sinkiang devono indurci a modificare questa valutazione proprio alla vigilia del voto nella diciannovesima Assemblea dell' Onu ? anche questo è un interrogativo che ci sembra difficilmente solubile con una immediata risposta positiva. il governo italiano non disconosce l' importanza di un colloquio diretto con Pechino e valuta adeguatamente il peso dei 700 milioni di abitanti dello Stato cinese nella comunità internazionale . anche qui le nostre disposizioni sono ispirate a realismo e comprensione, ma proprio questo realismo ci induce a ritenere che il problema dell' ingresso dei delegati della Repubblica popolare cinese nell' Onu possa essere appropriatamente risolto solo quando sia stata trovata una soluzione anche agli altri problemi che tale evento porterà alla ribalta. questa soluzione potrà richiedere ancora qualche tempo. con questo sono arrivato al problema della posizione dell' isola di Formosa, attuale sede del Governo nazionalista di Taipeh. i termini di questa questione sono complessi e non è possibile ignorarli. in occasione della conferenza del Cairo nel 1943 la Gran Bretagna e gli USA — che erano in guerra contro il Giappone mentre l' Unione Sovietica manteneva le sue relazioni diplomatiche con Tokyo — decisero di assegnare al termine della guerra l' isola di Formosa alla Cina, in quel tempo governata dai Ciang Kai Scek il quale, tra parentesi, doveva allearsi con l' Unione Sovietica nell' agosto del 1945. quando venne sottoscritta la pace di San Francisco il Giappone rinunciò alla sovranità sull' isola di Formosa, ma nessun trattato multilaterale ha ancora disposto l' assegnazione dell' isola ad alcuno Stato. su quel territorio si trova attualmente il governo di Ciang Kai Scek ed hanno trovato rifugio alcuni milioni di profughi nazionalisti cinesi. inoltre gli USA sono impegnati da un trattato formale di alleanza a difendere l' isola di Formosa dagli attacchi della Cina comunista . se il problema di Formosa non verrà tempestivamente preso in considerazione nel senso di mantenere una rappresentanza autonoma all' Onu, esiste dunque la possibilità di contribuire allo scoppio di un conflitto militare tra Pechino e Washington. questa prospettiva non può lasciarci indifferenti come non ci lascerebbe indifferenti che gli USA fossero indotti ad ignorare i propri solenni impegni internazionali. nemmeno la volontà degli abitanti dell' isola di Formosa potrebbe essere del tutto ignorata. queste sono le ragioni per le quali il governo italiano è d' avviso che occorra studiare attentamente l' intera questione prima di arrivare ad una conclusione definitiva. l' analisi da me fatta mi ha offerto l' opportunità di illustrarvi tutti gli aspetti della questione e di spiegarvi le ragioni che ci inducono a seguire una linea di condotta che vuole essere meditata e realistica. ecco perché non posiamo accettare l' ordine del giorno presentato dagli onorevoli colleghi di parte comunista. l' ordine del giorno dell' onorevole Pajetta ed altri solleva ancora una volta il problema della forza multilaterale, sul quale il Governo ha già avuto occasione di far conoscere ripetutamente la sua posizione al Parlamento. lo solleva però in una prospettiva e partendo da premesse errate, sulle quali devo attirare l' attenzione degli onorevoli firmatari e della Camera. l' ordine del giorno si sofferma innanzitutto sul pericolo che per le prospettive della coesistenza pacifica rappresenta la corsa al riarmo e la ulteriore estensione degli apparati militari esistenti. si potrebbe discutere se il pericolo più grave non sia rappresentato piuttosto dalla rottura di quel delicato equilibrio che della coesistenza e dello stesso sviluppo del disarmo appare, nell' attuale situazione internazionale, premessa necessaria. ma anche limitandomi alle argomentazioni dell' ordine del giorno , vorrei chiedere ai suoi firmatari se siano al corrente dell' editoriale della Pravda del 13 novembre sulla politica estera sovietica. osservatori attenti di cose sovietiche quali l' onorevole Pajetta e gli altri firmatari devono aver letto e meditato questo editoriale dal titolo: « fedeltà indefettibile agli interessi dei popoli » , inteso a dimostrare che l' Unione Sovietica desidera la continuazione del processo di distensione internazionale, e a ribadire l' interesse del governo di Mosca per misure idonee a circoscrivere la corsa agli armamenti. e se essi lo hanno — come non dubito — letto e meditato, non può essere loro sfuggita la conclusione nella quale si dichiara che l' Unione Sovietica , pur continuando a favorire una politica di coesistenza, resterà vigilante e terrà al più alto livello la sua potenza difensiva fino a quando non sarà raggiunto un accordo di disarmo. onorevoli colleghi , se questa è la posizione dell' Unione Sovietica e se essa è valida per quel paese, perché non dovrebbe essere valida anche per noi e per tutto l' Occidente? passo al secondo punto dell' ordine del giorno . esso tende a dimostrare che la progettata forza multilaterale romperebbe l' attuale equilibrio politico-militare del nostro continente. se fosse fondata, questa accusa avrebbe non poco peso, perché, come ho già accennato, noi siamo convinti che la distensione, il dialogo tra est e ovest e lo stesso disarmo sono resi possibili dal mantenimento dell' equilibrio esistente, e che rafforzando tale equilibrio si aumentano anche le possibilità di sviluppi del genere. noi siamo altresì convinti che, nella situazione strategica attuale, nella quale missili sovietici di medio raggio sono tuttora puntati sull' Europa — e vorrei ricordare a questo proposito le più recenti dichiarazioni del maresciallo Malinowski — una difesa multilaterale costituirebbe un rafforzamento e non un turbamento dell' equilibrio militare esistente. ma anche in questo caso preferisco far parlare gli avversari della forza multilaterale. il 14 novembre l' agenzia Tass ha diramato una nota di tono, se fosse possibile, ancora più ufficiale del solito, nella quale vengono esposti gli argomenti che, secondo il governo sovietico , militerebbero contro la costituzione di una forza multilaterale. non li enumererò, anche perché nessuno di essi, è nuovo, né mi attarderò qui a ribatterli sia perché non sono questi la sede né il momento, sia perché molti di essi rientrano in ben noti clichés propagandistici che noi respingiamo. mi limiterò invece ad attirare l' attenzione degli onorevoli firmatari dell' ordine del giorno sul punto di detta nota nel quale si afferma che « la creazione della flotta nucleare multilaterale della NATO non cambierebbe l' equilibrio di forze esistenti nel mondo » . esattamente il contrario cioè di quanto, onorevole Pajetta, afferma il suo ordine del giorno . quanto alla successiva asserzione dell' ordine del giorno , secondo la quale da parte americana e tedesca si premerebbe perché si proceda entro la fine del corrente anno alla ratifica dei protocolli preliminari dell' accordo costitutivo della forza multilaterale, posso assicurarle, onorevole Pajetta, che nulla è più lontano dalla realtà e che, se pressioni del genere fossero esercitate nei nostri riguardi, noi le respingeremmo, fermamente intenzionati come siamo, e come abbiamo dichiarato ripetutamente, ad esaminare pacatamente i risultati degli studi in corso e a decidere in conseguenza, quando saremo in possesso di tutti gli elementi necessari alla formulazione di un giudizio. né posso convenire con i Armatami dell' ordine del giorno nel ritenere che « con l' affermazione del partito laburista in Inghilterra siano maturate le condizioni politiche auspicate e richieste dai partiti della maggioranza per concretare la loro apposizione nei confronti della forza multilaterale » . ciò non mi sembra esatto. in primo luogo, per quanto grande possa essere l' interesse che noi portiamo all' atteggiamento del governo britannico , per quanto simili siano taluni nostri orientamenti, e per quanto di affine ci possa unire nella nostra comune avversione verso gli armamenti nucleari nazionali, la nostra decisione non potrà non essere presa autonomamente, avendo di mira prima di tutto i nostri interessi. in secondo luogo, sbagliano i firmatari dell' ordine del giorno se ritengono che l' attuale governo britannico sia meno deciso di quello precedente nel partecipare, anche con le armi nucleari , alla difesa del mondo occidentale. né ha alcun fondamento il ritenere in particolare che il governo britannico sia orientato contro forme di integrazione della difesa nucleare (perché a questo mira la formula della forza multilaterale). al contrario, proprio in questi giorni da parte britannica altre idee sono in gestazione che, se possono differire in qualche aspetto dal progetto di forza multilaterale allo studio a Parigi, sono ad esso strettamente legate e si ispirano agli stessi principi di interdipendenza nucleare, di opposizione alla disseminazione delle armi nucleari , di responsabilità e di controllo collettivo di dette armi, di opposizione ai deterrenti nazionali. vorrei a questo proposito, prima di concludere, sottoporre all' attenzione dell' Assemblea ed in particolare dei colleghi comunisti questa considerazione: non sfugga che tutto ciò che può scoraggiare le forze democratiche della Germania di Bonn giova alle forze reazionarie latenti in quel paese come, del resto, in tutti i paesi. si pensi al pericolo di un dialogo atomico limitato alla Germania e alla Francia, che si risolverebbe a più o meno lunga scadenza in un dialogo fra elementi nazionalistici. certo il sentimento democratico degli attuali governanti della Francia e della Germania eviterebbe oggi tale pericolo. ma la logica delle cose spingerebbe in avvenire al prevalere di forze nazionalistiche. ed è a questo dialogo che si arriverebbe se fosse interrotto quello sulla interdipendenza in materia di difesa nucleare che si sta intrecciando tra gli USA democratici, l' Italia democratica e le altre potenze democratiche del sistema atlantico, compresa, beninteso, la Francia, con la quale non rinunzieremo mai alla speranza di un accordo anche su questo terreno. quanto all' ultimo argomento, concernente nostre possibili iniziative nel campo del disarmo, non credo sia necessario che io ricordi ancora una volta la nostra attiva partecipazione alla conferenza di Ginevra ed il contributo di pensiero che l' Italia ha dato in quella sede per la creazione di quell' atmosfera propizia che ha reso possibile la conclusione del trattato per il bando degli esperimenti nucleari atmosferici, nello spazio e sottomarini. e poiché l' ordine del giorno al quale rispondo cita questo trattato come un accordo parziale di grande portata e impegna il Governo a dare il proprio sostegno ad analoghe proposte, desidero riconfermare in questa sede che il Governo non solo è favorevole, ma auspica vivamente l' estensione del trattato per il bando degli esperimenti nucleari anche alle esplosioni sotterranee, con quelle garanzie che si rendono ancora necessarie, e si adopera e continuerà ad adoperarsi in tutti i modi e a tutti i livelli, in seno all' Alleanza Atlantica come nelle altre sedi internazionali, in favore di tutte quelle iniziative che, come un accordo sulla non proliferazione nucleare, sono veramente e concretamente suscettibili di far progredire nella pace e nella sicurezza una politica di distensione e di disarmo. forte di questa posizione moderata e responsabile, aperto come è a tutte le iniziative concrete in favore della non disseminazione e del disarmo, cosciente della vastità e gravità dei problemi dell' organizzazione e del controllo delle armi nucleari , la cui soluzione si ripercuoterà per i prossimi decenni sulla sicurezza del paese, il Governo riconferma il suo orientamento di fondo più volte illustrato. il Governo — libero, ripeto, da qualsiasi scadenza ultimativa — esaminerà pacatamente il problema sulla base dei risultati degli studi in corso e delle nuove idee che fossero avanzate, subordinando la sua decisione alla realizzazione, da parte di queste iniziative, del rafforzamento della sicurezza del paese, del controllo collettivo degli armamenti nucleari e della loro non disseminazione, e porterà infine il problema al giudizio del Parlamento. mentre quindi, il Governo respinge, per i motivi su esposti, l' invito a dare parere negativo alla costituzione della forza multilaterale, fa notare agli onorevoli firmatari che la seconda parte dell' invito rivoltogli non appare in alcun modo in contrasto con la posizione del Governo, che si trova già da tempo sulle linee indicate dall' ordine del giorno . l' ordine del giorno relativo al Parlamento europeo mi offre lo spunto per fare una breve dichiarazione preliminare sulla più recente iniziativa italiana in materia di politica europea : alludo alle proposte italiane per la unificazione politica dell' Europa, contenute in un documento da me consegnato ed illustrato ai rappresentanti diplomatici dei paesi direttamente interessati. stato proprio « considerando l' incertezza e la precarietà in cui attualmente versano la politica e le prospettive stesse delle comunità europee » — come dicono i firmatari dell' ordine del giorno in questione — che il governo italiano ha ritenuto non fosse più sufficiente perseverare nella sua azione di contatto e di persuasione presso gli altri governi in favore del rilancio dell' unificazione politica europea , instancabilmente condotta già da vari mesi, ma fosse giunto il momento di presentare proposte proprie. desidero qui sottolineare che il principio che ci ha ispirato nel redigere questo documento e che di sé informa tutte le sue parti, sia quelle sostanziali sia quelle procedurali, è uno solo: costruire una comunità profondamente democratica, nelle istituzioni e nel funzionamento, capace — per tale sua caratteristica — di contribuire alla distensione internazionale, alla solidarietà con i paesi in via di sviluppo , al consolidarsi di strette relazioni tra Europa e USA. a tale imperativo rispondono, come risulta da un' attenta lettura, le varie caratteristiche del nostro documento; la gradualità del processo di unificazione fissata in un periodo sperimentale di tre anni in cui, senza accordi formali di sorta, i ministri responsabili con frequenza trimestrale ed i capi di Stato e di Governo con frequenza annuale cercheranno di elaborare politiche comuni, l' apertura » della Comunità verso il Regno Unito e gli altri Stati europei che accettino i principi e gli obiettivi dei trattati di Roma , la salvaguardia delle esistenti comunità europee ; e soprattutto lo sforzo di conseguire la piena attuazione di quelle disposizioni e indicazioni contenute nei trattati di Parigi e di Roma che tendono a realizzare la elezione a suffragio universale dei membri del Parlamento europeo ed a rafforzare i poteri del Parlamento europeo . proposte diverse, ma un unico intento: contribuire » — vi leggo la conclusione della prima parte del nostro documento — « alla piena, progressiva democratizzazione delle istituzioni comunitarie » . in altre parole, sulla base dell' esperienza di questi ultimi anni e con la conoscenza delle posizioni delle altre potenze della comunità economica europea, abbiamo tenuto conto in modo particolare di due esigenze fondamentali. in primo luogo, rinunciare alla sottoscrizione immediata di un testo formale di trattato. solo la pratica di un triennio ci potrà dire se i tempi sono già maturi per stipulare un trattato sull' unione politica europea . in secondo luogo, riteniamo essenziale pervenire gradualmente ad una qualche intesa preliminare sugli obiettivi perseguiti. fino a questo momento tale intesa, non esiste ancora. dobbiamo sapere che Europa desideriamo costruire e perché. dopo questa auspicata comparazione preliminare, tutto diverrà più facile e più durevole. questa iniziativa si colloca in un momento particolarmente delicato ma, proprio per tale ragione, non abbiamo esitato ad assumere le nostre responsabilità, anche a costo di qualche possibile delusione. le prime reazioni sono state finora incoraggianti, ma il negoziato vero e proprio è ancora lontano. ciò che conta è che, in una fase di delusione e forse di pessimismo, la nostra voce risuoni immutata nell' incoraggiamento a proseguire nello sforzo verso la giusta direzione. vengo ora alla risposta all' ordine del giorno . il governo italiano si è costantemente adoperato, nelle competenti istanze comunitarie, per sollecitare la messa in atto di sistemi intesi a permettere le elezioni a suffragio universale e diretto dei membri del Parlamento europeo , in applicazione di quanto è prescritto al riguardo dai trattati istitutivi delle tre comunità, nonché una revisione dei trattati stessi nel cui quadro vengano adeguatamente ampliati, in un armonico equilibrio istituzionale, i poteri del Parlamento stesso. in tale ordine di idee — che corrisponde al criterio cui l' Italia ha sempre ispirato la sua azione comunitaria circa l' esigenza di una maggiore e progressiva democratizzazione della costruzione europea — vanno specificamente richiamate le dichiarazioni da me fatte nell' esporre al Consiglio dei ministri della Cee del febbraio ultimo scorso il pensiero italiano circa il programma di lavoro per il corrente anno. nella stessa occasione, da parte italiana è stata formalmente avanzata la proposta che almeno come primo passo verso la completa applicazione del principio dell' elezione a suffragio universale e diretto dei componenti dell' assemblea comunitaria — fosse adottata a breve scadenza una formula intermedia, secondo cui: 1) venissero raddoppiati i membri del Parlamento europeo (da 142 a 284); 2) la metà di tali membri continuasse ad essere designata dai parlamenti nazionali, mentre l' altra metà venisse eletta a suffragio universale diretto. a seguito di una nostra presa di posizione in tal senso, abbiamo altresì ottenuto successivamente che il Consiglio accettasse il principio che il problema del rafforzamento e dell' ampliamento dei poteri del Parlamento europeo nonché quello della elezione dei suoi membri a suffragio universale e diretto debbano essere studiati e risolti contemporaneamente al problema della fusione delle Comunità. è infine da ricordare che nell' ultima sessione del Consiglio stesso (svoltasi dal 10 al 12 novembre), si è fra i sei governi convenuto — a seguito, ancora una volta, di una nostra iniziativa — che i competenti organi comunitari procederanno nei prossimi mesi ad uno studio approfondito non solo delle varie proposte di acceleramento nell' attuazione dei settori economici del mercato comune , ma anche del progetto circa la parziale elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo , da noi avanzato — come ho detto sopra — fin dal febbraio scorso. il Governo ritiene pertanto di avere agito fin qui — e si ripromette di continuare ad agire in futuro — conformemente ai voti che non sono soltanto propri dei firmatari dell' ordine del giorno in questione, bensì di tutto il Parlamento italiano; a quest' ultimo esso è pronto a riferire sulla sua linea di azione nell' ambito comunitario nelle forme costituzionali, ed anche mediante relazioni periodiche, secondo quanto, a tale proposito, si è già impegnato a fare in sede di dibattito, da parte della Camera, del disegno di legge concernente la delega ad emanare provvedimenti nelle materie previste dai trattati di Roma . per quanto concerne infine il rinnovo della delegazione italiana al Parlamento europeo , il Governo — pur auspicando che siffatto rinnovo possa avvenire quanto prima, per assicurare una maggiore rappresentatività delle forze politiche interne — deve tuttavia osservare che la designazione di detta delegazione rientra nella competenza esclusiva del Parlamento italiano, secondo le modalità concordate, nella loro sovranità, dai due rami di esso. ritengo di avere in tal modo illustrato in maniera esauriente non solo gli intendimenti, ma soprattutto l' azione concreta svolta dal governo italiano nella materia che ha formato oggetto dell' ordine del giorno Diaz Laura. alla luce di quanto sono venuto esponendo, non avrei difficoltà ad accettare questo ordine del giorno , se esso non contenesse una richiesta — quella appunto relativa al rinnovo della delegazione italiana al Parlamento europeo — che, come ho detto, esula della competenza governativa. il Governo non può pertanto che respingerlo, almeno nella sua attuale formulazione.