Aldo MORO - Deputato Opposizione
IV Legislatura - Assemblea n. 171 - seduta del 24-06-1964
1964 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 397
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli Deputati , aderendo alla richiesta che mi è stata fatta dal Parlamento ho assistito alle fasi salienti di questo importante dibattito sul bilancio dello Stato e mi appresto a concluderlo con un breve intervento che integra quelli svolti dai ministri competenti. non è per una ragione di convenienza che io desidero sottolineare in questo momento il mio interesse e la mia attenzione per le cose che sono state dette qui da tutti i settori politici e ringraziare gli oratori i quali hanno partecipato al dibattito, offrendo al Governo, con il loro consenso o con il loro motivato dissenso, utili elementi di riflessione in ordine alle esigenze del paese ed all' azione da svolgere per soddisfarle. vorrei solo respingere un rilievo critico che mi è stato, io credo, ingiustamente rivolto e cioè che, con scarsa considerazione del Parlamento, io mi sarei sottratto ad un vero dibattito, fondato cioè su mie precise dichiarazioni. ebbene, io ho risposto, com' è noto, al dibattito svoltosi intorno ad una mozione e varie interpellanze, riprendendo i vari temi che erano stati trattati secondo una vasta prospettiva che toccava ad un tempo la politica economica e quella generale del Governo. e ho risposto in una linea di piena coerenza con il mio precedente intervento al Senato e con qualche ulteriore precisazione. era così regolarmente chiuso il dibattito che era stato aperto dalle opposizioni. e tuttavia, avendo presenti rilievi critici e richieste di spiegazione affiorati nelle repliche, ho di buon grado aderito all' invito a dar corso, sulla base delle mie dichiarazioni, ad un altro dibattito, inserito, per evidente connessione di materia, in quello generale sul bilancio dello Stato . questa nuova discussione ha avuto come oggetto principale le mie ultime affermazioni dinanzi alla Camera, alle quali sono state rivolte numerose critiche e per le quali sono stati domandati dei chiarimenti. ad essi io rispondo ora. questa è la logica di tutti i dibattiti. non vedo francamente come mi si possa accusare di aver fatto mancare elementi di giudizio e mi si possa invitare ad un ulteriore chiarimento come premessa di un ulteriore dibattito. io credo di essere stato esauriente e chiaro. se qualche ragione di incertezza vi fosse, sono qui per dissiparla con la mia precisazione sulle valutazioni e sui propositi del Governo. e con ciò il dibattito si chiude naturalmente e regolarmente. ed è un dibattito che, ripeto, ho personalmente affrontato ben volentieri, benché il Governo nella discussione del bilancio sia rappresentato dai ministri finanziari, per rispetto verso il Parlamento ed ancora per la coscienza, che ho ben viva, delle difficoltà del momento presente e del diritto e dovere che tutti hanno di contribuire ad illuminarle e ad indicare la via migliore per superarle. e neppure ci si può addebitare, come è stato fatto da più parti, la circostanza che non siano a tutt' oggi conosciuti ed oggetto di valutazione parlamentare i provvedimenti anticongiunturali da me, in linea di principio , preannunciati. ma, a parte la delicatezza della materia che richiede un ponderato esame, il quale per altro sta per concludersi, debbo rilevare che proprio il pressante ed indilazionabile impegno della discussione del bilancio nei due rami del Parlamento, attentamente seguita, com' è naturale, dai ministri del settore finanziario, ha ritardato la messa a punto di provvedimenti atti a superare le presenti difficoltà, le quali però sono state e continuano ad essere controllate giorno per giorno. quando a brevissima scadenza queste decisioni saranno state prese, esse formeranno oggetto di organico esame da parte del Parlamento, al quale dunque il Governo offre a mano a mano tutti gli elementi di giudizio e le prospettive operative dei quali viene in possesso nell' esercizio della sua responsabilità Enel potere di iniziativa legislativa . debbo altresì respingere l' accusa che l' onorevole Giorgio Amendola ci ha rivolto di non si sa bene quale anomalia, di non si sa bene quale intrigo nella elaborazione delle posizioni del Governo in questa delicata materia che sarebbe, ancora una volta, sottratta ad una effettiva e costruttiva deliberazione del Parlamento. ma nel nostro modo di procedere non ci sono né stranezza né intrigo. c' è un responsabile dibattito, con la consultazione di esperti qualificati, tra i ministri più direttamente competenti e poi in Consiglio dei ministri . esso dura quanto la difficoltà e la portata della materia trattata richiedono, utilizzando l' apporto di diverse competenze ed esperienze. il risultato di questo lavoro diventa poi oggetto del libero dibattito del Parlamento, al quale spetta la definitiva decisione. ed è strano che quasi si accusi il Governo di forzare in qualche modo questa decisione, quando esso, in altra analoga occasione, è stato criticato piuttosto per avere acconsentito ad emendamenti proposti in Parlamento ai provvedimenti anticongiunturali da esso predisposti. ebbene, il Governo, che pure riafferma tutti i suoi poteri costituzionali, sa bene che ad esso spetta l' iniziativa legislativa e non già la legislazione, pur avendo esso il diritto e il dovere di valutare se le modifiche introdotte siano incompatibili con la sua linea di azione, per trarne le naturali conseguenze. nessun intrigo dunque e nessun misterioso centro di potere. debbo così con fermezza respingere i rilievi mossi e le illazioni, talvolta veramente fantastiche, tratte dalla visita del signor Marjolin a Roma. si è trattato di un amichevole, costruttivo e franco scambio di vedute nell' ambito dello statuto della comunità economica europea e nel corso del quale è stata esaminata la situazione economica italiana in rapporto alla Comunità, alla quale il Governo attribuisce la massima importanza in relazione al suo fondamentale proposito di conservare al nostro paese i benefici di una economia aperta ed al suo intento, che insieme con il ministro degli Esteri ho ancora lunedì confermato in una sede internazionale qualificata, di andare innanzi sulla via della integrazione economica e politica dell' Europa. non sarebbe corretto fare in questo momento indiscrezioni sul contenuto delle conversazioni. posso solo dire che, nello svolgimento di esse, sono stati egualmente tenuti presenti le responsabilità ed i poteri costituzionali del governo italiano e le ragioni proprie della Comunità, alla quale l' Italia aderisce con profonda convinzione in forza di un trattato liberamente stipulato e ratificato dal Parlamento. ed ora vorrei fare qualche cenno sulla situazione congiunturale , anche se essa ha impegnato il dibattito, con valutazioni e suggerimenti, forse meno che non sia avvenuto per alcuni punti di rilievo politico delle mie precedenti dichiarazioni. debbo innanzitutto porre in risalto il riconoscimento avanzato dai gruppi politici che hanno partecipato al dibattito sulla controllabilità della situazione economica : il che significa anche aver dato atto al Governo della sua impegnata azione nel dominare, senza che rilevanti effetti si siano avuti sul piano che più interessa tutti noi, il piano dell' occupazione, una congiuntura particolarmente difficile, ma che già presenta qualche sintomo di miglioramento. ed il riconoscimento della positiva azione svolta dal Governo si riflette, nonostante tutto, nell' opposizione dell' estrema sinistra . ieri sera l' onorevole Amendola ha tracciato un quadro congiunturale che, esplicitamente, anche se ad altri fini, ha dichiarato più roseo di quelli denunciati anche da colleghi investiti di responsabilità di Governo e pertanto più responsabili nella definizione di giudizi, nella esposizione di dati, nel suggerimento di terapie. la nostra responsabile azione ha dunque indotto il partito comunista italiano ad ammettere che non tutto va male e che l' espansione della produzione e del reddito, globalmente considerati, procede a ritmo non trascurabile. ho avuto modo, nella mia esposizione sulla situazione economica del 12 giugno, di informare la Camera dei Deputati che un primo concreto, positivo risultato dell' azione di contenimento della liquidità avviata fin dalla estate scorsa essenzialmente attraverso il controllo delle tre fonti di creazione della liquidità stessa (tesoro dello Stato, credito ed indebitamento delle banche all' estero) è rappresentato dalla positiva evoluzione della bilancia dei pagamenti . questa per aprile — e per la prima volta dal settembre 1962 — si è chiusa con un saldo attivo. dissi il 12 giugno che siamo di fronte ad un risultato che supera ogni previsione che poteva esser fatta nei mesi precedenti, ma aggiunsi subito dopo che questo primo successo — al quale invero si è accompagnata una decelerazione nel ritmo di crescita dei prezzi — non deve naturalmente indurci ad un facile ottimismo ed a considerare chiuso il periodo dell' austerità e delle scelte difficili. il miglioramento in aprile della bilancia dei pagamenti è legato ad un aumento notevole delle esportazioni, che è indubbiamente un fatto positivo da qualsiasi punto di vista lo si esamini e specialmente per i riflessi che ha sul piano dell' occupazione e su quello dello sviluppo del reddito. ma anche da una contrazione delle importazioni deriva il miglioramento di aprile del nostro conto generale con l' estero. contenimento delle importazioni che rappresenta l' effetto della politica di contenimento della liquidità sul mercato interno . contenimento che, se riguardasse beni di consumo non necessari (non dimentichiamo mai che nel 1963 circa un terzo del deficit della bilancia dei pagamenti fu provocato dalle importazioni di automobili), non preoccuperebbe la nostra attenzione e la nostra azione; se invece dovesse riguardare beni strumentali e materie prime per l' industrie, mentre segnerebbe comunque un punto attivo per la politica di stabilizzazione, creerebbe nuovi ed impegnativi problemi per quel che attiene lo sviluppo del reddito ed il volume dell' occupazione. la nostra ambizione, il nostro impegno, la volontà del Governo si concretano in una politica di stabilizzazione che non abbia effetti, o abbia effetti trascurabili, sul piano della occupazione e contemporaneamente sul tasso di sviluppo del reddito nazionale . ed è l' unica politica, la più difficile delle politiche di stabilizzazione che ci si possa proporre, che non faccia pagare ai lavoratori il costo della stabilizzazione. sarebbe più facile, più sbrigativa, a risultato immediato, una politica di stabilizzazione realizzata soltanto con severe restrizioni creditizie, indiscriminatamente applicate ed integrata da misure fiscali per conseguire nello spazio di sei mesi la stabilizzazione; ma una tale politica riproporrebbe il problema di una notevole disoccupazione, riproporrebbe insieme ad esso una netta contrazione del reddito nazionale nel suo valore assoluto, non nel tasso di sviluppo. ecco perché quando perseguiamo una politica di stabilizzazione che non comprometta il livello dell'occupazione , né il tasso di sviluppo del reddito e chiediamo a tal fine il responsabile concorso di tutti i fattori che partecipano alla vita produttiva del paese — facciamo una politica autenticamente popolare. certamente più popolare e più conforme all' interesse di tutti i lavoratori italiani rispetto a quella suggerita dall' opposizione, che finge di non vedere che un indiscriminato aumento della remunerazione del lavoro in eccedenza alla produttività del sistema porta alla distruzione di attività produttive e quindi al licenziamento di parte degli operai ai quali si è tentato di dare un più alto salario. l' onorevole La Malfa ha posto ieri sera bene in luce questa miope politica del partito comunista : tanto più grave se, com' è stato pur detto, si tratta di una scelta ideologica che porterebbe al decadimento dell' economia italiana ed alla compromissione delle istituzioni democratiche che la governano. tornando dunque alla situazione congiunturale debbo qui riaffermare che il confortevole andamento della bilancia dei pagamenti in aprile non deve trarci in inganno; né dobbiamo rallentare la nostra azione nella prospettiva di un raccolto agricolo favorevole e di una produzione industriale ancora in evoluzione. del resto tutti i dati a nostra disposizione, e gli altri esposti dai ministri finanziari, stanno a dimostrare che sussistono notevoli difficoltà specialmente per trovare le fonti di finanziamento degli investimenti. la politica di contenimento del credito ha decelerato il ritmo di crescita degli impieghi, dando così un contributo ad un migliore equilibrio fra produzione in termini reali e mezzi monetari in circolazione. il risparmio bancario, d' altra parte, non è aumentato. ed insieme con un rallentamento del risparmio bancario si è avuta anche una diminuzione del risparmio postale: all' uno ed all' altro segue una carenza di afflusso di risparmio al mercato finanziario con conseguenti non lievi difficoltà nella emissione di valori, sia azionari sia a reddito fisso. a queste obiettive difficoltà nell' acquisizione all' esterno di mezzi di finanziamento degli investimenti si aggiunge, per le aziende sia pubbliche sia private, la riduzione o l' annullamento per molte di esse delle capacità di autofinanziamento. ne deriva che il problema principale che è di fronte a noi, per una politica di stabilizzazione che non intacchi l' occupazione e non comprometta lo sviluppo del reddito, è quella di provvederei mezzi per il finanziamento degli investimenti. se il processo di investimenti dovesse interrompersi, non soltanto perderemmo la speranza di conseguire livelli più elevati di benessere e di civiltà, ma rischieremmo di vedere venire meno il livello economico conseguito negli anni passati. freno agli investimenti significa, infatti, anche arretramento tecnologico e perdita di competitività sia sui mercati esteri sia su quello interno. ed è ormai a tutti noto quanto importante sia, in termini di reddito e di occupazione, la componente rappresentata dal commercio internazionale. non dobbiamo dunque frenare gli investimenti per non compromettere livello di reddito e livello di occupazione : nello stesso tempo non possiamo pensare di alimentare gli investimenti con creazione di liquidità da parte dell' istituto di emissione, perché porteremmo un ulteriore contributo allo squilibrio ancora in atto fra segni monetari e produzione reale. occorre invece che al finanziamento degli investimenti si provveda innanzitutto con la formazione di risparmio reale; vi si potrà anche provvedere attraverso lo strumento creditizio, ma soltanto quando si sarà certi che ciò serva veramente ad incrementare gli investimenti. la formazione del risparmio reale presuppone la stabilità: nessuno risparmia se non è certo che l' unità monetaria conservi integro il suo valore. la stabilità monetaria, a sua volta, si conquista eliminando il fondamentale squilibrio derivante dall' eccesso della domanda rispetto all' offerta; eccesso determinato anche da un aumento, conseguito in un arco di tempo troppo breve, delle remunerazioni del lavoro dipendente . come dicevo nel mio precedente discorso, non si può negare che i dati strutturali della nostra economia condizionino l' attuale congiuntura; un diverso volume di accumulazione di capitale e di progresso tecnico avrebbe permesso di assorbire con maggiore facilità incrementi di salari che lasciano pur sempre i nostri livelli di remunerazione del lavoro al disotto di quelli di altre economie; ed una maggiore elasticità di offerta di taluni prodotti e servigi avrebbero permesso di sodisfare l' accresciuta domanda di questi anni senza le tensioni sui prezzi e l' aumento di rendita che di fatto abbiamo sperimentato. si può bene ritenere che il processo di sviluppo degli « anni Cinquanta » , per le stesse dimensioni che ha assunto, trasformando la economia italiana da economia prevalentemente agricola in economia prevalentemente industriale, raddoppiando il reddito nazionale , risolvendo il problema della disoccupazione, ha tuttavia esaltato vecchi squilibri e ne ha forse creato di nuovi. ma questo — come bene ha detto ieri sera l' onorevole La Malfa — è un dato di fatto . la eliminazione di queste strozzature richiede però una accorta e lunga opera di programmazione. ma fino a quando questa azione di lungo respiro non avrà dato i suoi frutti, la struttura rimane un dato che condiziona largamente la politica anticongiunturale. c' è un vitale obiettivo dunque da perseguire in sede di politica di programmazione: ma una seria politica di programmazione — una politica di sviluppo ordinata nel quadro di un programma — non si può perseguire, onorevoli colleghi , se non su basi solide, su basi di stabilità. senza la stabilità della moneta manca il risparmio, anzi prima di questo le risorse a disposizione del paese, dei suoi imprenditori, dei suoi lavoratori; risorse da applicare per conseguire gli obiettivi del programma. allora mi sembra esca confermato da questo dibattito che esigenza prioritaria di fronte a noi sia quella di conseguire al più presto la stabilità: non solo attraverso e con l' aiuto della politica monetaria e di quella fiscale — politiche che se esasperate possono compromettere lo sviluppo del reddito e dell' occupazione — ma nel quadro di una politica di più vasto respiro che assicuri il contributo cosciente e responsabile di tutti i partecipi al processo produttivo. una politica che può essere applicata nel breve e nel lungo periodo. una tale politica, di cui si avverte sempre più l' esigenza non solo in Italia ma in tutti i paesi evoluti — e della quale si è discusso e si discute anche nell' Unione Sovietica — è la politica dei redditi : il che non significa affatto quel che i comunisti sostengono e cioè blocco o contenimento dei salari, che faccia pagare ai lavoratori il costo della stabilizzazione del breve periodo ed il costo dello sviluppo nel periodo lungo. essa è una politica economica non episodica, non affidata al caso, ma associata ad una realtà, ad una costante che ogni sistema economico deve rispettare. la politica dei redditi è una politica economica che si esplica attraverso interventi tali da consentire che in realtà la remunerazione dei vari fattori della produzione, e senza ingiusti sacrifici per i lavoratori, sia collegata all' aumento della produttività dell' economia del paese globalmente intesa. non si può certo dubitare che il pieno sfruttamento del potere contrattuale di ciascuna categoria e gruppo di lavoratori non solo può produrre situazioni incompatibili con l' ordinato sviluppo di una economia programmata, ma può addirittura porre problemi insuperabili anche per la semplice possibilità di realizzare una politica di piena occupazione. queste esigenze che si sono poste già da una quindicina d' anni nel movimento sindacale dei paesi scandinavi, i quali hanno una più lunga esperienza dei problemi della politica di piena occupazione, sono oggi largamente accettate anche in ambienti sindacali e culturali più influenzati dalla tradizione socialista. in un recente pamphlet della Fabian Society si legge: « la necessità di una politica dei redditi è stata ampiamente dimostrata. qualche sistema di coordinamento della contrattazione collettiva è indispensabile, se vogliamo che la disoccupazione, come condizione essenziale per il funzionamento di una economia non programmata, possa essere interamente eliminata e l' espansione economica possa essere accelerata » . conveniamo che il termine « politica dei redditi » è stato spesso usato ad indicare un effettivo blocco dei salari attraverso un insieme di istituti pubblici che tendano a sostituirsi al libero esercizio della funzione sindacale. a parte ogni questione terminologica, i problemi che si sogliono tuttavia indicare come politica dei redditi sono problemi reali: si tratta di far coesistere la piena occupazione delle forze di lavoro e la stabilità dei prezzi e della bilancia dei pagamenti in una situazione di mercato nella quale le imprese stesse si fanno concorrenza per strapparsi i lavoratori attraverso aumenti di salari che vengono rapidamente vanificati dall' aumento dei prezzi . il tentativo da parte delle autorità monetarie di impedire tali aumenti e di difendere la bilancia dei pagamenti dà luogo a ricorrenti restrizioni di credito che interferiscono sul processo di accumulazione del capitale e di crescita dell' economia. i sindacati dei paesi che hanno sperimentato per una serie di anni questa insodisfacente situazione si rendono ormai conto della necessità di trovare una nuova strategia sindacale collegata a nuovi orientamenti della politica economica dello Stato, per impedire queste ricorrenti crisi che creano margini di disoccupazione e per trovare un coordinamento tra la politica sindacale e la politica monetaria e fiscale dei pubblici poteri che permetta di tradurre in termini reali gli aumenti dei salari monetari che in condizione di piena occupazione è così facile strappare agli imprenditori. all' ultimo congresso delle Trade Unions , tenutosi a Brighton nel settembre dello scorso anno , nel rapporto preliminare del segretario generale , si accettò la necessità di far sì che i redditi monetari — salari, stipendi, profitti — aumentino meno rapidamente che non in passato e di trovare una soluzione al difficile problema di una politica dei prezzi e dei redditi monetari. dopo aver affermato che i sindacati vogliono evitare l' inflazione, accelerare lo sviluppo economico , creare condizioni esterne di espansione nelle quali essi possano meglio svolgere la loro funzione, il segretario delle Trade Unions ha detto che per tutto questo era necessario trattare in modo serio e non mediante slogans con il cancelliere dello scacchiere e che da queste trattative non poteva essere esclusa la questione dei salari. il congresso delle Trade Unions ha accettato la proposta subordinando tuttavia la messa in atto di questa volontà di collaborazione all' esistenza di un Governo seriamente impegnato ad accettare la logica della programmazione. questo non è soltanto un problema italiano e delle economie del mondo occidentale, ma è anche un problema del mondo sovietico. « solamente creando una sufficiente quantità di valori materiali e riducendo i costi di produzione » — ebbe ad affermare il signor Kruscev il 13 dicembre 1963 — « la nostra società potrà avviarsi, passo passo, verso la riduzione dei prezzi al minuto e aumentare i salari e i fondi sociali. quando si pone il problema dell' avvicinamento e dell' aumento dei salari, sorge subito un altro problema: quello della quantità dei prodotti e della loro qualità. se il fondo dei salari sarà maggiore della quantità dei prodotti, vi saranno le code, saliranno i prezzi, si creeranno altri fenomeni ben conosciuti... l' aumento della quantità delle merci deriva dall' aumento della produzione sociale sulla base di una maggiore produttività del lavoro » . a questo punto è bene che ciascuna parte assuma di fronte al paese le sue responsabilità. il conseguimento della stabilità monetaria è dovere del Governo; alla soluzione di un tale problema questo, come qualsiasi altro governo, lega la sua sorte; non può esistere governo che consenta il deterioramento della moneta. la politica di stabilizzazione si può dunque realizzare nel quadro di una politica dei redditi che abbia proprio come suo primo obiettivo la stabilizzazione. il che renderà non necessarie più incisive misure creditizie e fiscali. non v' è dubbio che una tale prospettiva consenta di operare una stabilizzazione più ordinata e giusta. è chiaro che il Governo, per l' ispirazione che lo domina, per le forze politiche che lo sostengono, è proprio per questo tipo di politica di stabilizzazione ed auspica che venga meno una aprioristica posizione che comporterebbe sacrifici più alti che dovrebbero essere sopportati proprio dai lavoratori. l' onorevole Foa si è anche lui soffermato sulla politica dei redditi definendola uno strumento nelle mani del Governo per avere con il consenso ciò che il Governo stesso non riesce ad avere con la forza. no, onorevole Foa: la politica dei redditi in Italia vuol chiamare i sindacati a partecipare al processo di stabilizzazione prima, di sviluppo poi, contestualmente alle altre parti in causa. chiama cioè il sindacato al tavolo della programmazione. dunque, attraverso la politica dei redditi , vorremmo conseguire la stabilizzazione ed agire per la programmazione. ma è più importante ed urgente che il discorso sulla politica dei redditi e sulla sua concreta applicazione ai problemi italiani sia, per il momento, tenuto soprattutto con riguardo ai dodici od ai diciotto mesi che gli esperti valutano sufficienti a conseguire la stabilizzazione ad alto livello : la stabilizzazione che salvi il livello di occupazione ed il tasso di sviluppo del reddito. il Parlamento è informato dalle mie precedenti dichiarazioni che il limite oltre il quale non è prudente andare in tema di crescita del volume globale delle retribuzioni del lavoro dipendente è il 12-13 per cento sulla media del 1963: secondo valutazioni molto realistiche già siamo molto vicini a quel limite; secondo altre quel limite è contestabile. ecco ad esempio: per i problemi di breve periodo, l' esigenza della politica dei redditi . che deve essere, sì, una politica globale nel senso di rapportare gli aumenti salariali all' aumento medio della produttività del sistema economico , ma che permette anche possibilità di adattamento senza che i suoi obiettivi siano compromessi. ad esempio, il criterio della produttività per ramo di industria può intervenire per temperare l' eventuale rigidezza di un criterio nazionale. ho già detto, ma è bene specificare, che la politica dei redditi non tralascia di considerare la remunerazione dei fattori produttivi al fine di sostenere la produzione e l' occupazione. quanto poi alla preoccupazione dell' onorevole Amendola intorno all' organismo che procederà ai calcoli degli aumenti della produttività e delle conseguenti variazioni nella remunerazione dei vari fattori produttivi, penso che il Governo, che è ogni giorno sotto il controllo del Parlamento e che da tale controllo trae fiducia e sostegno alla sua azione, possa dare affidamento di imparzialità e di obiettività nella predisposizione della sede e nella definizione delle persone che saranno chiamate ad elaborare tecnicamente i dati per la realizzazione della politica dei redditi . mentre si definiranno sul piano politico gli accordi per l' impostazione della politica dei redditi , il Governo continuerà a trovarsi di fronte allo squilibrio tra segni monetarie produzione in termini reali. squilibrio che si accresce certamente con le contestazioni dei contratti di lavoro che vengono a scadenza con le agitazioni in corso : scadenze ed agitazioni che comunque portano ad un aumento del reddito monetario dei lavoratori dipendenti e possono anche far oltrepassare quel limite del 12-13 per cento di aumento delle retribuzioni del lavoro dipendente indicato congiuntamente dai ministri Giolitti e Colombo come punto di rottura dell' equilibrio ancora controllato e controllabile. vorrei ancora precisare che la politica dei redditi non esclude, ma anzi rafforza la presenza dei sindacati nella vita economica del paese, e ciò almeno per due motivi. innanzi tutto perché sarà compito delle contrattazioni collettive e quindi dei sindacati proporre ed ottenere le eventuali deroghe al principio della commisurazione delle variazioni dei salari e dei profitti all' aumento medio della produttività del sistema economico . in secondo luogo poiché vi è un ampio accordo nelle discussioni svoltesi sul piano internazionale — e lo si dichiara nella relazione ultima del governatore della Banca d'Italia — nel ritenere che la politica dei redditi debba essere tale da consentire che il salario continui ad esercitare la sua funzione di orientamento della manodopera disponibile ed il profitto quella di orientamento degli investimenti, in maniera da non cristallizzare una determinata struttura economica. in altri termini, si esclude che la distribuzione dei redditi tra salariati e non salariati debba restare immutata » . le opposizioni di destra e di sinistra si sono trovate d' accordo nel rifiuto aprioristico di ogni discorso che tendesse ad impostare in termini corretti il problema del risparmio dei lavoratori. devo premettere che è questo un problema che si pone in una programmazione che abbia il duplice obiettivo di mantenere un elevato saggio di sviluppo e garantire nel contempo una progressiva redistribuzione del reddito a favore dei lavoratori ed in generale dei gruppi sociali attualmente più sfavoriti. gli sviluppi dell' economia moderna pongono l' esigenza di trovare forme aggiuntive di accumulazione. in parte questo maggiore risparmio potrà essere ottenuto da un aumento del risparmio pubblico mediante una più alta copertura delle spese dell' investimento della Pubblica Amministrazione per mezzo delle entrate fiscali, ma in parte potrà essere ottenuto attraverso una più elevata propensione al risparmio dei gruppi sociali che hanno tratto e trarranno in futuro beneficio dalla redistribuzione del reddito. incoraggiare in tal senso ceti che non hanno propensione verso il risparmio, e naturalmente in una forma libera che io non ho mai messo in discussione, mi sembra un obiettivo degno di essere perseguito. questi sono però problemi di lungo periodo e troveranno soluzione nell' ambito delle politiche e degli istituti proposti per l' attuazione della programmazione economica; il discorso sul risparmio sindacale si ricollega anche alle presenti difficoltà congiunturali in relazione alle quali l' istituto potrebbe offrire una parziale alternativa nel caso di contrattazione tra le parti che non tengano sufficientemente conto del limite di compatibilità indicato obiettivamente e responsabilmente dal Governo. del resto io non ho delineato un istituto, ho solo richiamato un principio, che trova anche riscontro nella proposta di una confederazione sindacale, che merita almeno di essere discussa. chiedere ai sindacati di indirizzare il loro potere contrattuale per ottenere miglioramenti delle prestazioni differiti nel tempo, anziché immediati miglioramenti retributivi oltre certi limiti, non mi sembra comporti la volontà di rovesciare l' attuale organizzazione dei rapporti economici o di negare l' autonomia delle categorie nella contrattazione salariale. ma, in complesso, anche a questo proposito non si può non ricordare come in un' economia, come la nostra, che dev' essere competitiva sui mercati internazionali , il problema dei costi di produzione deve essere oggetto della più responsabile ed attenta considerazione. ma, come avvertivo prima, il punto sul quale si è concentrato il dibattito e sul quale si sono avute le più forti polemiche, è stato quello dei rapporti con i sindacati, della posizione di essi nello Stato, della loro partecipazione alla formulazione degli indirizzi di politica economica , specie in un momento di congiuntura, dell' eventuale apporto di risparmio salariale per lo sviluppo dell' economia e in essa dell' occupazione e del livello di vita dei lavoratori. a proposito dei miei cenni su questi temi si è parlato di un' impostazione assolutamente nuova ed imprevista, la quale avrebbe addirittura modificato la base programmatica del Governo. si è parlato di una profonda e significativa modificazione delle stesse strutture costituzionali dello Stato, quasi che una sorta di organismo corporativo dovesse assumere funzioni determinanti svuotando di poteri il libero Parlamento, espressione del suffragio universale ed eguale. si è parlato di un risparmio forzoso, una costrizione ed insieme una rapina, al quale si vorrebbero sottomettere le organizzazioni sindacali , o magari, per tramite di esse, potentati puramente di fatto, i lavoratori. si è voluto vedere, nelle mie parole, di volta in volta, o la via aperta per una disordinata ed irresponsabile immissione dei sindacati nella vita dello Stato o, invece, un tentativo in grande stile di mortificare od asservire i sindacati e di privarli, come si dice, della loro autonomia e, più propriamente, della loro capacità di rivendicazione odi lotta, la quale esclude l' impaccio di un qualsiasi vincolo di un comune ed ordinato esame della situazione economica e dei suoi sviluppi. ebbene, nelle cose che io ho detto non c' è nulla di rivoluzionario e nulla che vada al di là del proposito, che questo Governo ha espresso o confermato come caratterizzante della sua politica, di un dialogo costante ed intenso con le forze della produzione, ed in ispecie con i sindacati dei lavoratori, per una informazione adeguata, per una comprensione profonda di dati e punti di vista , per decisioni prese in piena autonomia e responsabilità, nella conoscenza del quadro economico e politico generale. si può, come si è fatto, tacciarci di ingenuità o di velleitarismo e preannunciare o sottolineare risposte negative, anche se esse non sempre vi sono state o se anzi vi è qualche modesta oppure significativa esperienza in senso contrario. si può ricorrere all' abusato schema polemico di vedere in ogni contatto con la Cgil un invito alla collaborazione rivolto al partito comunista , come s' insiste a dire da destra contro ogni verità. si può opporre un rifiuto pregiudiziale e diffidente al nostro invito. ma non si può, in buona fede , deformare il significato politico e meramente politico che questo Governo ha inteso dare ai rapporti con le rappresentanze delle forze produttive, ed in particolare con i lavoratori, in un dialogo che è cominciato, che è continuato e che continuerà, se il Governo conserverà la fiducia, senza che se ne possa disconoscere la legittimità ed il valore. come un atto, cioè, di responsabilità del Governo che non si rifiuta di prendere in considerazione la complessa realtà economica e sociale, non ignora quale peso abbiano o possano utilmente avere forze sociali di vastissima influenza nel concreto svolgimento di essa ed in definitiva in vista delle decisioni del Governo e del Parlamento, le quali possono essere diverse a seconda appunto del diverso atteggiarsi della realtà economica e sociale nelle tensioni ed insieme negli incontri contrattuali, comunque conformati, che si vanno profilando. ed è stato ed è il nostro, soprattutto avendo riguardo alla situazione congiunturale , un invito alla conoscenza, alla meditazione, alla collaborazione, alla responsabile valutazione di tutti i dati della realtà economica, per scegliere in essa la via migliore. ciò vale soprattutto per l' oggi, pieno di tante angosciose preoccupazioni. ma vale anche per un domani, il quale sia caratterizzato, speriamo, al di là di difficoltà contingenti o superabili, dalla delineazione di un quadro chiaro ed organico delle esigenze, delle riserve, degli sviluppi possibili ed auspicabili della vita economica, e in definitiva sociale del paese. dove nel mio discorso ho parlato di istituzionalizzazione di questo rapporto? dove ho minacciato di frenare lo slancio rivendicativo, postulato sia dai comunisti sia dai liberali, quando esso è un dato che non viene negato e tuttavia si può comporre costruttivamente in un dialogo responsabile? dove mai ho delineato un carattere coercitivo del risparmio contrattuale, per il quale ho appena accennato all' esistenza di un problema e di una prospettiva, della quale sarebbe segno di superficialità liberarsi con una parola, da qualsiasi parte si consideri questo tema? « per questo intendiamo esaminare con le organizzazioni sindacali » — dicevo ad esempio — « strumenti idonei ad accrescere il risparmio proveniente dai redditi di lavoro » . nessuna decisione dunque e nessuna definitiva formulazione, ma solo il proposito di esaminare con i sindacati un tema che c' è ed è di grande rilievo. e non solo non ho parlato di istituzionalizzare ed irrigidire il rapporto con i sindacati, ma ho accennato solo ad una sede appropriata nella quale il dialogo può continuare, avendo anche presente che modalità e procedure della programmazione saranno oggetto di esame in sede governativa e parlamentare, senza certo dimenticare l' esistenza del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro , al quale spettano costituzionalmente rilevanti responsabilità. per quanto riguarda il tema delle riforme non ho che da ripetere quanto ho detto in questa stessa Camera qualche giorno fa. uno dei punti centrali del dibattito che si è andato sviluppando intorno alla politica del Governo è quello relativo alle riforme che sono iscritte in modo qualificante nel programma sul quale ci è stata concessa la fiducia del Parlamento. da sinistra ci è venuta una forte contestazione della nostra volontà di dare attuazione a siffatti impegni. da altre parti, invece, ci è venuta l' accusa di volere riforme inutili e distruttive in contraddizione con le esigenze della stabilizzazione economica. secondo alcuni si sarebbe di fronte ad una sostanziale manipolazione del programma, di cui sarebbe attenuata la già insufficiente carica rinnovatrice. secondo altri noi saremmo invece animati da una caparbia e succuba volontà di innovare a qualunque costo. ma a questo proposito ho già detto in Senato come il Governo ritenga di non essere posto di fronte ad una alternativa, che lo porti necessariamente a scegliere tra stabilizzazione e riforme né immagini una puntuale successione temporale dell' uno all' altro momento che ne caratterizzano ugualmente e congiuntamente la fisionomia politica. abbiamo detto e ripetiamo che alla stabilizzazione economica, la quale è poi anche stabilizzazione politica, si applicano la nostra vigile attenzione ed il nostro senso di responsabilità . ma abbiamo detto pure che non è incompatibile con questa vigilanza e con questo impegno la elaborazione, già compiuta ed in corso con ritmo sostenuto, di provvedimenti di riforma che rispondano alla nostra visione delle esigenze della vita economica, sociale e politica in Italia e siamo anzi destinati ad eliminare gradualmente quegli squilibri e quelle soffocanti strutture che concorrono oggi e potrebbero concorrere domani, ove non si provvedesse in tempo, a generare, in concomitanza con altri elementi, situazioni di crisi paria quella di fronte alla quale oggi ci troviamo. abbiamo detto e confermiamo che lo svolgimento dell' azione riformatrice avviene con attenta considerazione della realtà economica, con serietà, con ponderazione, con quel ritmo meditato e misurato che non significa lentezza e indecisione, ma un procedere attento a tutti i dati della situazione ed alle implicazioni ed incidenze di ogni provvedimento. dunque né irresponsabilità, né spirito di avventura. ma non si può dubitare in alcun modo che sia intatta la volontà politica di completa e seria attuazione del programma e la carica rinnovatrice che ci caratterizza in modo essenziale. desidero confermare il giudizio positivo di fondo già espresso in Senato circa le vitali ragioni di libertà, di giustizia, di ordine alle quali obbediscono in una società che approfondisce i valori della vita democratica e perciò i poteri ed i diritti di tutti i cittadini, riforme come quelle relative alla amministrazione, alla scuola, alla previdenza, alla sanità, all' articolazione democratica dello Stato in più vaste ed incisive autonomie, alla disciplina perequatrice ed ordinatrice delle aree fabbricabili in vista dello sviluppo armonico delle città e del libero possesso della casa per tutti i cittadini. non ho poi che da respingere le polemiche accuse che ci sono venute dalle opposte parti dello schieramento politico. come al solito, per i comunisti questo Governo è succubo d' interessi particolari, incapace di svolgere con piena autonomia la sua funzione di tutela delle posizioni più indifese e più esposte nella società italiana e di spinta ad un progresso reale che porti più in alto coloro che sono stati a lungo ed ingiustamente sacrificati. si chiede perciò una diversa maggioranza per un diverso Governo. d' altra parte si insiste, contro ogni verità, anzi anche contro ogni parvenza di verità nel considerarci ed indicarci come condizionati dal partito comunista , al quale chiederemmo, dal quale otterremmo aiuto tramite la Confederazione generale del lavoro . io non ho che da confermare — e dovrebbe essere chiaro per ogni onesto osservatore della realtà politica, per chiunque, del resto, abbia partecipato a questo dibattito — la perfetta autonomia del Governo nella sua netta e significativa delimitazione di maggioranza. la nostra fisionomia è ben precisa. non abbiamo fatto scelte di classe, ma solo di libertà e di dignità umana, le quali ci caratterizzano e pongono un limite a sinistra, rendendo inimmaginabile una maggioranza nella quale entri il partito comunista . non vogliamo d' altra parte, guardando in altre direzioni, rinunciare a quelle caratteristiche essenziali che rispondono alla nostra visione di una democrazia in sviluppo e piena di contenuto umano, impegnata a risolvere tutti i grandi problemi di giustizia e di libertà che il nostro tempo propone. ai sindacati ci siamo rivolti e ci rivolgeremo, intendendo parlare non ai partiti, ma ai lavoratori, facendo appello al loro senso di responsabilità e dando ad essi una garanzia di giustizia. si è voluto ironizzare sulla nostra volontà di tenere il nostro posto di responsabilità. ebbene, si tratta appunto di una responsabilità da assumere, non di una caparbia volontà di potere. terremo questo posto, finché ci sarà richiesto. e finché saremo al nostro posto, faremo, senza timore d' impopolarità, ma con profonda serietà e dedizione al paese tutto quello che per dovere siamo chiamati a fare.